Atto secondo
La casa è stata rimessa a nuovo, presumibilmente per iniziativa di Johnna. Prima tetra e polverosa, ora appare lustra, luminosa, viva.
Lo studio è stato riorganizzato. Le pile di carte sono più ordinate, i libri riposti sugli scaffali. Il tavolo in sala da pranzo è apparecchiato con i piatti di porcellana, abbellito con candele e un centrotavola floreale. In un angolo della stanza c’è un tavolo «per bambini» da due, anch’esso apparecchiato. Nella cucina calda e pulita le pentole fumano e borbottano; nell’aria c’è odore di cavoli.
Sono le tre di un pomeriggio eterno in Oklahoma. Beverly Weston è appena stato sepolto.
Violet, relativamente in sé, indossa un bell’abito nero dal taglio moderno. È in piedi nello studio di Beverly con un flacone di pillole in mano.
Karen e Barbara sono in sala da pranzo. Johnna è in cucina.
VIOLET Agosto… il tuo mese. Le locuste imperversano. «Il salmo estivo diventa l’ira estiva.» Naturalmente là fuori è soltanto agosto. Qua dentro… chi lo sa?
Va bene… okay. «Il carro noi due sole conteneva», dum-de-dum… mmh, la cosa migliore che ho… Emily Dickinson è tutto quello che ho… qualcosa qualcosa. «Eran le teste dei cavalli verso l’eternità.»
Questa è per me… una per me…
«Dedicato alla mia Violet.» Da incidere su marmo.
Per le ragazze, che l’amore di Dio le accompagni. È tutto quello che posso dedicarti, mi spiace dirlo. Al di là di loro… non c’è niente. Nien-te. Pensi che piangerò per te? Pensi che reciterò quella parte come abbiamo recitato le altre?
Hai fatto la tua scelta. Lo hai fatto succedere tu. Ne rispondi tu… non io. Non io. Non è una mia scelta.
KAREN Il presente. Oggi, qui, ora. Penso di aver trascorso un bel po’ della mia vita a fantasticare su quello che sarebbe successo, sai, chi avrei sposato, un avvocato o un giocatore di football, magari un bell’uomo moro con le spalle larghe. Ho trascorso parecchio tempo in quel bagno di sopra a fingere che il cuscino fosse mio marito: gli chiedevo della sua giornata di lavoro, come andava in ufficio, dove saremmo andati in vacanza quell’inverno e lui mi faceva una sorpresa mostrandomi due biglietti per il Belize. Ci baciavamo – voglio dire, baciavo il mio cuscino, pomiciavo con lui… Poi gli raccontavo che quel giorno ero stata dal dottore e avevo scoperto di essere incinta. So quanto sembri patetico adesso, ma allora era molto innocente…
Poi la vita vera prende il sopravvento, perché lo fa sempre…
BARBARA … mmh-mmh…
KAREN … e le cose vanno in modo diverso da quello che pensavi. Quel cuscino è stato un marito migliore di qualsiasi uomo vero abbia conosciuto. Questa parata di uomini non si rivela all’altezza delle aspettative, sono tutti molto inferiori a papà o a Bill (sai che ti ho sempre invidiata per aver trovato Bill). E ti punisci, dici a te stessa che è colpa tua se non riesci a trovarne uno serio, ma t’illudi solo pensando che siano migliori di quello che sono. Non so se ti ricordi di Andrew…
BARBARA No, me lo ricordo.
KAREN È l’esempio migliore: ecco un uomo che ho amato profondamente. Tutto quello che faceva di sbagliato diventava per me lo spunto per migliorare qualcosa. Perciò se mi ingannava o mi dava della troia, pensavo: «No, lo ami, lo amerai per sempre e questo è lo spunto per modificare il modo in cui vedi il mondo». Non so dire qual è stato il momento preciso in cui mi sono guardata allo specchio dicendomi: «Okay, cretina» e me ne sono andata, ma è stato l’inizio di questo periodo di riflessione e mi sono ritrovata impantanata in una melma appiccicosa di ricordi: come avevo rovinato tutto, dove avevo sbagliato? E prima che te ne accorga, resti bloccata là, non riesci ad andare avanti perché non riesci a smettere di andare indietro col pensiero. Voglio dire, sai… parliamo di anni! Anni di punizione, di odio per te stessa. È stato allora che mi sono messa a leggere tutti quei libri e sono andata ai gruppi di discussione…
BARBARA E da Scientology, vero, o qualc...