Dicembre
È nato per noi il Salvatore,
Dio con noi
1
Con ogni probabilità i primi Natali sono stati feste semplici, in famiglia, celebrati da Giuseppe e Maria da soli, in esilio: all’epoca, apparentemente, il «Dio con noi» era tutto per loro due. Tuttavia, ascoltando con attenzione il Magnificat, comprendiamo che Maria ha sempre amato Gesù con il cuore del popolo, della Chiesa. Ed è per questo che, dopo la risurrezione del Signore, poco a poco il Natale ha cominciato a configurarsi come la festa di tutti i fedeli di Dio.
2
Sono trascorsi duemila Natali dal giorno della nascita di Gesù, e noi, il suo popolo, non l’abbiamo mai deluso. Egli continua ad affidarsi fiducioso alle nostre mani nel gesto di abbandono dell’Eucaristia. Nel suo silenzio dal sapore di pane, è come se ripetesse senza sosta: «Io sono il Dio con voi».
3
«Dio con noi» è un bellissimo appellativo di Dio, una sorta di cognome. Il suo nome proprio è Gesù, o Padre, o Spirito Santo, ma il suo cognome è «Dio con noi».
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Per parlare di Lui dobbiamo dire «noi». Soltanto se lo accogliamo a cuore aperto, come fecero Maria e Giuseppe, diventa possibile una cultura dell’incontro dalla quale nessuno è escluso, in cui siamo tutti fratelli.
5
È proprio nella vicinanza che nasce Gesù, lì ha origine l’amore, che ha le sue radici nella memoria di una grazia condivisa: «È nato per voi un Salvatore […]. Troverete un bambino avvolto in fasce» (Lc 2,11-12). L’amore si nutre della speranza comune di costruire una città santa che accoglierà tutti, il cui simbolo più profondo è il pane condiviso.
6
Nel ricevere l’Eucaristia, dunque, vi invito a prestare attenzione a chi ci sta accanto, ad assaporare la presenza degli altri e a dire: «Dio con noi»; a ricordare San Giuseppe e la Vergine Maria, i profeti, i santi, gli amici di Dio; ad avvicinarci ai più poveri per dire con loro: «Dio con noi»; a prendere per mano i nostri bambini e i nostri anziani, mentre insieme a loro ripetiamo: «Dio con noi».
7
Uniti nel ricordo e nella speranza di Betlemme, la casa del pane di vita che duemila anni fa ci venne rivelata dal Padre, e nella memoria del pane che il Signore ci dona ogni giorno e di quello che Gesù spezzerà per noi nel banchetto celeste, tutti insieme, come fratelli, professiamo la nostra fede nel Dio con noi.
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«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce» (Is 9,1). La vide la gente semplice, disposta ad accogliere il dono di Dio. Al contrario, non la videro gli arroganti, i superbi, quelli che assumono atteggiamenti di chiusura. Osserviamo il presepe e preghiamo per noi, per il nostro popolo sofferente, chiedendo a nostra Madre: «Maria, mostraci Gesù».
9
«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce», l’arrivo di un’immensa luce che squarcia il buio: è quella della speranza del popolo di Dio, che dà fondamento alla sua fede e alla sua dedizione nei confronti del Signore. Essa nasce a Betlemme e viene accolta dalle mani amorevoli di Maria, dall’affetto di Giuseppe, dallo stupore dei pastori. E i genitori del Bambino assumono su di sé la speranza di un intero popolo.
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Oggi ci viene chiesto di farci carico, come Maria e Giuseppe, della speranza, forti della certezza che per Dio niente è impossibile. Dobbiamo prenderci cura dei nostri anziani, che sono la speranza di un popolo perché possiedono la saggezza, nonché dei nostri bambini, ai quali la civiltà del consenso e del livellamento verso il basso non consente di sviluppare una fede autentica.
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Farci carico della speranza significa camminare al fianco di Gesù sulla via della croce. È confortante, guardando il Bambino, Maria e Giuseppe, sentire una voce che ci invita ad alzarci, prendere il Bambino e sua madre e percorrere la strada della speranza.
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Gesù stesso è la speranza: dobbiamo averne cura. Facciamolo lavorando, pregando, lottando, non incrociando mai le braccia, accostandoci alle persone di fronte alle quali vengono chiuse le porte per aprirne loro delle altre, sostenendo i nostri anziani sofferenti e assimilando la loro saggezza, crescendo i nostri bambini.
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Nella fitta oscurità che opprime i nostri animi, sorge una luce, che è Gesù Cristo. Egli è l’unico a donarci la speranza che non delude mai. Prendiamocene carico e, con Lui, anche di questa speranza, con tutte le conseguenze, come fecero Maria e Giuseppe.
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«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce» (Is 9,1): l’annuncio profetico determina un nuovo inizio, un’inedita direzione per la nostra vita e per la storia intera che ci mantiene saldi «nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2,13).
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Buio e luce, cammino e speranza, segno e manifestazione. È la profezia della scelta, della promessa e dell’alleanza. È il cammino che dalle tenebre del crepuscolo del paradiso terrestre conduce alla notte in cui «la gloria del Signore avvolse [i pastori] di luce» (Lc 2,9).
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Camminiamo «di fede in fede» alla ricerca della pienezza e del senso della nostra vita, e questo percorso diventa autentico soltanto quando non rimane intrappolato nel chiacchiericcio alienante di chi ci propone soluzioni fittizie o momentanee. Siamo parte del popolo di Dio che, giorno dopo giorno, vuole compiere un passo per uscire dalle tenebre.
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Il nostro cuore a volte si indurisce, diventa capriccioso o, peggio ancora, si gonfia di sorda superbia, e a quel punto la brama di vedere la gloria della luce rimane soffocata e la vita rischia di trascorrere senza senso, di prosciugarsi nelle tenebre. Si ripete così l’amara circostanza in cui Dio viene rifiutato, come successe la notte di Natale, quando Maria «lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7).
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Non c’è grande distinzione...