La maggioranza invisibile
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La maggioranza invisibile

  1. 276 pagine
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La maggioranza invisibile

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Mentre la politica discute con parole sempre più vuote di soluzioni per risollevare il paese, continua ostinatamente a ignorare le persone che costituiscono la vera forza motrice dell'Italia, e che, se valorizzate con un adeguato progetto sociale di redistribuzione della ricchezza e delle opportunità, potrebbero fare la differenza. Disoccupati costretti a lavorare in nero, precari imprigionati nel limbo dei contratti a termine, pensionati che stentano ad arrivare alla fine del mese, immigrati preda dello sfruttamento, giovani che non studiano e hanno abbandonato la ricerca di un lavoro stabile, rappresentano una fetta consistente della società italiana: si tratta di una maggioranza invisibile, perché ignorata da politica e sindacati, e silenziosa, perché incapace di riconoscere la sua forza elettorale. Portando alla luce problemi, tratti distintivi e potenzialità di questa maggioranza invisibile e dimenticata, Ferragina fa luce sulle ragioni del disagio sociale che oggi paralizza lo Stivale e ricostruisce gli eventi che hanno condotto alla crisi in cui siamo impantanati, proponendoci una nuova visione progressista capace di dare voce a chi da troppo tempo manda avanti il paese senza ricevere nulla in cambio.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2014
ISBN
9788858674147

1

Introduzione

Nel corso delle ultime decadi, l’Italia ha subito gli effetti di una grande trasformazione sociale, economica e culturale.1 L’interazione tra questo mutamento a livello internazionale e la particolarità del nostro sistema politico ha contribuito all’emergere di un gruppo sociale, che è divenuto maggioranza nel paese: una maggioranza invisibile, perché ignorata dalla classe politica; una maggioranza silenziosa, perché incapace di riconoscersi nella sua condizione comune di svantaggio. Una maggioranza non omogenea e difficile da rappresentare, che include disoccupati, neet (not in education, employment or training), pensionati meno abbienti, migranti e precari. Una maggioranza incompresa dall’élite dominante, troppo concentrata a difendere i propri interessi corporativi per alleviarne il disagio sociale montante. Tale maggioranza dimenticata è il destinatario di questo libro, il cui intento è riflettere su come essa possa contribuire a cambiare un sistema iniquo e inefficiente, prendendo piena coscienza dei propri interessi e bisogni comuni. Per fare ciò analizzeremo la grande trasformazione che ha scosso il nostro paese, guardandola dal basso: proprio dal punto di vista della maggioranza invisibile.
Molti liquideranno queste riflessioni come «utopia»; in realtà, un’utopia resta tale solo fino a quando non si comincia a circoscrivere l’idea proposta, a renderla concreta.2 Ciò che serve è trasformare l’utopia inquadrandola nei fatti e accettando il giogo della realtà. Ogni idea astratta deve trasformarsi dunque in programma concreto, perché quanto essa perde in bellezza lo acquisti in utilità.3 In fondo utopie, proposte e realtà sono molto più vicine di quanto siamo portati a credere: è un problema di rappresentazione dello spazio sociale. La realtà nella quale siamo immersi è definita da ciò che la gente tende ad accettare – spesso passivamente – come vero e necessario. Parafrasando Saramago, viviamo in un mondo di «ciechi che credono di vedere».4 Questo libro prende un’altra strada, una via rimasta per lungo tempo inesplorata: parlare «ai vedenti che credono di essere ciechi».
Le visioni collettive non sono state superate dall’evoluzione storica, come molti sostengono;5 la società non è cambiata a tal punto da rendere privo di senso ogni discorso che non parta dall’interesse individuale. Questa è soltanto l’idea dominante, che ha fatto breccia negli ultimi trent’anni, annichilendo le visioni alternative e conquistando anche chi inizialmente vi si opponeva: le forze politiche e sociali che, allineatesi al neoliberismo, hanno progressivamente dimenticato come l’unico modo per difendere i più deboli sia riunirli. Riunirli perché essi, oggi come in passato, sono maggioranza. Perciò occorre guardare alla realtà con occhi diversi, delineando il corpo vivo della maggioranza invisibile e fornendole motivazioni razionali all’azione collettiva. Chi troppo chi niente esponeva un principio semplice: la redistribuzione di opportunità, reddito e ricchezza non deve essere perseguita per ragioni filantropiche, ma per rendere il paese più efficiente e coeso.6 In breve, redistribuire è nell’interesse della stragrande maggioranza degli italiani; ma si sa, i principi servono a poco se non camminano sulle gambe di forze sociali capaci di sostenerli. Dalla consapevolezza di tale esigenza e dall’osservazione della grande trasformazione in atto, che vede il paese sempre più depresso e diviso, nasce l’idea di questo libro. Un libro in cui si analizza un gruppo sociale ancora in divenire, ma che potrebbe influenzare la vita pubblica nei prossimi decenni.

La grande trasformazione

L’idea di grande trasformazione fa riferimento all’analisi di Karl Polanyi: lo studioso ungherese utilizzò questa espressione per descrivere come l’origine del fascismo fosse rintracciabile all’interno dei meccanismi dell’economia di mercato.7 Per Polanyi i principi del libero mercato, con al centro l’apologia dell’homo oeconomicus e la capacità del mercato di autoregolarsi, erano in stridente contraddizione con l’evoluzione della società. Il fascismo fu, secondo l’intellettuale, lo sfogo isterico ed emotivo della popolazione di fronte allo scollamento fra lo sviluppo economico basato sul mercato e le trasformazioni portate dall’avvento della società industriale. Si trattò, in sostanza, di una reazione messa in atto da chi vedeva cambiare radicalmente la sua vita e sentiva la paura di perdere la propria identità. Esiste un forte parallelismo tra il nostro tempo e quello descritto da Polanyi, un parallelismo che può essere rintracciato nella completa trasformazione delle strutture politiche ed economiche che regolano la società. In questo senso, quattro sono le cause che hanno maggiormente contribuito all’emergere della maggioranza invisibile nell’alveo della grande trasformazione: il trionfo del neoliberismo, la gestione del processo di integrazione monetaria, le lacune del vecchio welfare e la cecità delle forze progressiste.
Il neoliberismo ha diffuso l’idea che, in un’economia di mercato, l’unità di base di ogni interazione sia l’individuo e non il gruppo sociale al quale esso appartiene.8 Un individuo stilizzato e razionale, idealmente capace di scegliere in modo ottimale sul mercato. Questa idea, e la sua conseguente realizzazione a livello politico, ha portato a sciogliere il contratto sociale collettivo stabilito durante il periodo fordista, rimpiazzandolo con il mito della libertà individuale.9 Libertà di agire, libertà di rischiare, libertà di intraprendere, libertà di fallire. In linea con tale interpretazione, l’individuo avrebbe il pieno controllo del suo destino. Quando fa bene gode dei frutti del proprio lavoro e realizza la promessa neoliberale; quando fa male viene invitato dal sistema, con mezzi più o meno coercitivi, a «darsi una mossa». Così problemi collettivi, dovuti alla grande trasformazione, sono diventati solo ed esclusivamente di pertinenza individuale. Non è lo Stato che si deve prendere cura del disoccupato, ma è lui stesso a doversi tirar fuori dalla brutta situazione nella quale si è cacciato con le proprie scelte.
Una tale visione del mondo è funzionale agli interessi dei cosiddetti high flyers: coloro i quali, per una serie di ragioni comunemente dovute al background familiare, possono sfruttare le opportunità offerte dal mercato; mentre «gli sconfitti», quelli che ingrossano le fila della maggioranza invisibile, si trovano sempre più soli. Svantaggiati spesso dalle condizioni di partenza e comunque condannati dalla narrazione neoliberista, che li vede svogliati nella migliore delle ipotesi o approfittatori del sistema nella peggiore.
Il neoliberismo si è imposto rapidamente perché la sua promessa di prosperità sembrava generalizzata. Illusi dalle grandi possibilità di consumo offerte a debito dalla finanza, molti cittadini hanno ignorato la crescente incertezza che il sistema generava.10 E così nel momento della crisi e del declino economico, diversamente da quanto accadeva nel passato fordista, si sono trovati soli, privi del sostegno di partiti e sindacati. Intanto il neoliberismo veleggiava incontrastato. In questo contesto intellettuale, sociale, politico ed economico, l’assenza di una visione alternativa sostenuta da chi soffre maggiormente la governance neoliberale ha contribuito alla perpetrazione delle misure di austerità. Una sorta di pedagogia, che si è spinta fino far sembrare «tecniche» tutte le misure via via decise, anche quando si dimostravano disumane.11 Per sostenere queste misure, le classi dirigenti di molti paesi europei hanno scelto di formare grandi coalizioni tra i partiti-architrave del sistema (di centrodestra e centrosinistra), continuando a eludere le domande e i bisogni della maggioranza invisibile.
Anche il processo d’integrazione europea è stato influenzato dalla grande trasformazione: si è realizzata un’unione monetaria nel solco dell’ideologia neoliberista, senza disegnare politiche sociali compensative con cui redistribuire la ricchezza verso cittadini e Stati più deboli. Così, tutti gli effetti negativi del processo si sono concentrati sulla maggioranza invisibile, facendo esplodere la sua sofferenza e frustrazione durante la crisi dei debiti sovrani.
Altresì, la grande trasformazione ha reso il welfare state fordista inadatto e obsoleto. Cambiamenti epocali – come la crescita dell’economia dei servizi, il declino del manifatturiero, il ruolo preminente assunto dalle donne sul mercato del lavoro,12 i nuovi flussi migratori, la trasformazione delle strutture familiari e l’evoluzione demografica – hanno contribuito all’emergere di nuovi rischi sociali (o nsr, new social risks). Mentre in passato la maggioranza dei cittadini si inseriva velocemente nel settore industriale (c’è da dire che questa era un’opzione disponibile soprattutto per gli uomini), oggi chi si trova a voler accedere al mondo del lavoro deve quasi sempre confrontarsi con precarietà, disoccupazione e inattività di lungo periodo.13 Così, i nuovi rischi sociali, amplificati dal malfunzionamento del welfare state, si concentrano sulla maggioranza invisibile, che non può accedere agli stessi benefit dei garantiti. All’avvento della governance neoliberale, al processo d’integrazione monetaria e all’inadeguatezza del sistema di welfare nell’accompagnare la grande trasformazione, si è sommato un altro fattore che ha contribuito a isolare la maggioranza invisibile nello spazio sociale e renderla silente: il mutamento delle forze progressiste. In passato, la sinistra non vedeva la società come la somma degli individui che la compongono, ma piuttosto come un «campo di scontro», in cui si affrontano gruppi sociali con interessi diversi. Ma nel corso degli ultimi vent’anni essa si è discostata da questa visione per abbracciare quella individualista. Ed ecco quindi che oggi non si schiera con la maggioranza invisibile, bensì a sostegno dei vecchi garantiti e di buona parte delle idee neoliberiste. Anche i sindacati, come avremo modo di descrivere, si sono trovati ad accettare questa logica, sacrificando la maggioranza invisibile sull’altare dei diritti acquisiti nel tempo dai propri tesserati.
La grande trasformazione, grazie anche alla mediazione delle forze sociali tradizionalmente di sinistra, ha portato all’applicazione di un neoliberismo che possiamo definire «selettivo»: un neoliberismo, cioè, applicato solo alla maggioranza invisibile e non ai garantiti dal vecchio sistema di welfare, che continuano a vivere come se la grande trasformazione non fosse mai avvenuta. Tutto ciò è lampante se guardiamo a tre ambiti di policy: quello pensionistico, quello delle leggi sull’immigrazione e quello del lavoro. Negli ultimi due decenni quasi tutti i provvedimenti in queste aree, presi indistintamente dal centrodestra e dal centrosinistra, sono stati volti a ridurre la protezione sociale di chi ha iniziato a lavorare nella seconda metà degli anni Novanta. La convergenza delle principali forze politiche sul neoliberismo selettivo si è manifestata più chiaramente dal 2011 in poi: con la crisi, dovuta all’impennata dei tassi d’interesse sul debito sovrano, essa è divenuta palese. Il bipolarismo della Seconda Repubblica si è basato sull’apparente divisione pro o contro Berlusconi, mentre in realtà entrambi gli schieramenti politici avevano accettato e attuato una serie di politiche di stampo neoliberale, che hanno aggravato la posizione della maggioranza invisibile e salvaguardato solo i garantiti.

La maggioranza invisibile come gruppo sociale

Durante la grande trasformazione la maggioranza invisibile ha pagato il prezzo più alto, perché incapace di riconoscersi come corpo so...

Indice dei contenuti

  1. La maggioranza invisibile
  2. Copyright
  3. Prologo
  4. 1. Introduzione
  5. 2. La base sociale del cambiamento
  6. PARTE PRIMA – La grande trasformazione e la maggioranza invisibile
  7. PARTE SECONDA – Da maggioranza invisibile a maggioranza visibile?
  8. Conclusione
  9. Bibliografia
  10. Indice