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L’embrione: libertà della scienza, filosofia, cristianesimo
Quando ci si rivolge al problema della «libertà della ricerca scientifica» ci si deve chiedere innanzitutto «da che cosa» tale ricerca scientifica debba liberarsi. La risposta a questa domanda coinvolge tutte le nostre conoscenze, ma impegna soprattutto il sapere filosofico. E la risposta suona così: «La ricerca scientifica ha il compito di liberarsi dall’intera tradizione dell’Occidente». Qui, possiamo soltanto indicare la direzione generale della risposta. La libertà della ricerca scientifica appartiene infatti a un processo grandioso: quello in cui il presente volta le spalle al passato dell’Occidente. Ma che cosa intendiamo con le parole «presente» e «passato»?
Si può rispondere solo se si è in grado di raccogliere in una dimensione unitaria il contenuto sterminato a cui ognuna di queste due parole si riferisce. Alla radice del passato e dello sviluppo dell’Occidente si trova una volontà di verità che è stata chiamata, appunto, «filo-sofia»: «cura» (philéin, «desiderare», «amare», «volontà») per il «chiarore» che è espresso dalla parola sophia, rifa-centesi a saphés, «chiaro», «luminoso» e dunque «innegabile».
Sul fondamento della volontà di verità, con cui la filosofia si lascia dietro le spalle il mito, viene alla luce la stessa dimensione cristiana dell’Occidente. Mediante un sapere innegabile, incontrovertibile, la dimensione filosofico-teologico-metafisico-episte-mica pone al centro della realtà un Dio immutabile, che guida il divenire e la storia del mondo e che il cristianesimo assume come il proprio fondamento razionale. Tale fondamento è l’anima dell’intero e concreto sviluppo storico della tradizione occidentale. Così potrebbe essere indicato il senso unitario del «passato» dell’Occidente.
Noi – «il presente» – stiamo sempre più decisamente allontanandoci da questo passato. Anche le masse stanno capendo che esso non può più avere la forza di presentarsi come l’indiscutibile per eccellenza.
La gran questione è l’«inevitabilità» di questo distacco dal passato. Non si tratta semplicemente del «fatto» che la gente non crede più in Dio. Si tratta di comprendere in che consista la cogenza di tale inevitabilità. L’hanno capito alcuni grandi pensatori che aprono la strada al «presente». Giacché, ancora una volta, è il pensiero filosofico a compiere il gesto decisivo che allontana dal passato. Anche la scienza – in alcuni suoi grandi e noti episodi – si è allontanata dalla convinzione di possedere verità incontrovertibili e ha concepito se stessa come sapere ipotetico-deduttivo; ma proprio per questo l’autocritica della scienza non può avere un carattere incontrovertibile. Solo sul fondamento della critica filosofica del passato la scienza ha il diritto di liberarsi dal passato.
Anche qui dobbiamo rinunciare a indicare, sia pur da lontano, il senso autentico di questa distruzione incontrovertibile del passato da parte della filosofia del nostro tempo. (D’altra parte è, questo, un tema a cui i miei scritti si sono spesso rivolti in modo analitico.) Ma si dovrebbe aggiungere che oggi la cultura laica si siede pigramente su quella distruzione, dandola per scontata, senza far rivivere ogni volta le articolazioni concrete, la grande lotta a cui tale distruzione è dovuta andare incontro. Giacché un gigante è anche il passato inevitabilmente distrutto. Tutti sono capaci di dire che «Dio è morto». Ma l’essenziale è portare alla luce la necessità di questa affermazione. Senza di che Dio ha tutto il diritto di ritornare e dominare.
Qui osserviamo solo che se il passato è il luogo dove viene tutelata la verità incontrovertibile, ne discende che nessuna etica che voglia presentarsi come incontrovertibile può più essere avanzata. Noi oggi apparteniamo a società dove prevale il rispetto dell’uomo. Ma l’uomo, in queste società, è rispettato non tanto perché tale rispetto sia un dovere fondato su verità incontrovertibili, ma perché va prevalendo, su chi non intende rispettare l’uomo, la forza, la potenza pratico-politica, la volontà dei gruppi sociali che si dichiarano in favore dei diritti dell’uomo. E anche: è soltanto una fede – peraltro attualmente vincente – che i diritti dell’uomo non debbano essere violati. Le leggi che difendono l’uomo sono sempre più intese come espressione del diritto «positivo», non di quello «naturale».
Se Dio è morto, ed è morta la verità che ne affermava la vita, la filosofia del nostro tempo apre la strada alla tecnica, cioè mostra che non esiste alcun limite all’agire dell’uomo e dunque a quella forma suprema dell’agire che è l’agire scientifico-tecnologico. La verità voluta dalla tradizione filosofica occidentale e il Dio in essa evocato sono infatti i «limiti» fondamentali dell’agire umano. La filosofia del nostro tempo è la distruzione inevitabile di tali limiti e appunto per questo la filosofia può portare la loro inesistenza dinanzi agli occhi della tecnica e affermare che i limiti dell’agire sono quelli storici che di volta in volta sono «posti» dal diritto «positivo».
Una straordinaria sinergia si fa dunque innanzi tra pensiero filosofico del nostro tempo e pensiero scientifico-tecnologico. Se quest’ultimo non si pone in rapporto al senso autentico del pensiero filosofico, allora o perpetua l’atteggiamento di dipendenza dal passato, dove la tecnica è soltanto il mezzo delle forze che intendono realizzare i loro valori, oppure si lascia guidare dal dogma e non dalla necessità della distruzione del passato, rimanendo quindi indifeso di fronte al costante tentativo del passato di riportarsi alla guida del mondo.
Con la rielezione di Bush, in America fa risentire la sua voce il passato dell’Occidente – il cui declino, per quanto inevitabile, è ondeggiante. Si può parlare di un neointegralismo americano, che non è certo omologabile a quello islamico ma proviene dalle stesse radici. E la reviviscenza del cattolicesimo – anche in esso il passato fa risentire la sua voce – è uno degli eventi non trascurabili del nostro tempo. Che la tecnica non abbia alcun limite non significa comunque che «tutto è permesso» – come pensava Dostoevskij in relazione alla dichiarazione dell’inesistenza di Dio –: la potenza della tecnica stabilisce la gerarchia delle potenze, cioè impedisce l’anarchia e stabilisce un ordine «positivo», anche se esso non coincide certamente con l’ordine «naturale» evocato dal passato dell’Occidente.
Si è discusso a lungo il problema relativo al referendum sulla legge 40, relativa alla fecondazione assistita. Ma, anche oggi, se i contenuti di quel problema non sono inscritti nel quadro che abbiamo sommariamente richiamato, perdono ogni spessore storico-concettuale.
La legge 40 non era, come appunto hanno rilevato le gerarchie ecclesiastiche, una legge cattolica. Tuttavia era ispirata alla dottrina della Chiesa – tentava di essere il più vicino possibile a tale dottrina, per realizzare il «male minore». I cattolici replicano ai loro avversari che questa legge era stata democraticamente votata in Parlamento. Ed è vero. Da questo punto di vista non c’è stata una prevaricazione dei cattolici. Il che va ribadito, perché sia data la giusta consistenza alla critica autentica che va rivolta alla legge 40, cioè alla critica che si riferisce al «grado» di democraticità di questa legge. La democrazia è infatti una categoria quantificabile. Una legge può essere cioè «più» o «meno» democratica. Lo è«meno», quando non rispetta i diritti delle minoranze relativamente a comportamenti che non sono proibiti dalla costituzione. La legge 40 è cioè meno democratica – l’abbiamo già osservato – di quel tipo di legge che, per esempio in relazione alla fecondazione assistita, non impone a tutti il comportamento che scaturisce dalle convinzioni religiose. Sarebbe meno democratica anche se i cattolici e i loro alleati riuscissero a far diventare legge costituzionale la tutela dell’embrione nei termini da essi perorati.
Ho osservato più volte che la volontà della Chiesa di far diventare legge dello Stato il proprio messaggio dottrinale risale comunque a Gesù. Quando dice di dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare, Gesù non intende certo affermare che a Cesare sia dato qualcosa che è contrario a Dio – e propriamente al Dio a cui Gesù guarda –; sì che quella sentenza (spesso ricordata per mostrare la natura «liberale» del cristianesimo) viene ad affermare che Cesare deve essere un Cesare (cioè uno Stato) cristiano.
Ho discusso il problema dell’embrione in molte occasioni e da più prospettive. Qui vorrei richiamare che anche qualora si concedesse che l’embrione è persona umana fornita di tutti i diritti dell’uomo adulto, e che quindi la sua uccisione è omicidio, anche in questo caso il problema non verrebbe chiuso, nemmeno dal punto di vista cattolico, perché la dottrina della Chiesa ammette il sacrificio di esseri umani per il bene comune. E se la Chiesa ammette, per il bene comune, ad esempio il sacrificio dei soldati che combattono una guerra giusta, e che quindi sono presumibilmente innocenti, non si vede quali motivi impediscano di assimilare il sacrificio dell’embrione al sacrificio del soldato, visto che anche l’embrione sarebbe sacrificato per il bene comune, cioè per la collettività dei sofferenti.
E ancora una considerazione va fatta – che non intende proprio avere il sapore di battuta (fuor di luogo, visto che si sta considerando la vita dell’uomo). Quando la Chiesa proibisce la produzione di embrioni in soprannumero, non propone altra alternativa che quella di lasciare che ognuno degli embrioni così «tutelati» rimanga eternamente un nulla. Ma, dallo stesso punto di vista della dottrina cattolica, è preferibile che l’embrione rimanga eternamente un nulla, oppure che, essendo egli un portatore degli stessi diritti dell’adulto, sia anche portatore di quel diritto supremo di partecipare, essendo nato, della felicità eterna del Regno dei Cieli? Lasciare eternamente nel nulla chi può nascere ed è ucciso innocente, è un omicidio infinitamente più grave di quello perpetrato da coloro che uccidono l’embrione per rendere più sopportabile la sofferenza di molti – tanto più che, ucciso innocente, ed essendo (secondo la dottrina della Chiesa) persona a tutti gli effetti, l’embrione merita senza alcun dubbio il Regno dei Cieli.
Si può certo obiettare che è immorale una società che diventa o...