Sul sogno
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Sul sogno

  1. 126 pagine
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Sul sogno

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Con la pubblicazione dell'Interpretazione dei sogni, Sigmund Freud segnò una cesura decisiva nello sviluppo della conoscenza umana, aprendo un campo di indagine fino ad allora sconosciuto, l'inconscio, e dando avvio alla rivoluzione portata dalla psicoanalisi. L'anno dopo lo studioso tornò sugli stessi temi con il saggio Sul sogno: di taglio più divulgativo e pensato per un pubblico più ampio, il libro sistematizza la teoria del sogno di Freud; indaga la correlazione tra gli eventi della nostra vita e la forma che essi assumono nell'attività onirica; e, soprattutto, mostra come l'interpretazione dei sogni costituisca un prezioso strumento per avvicinarsi al lato più profondo e sfuggente dell'interiorità umana.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2015
ISBN
9788858679012

TRANSFERT DI SOGNI, SOGNO DEL TRANSFERT

Il 4 novembre del 1899 uscì in libreria L’interpretazione dei sogni che, con un gesto trasgressivo ed anzi profanatore, sottraendolo tanto alla fascinazione romantica o alla contemplazione mistica quanto alla superstizione popolare e al discredito medico, guadagnava il sogno alla ricerca scientifica e al tempo stesso sanciva e annunciava la nascita di una nuova scienza, la psicoanalisi. Questa, come dirà poi Freud, «è il nome: 1) di un procedimento per l’indagine di processi psichici cui altrimenti sarebbe pressoché impossibile accedere; 2) di un metodo terapeutico (basato su tale indagine) per il trattamento dei disturbi nevrotici; 3) di una serie di conoscenze psicologiche acquisite per questa via che gradualmente si assommano e convergono in una nuova disciplina scientifica».1 Ma la particolarità è che, con il sogno, quello che è introdotto non è un ulteriore procedimento psicologico per esplorare più adeguatamente i classici oggetti di studio della psicologia,2 bensì un nuovo metodo che, riportando peraltro l’attenzione su fenomeni fino ad allora trascurati, scopre un nuovo campo ed un oggetto, l’inconscio,3 fino ad allora inesplorato e nemmeno individuato, che sarebbe «altrimenti inaccessibile» pur rivelandosi invece essenziale per cercare di spiegare alcuni aspetti dell’esistenza umana e alcune sofferenze cui può andare incontro.
L’editore tedesco Franz Deuticke di Lipsia e Vienna, apponendovi la data 1900 per lanciarlo nel secolo che stava per cominciare, forse non sapeva che quel libro avrebbe inaugurato una significativa tappa nella conoscenza dell’essere umano e avrebbe costituito l’atto di nascita di quel «secolo breve» che vide tragicamente concretarsi nella storia quelle potenze degli «inferi» dell’animo umano che la ricerca freudiana si proponeva di evocare per sottoporli all’indagine scientifica, come menzionato esplicitamente nel motto virgiliano posto ad esergo di quel testo: Flectere si nequeo Superos, Acheronta movebo, «Se non posso piegare i Celesti, smuoverò gli Inferi».
Quel libro ponderoso e «non certo di agevole lettura»,4 che come vedremo intrecciava in una singolare maniera indagine scientifica e autobiografica in una composizione «barocca» che «presentava al lettore l’inconscio, sulla cui immagine multidimensionale l’opera era involontariamente organizzata»,5 era stato concepito quattro anni prima, ufficialmente nel luglio 1895, quando Freud, in vacanza nel castello di Bellevue a Grinzing, località turistica presso Vienna, una notte fece un sogno, quello cosiddetto dell’«iniezione a Irma»,6 che divenne il sogno-campione intorno al quale articolò il suo testo. L’estate del 1900, quella successiva alla pubblicazione del libro, quando tornò in villeggiatura nella stessa località, scherzosamente domandava a Wilhelm Fliess, suo corrispondente epistolare berlinese che era stato testimone della sua laboriosa gestazione: «Non credi che sulla casa un giorno si potrà leggere questa lapide? “In questa casa il 24 luglio 1895 al Dr Sigm. Freud si svelò il segreto del Sogno”».7
Ma il sogno gli si era proposto come oggetto di studio ben prima di allora, quando stava mettendo a punto il nuovo metodo psicoanalitico per affrontare quei disturbi «nervosi» (dall’isteria alla nevrosi ossessiva, alla nevrosi d’angoscia, alla paranoia) che fino ad allora non avevano trovato spiegazione se non in una presunta e oscura degenerazione costituzionale del sistema nervoso né tantomeno alcuna seria possibilità di trattamento. Quel metodo, denominato delle «associazioni libere», consisteva semplicemente nel comunicare al medico tutto ciò che passava per la mente, anche ciò che risultava incomprensibile, insignificante o spiacevole:
Dica dunque tutto ciò che Le passa per la mente. Si comporti, per fare un esempio, come un viaggiatore che segga al finestrino di una carrozza ferroviaria e descriva a coloro che si trovano all’interno il mutare del panorama dinanzi ai suoi occhi. Infine non dimentichi mai di aver promesso assoluta sincerità e non passi sotto silenzio alcunché di cui le dispiaccia parlare per un motivo qualsiasi.8
In questo modo, pazientemente, i sintomi acquistavano imprevedibilmente un senso fino ad allora celato, per lo più connesso alla vita affettiva e sessuale della persona e alla conflittualità che intrinsecamente la caratterizzava.
Proprio utilizzando quel metodo Freud aveva fatto, tra l’altro, un’osservazione particolare, come raccontò molti anni dopo:
Se e quando seguivano le mie istruzioni, gli ammalati mi raccontavano anche i loro sogni, come se questi non differissero, quanto a natura, dagli altri loro pensieri. Era un invito palese a valutarli alla stessa stregua di altre produzioni intelligibili. Ma intelligibili i sogni non erano, e anzi – in quanto sogni, appunto – erano peregrini, confusi, assurdi, ragion per cui la scienza li aveva liquidati come meri sussulti dell’organo psichico, considerandoli privi di qualsiasi senso e di qualsiasi scopo. Se avevano ragione i miei pazienti, i quali invero non sembravano far altro che riproporre le credenze antiche di millenni dell’umanità non scientifica, il mio compito diventava ora quello di scoprire un’“interpretazione dei sogni” capace di resistere alle critiche della scienza.9
In questo modo si avviò la ricerca di una nuova comprensione di questo strano fenomeno di molti esseri viventi10 che nell’essere umano acquista caratteristiche e valenze peculiari. Un fenomeno, il sogno, che fino ad allora o era stato elevato alla dimensione di una attività spirituale superiore, pressoché di comunicazione diretta benché cifrata con la divinità, o era stato abbassato alla insignificanza di un effetto quasi meccanico degli stimoli corporei sul cervello dormiente: una sorta di caleidoscopici fuochi di artificio anche strabilianti ma privi di alcun significato che l’attività elettrica cerebrale produrrebbe automaticamente, nello stato di sonno, per via della stimolazione da parte del corpo ed i suoi organi.
E la ricerca fu lunga soprattutto perché, esclusa la possibilità di ricorrere ai sogni pur disponibili in letteratura (medica e non) ma privi proprio delle indispensabili associazioni, sia per ragioni di discrezione che per mostrare che la sua ipotesi valeva anche per i sogni di persone normali non nevrotiche, Freud si vide costretto a raccogliere i propri sogni personali.11 Questo significò avviare suo malgrado una autoanalisi: ogni mattina, al risveglio, si dedicò per lungo tempo pazientemente a scrivere quanto sognato e tutto ciò che poteva immediatamente associare a partire da ogni elemento onirico.12 Un impegno non solo di tempo ed energia, ma soprattutto affettivo, giacché l’indagine non poteva non riservargli sorprese, talvolta poco piacevoli, circa ciò che così si evidenziava muoversi nel proprio animo.13
Altrettanto lunga, laboriosa e articolata fu di conseguenza la redazione del libro che doveva raccogliere quell’indagine e presentarla al pubblico. Volente o nolente, dover mettere a parte dei propri sogni comportava il rischio di un’esibizione indiscreta e perfino sconveniente di pensieri, fantasie, affetti personali: «Non mi fu peraltro possibile nemmeno raccontare i miei sogni senza rivelare ad altri un numero di fatti privati della mia vita più grande di quanto desiderassi e di quanto è normalmente necessario per un autore sia uno studioso di scienze naturali e non un poeta». Di qui la necessità di «limitare alcune indiscrezioni con omissioni e sostituzioni», pur sapendo che così «la validità degli esempi impiegati è stata notevolmente diminuita»,14 nonostante l’intento di limitarsi allo stretto indispensabile.
Il libro stesso, come riconoscerà successivamente, assunse così un significato soggettivo specifico: «Si è rivelato essere per me un pezzo della mia autoanalisi, la mia reazione alla morte di mio padre,15 l’evento più significativo, la perdita più radicale nella vita di un uomo»,16 le cui tracce gli risulteranno incancellabili anche dopo che gli saranno apparse chiare.
Comprensibile che Freud, una volta conclusa quella fatica, non avesse voglia di ritornare sull’argomento e in un certo senso riscrivere un libro appena terminato che gli era costato tanto lavoro e tanti sforzi, per di più col timore di poter nuocere alla vendita di quest’ultimo. Ciò nonostante, Leopold Löwenfeld, un neurologo di Monaco di Baviera con cui in passato aveva dibattuto della nevrosi d’angoscia e col quale aveva poi allacciato dei rapporti amichevoli, riuscì a strappargli la promessa di «approntare per l’estate una versione condensata del libro»17 per un volume della collana Grenzfragen des Nerven- und Seelenlebens [Questioni al confine tra vita nervosa e psichica], che curava in collaborazione con H. Kurella. La scarsa voglia di riprendere un argomento che pure gli stava a cuore lo portò infatti a respingere risolutamente un successivo analogo invito, questa volta per una rivista, la «Rundschau»: «Ciò per molte ragioni», precisò a Fliess che si era fatto latore dell’invito. «In primo luogo, dopo tanto lavoro, sarebbe un’impresa difficile e insoddisfacente; secondariamente, ho promesso un saggio del genere a Löwenfeld, così che non posso mandarlo a nessun altro. In terzo luogo contrasterebbe con il principio della divisione del lavoro per cui un uomo scrive un libro e un altro lo recensisce; il lettore ha così il beneficio della critica e l’autore la visione dell’effetto che il suo lavoro produce nella mente di un estraneo. Quarto e ultimo motivo, non bisogna imporre alla “Rundschau” una recensione contro la sua volontà».18 A maggio, comunque, nonostante la scadenza si avvicinasse, Freud ammette di non avere «ancora cominciato il piccolo opuscolo sui sogni», e a luglio dichiara di avere infine «rimandato il breve saggio sul sogno a ottobre».19 A ottobre poi, quando finalmente vi si dedica e comincia a scriverlo, confessa di farlo «senza alcun reale godimento».20 Dilazioni e disinteresse cui peraltro contribuiva il desiderio di passare ad altri, nuovi argomenti. Aveva infatti cominciato a raccogliere materiale e cominciato a scrivere la Psicopatologia della vita quotidiana,21 libro progettato fin dal 1898; inoltre un anno prima, ancora fresca di stampa L’interpretazione dei sogni, aveva annunciato: «Nel piano sotterraneo si sta lavorando con straordinaria alacrità ed è quindi possibile che una teoria sessuale segua immediatamente ai sogni».22 E già cresceva l’interesse per i motti di spirito.23
E vi era pure un rinnovato interesse per il suo lavoro clinico. Dopo una primavera di magra nell’attività professionale, aveva infatti appena cominciato l’analisi di una ragazza diciottenne di cui subito dice che «il caso ha ceduto facilmente alla mia collezione di grimaldelli». Un’affermazione che, nel suo trionfalismo, semb...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Copyright
  3. Introduzione di Alberto Luchetti
  4. SUL SOGNO
  5. CAPITOLO II
  6. CAPITOLO III
  7. CAPITOLO IV
  8. CAPITOLO V
  9. CAPITOLO VI
  10. CAPITOLO VII
  11. CAPITOLO VIII
  12. CAPITOLO IX
  13. CAPITOLO X
  14. CAPITOLO XI
  15. CAPITOLO XII
  16. CAPITOLO XIII
  17. SOMMARIO