L'elaborazione del lutto
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L'elaborazione del lutto

Scritti sulla perdita

  1. 124 pagine
  2. Italian
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L'elaborazione del lutto

Scritti sulla perdita

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Il lutto costituisce un'esperienza inevitabile nella vita di ognuno di noi, al punto da considerare del tutto ovvi il dolore e la tristezza in cui è assorbito chi ha perduto l'essere amato. In questo volume si raccolgono i saggi più noti di Freud sull'argomento, le pagine in cui grazie all'indagine psicoanalitica si evidenzia il faticoso e intenso lavorio interiore che avviene in chi ha vissuto esperienze di perdita, rivelandone anche le pieghe nascoste e gli aspetti contraddittori. Con uno stile chiaro e diretto, Freud fa emergere la profonda enigmaticità del lutto e aiuta a penetrare i punti più oscuri e gli intimi conflitti che accompagnano il comportamento dell'uomo davanti alla morte.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858660218

LA COSTRUZIONE DEL «GRANDE ENIGMA DEL LUTTO»

Alberto Luchetti

Un piccolo gioiello, questo saggio su Lutto e melanconia, esemplare del peculiare procedere psicoanalitico, innanzitutto e in particolare freudiano, nell’indagine dell’animo umano. Esemplare, in primo luogo, per i livelli che riesce a intessere insieme: dalle «impressioni che sono a disposizione di ciascun osservatore», ai discorsi del paziente che «sarebbe ugualmente infruttuoso dal punto di vista scientifico e terapeutico contraddire» dal momento che «in qualche modo deve pur avere ragione e descrivere qualcosa che è così come a lui appare»,1 da altro materiale empirico tratto dall’osservazione di casi clinici, agli elementi diagnostici messi a punto nella psicopatologia. Fino a considerazioni di «metapsicologia», cioè relative a quella più astratta teoria dell’apparato psichico che tiene conto insieme dell’inconscio sessuale che lo contraddistingue nell’essere umano e del metodo per accedervi, «meta» perché intende andare al di là della psicologia della coscienza e, allora come oggi, degli altri tipi di inconscio – procedurali, latenti o cognitivi che siano.
Il procedimento viene chiarito fin dall’incipit: «Dopo che il sogno ci è servito come prototipo normale dei disturbi psichici narcisistici, tentiamo ora di chiarire l’essenza della melanconia mediante un suo confronto con il normale affetto del lutto». Dunque, in senso inverso a quanto spesso aveva fatto spiegando la normalità con la patologia e continuando a sfumare i confini fra questa e quella, usare l’«affetto del lutto» come «normale» modello e prototipo per chiarire una condizione patologica, la melanconia, altrimenti destinata a restare misteriosa.
Freud, sempre attento ai procedimenti diagnostici, ai quali ha fornito numerosi importanti contributi, è molto preciso nel definire il focus della sua indagine: non le depressioni in generale2 ma quella depressione particolare per intensità e caratteristiche che è detta melanconica e, più restrittivamente ancora, quelle depressioni melanconiche la cui origine è indubbiamente psicogena. Ricordandone la «definizione concettuale […] incerta anche nella psichiatria descrittiva», Freud sottolinea infatti che essa «si presenta in forme cliniche differenti la cui reductio ad unum non sembra assicurata, e alcune delle quali ricordano più affezioni somatiche che psicogene». Limita perciò la sua trattazione «a un piccolo numero di casi di indubbia natura psicogena»,3 al tempo stesso mettendo avanti le mani rispetto a pretese di generalizzazione sulla base di un numero ristretto di casi, ma rivendicando la possibilità di individuare, proprio per la bassa risoluzione inevitabilmente connessa a questi primi passi della ricerca, qualcosa di tipico che possa indirizzare verso elementi strutturalmente centrali proprio in base al paragone con il normale affetto del lutto.
Tuttavia, il riferimento a quanto appena fatto4 fa intravedere ab initio l’esito a boomerang di questa indagine: ciò che ci appariva semplice diventa problematico, opaco quel che sembrava trasparente. Analogamente al sonno e al sogno, usati nell’altro scritto per chiarire i disturbi narcisistici e in particolare il ritiro affettivo che ne è la premessa, il lutto uscirà carico di enigmaticità laddove in partenza, seguendo il profano, apparirebbe ovvio, di per sé evidente.
Freud lo segnalerà alcuni mesi dopo:5 «Il lutto per la perdita di ciò che abbiamo amato o ammirato appare al profano così naturale che lo ritiene ovvio. Per lo psicologo, tuttavia, il lutto è un grande enigma, uno di quei fenomeni di per sé inspiegabili, ma ai quali si riconducono altre oscurità». Cosa c’è infatti di più immediatamente comprensibile e autoevidente se non il dolore, la tristezza in cui è totalmente assorbito – fino a non nutrire più interesse per il mondo esterno e ad abbandonare ogni propria attività – chi ha perduto un essere amato, genitore, figlio, amante, amico o ha vissuto altre esperienze di perdita come quella della patria, del lavoro di una vita, della libertà, di un ideale ecc.? Eppure, proprio questa evidenza viene a essere scalfita dall’indagine psicoanalitica che, nel mentre con il lutto chiarisce la melanconia, mediante i chiaroscuri e le ombre che di riflesso vi scolpisce e le pieghe nascoste che vi rivela, dà al primo rilievo, spessore, articolazione, perfino contraddittorietà. Insomma, apre la questione del lutto nel mentre lo utilizza per illuminare ciò che è oscuro, anzi il buio cupo di una condizione mortifera e potenzialmente mortale dell’animo umano.
Questa costruzione del lutto come «grande enigma», altrettanto esemplarmente, si compone qui direttamente nella scrittura, dove il pensiero freudiano sembra quasi prendere forma sotto i nostri occhi, quella scrittura che ha costituito per la nascente psicoanalisi – una writing cure prima ancora che una talking cure – il vero e proprio mezzo, nel senso sia di veicolo che di sostanza o ambiente in cui si produce un fenomeno, suo precipuo terreno di coltura.6
Ma collochiamoci nel 1915, anno cruciale in anni di cruciali sconvolgimenti, per Freud e non solo.
Fra il 23 aprile e il 4 maggio 1915, Freud lavora su due tavoli: in una dozzina di giorni scrive Lutto e melanconia e contemporaneamente il saggio cui si riferisce nell’incipit, Supplemento metapsicologico alla teoria del sogno. Questi due lavori non sono solo accomunati dal procedimento utilizzato cui già si accennava,7 ma anche dal fatto che in entrambi i casi si esamina il distacco affettivo (della «libido», dice Freud intendendo l’energia, sessuale, che postula alla base del funzionamento psichico, ovvero «la nostra capacità di amare»)8 dal mondo esterno, ritiro che può prodursi quotidianamente, nel sonno e nel sogno, e in occasione di circostanze normali di vita, quale purtroppo il lutto, oppure in condizioni patologiche che appunto questo raffronto può illuminare in aspetti altrimenti non individuabili.
Questo alacre lavoro di scrittura non avviene tuttavia in un contesto di tranquillità, al contrario. Circa un anno prima, l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo ha fatto deflagrare la Prima guerra mondiale, che in poco più di quattro anni provocherà milioni di morti e devastazioni in Europa e soprattutto distruggerà per sempre tutto un mondo, rivelandone insieme le basi fragili e le forze dirompenti che lo attraversavano. Ma già immediatamente, come scrive Freud nei due testi sul tema della perdita e del lutto che in quello stesso 1915 incastonano Lutto e melanconia, ossia le Considerazioni attuali sulla guerra e la morte e Caducità,9 esercita un effetto determinante sul rapporto dell’umanità con la morte. La guerra fa cadere il diniego che solitamente l’occulta e impone il confronto con la sua realtà, oltre a sollecitare una profonda disillusione relativamente alle conquiste della civiltà e della società, che si rivelano friabili anziché saldamente acquisite come si poteva credere, e fino a far riaffiorare il sentimento dell’evanescenza e fugacità di ogni bene e di ogni bellezza. L’iniziale «passione guerriera»,10 l’esaltazione nazionalistica e la demonizzazione del nemico con cui pure fu accolto lo scoppio delle ostilità e la speranza di una rapida conclusione vittoriosa dilagate indipendentemente dalla parte in cui ci si schierasse, nel 1915 hanno già lasciato il posto a ben più tangibili preoccupazioni per la vita dei propri cari, quelli già reclutati o reclutabili ma anche quelli che non lo sono, per le condizioni generali di vita che subito risentono del conflitto. Per quanto riguarda Freud, non solo il primo figlio si è già arruolato volontariamente e gli altri due sono in procinto di esserlo, non solo il lavoro si riduce drasticamente e la vita quotidiana si fa più difficile, ma sono gli stessi destini della psicoanalisi a essere messi in forse. Gli psicoanalisti sono infatti dispersi o arruolati – ritrovandosi perfino su fronti opposti – gli spostamenti, gli scambi e i contatti diventano più ardui, la stessa attività di ricerca e pubblicazione è molto più difficoltosa, è ricomparsa perfino la censura. Tutto ciò rende il futuro della «causa» molto incerto, per di più in un momento già di per sé delicato per il movimento psicoanalitico dopo le defezioni di Adler e, soprattutto, Jung. Il patriottismo di Freud, momentaneamente solleticato pur senza mai farsi esaltazione, è dunque subito messo a dura prova.
Anche perché il 1914 aveva segnato invece un momento culminante nella puntualizzazione e ricapitolazione della psicoanalisi che Freud aveva avviato in quegli anni riguardo la tecnica, la clinica, la teoria, nonché la stessa storia della psicoanalisi.11 Un’acme che aveva rivelato «il carattere bifronte degli scritti di Freud degli anni che precedono la Prima Guerra Mondiale, miranti alla summa ma anche a una eventuale revisione dei concetti che trattano» e che era costituita dalla Introduzione al narcisismo:12 un lavoro «rivoluzionario in quanto sovverte idee che lo stesso Freud aveva sostenuto per molto tempo», con il quale quel processo bifronte «raggiunge livelli spettacolari».13 Come è stato più volte rilevato, la svolta radicale costituita dall’introduzione del concetto di narcisismo fa vacillare tutta la costruzione freudiana imponendo sostanziali aggiustamenti che apriranno la ricca stagione postbellica di studi decisivi quali Al di là del principio di piacere, Psicologia delle masse e analisi dell’Io, L’Io e l’Es ecc. che segnano la cosiddetta «svolta degli anni Venti» e la nascita della «seconda topica» e della «seconda teoria pulsionale», che rifondano e ampliano la psicoanalisi.
Cosicché, nel 1915, lo sforzo di messa a punto ed esposizione dei capisaldi e delle scoperte della psicoanalisi continua ed è anzi fortemente rilanciato. Troverà una preziosa realizzazione nelle lezioni che Freud terrà a uno sparuto pubblico il sabato pomeriggio all’università di Vienna a partire dall’ottobre di quell’anno, nel semestre invernale.14 Ma soprattutto, agli occhi di Freud, sembra possibile anche una più compiuta sintesi e configurazione della sua «metapsicologia»: approfittando del tempo libero e della solitudine che la guerra suo malgrado comporta, pensa di poterla racchiudere in dodici saggi. Questo progetto metapsicologico si smarrirà però a metà strada, cosicché degli scritti previsti – che pure parrebbero effettivamente essere stati ultimati, almeno in una prima versione – solo cinque si salveranno. Tre saranno pubblicati in quello stesso anno, mentre gli ultimi due – appunto quelli composti in quei dodici giorni del 1915 – lo saranno due anni dopo,15 mentre la guerra ancora sconvolge l’Europa e ormai il mondo intero.
Di questi due saggi, Lutto e melanconia sembra rappresentare il testo in cui quella puntualizzazione e ricapitolazione della psicoanalisi sembra arrestarsi, come di fronte a delle carte che, proprio nel mentre sono raccolte e sistemate, si rimescolano tra le mani in nuove configurazioni e scombinano i giochi, facendone intravedere altri. Potremmo paragonarlo all’ultima sonata per pianoforte n. 32, op. 111 in do minore scritta da Beethoven quasi cent’anni prima (1821-1822), che, dopo un primo movimento «Maestoso – Allegro con brio e appassionato», si chiude con il secondo movimento «Arietta (Adagio molto semplice e cantabile)», mancando del terzo che pure «classicamente» ci si aspetterebbe. Non perché incompiuta, ma perché, come fa dire Thomas M...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. La costruzione del «grande enigma del lutto»
  5. Lutto e melanconia (1915)
  6. [Manoscritto G] (1895)
  7. Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte (1915)
  8. Caducità (1915)
  9. Angoscia, dolore e lutto (1925)