Teoria dei sentimenti morali
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Teoria dei sentimenti morali

  1. 660 pagine
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Teoria dei sentimenti morali

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Per Smith la società non nasce dall'egoismo o dall'aspettativa di guadagno, bensì dalla simpatia, dalla benevolenza e dall'amore di sé. Passioni che consentono stabilità e coesione: il limite all'attività economica coincide con la trama più ampia della condotta socialevirtuosa. Solo questa logica consente ai movimenti individualistici di dispiegare i propri effetti benefici in un orizzonte di reciprocità.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858657249

PARTE VII

I SISTEMI DI FILOSOFIA MORALE (comprendente quattro sezioni)

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SEZIONE I

Le questioni che dovrebbero esser prese in esame in una teoria dei sentimenti morali

1. Se esaminiamo le più celebrate e famose teorie sulla natura e l’origine dei nostri sentimenti morali, troveremo che quasi tutte coincidono con una o con l’altra parte del resoconto che ho cercato di dare, e se consideriamo a fondo le cose dette, non avremo difficoltà a spiegare quali punti di vista o aspetti della natura abbiano portato ogni singolo autore a delineare il suo particolare sistema. Ogni sistema morale che abbia mai avuto un qualche peso nel mondo deriva in ultima analisi dall’uno o dall’altro dei principi che ho tentato di mettere in luce. Poiché tutti questi sistemi si fondano su principi naturali, in qualche misura sono tutti nel giusto. Ma poiché molti di loro derivano da una visione parziale e imperfetta della natura, molti sono in qualche misura errati.

2. Trattando dei principi della morale, ci sono due questioni da considerare: in primo luogo, in cosa consista la virtù, ovvero quale sia il tipo di indole e il modo di condotta che costituiscono il carattere eccellente e degno di lode, il carattere che è oggetto naturale di stima, onore e approvazione. In secondo luogo, quali siano il potere o la facoltà della mente che ci raccomandano tale carattere, qualsiasi esso sia, ovvero, in altre parole, come e per quali mezzi avvenga che la mente preferisca un modo di condotta a un altro, chiami l’uno corretto e l’altro scorretto, consideri l’uno oggetto di approvazione, onore e ricompensa, l’altro di disapprovazione, biasimo e punizione.

3. Esaminiamo la prima questione quando consideriamo se la virtù consista nella benevolenza, come ritiene il dott. Hutcheson,1 o nell’agire in maniera adatta alle diverse relazioni in cui ci troviamo come sostiene il dottor Clarke,2 o nella ricerca saggia e prudente della nostra reale e solida felicità, come è opinione di altri moralisti.

4. Esaminiamo la seconda questione quando consideriamo se il carattere virtuoso, qualsiasi esso sia, ci sia raccomandato dall’amor di sé, che ci fa percepire che questo carattere tende maggiormente a promuovere il nostro interesse privato; o invece ci sia raccomandato dalla ragione, che ci indica la differenza tra un carattere e l’altro, come ci indica quella tra vero e falso; o ci sia raccomandato da un potere o una percezione chiamata senso morale, in base al quale questo carattere virtuoso ci gratifica e ci piace, come il carattere contrario ci ripugna e dispiace; oppure, infine, ci sia raccomandato da qualche altro principio nella natura umana, come una modificazione della simpatia, o qualcosa di simile.
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5. Comincerò col considerare i sistemi che sono stati delineati riguardo alla prima di queste due questioni, cioè la natura della virtù, e passerò poi a esaminare i sistemi riguardanti la seconda.

SEZIONE II

I diversi resoconti sulla natura della virtù

INTRODUZIONE

1. I diversi resoconti che sono stati dati sulla natura della virtù, o sul tipo di indole propria del carattere migliore e lodevole, possono essere ricondotti a tre diversi gruppi. Secondo alcuni moralisti, l’indole virtuosa non consiste in una certa specie di affezioni, ma nel controllare e indirizzare appropriatamente tutte le nostre affezioni, che possono essere virtuose o viziose a seconda degli obiettivi che perseguono, e a seconda del modo in cui li perseguono. Perciò, secondo questi autori la virtù consiste nell’appropriatezza.

2. Secondo altri, la virtù consiste nel perseguire con giudizio il nostro proprio interesse e la nostra propria felicità, o nel controllare e indirizzare appropriatamente quelle affezioni egoistiche che tendono unicamente a questo fine. Perciò, nell’opinione di questi autori la virtù consiste nella prudenza.

3. Un altro gruppo di autori afferma che la virtù consiste unicamente in quelle affezioni che mirano alla felicità degli altri, e non in quelle egoistiche. Perciò, secondo loro, la benevolenza disinteressata è l’unica motivazione che può imprimere su un’azione il carattere della virtù.

4. È evidente quindi che o il carattere della virtù deve essere attribuito indifferentemente a tutte le nostre affezioni, quando sono controllate e indirizzate appropriatamente, oppure deve essere riservato soltanto a qualche gruppo particolare di cose. La grande divisione che riguarda le nostre affezioni è quella tra le affezioni egoistiche e benevole. Perciò, se il carattere della virtù non può essere attribuito indifferentemente a tutte le nostre affezioni ben controllate e indirizzate, deve esser riservato o a quelle che mirano alla nostra privata felicità, o a quelle che mirano direttamente alla felicità altrui. Perciò, se la virtù non consiste nell’appropriatezza, deve consistere o nella prudenza o nella benevolenza. È difficile pensare che si possa dare un resoconto sulla natura della virtù diverso da questi tre. Cercherò di dimostrare come tutti gli altri resoconti che sono stati forniti, pur sembrando diversi da questi tre, alla fine coincidano con uno o l’altro di essi.

CAPITOLO I

I sistemi che fanno coincidere la virtù con l’appropriatezza

1. Secondo Platone, Aristotele e Zenone la virtù consiste nell’appropriatezza della condotta, ovvero nel giusto rapporto tra l’affezione che ci spinge ad agire e l’oggetto che la suscita.

2. I. Nel sistema di Platone3 l’anima è considerata come un piccolo stato o una piccola repubblica, composta da tre diverse facoltà od ordini.

3. La prima è la facoltà di giudicare, la facoltà che determina non solo i mezzi appropriati per raggiungere un certo fine, ma anche i fini che vale la pena perseguire, e il valore che dovremmo attribuire a ciascuno. Platone, molto appropriatamente, ha chiamato «ragione» questa facoltà, attribuendole il diritto di essere il principio che governa il tutto. Sotto questa denominazione, è evidente che egli non ha raccolto soltanto la nostra facoltà di giudicare il vero e il falso, ma anche quella di giudicare l’appropriatezza o inappropriatezza dei desideri e delle affezioni.

4. Egli ha ridotto a due classi o ordini le diverse passioni e i diversi appetiti, oggetti naturali di questo principio regolatore, ma spesso ribelli al loro legislatore. La prima classe comprende le passioni fondate sull’orgoglio e il risentimento, cioè su quella parte dell’anima che gli scolastici chiamano anima irascibile; l’ambizione, l’animosità, l’amore per l’onore, il timore della vergogna, il desiderio di vittoria, di superiorità, di vendetta, in breve, tutte le passioni che si suppone denotino o derivino da ciò che nella nostra lingua chiamiamo metaforicamente spirito o fuoco naturale. La seconda classe comprende le passioni fondate sull’amore per il piacere, cioè su quella parte dell’anima che gli scolastici chiamano anima concupiscibile: gli appetiti corporali, l’amore del benessere e della sicurezza, e tutte le gratificazioni dei sensi.

5. Accade di rado di non osservare il piano di condotta prescritto dal principio guida, che a mente fredda ci eravamo dati come il più appropriato da perseguire, se non quando siamo spinti dall’uno o dall’altro gruppo di passioni: o da ambizione e risentimento ingovernabile, o da inopportune sollecitazioni del benessere e del piacere presenti. Ma sebbene questi due ordini di passioni tendano così tanto a sviarci, sono tuttavia considerate come parti necessarie della natura umana, che ci sono state date da un lato per difenderci dalle offese, per affermare nel mondo il nostro rango e la nostra dignità, per farci tendere a ciò che è nobile e onorevole, e per poter distinguere chi agisce in questa stessa maniera, dall’altro lato per venire incontro al sostentamento e alle necessità del corpo.

6. Nella forza, nell’acutezza e nella perfezione del principio guida, è riposta l’essenziale virtù della prudenza, 4 che secondo Platone consiste in una giusta e chiara capacità di individuare, sulla base di idee generali e scientifiche, i fini appropriati da perseguire e i mezzi adatti per ottenerli.

7. Quando le passioni del primo gruppo, quelle derivanti dall’anima irascibile, possiedono quel grado di forza e fermezza che le mette in grado, sotto la direzione della ragione, di disprezzare tutti i pericoli nel perseguire ciò che è onorevole e nobile, esse ci conducono alla virtù della forza e della grandezza d’animo. Questo ordine di passioni, secondo il sistema di Platone, è di una natura più nobile e generosa dell’altro. In molte occasioni queste passioni vengono considerate come ausiliarie della ragione nel controllare e reprimere gli appetiti più bassi e brutali. Quando l’amore per il piacere ci spinge a compiere azioni che disapproviamo, spesso andiamo in collera contro noi stessi, diventiamo oggetto del nostro stesso risentimento e della nostra stessa indignazione: la parte irascibile della nostra natura viene infatti chiamata in aiuto dall’anima razionale contro quella concupiscibile.

8. Quando la parte razionale, quella irascibile e quella concupiscibile della nostra natura sono in perfetta concordia tra loro, quando le passioni irascibili o quelle concupiscibili non tendono ad alcuna gratificazione che non sia approvata dalla ragione, e quando la ragione non comanda nulla che le altre due parti dell’anima non abbiano già intenzione di compiere, allora questo felice accordo, questa perfetta e completa armonia dell’anima costituiscono quella virtù che in greco è espressa con una parola5 che noi normalmente traduciamo temperanza, ma che potrebbe esser tradotta più appropriatamente con morigeratezza, o sobrietà e moderazione mentale.

9. La giustizia, l’ultima e la più importante delle quattro virtù cardinali, ha luogo, secondo il sistema platonico, quando ciascuna di queste tre facoltà mentali compie gli uffici che le sono propri, senza tentare di interferire con quelli delle altre, quando la ragione dirige e la passione ubbidisce, e quando ogni passione compie il proprio dovere, e si dirige tranquillamente e decisamente verso il suo oggetto appropriato, con il grado di forza e di energia adatto al valore di ciò che si persegue. In questo consiste quella virtù completa, quella perfetta appropriatezza di condotta, che Platone, seguendo alcuni degli antichi pitagorici, chiama Giustizia.

10. Bisogna osservare che la parola che esprime la giustizia in greco6 ha diversi significati, e poiché la stessa cosa avviene, per quanto ne so, anche in tutte le altre lingue, deve esistere una qualche affinità naturale tra queste varie significazioni. Secondo uno dei sensi della parola, si dice che usiamo giustizia verso il nostro prossimo quando ci asteniamo dal compiere nei suoi confronti un male positivo, e non lo danneggiamo né nella persona, né nella proprietà, né nella reputazione. Ho trattato della giustizia intesa in questo senso in una delle parti precedenti, affermando che l’osservanza di questa virtù può essere estorta con la forza, e che la sua violazione espone a punizione.7 In un altro senso, si dice che non usiamo giustizia al nostro prossimo, a meno che non proviamo nei suoi riguardi tutto quell’amore, quel rispetto e quella stima che sono adatt...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. INTRODUZIONE
  4. NOTA ALLA PRESENTE EDIZIONE
  5. CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE
  6. NOTA BIBLIOGRAFICA
  7. AVVERTENZA
  8. PARTE I - L'APPROPRIATEZZA DELL'AZIONE (comprendente tre sezioni)
  9. PARTE II - IL MERITO E IL DEMERITO, OVVERO GLI OGGETTI DI RICOMPENSA E PUNIZIONE (comprendente tre sezioni)
  10. PARTE III - IL FONDAMENTO DEI NOSTRI GIUDIZI SUI NOSTRI SENTIMENTI E SULLA NOSTRA CONDOTTA, E IL SENSO DEL DOVERE (comprendente una sezione)
  11. PARTE IV - L'EFFETTO DELL'UTILITÀ SUL SENTIMENTO DI APPROVAZIONE (comprendente una sezione)
  12. PARTE V - L'INFLUENZA DELLA CONSUETUDINE E DELLA MODA SUI SENTIMENTI DELL'APPROVAZIONE E DISAPPROVAZIONE MORALE (comprendente una sezione)
  13. PARTE VI - IL CARATTERE DELLA VIRTÙ (comprendente tre sezioni)
  14. PARTE VII - I SISTEMI DI FILOSOFIA MORALE (comprendente quattro sezioni)