ISIS
eBook - ePub

ISIS

I terroristi più fortunati del mondo e tutto ciò che è stato fatto per favorirli

  1. 256 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

ISIS

I terroristi più fortunati del mondo e tutto ciò che è stato fatto per favorirli

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

L'Isis stringe l'Occidente nella morsa del terrore. È ormai una banalità dirlo; quel che non è banale è comprendere che genere di fenomeno sia e, di conseguenza, come potremmo contrastarlo o almeno contenerlo. Dopo aver studiato approfonditamente le vite e i profili degli autori di tutti gli attentati in Nord America e in Europa, da quello della metropolitana di Londra ai fatti recenti di Parigi, Alessandro Orsini, uno dei massimi esperti in materia, ci offre una visione lucidissima e destinata a rovesciare molte idee consolidate. Parte da una tesi sconvolgente: l'Isis è l'organizzazione terroristica più fortunata al mondo. Perché? Quanto a forza militare, non è in grado di competere con l'Occidente. Eppure è potuta diventare man mano più temuta e pericolosa perché le potenze che avrebbero dovuto combatterla sono venute a trovarsi in una sorta di paralisi, dovuta alla paura o a miopi giochi di equilibrio politico. L'altro grande punto di forza dell'Isis è il fenomeno, sempre più pervasivo, della radicalizzazione: come può accadere che tanti giovani, di diversa estrazione, in Medio Oriente e nel ricco Occidente, si trasformino in inafferrabili, sanguinari soldati della Jihad? Illuminandoci i loro oscuri percorsi biografici, svelandoci i veri volti di individui come i fratelli Kouachi che hanno massacrato la redazione di «Charlie Ebdo», Orsini ci permette di entrare negli schemi mentali che muovono l'Isis. Solo così possiamo tentare di dare una risposta alle domande che più ci turbano: dobbiamo avere paura? ci sono dei modi per placare l'ondata terroristica? l'Occidente e il suo benessere saranno inesorabilmente spazzati via?

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a ISIS di Alessandro Orsini in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Politics & International Relations e Politics. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2016
ISBN
9788858647035
Parte prima
Il contesto

1

Lo scenario globale

Perché l’Isis è l’organizzazione terroristica più fortunata del mondo

Qual è la forza reale dell’Isis?

Chiunque avrebbe paura.
Le immagini delle decapitazioni, le due stragi jihadiste di Parigi, i massacri di Tunisi, lo sviluppo dell’Isis in Libia, le minacce contro il Vaticano apparse sulla rivista dell’Isis “Dabiq”, ci fanno temere per il futuro.
Per non parlare delle paure alimentate dalle statistiche diffuse dal dipartimento di Stato americano: nel 2013, gli attentati terroristici nel mondo erano stati 10.000 e, nel 2014, sono cresciuti fino a diventare 13.500, con un incremento di circa il 33% in un solo anno.
E le vittime?
Nel 2013 erano state 18.000.
Nel 2014 sono arrivate a 33.000.
Questo incremento è dipeso soprattutto dai massacri operati da Boko Haram in Nigeria, da al-Shabaab in Somalia, e dall’Isis in Siria e in Iraq.
Eppure, l’Isis, come spiegherò, rappresenta una forza militarmente irrilevante, se paragonata a quella delle potenze occidentali, ma continua a svilupparsi perché i suoi nemici ritengono che i tempi non siano ancora maturi per la sua eliminazione. L’Isis potrebbe essere sconfitto in un tempo relativamente breve, ma questo non accade a causa dei rapporti di forza tra due blocchi di Stati che non hanno ancora iniziato a combatterlo seriamente. La lotta contro l’Isis rappresenta, principalmente, un problema politico, non militare.
Il 16 novembre 2015 ho partecipato a “Effetto giorno”, un programma di Radio24 diretto da Simone Spetia, in cui è intervenuto anche uno dei più esperti generali italiani, Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa dal 2008 al 2011, le cui parole sono state molto chiare: «Un’operazione militare contro l’Isis non presenterebbe problemi sostanziali. Stiamo parlando di un gruppo limitato. Le capacità operative dell’Isis sono molto modeste. Ha tra i 18.000 e i 30.000 uomini, senza il dominio dell’aria. Direi che basta pochino per sconfiggerli».
L’Isis vive perché le potenze che dovrebbero combatterlo hanno deciso che deve continuare a vivere.
Almeno per ora.
La forza dell’Isis è molto inferiore alle nostre paure.
Guardiamo, per esempio, il modo in cui sono cadute Palmira e Ramadi.
Molti giornalisti hanno dato l’immagine di una avanzata irresistibile, ma la realtà è ben diversa.
Palmira, che si trova in Siria, era controllata dai soldati di Bashar al-Assad, i quali erano equipaggiati talmente male che alcuni di loro, poco prima di morire, hanno scritto ai propri familiari alcuni SMS di questo tenore: «Abbiamo finito le munizioni, siamo spacciati». Alcuni messaggi sono stati pubblicati il 21 maggio 2015 sul “New York Times”, in un articolo di Anne Barnard, ma non hanno avuto alcuna risonanza in Italia e così non hanno intaccato la convinzione, radicata nella mente dei suoi “ammiratori” che si nascondono nelle nostre città, che l’Isis sia forte.
Ramadi, invece, che si trova in Iraq, era difesa da 10.000 uomini dell’esercito regolare iracheno che sono scappati davanti a mille soldati dell’Isis, come è stato illustrato in un documentario di Jamie McIntyre, intitolato Isis vexing Victory in Ramadi, apparso su al-Jazeera il 27 maggio 2015. Il giornalista, dopo avere spiegato che i militanti dell’Isis avevano attaccato i soldati dell’esercito regolare iracheno con una serie di autobombe, dice: «La conseguenza è che migliaia di soldati iracheni si sono ritirati davanti all’avanzata di alcune centinaia di militanti dell’Isis».
In Iraq è in atto un drammatico processo di disfacimento dell’esercito. I soldati sono moralmente abbattuti. Molti di loro non sanno nemmeno usare le armi e, in alcuni casi, abbandonano il campo prima dell’inizio dei combattimenti. Anche quando è caduta Ramadi nessuno, in Italia, ha richiamato l’attenzione su questi dati che, invece, sono noti negli Stati Uniti, dove sto scrivendo queste pagine.
Questo modo di (non) riportare i fatti ha confermato ancora di più le convinzioni dei simpatizzanti dell’Isis che si nascondono nelle città europee, i quali, come è comprensibile, hanno creduto che Palmira e Ramadi fossero cadute perché l’Isis è dotata di una forza impressionante.
Fra i tanti dati che potrei aggiungere, ne riporto soltanto uno perché credo che dica tutto: tra il settembre 2014 e il mese di dicembre 2015, la coalizione guidata dagli Stati Uniti ha condotto circa 9000 raid aerei contro le postazioni dell’Isis, secondo quanto riporta il sito del governo americano. Questo significa che l’Isis ha avuto 9000 occasioni di abbattere un aereo americano, ma ne ha abbattuti zero. L’unico aereo colpito, quello del pilota giordano Muath al-Kaseasbeh che fu poi bruciato vivo il 3 febbraio 2015, cadde per un guasto tecnico il 24 dicembre 2014.
Tutto questo mi spinge a dire che l’Isis sarebbe travolto se i Piccoli Otto, di cui sto per indicarvi i nomi, lo volessero, ma questi “grandi-piccoli” non vogliono perché ritengono che conquistare il governo della Siria sia più importante che sconfiggere l’Isis. Di ciò, abbiamo avuto ulteriore conferma con i raid aerei della Russia, iniziati il 30 settembre 2015.
Alcuni giorni prima, Putin, facendo infuriare Obama, aveva annunciato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che avrebbe iniziato a bombardare le postazioni dell’Isis in Siria, ma molti hanno affermato fosse soltanto una scusa per poter schierare le sue truppe in favore dell’alleato Assad che, negli ultimi mesi, aveva subìto una serie di pesanti sconfitte e rischiava di cadere definitivamente.
Nel primo giorno in cui gli aerei russi si sono alzati in volo, Ashton Carter, il segretario della Difesa americano, ha dichiarato che gli aerei russi non avevano bombardato le postazioni dell’Isis. Subito dopo, uno dei leader dei ribelli siriani ha affermato che i russi avevano bombardato non l’Isis, ma i siriani democratici appoggiati dagli Stati Uniti. Il giorno seguente, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha confermato che i bombardamenti russi avevano colpito anche formazioni diverse dall’Isis, ovvero le forze siriane appoggiate dagli Stati Uniti.

I Piccoli Otto

Se la politica è la vostra passione e vi piace trovare i colpevoli, eccoli.
I colpevoli della non-lotta contro l’Isis sono, da una parte, Russia e Iran e, dall’altra, Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti.
Questi otto Stati sono riuniti in due blocchi contrapposti.
La Russia e l’Iran fanno parte del blocco A.
Gli Stati Uniti e i Paesi del Golfo Persico fanno parte del blocco B.
Data la miopia dei loro calcoli, li chiamo i P8, ovvero i “Piccoli Otto”, per stigmatizzare gli errori che stanno commettendo nella lotta contro l’Isis.
È un giudizio severo, lo so, ma la scelta di mantenere in vita l’Isis espone tutta l’Europa ai pericoli dei processi di radicalizzazione che conducono al terrorismo, rendendo meno sicure le nostre città, come dimostra il massacro del 13 novembre 2015 a Parigi. Convinti che l’Isis sia una forza incontenibile, centinaia di ragazzi si stanno mobilitando, oltre che nei Paesi islamici, anche in Europa, per andare a combattere in Siria o per realizzare attentati terroristici contro loro concittadini europei. E nel frattempo l’Isis si è esteso al di fuori dei propri confini di partenza.
Avere un’immagine di successo è il modo migliore per attirare nuovi militanti. Ecco perché l’Isis fa un uso maniacale della propaganda: vuole diffondere un’idea vincente di sé. Il rapporto che si crea nei periodi di esaltazione collettiva tra i giovani e le organizzazioni terroristiche è semplice da capire, essendo simile a quello che si verifica tra i tifosi e le squadre di calcio quando queste fanno tanti gol senza subirne.
Se una squadra torna a vincere, dopo anni di sconfitte, il numero dei nuovi tifosi aumenta e aumenta anche l’entusiasmo di coloro che avevano abbandonato le speranze.
Quando una squadra sta per retrocedere, lo stadio si svuota.
Quando sta per vincere il campionato, si riempie.
Esemplare è il caso della giovane ragazza italiana di 28 anni, Maria Giulia Sergio, scappata in Siria per vivere nello Stato Islamico.
Nata a Torre del Greco da una famiglia cattolica, ma cresciuta a Inzago, si iscrive a Biotecnologia all’Università di Milano. È una ragazza come tante altre, poi si converte all’Islam e, successivamente, viene a sapere della fondazione dello Stato Islamico. Si esalta e, rapita dalla propaganda, pensa di aderire a un progetto che cambierà la storia dell’umanità.
Sposa un combattente dell’Isis e parte per la Siria.
Il 7 luglio 2015, il sito del “Corriere della Sera” ha pubblicato l’audio di una conversazione avuta via Skype con la giornalista Marta Serafini, in cui afferma: «Lo Stato Islamico è uno Stato perfetto».

I quattordici del Medio Oriente

Sono i Piccoli Otto che hanno lasciato spazi di manovra così ampi a questa organizzazione terroristica, consentendole di trasformarsi in uno Stato. L’obiettivo principale dei blocchi guidati da Russia e Stati Uniti non è, infatti, la lotta contro l’Isis, ma la guerra per strapparsi a vicenda pezzi di territorio nel tentativo di diventare più ricchi e potenti degli altri. Questo avviene perché, in questo “cacchio” di Medio Oriente, come disse un mio studente, tutti hanno paura di tutti e la strategia migliore per sopravvivere è minacciare di morte i vicini.
L’Isis prospera grazie alla paura che ogni Stato del Medio Oriente ha di essere attaccato dal proprio vicino.
E vi assicuro che Israele non c’entra.
Più avanti parleremo dettagliatamente dell’Isis, delle sue caratteristiche e delle differenze con al-Qaeda, però prima occorre osservare il contesto in cui si è sviluppato. L’Isis potrà anche sparire nel volgere di qualche anno, ma quel campo di forze oggettive che è il “contesto mediorientale” continuerà a esistere e produrrà altri Isis, per cui occorre guardare la cornice prima del dipinto.
La cornice è questa: il Medio Oriente, in senso stretto, si compone di quattordici Stati. Tolti Egitto, Cipro e Stato di Palestina, il Medio Oriente è quello che vedete su questa cartina.
Per capire che cosa sta accadendo, dobbiamo partire dalla “colazione” di Putin e non dalla “coalizione” di Putin perché, fino al 2003, quest’uomo si svegliava la mattina sereno vedendo questo scenario.
Mappa pre-ISIS
Fino a quell’epoca, Siria, Iraq e Iran rappresentavano un cordone protettivo per la Russia, che aveva buoni o ottimi rapporti con tutti loro. Ma dal 2003 a oggi, gli Stati Uniti si sono prima appropriati dell’Iraq, poi hanno provato ad avviare un processo di distensione con l’Iran e, infine, hanno messo un piede in Siria, appoggiando i ribelli che combattono contro Bashar al-Assad che oggi controlla soltanto il 20-30% del Paese.
Mappa post-ISIS
Putin è arrabbiato.
Putin è molto arrabbiato perché in Siria ha interessi enormi.
Nel 1971, la Russia creò una base navale nella città di Tartus che, ancora oggi, è quella che consente il rifornimento delle sue navi nel Mediterraneo.
Un tempo solida roccaforte russa, Putin deve constatare che, di tutta la Siria, gli resta un moncherino.
Se poi osserviamo gli orientamenti diplomatici dei quattordici Stati che compongono il Medio Oriente, vediamo che, nel giro di pochi anni, gli Stati Uniti hanno quasi completamente fagocitato questo ricchissimo pezzo di mondo perché hanno buoni o ottimi rapporti con dodici Stati su quattordici.
Entriamo nel dettaglio.
Iniziamo dalla Giordania, che ha ricevuto 13 miliardi di dollari di aiuti dagli Stati Uniti da quando sono iniziate le loro relazioni diplomatiche a oggi.
L’orgoglio con cui i giordani descrivono le loro relazioni con gli americani appare sul sito dell’ambasciata giordana a Washington: «Da quando hanno stabilito le loro relazioni diplomatiche più di sessant’anni fa, la Giordania e gli Stati Uniti hanno goduto di forti relazioni basate su fini comuni e rispetto reciproco. Tale relazione ha resistito alla complessità e alla instabilità del Medio Oriente e ha dimostrato che i due Paesi possono fare affidamento l’uno sull’altro come alleati e partner».
Nel linguaggio comune, che è sempre più chiaro di quello diplomatico, suonerebbe così:...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Parte prima - Il contesto
  6. Parte seconda - Il modello DRIA
  7. Conclusioni - L’Islam violento e quello moderato
  8. Ringraziamenti
  9. Indice dei nomi