La pace dello spirito
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La pace dello spirito

Cos'è e come conquistarla

  1. 256 pagine
  2. Italian
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La pace dello spirito

Cos'è e come conquistarla

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Informazioni sul libro

Riconoscere la sofferenza, eliminare la sua origine, renderne possibile la cessazione, meditare sulla via per accedere a una terapia dell'anima, del corpo e dello spirito: in questo prezioso volume il Dalai Lama parte dal nucleo centrale del pensiero buddhista per creare un ponte tra i valori dell'Oriente e dell'Occidente e aiutarci a trovare in noi stessi la via del benessere e della serenità. Rispondendo attraverso gli insegnamenti millenari del buddhismo ai problemi che coinvolgono l'uomo contemporaneo, il Dalai Lama spiega perché nel riconoscimento del dolore e delle sue cause - la natura illusoria di questo mondo e l'attaccamento alle cose materiali - è insita la possibilità della liberazione: le sue riflessioni, arricchite da illuminanti esempi tratti dalla vita quotidiana, sono capaci di parlare a ciascuno di noi e ci insegnano a guardare nel nostro spirito per raggiungere la virtù, preziosa e possibile, della pace.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858658512

26 aprile 1997, mattina

CONFERENZA

Introduzione. Necessità di trasformare la mente. La pace della mente: condizione necessaria alla felicità. L’addestramento della mente comincia con la meditazione analitica. Pericoli della conversione dettata dall’impulso.
I tre «veicoli» del Risveglio. I tre cicli di insegnamenti del Risvegliato: le Quattro Nobili Verità, la vacuità e la luce. Differenza tra gli insegnamenti provvisori e quelli definitivi. Differenze metodologiche e gnoseologiche.
Le Quattro Nobili Verità non sono solo un articolo di fede: esse rispondono a una necessità logica. La necessità delle Quattro Verità. Le verità nobili della sofferenza e dell’origine della sofferenza.
Le due verità fondamentali: la verità relativa descrive le convenzioni dell’apparenza; la verità assoluta descrive il reale modo di essere di ogni cosa. Impossibilità logica dell’esistenza oggettiva di qualsiasi realtà. Il reale modo di essere di ogni fenomeno è vacuità: questa è la definizione mādhyamika-prāsan˙gika della terza nobile verità, la verità della cessazione.
La conoscenza delle due verità fondamentali attenua la sofferenza e permette di liberarsene.
Signor sindaco, fratelli e sorelle, amici e amiche che siete venuti così numerosi, vorrei dire a tutti voi quanto il fatto di incontrarci per scambiare alcune opinioni mi renda felice e vorrei ringraziare il sindaco per il suo discorso di benvenuto. Chi ha organizzato questo incontro ha fatto le cose veramente in grande e gliene sono grato. Durante i preparativi le difficoltà non sono mancate, ma non vi siete mai tirati indietro e ne sono felice. A partire da oggi ci incontreremo otto volte per parlare del Dharma. Vi presenterò il buddhismo essenzialmente partendo dalle Quattro Nobili Verità. Darò per scontato che ci sia già un legame spirituale tra noi, come ho sempre fatto quando tengo una conferenza per presentare il buddhismo. E per concludere prenderemo il voto del Risveglio. Ecco ciò che interessa ai buddhisti e creerà naturalmente un legame spirituale tra noi. Sono molto felice che attratti dall’evento siete venuti così numerosi.
Perché siamo qui riuniti oggi? Non per fare affari né per assistere a uno spettacolo. L’essenziale oggi è ascoltare una conferenza buddhista. A che scopo? Direi: per trasformare la propria mente. Che cosa bisogna trasformare nella propria mente?
Generalmente in tutti gli animali che hanno l’impressione di essere un «io», il rifiuto alla sofferenza e il desiderio di godere sono assolutamente naturali. Gli animali fanno di tutto, ognuno come può, per evitare la sofferenza e realizzare il benessere. Tutte le specie animali, fino agli animaletti più minuscoli, cercano di evitare la sofferenza e di trovare il benessere, ed è in questo campo che ciascuno segue la propria strada, battendosi per sopravvivere.
Quando negli insegnamenti buddhistici si parla di «tutti gli esseri animati», si fa riferimento a tutti quegli esseri in cui il rifiuto alla sofferenza e il desiderio del godimento sono innati. Tuttavia la facoltà di discernere il bene e il male è molto più evidente nell’uomo che negli altri animali. Penso dunque che la fede religiosa è nata nella società umana, dove il discernimento spirituale ha più potere. Le visioni, le filosofie e le teorie spirituali sono nate nella società umana.
È in funzione del potere di discernimento dell’uomo che esistono tante tecnologie e scienze, ma è in funzione della motivazione, che consiste nel voler essere felici e nel non voler soffrire, che si utilizza il discernimento umano; e ogni volta, proprio per questa sua capacità, sopraggiungono altri problemi e sofferenze.
Gli altri animali hanno ogni genere di impressioni causate dal discernimento, ma soltanto l’uomo pensa alla felicità o alla sofferenza del presente e al tempo stesso a ciò che sarà in futuro. Siccome tutto dipende dalla forza del discernimento, l’uomo, che ne è così tanto dotato, pensa molto al suo avvenire e allo stesso tempo torna con assiduità al suo passato. Gli altri animali non hanno questo potere. Ed è con questa modalità che gli altri animali non conoscono, che le speranze e le apprensioni si susseguono.
Parlo soltanto di ciò che tutti noi possiamo vedere qui sulla terra; non faccio alcun accenno agli dèi, ai dragoni e ai mangiatori di profumo.1 Con i tre mondi, le sei classi di esseri o le quattro nascite,2 di cui parlano i testi buddhistici, le cose sono ancora più ampie. Si tratta di molti altri esseri diversi, tutti dotati di discernimento. Quindi il discernimento umano è una cosa buona, molto potente e sempre pronta a procurarci un po’ più di sofferenza.
Quando gli animali hanno il ventre pieno e la temperatura si confà loro, si distendono e sono tranquilli. Noi esseri umani, invece, pur avendo tutte le circostanze esterne favorevoli, a causa delle nostre speranze e apprensioni ci troviamo nel più evidente disagio. Ogni volta che il discernimento umano deve intervenire, e nonostante per ognuno sia diverso, «l’uomo» appare come l’essere il cui malessere è più intenso e le speranze, come anche le apprensioni, le più motivate. Ma non è tutto. Su questa terra il più accanito distruttore è, tutto sommato, l’uomo stesso. Si potrebbe quasi dire che se l’essere umano non esistesse sulla terra, ci sarebbe più pace e l’ambiente, penso, sarebbe più salubre.
Se l’uomo non esistesse, i pesci e gli altri innumerevoli animali sensibili al piacere e al dolore che vivono sulla terra non proverebbero l’angosciosa sofferenza dello sfruttamento da parte dell’uomo. Per coloro che sfruttano gli animali, la vita di questi ultimi non ha lo stesso valore della vita umana. Se l’uomo non esistesse, sostengono, ci sarebbero molto meno animali. Senza l’uomo, gli animali sarebbero costretti a divorarsi l’uno con l’altro… Ma non è forse ciò una specie di equilibrio naturale? A ben riflettere, non sarebbe meglio augurarsi la sparizione dell’essere umano?
Capita comunque a tutti gli esseri viventi di amarsi l’un l’altro. Così gli uomini si amano e possono preoccuparsi degli altri. Questa preoccupazione di cui l’uomo è capace gli deriva dal potere di discernere e il suo senso altruistico è in grado di svilupparsi. Ma soltanto l’uomo ne è capace? Negli animali l’altruismo, per quanto piccolo sia, apporta benefici agli uni e agli altri. Tra gli animali sociali, però, l’infinito altruismo è appannaggio soltanto dell’uomo: una bestia non potrebbe dedicarvisi.
Possiamo affrontare la cosa da un altro punto di vista. La vita, la nostra stessa esistenza non è per niente un’esistenza votata alla distruzione.
Possibile che la nostra esistenza, tutta la nostra vita, si riduca a «un’esistenza votata alla distruzione»? Nient’affatto. Non esistiamo per distruggere e neanche per soffrire. Allora, che la nostra vita sia costruttiva o al contrario distruttiva, non trovate che dipenda da noi?
Essendo l’uomo dotato di un potentissimo discernimento, se potessimo circondarci di amici leali, daremmo un senso alla nostra vita: essa sarebbe costruttiva. È dunque importante per noi trasformare la nostra mente esaminandola con minuzia. Dovremmo sviluppare la sua bontà e la sua utilità, renderle più forti, riducendone gli aspetti nocivi: non è questo l’essenziale?
Certo, potremmo chiederci che cosa bisogna intendere per «bene» e per «male». La sofferenza indica qualcosa di «cattivo». Che cosa? L’indesiderabile. La sofferenza è fonte di fastidi. La sofferenza sarà quindi considerata come il «male». Ciò che desideriamo, che vogliamo è la felicità, la felicità sarà dunque il nostro «bene». Bisogna distinguere tra buoni e cattivi effetti, tra quelli che sono piacevoli e quelli che non lo sono, prendendo in considerazione le rispettive cause: il «male» è causa di sofferenza e il «bene» causa di benessere e di ciò che è veramente utile. Quando avremo trasformato la nostra mente, i pensieri nocivi diminuiranno mentre aumenteranno quelli positivi. Allora ognuno soffrirà sempre meno del malessere della sofferenza e il suo benessere non farà che aumentare.
Così, che siamo credenti o no, nessuno di noi vuole soffrire e tutti vogliamo essere soltanto felici. Dovremmo dunque ammirare le qualità positive della nostra mente riconoscendo gli inconvenienti dei suoi difetti per quello che sono: ecco un punto molto importante.
Siamo tutti simili: esseri umani senza differenze fondamentali. Abbiamo culture diverse, credenze religiose diverse; apparteniamo a razze diverse, il nostro modo di vivere è diverso, il nostro retroterra familiare anche. E che abbiamo ricevuto un’educazione o no, che siamo poveri o ricchi, abbiamo tutti lo stesso potenziale, un potenziale di bene e di male. È quindi estremamente importante riconoscere l’esistenza del nostro potenziale negativo, come del nostro potenziale positivo.
Sono passati molti anni dal nostro primo insegnamento. Il tempo scorre sempre veloce, non si arresta mai. Nessun potere, nessuna forza può fermare il movimento del tempo. Allora che cosa bisogna fare? Sta soltanto a noi utilizzare bene o male il nostro tempo.
Adesso, dunque, che ciascuno di noi rifletta. Se si ha la sensazione di non aver perso il proprio tempo, non resta che rallegrarsene. Ma se le cose sono state molto difficili, se siamo sempre stati occupati, ci chiediamo a che cosa sia servito tutto ciò, se è stato veramente necessario. Pensiamo allora a tutto il tempo che è fuggito via. Non trovate strano tutto ciò?
Diventare ricchi e famosi: è questo lo scopo primario della vita umana? Il denaro è importante; anche farsi un nome è generalmente utile. Ma sicuramente tra coloro che hanno celebrità, denaro e beni, addirittura grandi ricchezze, ne abbiamo visto più di uno sommerso dai pensieri. Altri, invece, non hanno né denaro né rinomanza. Avete notato? Hanno l’aria veramente infelice dal punto di vista materiale, ma sembrano avere lo spirito disteso. Alcuni non hanno problemi di denaro ma devono sempre prendere medicinali; e ce ne sono altri che, perfino nell’assoluta mancanza di agi materiali, si sentono fisicamente bene senza ricorrere ai farmaci.
Qual è il loro segreto? Quando la pace regna nella mente, si è sempre contenti, anche se all’esterno le condizioni non sono tra le migliori. Il corpo può accedere alla salute, ma senza la pace della mente nessuna felicità è possibile, anche nelle migliori condizioni.
Allora, dove sta il segreto? Sta nella pace della mente. La pace della mente giungerà una vo...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. 26 aprile 1997, mattina: conferenza
  5. 26 aprile 1997, pomeriggio: conferenza
  6. 26 aprile 1997, pomeriggio: domande-risposte
  7. 27 aprile 1997, mattina: conferenza
  8. 27 aprile 1997, mattina: domande-risposte
  9. 27 aprile 1997, pomeriggio: conferenza
  10. 27 aprile 1997, pomeriggio: domande-risposte
  11. 28 aprile 1997, mattina: conferenza
  12. 28 aprile 1997, mattina: domande-risposte
  13. 28 aprile 1997, pomeriggio: conferenza
  14. 28 aprile 1997, pomeriggio: domande-risposte
  15. 29 aprile 1997, mattina: conferenza
  16. 29 aprile 1997, mattina: domande-risposte
  17. 29 aprile 1997, pomeriggio: conferenza
  18. 29 aprile 1997, pomeriggio: domande-risposte
  19. Conclusione
  20. Lessico
  21. Glossario
  22. Ringraziamenti