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Il poema celeste
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Informazioni sul libro
I grandi temi del libro sono il disperato e infuocato amore terreno, ombra dell'amore di Dio; il dolore, che ci rivela l'Altissimo; il peccato che attira la grazia; la bellezza sovrana del mondo, multiforme e molteplice volto di Dio.
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Informazioni
Argomento
LiteratureCategoria
PoetryREPERTORIO DEI NOMI PROPRI E DEI TERMINI NOTEVOLI
dp n="446" folio="446" ? dp n="447" folio="447" ?’Abbāsa (Abū Ali) di Ṭūs* | (m. 1153/54). Abū Muḥammad ibn ’Abbās ibn Muḥammad ibn Abū Manṣūr. Secondo alcuni fu maestro di ’Aṭṭār (cfr. Ritter 1955, p. 672). |
’Abd Allāh ibn ’Abbās | Cugino del Profeta e figlio di ’Abbās ibn ’Abd al-Muṭṭalib (565-653) antenato della dinastia abbaside. Fu personalità di spicco nel campo della compilazione degli ḥadīth* e dell’interpretazione del Corano. |
’Abd Allāh ibn Mas’ūd | (m. 652). Uno dei compagni del Profeta. |
Abū ’Alī di Tùs | cfr. ’Abbāsa di Ṭūs. |
Abū Ayyūb | Compagno di Muḥammad*. Fu uno dei primi ad accogliere il Profeta al Suo arrivo a Medina*. |
Abū Bakr Ṣiddiq | (567-634 circa). Suocero e primo successore di Muḥammad*. |
Abū Bakr Varrāq | (m. 903). Saggio shaykh* originario di Balkh*. |
Abū Bakr Vāsiṭī | Uno dei primi discepoli del famoso teologo e mistico musulmano Junayd (m. 910). Quest’ultimo scrisse numerosi trattati teologici che analizzano il concetto di «unione mistica» e di «annientamento in Dio». |
Abū Fadl Ḥasan | Maestro spirituale di Abū Sa’īd* ibn Abū ’l-Khayr. |
Abū Lahab | Zio e avversario di Muḥammad*, capo di un clan dopo la morte di Abū Ṭālib*. |
Abū ’l-Qāsim di Gurgān* | (m. 1076/77). Abū ’l-Qāsim ’Alī Jurjānī, maestro del celebre mistico ṣūfī* Hujvīrī. |
Abū ’l-Qāsim di Hamadān* | Celebre mistico musulmano vissuto a Hamadān nel X secolo. |
Abū Sa’īd di Mahna* | (968-1048/49). Abū Sa’īd ibn Abū ’l-Khayr, uno dei primi grandi mistici dell’Islam: si servì della «quartina» per rendere più piacevole e accessibile la sua predicazione teorica. |
Abū Ṭālib | Zio e tutore di Muḥammad, egli lo accolse presso di sé dopo la morte del nonno ’Abd al-Muṭṭalib: successe a quest’ultimo come capo del clan degli hashimiti. Padre di’Alī*. |
Abū ’Ubayda ibn al-Jarrāḥ | Uno dei seguaci più vicini al Profeta. |
Afrāsiyāb | Mitico re dell’epopea iranica narrata nello Shāh-nāma di Firdawsī. È discendente di Tūr, sovrano del Turān, e la sua vicenda si inserisce nell’ambito delle lotte fra le famiglie reali del Turàn e quelle dell’Iran. Trova la morte per mano di Khusraw*. Cfr. anche la voce Bizhan*. |
Akvān | Demone potentissimo dell’epopea iranica, narrata nello Shāh-nāma di Firdawsī. |
Alessandro | La figura di Alessandro il Macedone assume, nel mondo islamico, una dimensione profetica. Pur non essendo mai nominato nel Corano con il suo nome, la tradizione unanime è certa di ravvisarlo in Dhū ’l-Qarnayn, «Quello dalle due coma», menzionato nella sura della Caverna come il vincitore dei popoli infedeli Gog* e Magog* e, quindi, come diffusore della fede (XVIII, 83-98). Lo strano soprannome sembrerebbe derivare dal significato di potere e di fortuna attribuito alle corna nell’oriente antico. Le vicende fantastiche dell’eroe macedone, attraverso l’epopea dello Pseudo-Callistene, hanno ispirato numerosi testi persiani: l’interprete massimo fu il poeta Niẓāmī: il suo Iskandar-nāma («Il libro di Alessandro») narra le imprese di Alessandro e il viaggio da lui compiuto nel Paese delle Tenebre alla vana ricerca dell’Acqua di Vita. |
’Alī | (m. 656). Cugino e genero di Muḥammad* e terzo califfo*. Primo imām* per gli sciiti (cfr. la voce shī’a*). |
Anas ibn Mālik | Seguace di Muḥammad* e autorevole compilatore di ḥadīth*. |
Anūshīrvān | Epiteto di Cosroe I, sovrano sasanide (531-579), al quale spesso si accompagna l’appellativo di ’ādil, «Giusto». Significa «dall’animo immortale». Nella letteratura persiana, è proverbiale per l’equità e la saggezza. |
Aqta’ | (m. 951/2). Abū’l-Khayr Aqta’ Tīnātī, mistico e teologo musulmano. |
’Arafāt | Pianoro situato nei dintorni della Mecca* dove si svolgono le cerimonie centrali del pellegrinaggio annuale (cfr. la nota 129 del Prologo). Una leggenda relativa all’origine del nome ’Arafāt vuole che Adamo ed Eva, separati dopo l’espulsione dal paradiso terrestre, si siano ritrovati e riconosciuti in questo luogo (il toponimo deriva dalla radice araba ’arafa che significa, tra l’altro, «riconoscere qualcuno o qualcosa»). |
Ardashīr | Fondatore della dinastia sasanide, regnò dal 226 al 255. |
’Ā·ysha | Figlia di Abū Bakr* e terza moglie del Profeta, che la sposò quando era ancora bambina. |
Ayyāz | Nome dello schiavo turco prediletto dal re Maḥmūd* di Ghazna*. Riunisce in sé le doti tipiche dell’amato: bellezza, coraggio, alterigia. Il totale attaccamento a lui da parte di Maḥmūd è uno dei temi ricorrenti in ’Aṭṭār. |
Āzar | Padre di Abramo. Idolatra e costruttore di idoli. |
Babilonia | Per i contemporanei del Profeta è la terra della magia. |
Bahrām Chubīn | Usurpò il trono del sasanide Hurmizd IV nel 579 e lo tenne fino al 590. Le sue vicende hanno alimentato un romanzo popolare in lingua medio-persiana andato perduto, tracce del quale sono presenti nello Shāhnāma di Firdawsī. |
Bahrām Gūr | Bahrām V, sovrano sasanide (420-438). Figlio di Yazdagird I, è celebre nella storia e nella leggenda per le sue imprese di caccia. Protagonista del romanzo di Niẓāmī intitolato Haft Paykar (v. Niẓāmī 1982). Nei racconti persiani l’emblema dello sfarzo, della magnificenza e dell’amore per i propri sudditi. |
Balkh | Bactra, detta «Madre delle Città», centro dell’antica Battriana, uno dei distretti del Khurāsān*. |
Bārbud | Menestrello e poeta di corte del sovrano sasanide Khusraw Parvīz (591-628). |
Baṣra | Città dell’attuale Iraq, fondata agli inizi dell’epoca musulmana. |
Basṭām | Città del Khurāsān* fondata, secondo la tradizione, sotto il regno di Khusraw II Parvīz nel 590 circa. Decadde d’importanza in seguito all’invasione dei Mongoli. |
Bāyazīd | (m. 874). Abū Yazīd al-Basṭāmī, uno dei più celebri mistici musulmani, visse a Basṭām*. Non esercitò mai alcuna attività sociale, al contrario dei ṣūfī* posteriori, appartenendo a quel gruppo di uomini per i quali la vera fede era l’adesione del cuore. Con Ḥallāj* si rese celebre per le sue locuzioni teopatiche: al contrario di ’Aṭṭār, che privilegiava la sobrietà, accordava più importanza all’ebbrezza (aspetto della mistica ṣūfī per cui si rimanda all’Introduzione). Non ha lasciato nulla di scritto, benché di lui siano stati tramandati circa cinquecento «messaggi». Una leggend... |
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- INTRODUZIONE
- GIUDIZI CRITICI
- PREMESSA
- PROLOGO
- PRIMO DISCORSO
- SECONDO DISCORSO
- TERZO DISCORSO
- QUARTO DISCORSO
- QUINTO DISCORSO
- SESTO DISCORSO
- SETTIMO DISCORSO
- OTTAVO DISCORSO
- NONO DISCORSO
- DECIMO DISCORSO
- UNDICESIMO DISCORSO
- DODICESIMO DISCORSO
- TREDICESIMO DISCORSO
- QUATTORDICESIMO DISCORSO
- QUINDICESIMO DISCORSO
- SEDICESIMO DISCORSO
- DICIASSETTESIMO DISCORSO
- DICIOTTESIMO DISCORSO
- DICIANNOVESIMO DISCORSO
- VENTESIMO DISCORSO
- VENTUNESIMO DISCORSO
- VENTIDUESIMO DISCORSO
- EPILOGO
- BIBLIOGRAFIA
- REPERTORIO DEI NOMI PROPRI E DEI TERMINI NOTEVOLI