Il Movimento di Comunione e Liberazione (1954-1986)
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Il Movimento di Comunione e Liberazione (1954-1986)

Conversazioni con Robi Ronza

  1. 256 pagine
  2. Italian
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Il Movimento di Comunione e Liberazione (1954-1986)

Conversazioni con Robi Ronza

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I primi trent'anni di Comunione e Liberazione rivissuti attraverso le parole di Luigi Giussani: questo libro ripropone una serie di conversazioni tra il fondatore del movimento e il giornalista Robi Ronza e permette ai lettori di cogliere le ragioni che guidarono don Giussani nelle sue scelte, dagli inizi al liceo Berchet alla crisi del '68, fino alla crescita di CL negli anni '70 e '80. Fonte preziosa per comprendere il percorso umano e spirituale del sacerdote di Desio, questa testimonianza rappresenta un'opportunità per ripercorrere dal punto di vista dello stesso Giussani la nascita e lo sviluppo di un movimento che ha saputo accompagnare migliaia di persone alla riscoperta del legame inscindibile tra la fede e le esigenze fondamentali dell'animo umano.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2014
ISBN
9788858670873

Comunione e Liberazione
1976-1986

I

Poco più di dieci anni sono trascorsi, monsignor Giussani, da quando il colloquio, che adesso riprendiamo, si è dapprima concluso. Da quel dicembre del 1975 a oggi molte cose, e molto importanti, sono cambiate nell’ambito non solo di «Comunione e Liberazione», ma anche della Chiesa e dell’insieme del mondo. Senza che allora ce ne potessimo rendere pienamente conto, il colloquio, da cui poi nacque il primo Comunione e Liberazione: interviste a Luigi Giussani, ebbe luogo al termine di un’epoca e alla vigilia di svolte cruciali sia della vicenda di CL che della più grande storia della Chiesa e del mondo in cui viviamo.
Fino alla metà degli anni Settanta, il movimento da lei fondato in primo luogo era una realtà quasi esclusivamente italiana e in secondo luogo non era, nemmeno in Italia, qualcosa di così consistente e forte da attirare l’attenzione sistematica dei poteri costituiti, e di quelli civili in particolar modo. Faceva già notizia specialmente per alcune sue mobilitazioni relative ad appuntamenti elettorali risoltisi peraltro in sconfitte per i cattolici e la Democrazia Cristianadal referendum per l’abrogazione del divorzio alle elezioni amministrative del giugno 1975ma veniva ritenuto un fenomeno certo vivace ma in sostanza non molto influente. Saranno le elezioni politiche del giugno 1976 a mutare tale stato di cose, dopo che il Movimento Popolare, fondato appena l’anno prima per l’iniziativa di CL, diede quello che per comune consenso fu un contributo determinante alla ripresa della DC e al conseguente blocco dell’ascesa del PCI.
C’è poi un altro avvenimentosecondo in ordine cronologico, ma di certo primo per importanza sostanzialeda allora sopravvenuto: la salita al soglio pontificio nel 1978 del nuovo papa Giovanni Paolo II, da cui conseguì, come è noto, un rapporto tra movimento e Santa Sede di un’intensità e di una qualità fino ad allora non sperimentate, peraltro nel contesto di un modo per molti aspetti nuovo di porsi della Santa Sede sia nella Chiesa che nel mondo.
Tra il 1975 e il 1976, poi, con la delusione del dopoguerra in Vietnam (di cui la drammatica odissea dei «boat-people» fu e continua a essere l’episodio più clamorosamente rivelatore) si conclude la lunga stagione dell’egemonia culturale planetaria del pensiero marxista sia sulla cultura in senso stretto che sulla cultura politica dei movimenti di liberazione e delle forze «progressive» in genere. Con la crisi del marxismo termina l’ultima grande speranza dell’età moderna, della cultura «illuminata» non religiosa che la caratterizza, e lo spazio lasciato libero da questo crollo, soprattutto nei Paesi industrializzati, tende a essere riempito da nient’altro che un nichilismo di massa.
Dal 1975, infine, l’Italia subisce la pressione di una forte ondata terroristica, la quale culmina con il sequestro e l’assassinio nel 1978 del presidente della DC Aldo Moro. È un’ondata destabilizzante cui la società italiana resiste con successo fino alla sconfitta del terrorismo e del suo progetto politico, nonché al contemporaneo compiersi di un imponente e ben diverso processo di riorganizzazione politico-sociale.
Nel frattempo, e anche sullo spunto di tutto questo, come ha proceduto l’esperienza ecclesiale che passa sotto il nome di «Comunione e Liberazione»?
Penso che, per meglio comprendere di quale sviluppo spirituale e culturale tutti questi fatti siano stati spunto, convenga riandare a un episodio che, pur venendo prima del periodo cui ora ci riferiamo, ebbe su di esso una significativa influenza dal momento che segna con una data precisa l’affacciarsi di CL alla ribalta sociale, e ne caratterizza tutta la prima fase: alludo al convegno nazionale sul tema «Nelle università italiane per la liberazione», che per iniziativa di CL ebbe luogo al Palazzo dello Sport al lido di Milano (Palalido) il 31 marzo 1973. In un periodo in cui l’egemonia marxista sulla cultura del mondo universitario era ancora incondizionata, venne in quella circostanza offerta per la prima volta la possibilità di una posizione alternativa, la quale tentasse di affrontare i problemi emergenti da un punto di vista cristiano. Sia per i suoi contenuti che per il numero dei suoi partecipanti (circa seimila universitari provenienti da ogni parte d’Italia), quel convegno suscitò in molti osservatori la convinzione che nel mondo delle università fosse nato «un altro Movimento studentesco», come ebbe occasione di dirmi un noto giornalista che seguiva l’avvenimento per un quotidiano milanese. Né si può dimenticare che – fatto davvero straordinario tanto più tenuto conto dello stile dell’uomo – a quel convegno assistette, in forma privata e seduto in platea come un convegnista tra tanti altri, l’on. Aldo Moro.
Il successo di quel convegno al Palalido fu però paradossalmente all’origine di un equivoco, destinato a esercitare per diverso tempo un influsso non del tutto positivo sulla vita e sullo sviluppo del movimento. Sull’onda di tale successo, infatti, l’attività della dirigenza di Comunione e Liberazione cominciò a essere tutta orientata a dimostrare e ad attuare le possibili valenze positive di un affronto di tipo cristiano della tematica portata alla ribalta dal Sessantotto. In altre parole, ci si impegnava sì a porre lo specifico del fatto cristiano, ma solo entro i limiti di un orizzonte predeterminato da altri.
Il grosso delle energie spirituali e culturali di CL veniva assorbito dall’impegno a supplire alla ruvidezza e all’unilateralità del modo con cui i «sessantottini» affrontavano i problemi dell’ambiente universitario, divenuto peraltro il centro dell’attenzione dell’intero movimento.
Fu in tale frangente della vita di CL che sopraggiunse – promossa da Gabrio Lombardi e altri dirigenti del mondo delle associazioni cattoliche con l’appoggio del sen. Fanfani, allora segretario politico della DC – l’iniziativa di proporre agli elettori un referendum abrogativo della legge con cui, il 1° dicembre 1970, il divorzio era stato introdotto nella legislazione italiana.
L’iniziativa si situava in un momento molto amaro per la Chiesa istituzionale. Squassate sin dall’inizio del decennio dall’influsso del Sessantotto, tutte le organizzazioni laicali direttamente connesse con l’episcopato erano divenute, dalla base ai vertici, subalterne a quella cultura «laica» di cui il Sessantotto era l’ultima e più affascinante emergenza. E questo in modo specialissimo era proprio il caso dell’Azione Cattolica, ossia l’associazione laica ufficiale e ufficialmente legata all’episcopato. Nella circostanza i Vescovi non potevano perciò fare conto alcuno sull’associazionismo cattolico ufficiale, che pur costituiva tradizionalmente il loro più forte tramite con il laicato. La Democrazia Cristiana, per parte sua, si disinteressò della cosa, salvo l’impegno di una parte di essa, in primis del sen. Fanfani più a titolo personale, però, che in quanto segretario politico del partito.
Stando così le cose, l’allora segretario della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), monsignor Bartoletti, pur essendo di estrazione «fucina»1 e dunque tutt’altro che prossimo alle posizioni di CL, non poté che rivolgersi a Comunione e Liberazione, ossia all’unica presenza ecclesiale nella società del nostro Paese che in quel momento sembrava ancora consapevole dello specifico della posizione cristiana e ancora capace di dargli voce con una certa organicità. L’invito di monsignor Bartoletti venne da noi accolto e di fatto, accanto ai circoli istituiti ad hoc da Gabrio Lombardi a sostegno dell’iniziativa referendaria, l’unica organizzazione cattolica italiana che in tutta l’Italia diede sistematico appoggio alla campagna per il «sì» al referendum abrogativo del divorzio fu CL: un appoggio nel quale – si noti – ci impegnammo per obbedienza all’autorità ecclesiastica. Per parte sua, infatti, CL non sarebbe stata pienamente d’accordo sull’utilità di un’iniziativa del genere nelle circostanze date.
Comunione e Liberazione, insomma, andò, per obbedienza all’autorità ecclesiastica, a fare una battaglia già perduta in partenza essendo chiaro che la posizione divorzista – da parecchi anni l’unica a essere espressa con efficacia sui giornali, al cinema, sulla stampa popolare e quella femminile – aveva guadagnato i consensi della maggior parte della gente. E infatti, il 12 maggio 1974, la proposta di abrogare la legge sul divorzio verrà respinta dal 59,1 per cento degli elettori che si recheranno alle urne (33.050.679, pari all’88,6 per cento degli aventi diritto al voto).
Oggi, a oltre dieci anni dall’avvenimento, quale giudizio dà degli esiti, sia per CL in particolare che per la Chiesa italiana in generale, di quella mobilitazione di CL peraltro non immediatamente scelta, ma, come diceva, accettata per obbedienza?
Il referendum sul divorzio del 1974 portò alla ribalta una situazione fino ad allora non da tutti chiaramente percepita; e soprattutto poco percepita all’interno della Chiesa istituzionale, dove spesso si continuava malgrado tutto a credere che l’Italia fosse un Paese ancora incontestabilmente e largamente cattolico. Presto o tardi la consapevolezza generale di tale stato di cose, che il referendum provocò in modo rapido e clamoroso, sarebbe emersa ugualmente. Valutando la questione a posteriori penso di poter concludere che una presa di coscienza della situazione così chiara e inequivocabile, anche se brutale, fu meglio per la Chiesa di quel che altrimenti sarebbe potuto accadere: che cioè il declino della presenza cattolica nella società italiana continuasse in modo strisciante, e inavvertito da molta parte della Chiesa istituzionale.
Per quanto concerne in particolare Comunione e Liberazione, il gesto di obbedienza in forza del quale il movimento si impegnò nella campagna referendaria a favore del «sì» all’abrogazione del divorzio, contribuì fortemente a maturare la coscienza della propria identità cristiana: un’identità che, fra le altre cose, nulla ha a che spartire con l’etica del successo a qualunque costo. E l’episcopato poté rendersi conto di quali fossero nella Chiesa le forze davvero disponibili, anche in condizioni difficili e con prospettive tutt’altro che favorevoli, a impegnarsi a sostegno di una mobilitazione sociale e politica in cui la credibilità di una scelta dei Vescovi, dunque della Chiesa tout court, veniva messa direttamente in gioco.
Come è noto, le elezioni hanno in Italia anche la funzione implicita, ma chiara a tutti, di censimento della consistenza delle varie «famiglie spirituali» in cui si articola la società del Paese. Perciò il loro esito va a influire su ben più che la semplice composizione del Parlamento. Le elezioni, insomma, finiscono per riflettersi sulla società civile forse in maggior misura che sulla società politica dal momento che, vigendo un sistema elettorale fondato rigorosamente sulla proporzionale pura senza il minimo «premio di maggioranza», le modeste variazioni percentuali sopra ricordate creano minimi spostamenti nella composizione dei vari gruppi parlamentari.
A metà degli anni Settanta hanno luogo in Italia due elezioni destinate a determinare nel loro insieme una svolta cruciale nella vita del Paese: le elezioni regionali e amministrative del 15 giugno 1975, e le elezioni politiche anticipate del 20 giugno 1976, si svolgono in un periodo caratterizzato da un crescendo di gravi atti terroristici nonché dal sempre più frequente degenerare delle dimostrazioni pubbliche in incidenti con morti e feriti. Siamo insomma già nel pieno degli «anni di piombo», che nel 1978 culmineranno con il sequestro e l’assassinio dell’on. Aldo Moro, allora presidente della DC, da parte delle «Brigate Rosse».
Le elezioni del 15 giugno 1975 vedono, rispetto alle elezioni politiche del 1972, la DC scendere dal 38,7 al 35,3 per cento dei voti; il PCI invece salire dal 28,3 al 33,4 e il PSI dal 9,8 al 12,0 per cento dei voti. È il momento in cui si delinea la prospettiva del «sorpasso» della DC da parte del PCI e quindi del possibile affermarsi di quest’ultimo come nuovo partito di maggioranza relativa del sistema politico italiano, con tutto quello che ciò avrebbe potuto significare in termini di crisi di tale sistema dal punto di vista sia interno che internazionale.
Con le elezioni politiche anticipate del 20 giugno dell’anno seguente quello che da molti era stato valutato come un processo ormai irreversibile risulta invece essersi esaurito: la DC ritorna infatti al 38,7 per cento dei voti, mentre il PCI non soltanto non continua a salire ma rispetto al culmine raggiunto l’anno prima scende raggiungendo il 34,4 per cento dei voti, e il PSI, con il 9,6 per cento, si riduce di nuovo alla sua percentuale del 1972. Si tratta beninteso di variazioni esigue in valore assoluto, ma importantissime nel contesto italiano, caratterizzato, come dicevano, da una grande stabilità del comportamento elettorale (in tutta la storia delle elezioni democratiche italiane, sono pochissimi i casi di variazioni in più o in meno superiori al «tetto» del 3,5 per cento).
Che cosa significarono, per la vicenda di Comunione e Liberazione e per la storia della Chiesa italiana in genere, quegli anni e quelle due elezioni?
Fiaccato dall’esito del referendum per il divorzio del 1974, e dallo stato di sbandamento dell’associazionismo cattolico istituzionale che la campagna referendaria aveva clamorosamente rivelato, il popolo cristiano si presentò all’appuntamento elettorale del 1975 disorientato e disperso come mai prima era stato. E come già nell’occasione del referendum del 1974, Comunione e Liberazione, di nuovo su invito della segreteria della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), si impegnò allora, in appoggio al voto per la Democrazia Cristiana, in difficili e solitarie campagne, che però furono sufficienti a catalizzare, ben al di là delle forze proprie del movimento, le energie di una certa parte di quelle masse cattoliche che l’associazionismo ufficiale della Chiesa, a causa della situazione già più sopra ricordata, aveva lasciato nell’abbandono. Fu così che CL ebbe, sulle vicende elettorali di quel biennio, un influsso in senso favorevole alla tenuta e poi alla ripresa dell’identità cattolica in Italia che mi pare di grande rilievo.
Questo carosello di mobilitazioni elettorali, in cui CL si impegnò con grossissimo sacrificio, non poteva ovviamente non avere dei contraccolpi negativi. In primo luogo indusse il grande pubblico a identificare il movimento come una forza politica, e non invece, quale è, come un’esperienza ecclesiale, un luogo di educazione e di pratica della fede. In secondo luogo gli attirò contro la reazione di quell’insieme di forze composite, ma a questo riguardo concordi, che stavano portando avanti un processo di emarginazione dell’identità cattolica dalla società italiana: uno schieramento che andava dall’influente stampa d’ispirazione socialista-radicale, che faceva CL oggetto di una continua campagna denigratoria, ai militanti dell’ultrasinistra che sulla spinta di tale campagna negavano agli aderenti a CL l’«agibilità politica» nelle università, e infine ai gruppi che compivano aggressioni e devastazioni a danno di persone e di organismi variamente collegabili a CL. Nell’arco di soli quattro mesi, tra il novembre 19...

Indice dei contenuti

  1. Il movimento di Comunione e liberazione
  2. Copyright
  3. Prefazione di Julián Carrón
  4. Avvertenza al lettore
  5. Nota alla nuova edizione di Robi Ronza
  6. Nota di presentazione all’edizione del 1987
  7. Gioventù Studentesca 1954/55-1964/65
  8. La crisi 1965-1969
  9. Comunione e Liberazione 1970-1975
  10. Comunione e Liberazione 1976-1986
  11. Indice