Il gioco della vita
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Il gioco della vita

Lettere 1904-1962

  1. 528 pagine
  2. Italian
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Il gioco della vita

Lettere 1904-1962

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Hermann Hesse scrisse migliaia di lettere: a poeti e scrittori, a uomini politici e di cultura, ad amici e conoscenti, ma anche in risposta a tanti lettori che si rivolgevano a lui come a un "maestro" per ricevere pareri e consigli. Egli concepiva infatti l'attività epistolare come parte tutt'altro che secondaria nella produzione di un artista, e come vincolo tenace con le persone e il mondo.

Il gioco della vita presenta al lettore italiano una significativa porzione di questo immenso materiale, un epistolario scelto (dallo stesso Hesse e dalla moglie Ninon) che contribuisce a rivelare la grandezza dello scrittore e, insieme, del pensatore, capace di affrontare i temi più disparati.

Scorrono attraverso le parole di Hesse i grandi eventi storici - le due guerre mondiali, le dittature, la faticosa ricostruzione, l'affermarsi di nuovi modelli sociali e culturali - e l'evoluzione della sua esistenza: dalla feconda fase creativa dei primi decenni del Novecento fino agli ultimi anni, in cui, ormai consacrato come guida morale e spirituale, lo scrittore trasmette il suo sereno insegnamento di profonda saggezza in un colloquio sempre più fitto con il mondo.

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Parte prima

LA DISPERAZIONE E LA GRAZIA

1904-1950

AL BARONE ALEXANDER VON BERNUS, STIFT NEUBURG PRESSO HEIDELBERG

Calw, 24 aprile 1904
Egregio signor barone!
La Sua lettera cortese e amichevole accompagnata da quei bei versi è stata per me una grande gioia. Per essa riceva il mio più sentito ringraziamento!
Di recente mi sono fermato per un giorno e mezzo a Ulm, città che amo molto. Poi, arrivato qui, vi ho trovato un clima da primavera avanzata e ho passato il tempo più in giardino che in casa. Avevo con me il Suo libro,a che ora conosco bene. Sicuramente è la stupenda poesia a pagina 45 quella che preferisco. Oltre a essa, mi piacciono anche le poesie a pagina 16, 30, 42, 59 e altre ancora! Hanno sempre qualcosa di delicato e di prezioso nella forma, che mi affascina e mi incatena.
Per i temi sociali, che ogni tanto risuonano nella Sua opera, mi manca qualunque sensibilità, forse perché io stesso sono sempre stato un povero diavolo, e perciò conosco e apprezzo la poesia e l’umorismo che può esprimere chi non possiede nulla.
In effetti è solo ora che inizio a pavoneggiarmi e a diventare ricco, e ho anche fermamente deciso, poco tempo fa, di sposarmi questo autunno. Il mio progetto dovrebbe andare in porto se il Camenzind, come l’editore comincia a sperare, vedrà la terza edizione.
Mi sono molto divertito con gli schizzi di Paquet, soprattutto con il Terrore. Scherzando, ma solo a metà, Le mando qualcosa di simile scritto da me,b che forse vorrà pubblicare, ma solo se ne avrà voglia!
Per Tubinga, non se ne farà niente, dal momento che in quel periodo aspetto visite. Ma ci rivedremo certamente a Monaco, oppure da qualche altra parte.
Forse Le capiterà di incontrare al lago di Costanza un uomo molto bello e di alta statura, con un viso serio, la barba bionda e lo sguardo fermo e penetrante. È Emil Strauß, che risiede a Überlingen dal 1° maggio.
Si avvicina la pioggia e ho ancora dei fiori da piantare! Dunque, per oggi, si accontenti di queste mie brevi note e di molti saluti cordiali! Spero davvero che non mi dimenticherà e che mi invierà più spesso un saluto, o qualche Sua opera. La prego di salutarmi la Sua gentile signora.
Cordialmente, Suo

AL BARONE ALEXANDER VON BERNUS, STIFT NEUBURG PRESSO HEIDELBERG

Gaienhofen, 19 novembre 1904
Caro signor von Bernus!
È vero, come Lei ha supposto, che in questo periodo qui sul lago è molto bello. Anzi, è addirittura stupendo e l’ultima grande bufera è stata magnifica.
E di sera leggevo il Suo nuovo libro,c purtroppo in assenza di mia moglie, che in questo periodo si trova in viaggio. Le Sue nuove poesie mi hanno dato un autentico piacere. E anche se non è affatto vero che singolarmente non mi piacciano, è proprio il loro insieme che ha ottenuto un risultato prezioso e bello, nella sua fusione di pensiero e forma che esprime tutto ciò che è possibile pensare. Mi piacciono in particolare Tag-Werden a pagina 48, poi le poesie a pagina 91 (Raub), pagina 65, pagina 162, pagina 143, pagina 89, pagina 161. Così potente e semplice è il Suo modo di usare i simboli, e il Suo stile in questo libro è costruito in modo davvero eminente. Il volume è ancora qui vicino a me sul tavolo e sono sicuro che lo rileggerò ancora molte volte. La ringrazio molto per avermelo spedito e auguro ogni bene a Lei e al Suo libro.
Ho appreso con interesse del fidanzamento di Thomas Mann; una volta, a Monaco, ho passato una sera con lui e l’ho trovato una persona fine e simpatica. No, non sono preoccupato per l’inverno, sono abituato alla solitudine e alla vita di campagna. E le sere vicino alla stufa di maiolica! Forse Lei finirà per pentirsi del Suo cortese invito, anche se non l’ha ancora fatto. Se alla fine dell’inverno non starò per un po’ in Italia, è molto probabile che andrò a Monaco.
Ha rivisto Paquet? Lo saluti molto da parte mia!
Con i più cordiali saluti a Lei e alla Sua gentile signora, in fede Suo

A WILHELM EINSLE

1912
Caro signor Einsle,
quando Lei scrive è certo cosa più facile di quando invece sono io a voler scrivere a Lei, poiché Lei mi conosce assai meglio di quanto io possa conoscerLa.
Accolgo volentieri l’approvazione gioiosa che Lei dà ai miei libri, ma non posso ringraziarLa per essa, poiché alla lode non è possibile risposta. Ma la Sua gentile lettera mi ha fatto piacere e Lei lo deve sapere. Lei dice:
Così voglio, con gratitudine, percorrere le mie strade senza sapere dove un giorno approderò.
È questa la cosa giusta! Per quanto un percorso di vita possa sembrare assolutamente determinato dalle circostanze particolari, tuttavia continua a portare con sé tutte le possibilità di esistenza e di mutamento di cui l’uomo stesso è capace. E tali possibilità sono tanto più grandi quanta più fanciullezza, gratitudine e capacità di amare è in noi.
Pur con tutte le limitazioni che ci sono poste dal lavoro e dall’età, non si deve affatto seppellire la propria giovinezza. La “giovinezza” è ciò che in noi resta bambino, e quanta più ne manteniamo, tanto più possiamo interiormente arricchirci, anche negli aspetti freddamente razionali della vita. Le auguro di cuore che la Sua strada sia buona.

A HANS STURZENEGGER,d BEL AIR, SCIAFFUSA

25 dicembre 1916
... In questi giorni il dottor Bloesch mi ha raccontato che L’ha vista a Zurigo: ho sentito dentro di me un grande affetto pensando a Lei e ai Suoi quadri, all’India e a Bel Air, e all’arte e all’amicizia e a tutte le altre cose meravigliose che la guerra mi ha completamente sottratto.
E ora, la vigilia di Natale, è arrivato il Suo quadro della spiaggia di Penang portandomi una nuova ondata di quel meraviglioso mondo. Riceva, caro amico, il mio ringraziamento più sentito per la bella veduta della spiaggia che amo così tanto e per aver pensato a me in questo modo gentile. Caro Sturzenegger, si sentono oggigiorno alcuni barbari i quali sostengono che prima della guerra vivevamo nel lusso più sfacciato e tra vaneggiamenti sentimentali, e che solo adesso avremmo scoperto la vera vita e i giusti sentimenti. Questo è quanto di più stupido e bugiardo si possa immaginare. Ora lo so per esperienza: comporre una poesia o cantare una canzone non solo è più piacevole, ma anche incomparabilmente più assennato e prezioso che non vincere una battaglia o donare un milione alla Croce Rossa. Questo mondo “organizzato” dei politici e dei generali non conta nulla, e sicuramente il più matto dei nostri sogni poetici varrà sempre più di esso. Creda a un povero diavolo di poeta, che da quattordici mesi continua a vivere in mezzo ad affari, politica, impresa e organizzazione!
Per tali motivi ora mi sento due volte tanto sensibile al Suo bel quadro e Le sono due volte tanto affezionato e grato. Ah, la spiaggia di Penang, con i suoi gruppi di isole lontane e le tante baie! Meno male che si conservano dentro di sé le cose migliori della vita, altrimenti si potrebbe morire di nostalgia.
Venga una volta a Berna! E se un giorno ci sarà la pace, sarò io a venire da Lei e La spaventerò mostrandoLe i miei disegni a pastello; poiché non ho più tempo per scrivere poesie e per pensare, ho infatti cominciato, nei miei momenti liberi, a dipingere e, dopo quasi quarant’anni, ho preso in mano per la prima volta il carboncino e i colori. Non Le faccio alcuna concorrenza, perché non dipingo la natura, ma solo ciò che sogno...

A KURT WOLFF,1 LIPSIA

Intestazione: Centro tedesco di assistenza ai prigionieri di guerra
Reparto documentazione, Berna
Berna, 30 dicembre 1916
Gentilissimo signor Wolff!
Inviandomi il libro di Heinrich Mann, Lei mi ha procurato una grande gioia e Le sono perciò molto riconoscente! Possedevo alcune delle edizioni precedenti, ma non certo tutte. Tra le sue opere, La piccola città è quella che mi è sempre stata più cara, ed è quella per la quale nutro la massima ammirazione, anche se, quando uscirono, consideravo alcuni dei suoi primi romanzi un po’ troppo avventatamente sensazionalistici. In ogni caso Heinrich Mann, che è sempre stato un grande scrittore e ha sempre prodotto cose molto belle, ha saputo proseguire nel suo cammino in modo deciso e degno di lode, mentre nella nostra letteratura si stava affermando quella moda secondo la quale, dopo un’unica prova o un unico successo, ci si fermava e si trascinava la propria carretta di paccottiglie come se si trattasse di mandare avanti un negozio.
Ho una gran nostalgia, quasi morbosa, di tornare a occuparmi in tutta tranquillità di cose belle, di leggere, di scrivere, e tutto ciò che ne consegue. Da mesi mi trovo a svolgere un’attività che solo a sprazzi mi piace, ma che nel complesso, alla lunga, mi sta uccidendo. La mia stima del mondo “reale” delle aziende e delle organizzazioni non è affatto cresciuta, e l’arte, oggi come ieri, non è solo assai più bella ma anche più reale e seria di tutto questo inutile indaffararsi.
Devo far ammenda riguardo al libro di guerra di Scheler. Quando lo lessi, costituì il mio primo vero incontro con quello spirito e da ciò derivò l’entusiasmo per il libro. Ma nessuna delle sue riflessioni sul nostro tempo e sulla storia ha dato buona prova di sé.
Con i migliori saluti, Suo devotissimo

A KURT WOLFF, LIPSIA

Intestazione: Centro tedesco di assistenza ai prigionieri di guerra
Reparto documentazione, Berna
Berna, 19 settembre 1917
Gentilissimo signor Wolff!
Sul «März» ho scritto alcune righe su I poveri di Heinrich Mann. Ma il libro è una tale delusione! Lei ha pubblicato di meglio.
Dell’aspetto tecnico, che riesce in parte a essere ancora brillante, non voglio dir nulla. Ma è grave, ed è un peccato, che Mann, quando pure affronta un problema dai contorni così chiari, semplifichi la cosa come farebbe un commediografo, semplicemente degradando fino al ridicolo una delle due parti in causa. Lo scontro tra operai e capitalisti risulta interessante e impegnativo se da entrambe le parti vi è una certa buona volontà, se il capitalista è sì ricco, ma continua a essere un uomo dabbene. Se egli è solo uno che ha rubato quello che possiede, come avviene nel libro di Mann, ecco che tutta la questione perde la sua serietà, e da un problema spirituale si trasforma in un racconto poliziesco. E questo è un peccato, perché nel libro si cela una certa grandezza, ma confinata all’aspetto poetico. Come riflessione non è un granché.
Sono stato due volte con il dott. Scheler e siamo diventati buoni amici.
La saluta il Suo

A SAMUEL FISCHER,2 BERLINO

27 agosto 1919
Mio caro signor Fischer,
mi ha fatto molto piacere ricevere nuovamente da Lei una lettera così dettagliata, che io apprezzo molto, considerato il Suo breve periodo di ferie.
A proposito di Dehmel, Lei può avere proprio ragione: anche io lo rispetto e mi è caro per la sua personalità in quanto ben definita. Ho però improvvisamente sentito, proprio leggendo il suo libro, la frattura che separa Dehmel dalla gioventù d’oggi. Con Hauptmann avviene la stessa cosa, e lo stesso a proposito della posizione dei poeti tedeschi riguardo alla politica; su di questo ho scritto di recente a Sua moglie. Rispetto a tutti questi problemi, durante la guerra, anzi fin dal suo inizio (il mio primo articolo sulla degenerazione dell’intellettualità tedesca allo scoppio della guerra era apparso a Zurigo già nell’autunno del 1914), io ho seguito un’altra evoluzione, e mi trovo in altre costellazioni ideologiche nei confronti del mondo e della mia patria. Il mio rapporto personale con la politica cerca di descriverlo il mio volumetto anonimo Il ritorno di Zarathustra, che ho scritto a gennaio. La «Neue Rundschau», nonostante le mie richieste di considerarlo, ha taciuto sul libretto come se non esistesse, probabilmente a ragione. Ma i giovani, da più parti, hanno vivacemente protestato e mi pongono molte domande, mi attaccano duramente oppure, spesso, mi danno testimonianze di fiducia. Purtroppo, dopo gli anni di guerra e i colpi del destino che hanno trasformato e minato la mia intera esistenza, tutto ciò avviene troppo tardi per me. Troppo tardi giunge anche il Suo gentile invito a venire a Berlino. In un periodo d’inimmaginabile isolamento e disperazione, ho dovuto cercare da solo una strada e devo restarle fedele, non tanto sulla base di precise motivazioni e riflessioni, ma semplicemente secondo la legge della gravitazione.
E adesso parliamo d’affari! Credo che la Sua preoccupazione per quel libro pubblicato da Tal a Vienna sia inutile.e In effetti si tratta del libro che doveva essere pubblicato presso una casa editrice svizzera. Il curatore è mio amico e mi corrisponde l’onorario in franchi, la Tal cura solo la stampa e la parte editoriale più tecnica. Inoltre far parte di questa collana è per me una piccola prova della mia affinità con Rolland, Barbusse, Zweig, ecc., e con altri pochi intellettuali che sono stati vicini al mio cuore durante gli anni di guerra. Di questo libriccino verrà ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione. di Carlo Vittone
  4. Le date di Hesse: vita e opere. a cura di Maria Pia Crisanaz Palin
  5. IL GIOCO DELLA VITA
  6. Nota dell’autore
  7. Parte prima. LA DISPERAZIONE E LA GRAZIA. 1904-1950
  8. Parte seconda. CITTADINO DEL MONDO. 1950-1962
  9. Copyright