Spaziocidio
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Israele e l'architettura come strumento di controllo

  1. 360 pagine
  2. Italian
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Israele e l'architettura come strumento di controllo

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In Palestina il paesaggio e l'ambiente costruito non sono allegorie, rappresentazioni o forme visive delle relazioni di potere, ma il mezzo stesso del potere costituito. L'ambiente non è solo il luogo dove la guerra si svolge, ne è il vero e proprio strumento.

Eyal Weizman in questo acclamato saggio svela la relazione tra due tipi di trasformazione: da un lato la violenza spettacolare degli eventi (bombe, uccisioni, missili, bulldozer) che attirano l'attenzione dei media; dall'altro avvenimenti più lenti e consequenziali - la costruzione di edifici, strade, tunnel - non meno aggressivi e devastanti. La colonizzazione, a Gaza, in Cisgiordania, nei Territori, si attua attraverso la modellazione dello spazio, in una costante dialettica di costruzione e distruzione.

Se dunque la politica resta impressa nelle forme dello spazio, l'analisi di Spaziocidio diventa un contributo importante per capire processi politici e militari lenti ma determinanti, che altrimenti rimarrebbero nascosti. Questa storia dell'occupazione raccontata dal punto di vista dell'ambiente offre quindi la chiave per comprendere la complessità del presente e anticipare le tendenze future. Coltivando persino la speranza, per quanto tenue, che la vitalità e la bellezza della Palestina riesca a resistere ai tentativi di separazione e induca gli attori in gioco ad accettare i valori fondamentali dell'uguaglianza e della condivisione tra due popoli che abitano la stessa terra.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2022
ISBN
9788835716488

Note

Introduzione. Architettura di frontiera

1. Patrick Keiller, London, film, 1994.
2. Murid al-Barghuthi, Ho visto Ramallah, Ilisso, Nuoro 2005, p. 37.
3. La frase completa, captata e immortalata nelle registrazioni audio del capo del Comando meridionale nel 1967, Yeshayahu Gavish, suonava così: «Sadin adom nu’a nu’a sof». Il codice per l’inizio dell’offensiva israeliana del 5 giugno 1967 era «Sadin adom» (lenzuolo rosso). «Nu’a nu’a sof» (muovetevi, partite) implicava il trasferimento della maggior parte dell’autorità di comando dagli ufficiali dello Stato maggiore a quelli che operavano sul campo.
4. Il ministero per l’Edilizia e gli alloggi finanziò anche la costruzione di una strada d’accesso lastricata. L’illuminazione stradale e una doppia recinzione con cani alla catena ogni 20 m furono pagate dall’esercito. Dror Etkes, Construction in unauthorized outposts: April-August 2006, Peace Now, www.peacenow.org.
5. Talya Sasson, A interim legal opinion submitted to Prime Minister Ariel Sharon on the subject of illegal outposts in the West Bank. www.peacenow.org/hot.asp?cid=390.
6. Agence France Press, 15 novembre 1998.
7. Bbc, Activists demolish West Bank outpost, 8 settembre 2004. L’operazione è stata intrapresa da Dror Etkes, di Peace Now. Lo scopo era dimostrare che il riluttante ministero avrebbe potuto imporre il rispetto della legge e delle promesse del governo e rimuovere gli avamposti, se avesse davvero voluto.
8. Il 26 settembre 2006 l’avvocato e attivista per i diritti umani Michael Sfard ha mandato una lettera al ministro della Difesa, Amir Peretz, e al maggior generale Yair Naveh, capo del Comando centrale, per conto dei proprietari terrieri palestinesi di Migron, chiedendo l’immediata evacuazione degli avamposti illegali e la restituzione della terra ai suoi legittimi proprietari.
9. Contrariamente a quanto si pensi, la frontiera non ha avuto origine con l’espansione dell’Europa in America, in Australia o in Africa, ma faceva parte della territorialità degli imperi premoderni. I confini degli antichi imperi romano e cinese, così come di quelli degli aztechi e degli inca, erano ambiti immensi, mutevoli e non ben stabiliti di scambi culturali e operazioni belliche, dove si combattevano battaglie contro persone definite fin dai tempi degli antichi greci come “barbari”. Questi imperi si basavano su una relazione flessibile tra il centro e la periferia, relazione determinata più dal potere, dal commercio e dall’affiliazione che non dalla prossimità territoriale. Vedi Paul Hirst, Space and Power, Politics, War and Architecture, Polity, Oxford 2005, pp. 63-64.
10. Sharon Rotbard, Preface, in Rafi Segal, Eyal Weizman, A Civilian Occupation, The Politics of Israeli Architecture, Verso-Babel, London-Tel Aviv 2002, pp. 15-16.
11. Il conflitto può essere visto come un campo di forze. Per Nietzsche, il territorio, come una sfera cosmica composta di campi di energie invisibili, è un «sostrato della forza». Vedi Friedrich Nietzsche, La volontà di potenza, frammento 545, trad. it. a cura di Maurizio Ferraris e Pietro Kobau, Bompiani, Milano 2001, p. 299. Stando alla lettura di Gilles Deleuze dell’opera di Michel Foucault, «il potere […] più che una proprietà […] è una strategia, e i suoi effetti non sono attribuibili a una appropriazione “ma a disposizioni, manovre, tattiche, tecniche, funzionamenti”; “lo si esercita più che possederlo, non è privilegio acquisito o conservato della classe dominante, ma effetto d’insieme delle sue posizioni strategiche”». Vedi Gilles Deleuze, Foucault, Feltrinelli, Milano 1987, pp. 33-34. Vedi anche p. 44, dove Deleuze usa l’espressione «carta dei rapporti di forze». Seguendo Deleuze, l’architetto e teorico Greg Lynn descrive la flessibilità come il continuo sviluppo e trasformazione della forma: «L’elasticità permette all’architettura di farsi coinvolgere nella complessità attraverso la flessibilità […]». E, in un altro punto: «Le sensibilità curvilinee sono capaci di assumere complesse deformazioni in risposta a influenze programmatiche, strutturali, economiche, estetiche, politiche e contestuali». Vedi Greg Lynn, Folds, Bodies & Blobs, Collected Essays, La Lettre Volée, Bruxelles 1998, pp. 110, 115. L’approccio di Lynn, orientato al metodo, si basava anche sull’affermazione di D’Arcy Thompson secondo cui «la forma è un diagramma di forze». Dato che le «forze modellanti» – le razionalità politiche, le pratiche di formazioni dello spazio e l’ambito di competenza – sono incarnate nello spazio, l’analisi spaziale potrebbe essere impiegata per estrapolarle e rivelarle. L’ultima affermazione dev’essere ritenuta valida quando questo approccio viene applicato al di fuori del mondo virtuale del computer e nel mondo della politica e dell’azione. Le forze politiche non si manifestano palesemente e in modo pieno nell’organizzazione materiale. La complessità della politica, la sua capacità di rispondere alle specificità, alle idiosincrasie e al caso, lascia le trasformazioni spaziali indeterminabili e quindi non mappabili. Poiché le frontiere sono ovunque in contatto con frizioni e casualità, la loro analisi non può mai ricadere perfettamente nella cornice del determinismo geografico o della «legge delle forme».
12. L’espressione «indagine d’archivio» è stata usata in Sanford Kwinter, Daniela Fabricius, Urbanism: An Archivist’s Art? e in Rem Koolhaas, Stefano Boeri, Sanford Kwinter, Nadia Tazi, Hans Ulrich Obrist, Mutations, Actar, Barcelona 2001, pp. 495-503.
13. Due delle più illustri «celebrità dell’attivismo» israeliane che operano nel contesto del conflitto in Cisgiordania – Dror Etkes di Peace Now e Jeff Halper del Comitato israeliano contro la demolizione delle case (Icahd, Israel Committee against House Demolition) – sono spesso riuscite a sferrare colpi significativi alla politica del governo israeliano in Cisgiordania e a trasformare alcune realtà sul campo. Nel 2005 l’amministrazione statunitense, che solitamente si affida per ogni lavoro alla propria rete di satelliti, ha deciso di non fotografare l’espansione degli insediamenti israeliani, dichiarando: «Non utilizziamo i satelliti contro i nostri alleati». La principale fonte di informazioni per quanto riguarda l’amministrazione statunitense sono i siti internet di Peace Now, di B’Tselem e, in misura minore, dell’Icahd. Nel 2006 Jeff Halper è stato nominato fra i candidati al premio Nobel per la pace.
14. L’ambiguità sul piano della formalità legale è esemplificata dalla differenza tra le diverse versioni della Risoluzione 242 dell’Onu, che chiede a Israele di ritirarsi «da aree occupate» (nella versione inglese) o «dalle aree occupate» (nella versione francese). All’interno delle frontiere della Cisgiordania, varie norme e regolamenti militari si applicano in modo differente alle distinte categorie di individui che abitano la regione: “israeliani ebrei”, “israeliani non ebrei” (in Israele ci sono naturalmente cittadini palestinesi), “coloni” (supercittadini che godono di maggiori benefici e diritti), “soldati”, “personale di sicurezza” (mercenari privati), “arabi” (sudditi), “civili non coinvolti” (palestinesi uccisi durante le operazioni militari, la cui innocenza dev’essere dimostrata), “residenti temporanei” (palestinesi che vivono sul lato occidentale del Muro), “stranieri” (automaticamente sospettati di essere simpatizzanti europei dei palestinesi), “lavoratori ospiti” (molti dei braccianti negli insediamenti agricoli provengono dalla Cina e dalla Thailandia), “uomini di sinistra” (sì, nella Cisgiordania ci sono aree, soprattutto vicino al nucleo di insediamenti di Hebron, il cui accesso è interdetto dall’esercito agli israeliani con una “visione” laico-liberale), “terroristi” (qualunque membro di un’organizzazione palestinese che abbia un’ala militare) e così via. Per qualcuno degli strani paradossi del conflitto, un palestinese può essere un soldato dell’Idf e un soldato in licenza per il weekend può essere un attivista politico.
15. Stando a una legge israeliana promulgata nel 1992, il ministro dell’Interno non può riconoscere lo status di consiglio locale alle comunità con una popolazione inferiore ai 3000 residenti, o quello di municipalità alle comunità con una popolazione inferiore ai 20.000 abitanti. Tuttavia la legge lascia al ministro la discrezione di agire diversamente «qualora esistano part...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Spaziocidio
  4. Prefazione all’edizione italiana
  5. Introduzione. Architettura di frontiera
  6. Interludio - 1967
  7. I. Gerusalemme: pietrificare la Città Santa
  8. II. Fortificazioni: l’architettura di Ariel Sharon
  9. III. Insediamenti: la battaglia per le colline
  10. IV. Insediamenti: urbanizzazione ottica
  11. V. I posti di controllo: la sovranità spezzata e lo specchio unidirezionale
  12. VI. Il Muro: gli arcipelaghi della barriera e l’impossibile politica della separazione
  13. VII. Guerriglia urbana: passare attraverso i muri
  14. VIII. Evacuazioni: decolonizzare l’architettura
  15. IX. Omicidi mirati: l’occupazione aerea
  16. Post Scriptum
  17. Note
  18. Copyright