Dove spiego come considerare le leggi della fisica in un modo assai più ampio, includendo i controfattuali (asserzioni su quali trasformazioni sono possibili oppure impossibili); e dove acquisirete familiarità con la conoscenza, definita in modo oggettivo, attraverso i controfattuali, come informazione capace di perpetuare la propria esistenza.
La maggior parte delle cose nel nostro universo è impermanente: le rocce vengono inesorabilmente corrose; le pagine dei libri si strappano e ingialliscono; gli esseri viventi – dai batteri agli elefanti e agli esseri umani – invecchiano e muoiono. Eccezioni degne di nota sono i costituenti elementari della materia, come gli elettroni, i quark e altre particelle fondamentali. Benché i sistemi che essi compongono mutino, tali costituenti elementari rimangono immutati.
Interamente responsabili della permanenza e dell’impermanenza sono le leggi della fisica, le quali pongono dei vincoli straordinari su ogni cosa nel nostro universo: su tutto quanto è accaduto finora e su tutto quanto accadrà. Le leggi fisiche stabiliscono come i pianeti si muovono nelle proprie orbite; regolano l’espansione dell’universo, le correnti elettriche nel nostro cervello e nei computer; controllano, inoltre, i meccanismi interni di un batterio o di un virus; le nuvole in cielo; le onde del mare; la fluida roccia fusa nelle viscere incandescenti della Terra. Il loro dominio si estende persino oltre ciò che accade nell’universo, fino a includere che cosa può, e che cosa non può, accadere. Qualsiasi cosa le leggi della fisica proibiscano non può essere generata, per quanto ci si impegni nel realizzarla. Per esempio, non è possibile costruire una macchina che possa indurre una particella ad andare più veloce della luce; né, dicevo, qualcuno potrebbe costruire una macchina dal moto perpetuo, creando una certa quantità di energia a partire da energia nulla, perché le leggi della fisica affermano che l’energia totale dell’universo si conserva.
Le leggi fisiche sono la spiegazione principale della tendenza naturale delle cose a essere impermanenti. La ragione dell’impermanenza è che le leggi della fisica non sono particolarmente adatte a preservare altre cose che non siano componenti elementari; si applicano ai costituenti fondamentali della materia, senza essere appositamente create o progettate, per preservare certi loro particolari aggregati. Gli elettroni e i protoni si attraggono a vicenda; è una interazione fondamentale: su questo semplice fatto si basa la chimica complessa del nostro corpo, ma di tale complessità non troviamo traccia nelle leggi della fisica. Leggi fisiche, come quelle che regolano il nostro universo, che non sono progettate, né ritagliate, in modo specifico per preservare qualcosa in particolare, oltre ai componenti elementari, le chiamerò leggi senza-progetto. In presenza di tali leggi, aggregati complessi di atomi, come le rocce, sono modificati costantemente dalle proprie interazioni con il mondo circostante, causando ininterrottamente minimi cambiamenti nella loro struttura.
Molte di queste interazioni introducono degli errori, sotto forma di piccole anomalie, causando il decadimento, nel tempo, di qualsiasi struttura complessa. A meno che non intervenga qualcosa a prevenire e a correggere questi errori, la struttura prima o poi svanirà o crollerà. Più un sistema è complesso e differente dalla materia elementare, più arduo sarà controbilanciare gli errori e conservarlo in esistenza. Pensate all’antica pratica di preservare i manoscritti ricopiandoli a mano. Più lungo e complesso è il manoscritto, più elevata sarà la probabilità di compiere qualche errore durante la copiatura, e più difficile sarà per l’amanuense correggere gli errori, per esempio ricontrollando ogni singola parola dopo averla scritta.
Poiché le leggi della fisica sono senza-progetto, la capacità di un sistema di conservare la propria esistenza (in un ambiente che, per il resto, muta) è una proprietà rara e notevole nel nostro universo. Essendo particolarmente importante, le assegnerò un nome: r-esistenza.a
Che la r-esistenza sia difficile da ottenere è stato a lungo considerato un aspetto crudele della natura, su cui molti poeti e scrittori hanno espresso, rassegnati, la propria delusione. Ecco un esempio magistrale, tratto dal celebre discorso di Prospero, nella Tempesta di Shakespeare:
Sono finiti i nostri giochi. Quegli attori,
come ti avevo detto, erano solo fantasmi e
si sono sciolti in aria, in aria sottile:
E come l’edificio senza basi di quella visione,
anche gli alti torrioni incoronati di nuvole
e i sontuosi palazzi e i templi solenni, questo stesso
[globo immenso
con le inerenti sostanze, dovrà sfarsi
come l’insostanziale spettacolo dianzi svanito:
e svanirà nell’aria senza lasciare fumo di sé.
Noi siamo della materia di cui son fatti i sogni
e la nostra piccola vita è cinta di sonno.b
Ora, questi versi hanno una forma e un ritmo così piacevoli che, a una prima lettura, qualcosa d’importante potrebbe passare inosservato. Si limitano a presentare una visione ristretta, unilaterale della realtà, che trascura fatti fondamentali che la riguardano. Considerando questi altri fatti, capiamo che il tono e la conclusione pessimistica di Prospero sono mal riposti. Quei fatti, però, non sono subito evidenti. Per vederli, dobbiamo considerare qualcosa di più di quanto succede spontaneamente nel nostro universo (come l’impermanenza, la r-esistenza occasionale, i pianeti e gli alti torrioni incoronati di nuvole delle nostre città); dovremo considerare che cosa può, e che cosa non può, accadere: i controfattuali, che, come dicevo, sono anch’essi stabiliti dalle leggi della fisica.
L’elemento più importante che il discorso di Prospero trascura è che, persino in presenza di leggi senza-progetto, la r-esistenza può realizzarsi. Nessuno garantisce che sarà realizzata, poiché le leggi della fisica non sono progettate appositamente per questo; ma può essere realizzata perché le leggi della fisica non lo proibiscono. Un modo immediato per considerare quanto detto è guardarsi intorno con un briciolo in più di attenzione di quanto fosse possibile al tempo di Shakespeare. Esistono, infatti, entità che mostrano un certo grado di r-esistenza; ma, soprattutto, alcune sono più r-esistenti di altre; alcune lo sono molto, ma molto di più. E non sono le rocce e le pietre, contrariamente a quanto potrebbero suggerire i proverbi e la convinzione comune; sono le entità viventi.
Gli esseri viventi in generale risaltano per una propensione alla r-esistenza molto maggiore di entità come le rocce. Spesso un animale ferito può riparare se stesso, mentre una roccia non può farlo; un singolo animale prima o poi morirà, ma la sua specie potrebbe sopravvivere più a lungo di quanto possa sopravvivere una roccia.
Consideriamo i batteri, per esempio. Sono quasi immutati sulla Terra da oltre tre miliardi di anni (pur evolvendosi!). Più precisamente, quasi immutate sono le particolari sequenze di istruzioni che codificano come generare un batterio a partire dalle componenti elementari presenti in ogni cellula batterica: una ricetta. La ricetta è incorporata in una molecola di DNA, che è la parte al cuore di ogni cellula; è una stringa di sostanze chimiche, di quattro tipi differenti. La stringa funziona esattamente come una lunga sequenza di parole composte da un alfabeto formato da quattro lettere: ogni parola corrisponde grosso modo a un’istruzione della ricetta. I biologi chiamano geni gruppi di queste istruzioni elementari.
È la particolare struttura, o schema, del DNA batterico a essere rimasta quasi identica per così tanto tempo. Invece, durante questo stesso periodo, la disposizione e la struttura delle rocce sulla Terra sono profondamente mutate; interi continenti sono stati riorganizzati da movimenti interni che avvengono al di sotto della crosta terrestre. Immaginiamo che un popolo alieno sia atterrato sulla Terra all’inizio della preistoria, abbia raccolto del DNA di particolari organismi (poniamo di alghe azzurre) e abbia poi scattato dallo spazio una fotografia del nostro pianeta. Ora immaginiamo che debba ritornare e ripetere queste operazioni. Nelle fotografie della Terra ogni cosa sarebbe cambiata; la disposizione stessa dei continenti e degli oceani avrebbe tutt’altro aspetto. Ma la struttura del DNA di quegli organismi sarebbe pressoché immutata. Così vediamo che, in fondo, alcuni elementi nel nostro universo, come le ricette codificate nel DNA, possono ottenere una r-esistenza assai considerevole, anche in presenza di leggi senza-progetto.
L’altro elemento che il discorso di Prospero ignora è che le entità viventi possono operare sull’ambiente, trasformarlo, e (aspetto cruciale) conservare la capacità di farlo e di farlo ancora, lasciandosi così alle spalle molto più di un «fumo». La Terra porta ancora i segni dell’attività batterica di un miliardo di anni fa (sotto forma di carbonio fossile, per esempio). Le piante hanno causato un cambiamento spettacolare nella composizione dell’atmosfera rilasciando ossigeno gassoso come effetto collaterale della conversione della luce solare in energia chimica, grazie alla fotosintesi. Anche gli esseri umani sanno trasformare l’ambiente nelle condizioni più varie. Contrariamente alla visione di Prospero, palazzi, templi e torrioni incoronati di nuvole possono essere r-esistenti perché sono prodotti della civiltà. Gli uomini possono restaurarli seguendo il progetto – o meglio, di nuovo, la ricetta – a partire dal quale furono inizialmente costruiti, garantendo che dureranno molto più a lungo dei materiali costituenti. In linea di principio, una stampante 3D che avesse tale ricetta potrebbe ricostruire da zero qualsiasi antico palazzo che fosse andato completamente distrutto.
La durata della vita umana è certamente ancora limitata, ma la tecnologia l’ha già estesa ben oltre quella dei nostri antenati. Modificando l’ambiente naturale, la civiltà umana, tentativo dopo tentativo, sta migliorando e crescendo. Oggi disponiamo di conoscenze per produrre case riscaldate (o rinfrescate), farmaci potenti, un trasporto efficiente sulla Terra e persino nello spazio, e strumenti che ci risparmiano fatiche, per allungare la nostra vita e renderla più piacevole. Abbiamo splendide opere d’arte e di letteratura, di musica e di scienza. Quelle stesse parole nel discorso di Prospero sono un esempio della nostra eredità letteraria, e sono pertanto sopravvissute, assieme a infiniti altri meravigliosi prodotti dell’attività intellettuale umana. Così, invece di svanire, questo spettacolo da noi predisposto, che ci sorregge, è in atto da secoli. Il resto della parata della vita sulla Terra dura persino da più tempo, da miliardi di anni.
Certo, la r-esistenza della nostra civiltà è minacciata di continuo da gravi problemi, che affiorano quando proviamo a compiere qualche passo in avanti. Alcuni dei problemi, come il riscaldamento globale e le pandemie che si diffondono sempre più rapidamente, sono un sottoprodotto di quel progresso che descrivevo. Essi pongono sfide notevoli, e potrebbero spazzare via facilmente diversi aspetti del nostro progresso. Ma il punto su cui vorrei concentrarmi qui è il seguente: è possibile adoperarsi per risolvere questi problemi, per quanto gravi appaiano; e le leggi della fisica non proibiscono un miglioramento persino maggiore; non garantiscono un miglioramento né una risoluzione, ma nemmeno li vietano: la r-esistenza e l’ulteriore progresso, affrontando problemi come la crisi climatica, sono entrambi possibili. Le leggi della fisica, espresse come controfattuali, offrono una possibilità di miglioramento. Così, considerando che cosa è possibile nell’universo, in aggiunta a ciò che accade, ecco che disponiamo di un quadro molto più completo del mondo fisico. La cupa conclusione di Prospero è quindi parziale e profondamente ingannevole. Altro non era che un incubo irreale.
Queste riflessioni suggeriscono che la ricetta racchiusa in particolari schemi di DNA è molto più r-esistente della pietra; e che gli elementi della nostra civiltà per cui esiste una ricetta analoga – penso alla medicina, alla scienza e alla letteratura – possono essere persino più r-esistenti. Così, alla luce delle leggi senza-progetto, un grado elevato di r-esistenza sembra richiedere che vi siano ricette di un particolare tipo. Di quale tipo? E di cosa esattamente sono fatte tali ricette?
La risposta va costruita per gradi e richiede una digressione riguardo alle ricette stesse. Per prima cosa, proviamo a capire come le ricette possano essere create in presenza di leggi fisiche senza-progetto. In fondo, come dicevo, le uniche cose che queste leggi preservano «gratuitamente» sono certe particelle elementari e certe sostanze chimiche; per cominciare, dobbiamo quindi capire come le ricette siano potute scaturire da entità elementari che nulla sanno di ricette così complesse.
Inizierò da ricette codificate nello schema del DNA di cellule viventi. Oggi sappiamo bene qual è la loro origine. La teoria dell’evoluzione di Darwin spiega come le entità viventi e i loro mirabili adattamenti biologici – il muso di un cane, le pinne di un delfino o le ali di un’ape – siano scaturiti, pur in assenza di un progettista, in presenza di leggi fisiche senza-progetto. Ebbene, ciascun adattamento biologico di un animale è codificato da qualche parte nella ricetta inclusa nel suo DNA. La teoria di Darwin ci dice come le ricette, che codificano adattamenti biologici complessi, siano scaturite senza essere state progettate esplicitamente. Questa osservazione sarà il segreto per capire di che cosa le ricette si compongono.
Come spesso accade con le teorie più fondamentali, afferrare esattamente il problema affrontato dalla teoria di Darwin richiede di scavare in profondità. Il problema lo aveva espresso con grande chiarezza il teologo William Paley, pochi decenni prima della rivoluzione di Darwin. Gli esseri viventi sono orchestrati con tale perfezione da sembrare il risultato di un vero progetto diretto a uno scopo, come quello che produce un’automobile in una fabbrica. Sembrano essere stati «progettati», proprio come le auto o gli smartphone o un orologio da polso. Se state camminando lungo la spiaggia e d’improvviso scorgete un orologio a terra, probabilmente ipotizzerete che lo abbia assemblato un progettista. Ma all’alba della storia del nostro pianeta non esisteva alcun progettista, nessuna fabbrica, né un progetto intenzionale che potesse creare esseri viventi. Vi erano solo componenti elementari di materia, servita come un amorfo brodo ribollente, e nulla più. Allora, come possono entità viventi, e le ricette r-esistenti che codificano gli adattamenti biologici della loro struttura, essere scaturite in assenza di un progettista?
Quello che Darwin scoprì, e che Paley proprio non seppe vedere, è che un progetto intenzionale non è necessario: gli adattamenti biologici negli animali possono essere creati a partire da componenti elementari, per esempio da sostanze chimiche semplici, attraverso un processo non finalizzato chiamato selezione naturale. Questo processo richiede soltanto del tempo e delle risorse elementari sufficienti, come composti chimici semplici e così via. È un meccanismo senza direzione, eppure può produrre una complessità tesa a uno scopo, a partire dal nulla, secondo leggi della fisica che sono a propria volta semplici e senza-progetto.
Due sono i concetti essenziali nella potente spiegazione di Darwin (alla luce della nostra interpretazione attuale). Il primo è il concetto di «replicatore», il cui ruolo decisivo nell’evoluzione è stato esposto con straordinaria chiarezza da Richard Dawkins nel celebre saggio Il gene egoista. Ritorniamo all’esempio del batterio. Ciascuna istruzione nella ricetta per costruire tale microrganismo è inclusa in un particolare schema di una porzione del suo DNA; quella porzione si chiama gene. Ora, i geni hanno una proprietà speciale. Ogniqualvolta il batterio si autoriproduce e crea un nuovo esemplare di se stesso, ogni sequenza del gene viene replicata accuratamente; poi il resto della nuova cellula è costruito eseguendo la ricetta nel DNA. Poiché possono essere replicate, queste sequenze sono chiamate «replicatori». Per inciso, la loro replicazione è un processo per stadi, «lettera per lettera», simile a quello eseguito dagli amanuensi monastici nella copiatura di antichi manoscritti; e può essere emendata da errori attraverso un metodo che, nei batteri, è realizzato dalla cellula, a replicazione avvenuta. In questo modo, la struttura del DNA batterico è sopravvissuta a lungo, poiché è copiata di generazione in generazione e potenzialmente preservata per un tempo molto più lungo della vita del batterio stesso, grazie alla correzione degli errori realizzata dalla cellula. L’aspetto interessante è che quanto viene trasmesso, per replicazione, di generazione in generazione è la particolare sequenza che codifica un gene o un’istruzione elementare: ogniqualvolta viene copiata, la sequenza cambia il proprio supporto fisico, pur conservando tutte le proprietà come sequenza. È quanto accade alla sequenza di parole copiate dagli amanuensi: l’inchiostro e i frammenti di pergamena che danno corpo a queste parole cambiano, ma le parole copiate sono le stesse del manoscritto originale (supponendo che non vi siano errori). Sequenze con questa particolare proprietà controfattuale, di essere cioè copiabili da un supporto fisico a un altro, pur conservando tutte le proprietà che le definiscono, sono un caso speciale di «informazione». Ne darò una spiegazione precisa (basata su controfattuali) nel capitolo III.
Così, le ricette r-esistenti contenute nei geni degli esseri viventi devono essere costituite da un qualche tipo di informazione. Per comprendere quale tipo d’informazione, dobbiamo considerare il secondo potente concetto della teoria di Darwin, vale a dire la variazione e la selezione.
Mentre il processo di copiatura ...