L'uomo di neve
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L'uomo di neve

  1. 552 pagine
  2. Italian
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L'uomo di neve

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Informazioni sul libro

Era bianco e aveva gli occhi e la bocca di ghiaia nera, probabilemnte presa dal passo carraio e per braccia due ramoscelli di melo.
- Dio santo, - ansimò.
- E' solo un pupazzo di neve. Con la prima neve lui ucciderà ancora.
Una notte, dopo la prima neve dell'anno, il piccolo Jonas si sveglia e scopre che sua madre è sparita. La sciarpa rosa che lui le aveva regalato per Natale è avvolta al collo del pupazzo di neve che, inspiegabilmente, quel giorno è apparso nel loro giardino. Ma quando anche una seconda donna scompare nei dintorni di Oslo, i peggiori presentimenti dell'ispettore Harry Hole sembrano prendere davvero corpo. È evidente che si trova a fronteggiare un serial killer per la prima volta in Norvegia.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
ISBN
9788858427033

Parte quarta

20.

Giorno 17. Gli occhiali da sole

Erano le sette del mattino quando Harry infilò la chiave nella serratura e aprí la porta della cella 23. Becker, vestito di tutto punto sulla branda, lo guardò con occhi vacui. Harry sistemò la sedia che si era portato dal locale di sorveglianza al centro dei cinque metri quadrati che venivano messi a disposizione degli ospiti in regime di custodia cautelare che pernottavano nelle camere di sicurezza della centrale di polizia. Si sedette a cavalcioni sulla sedia e offrí a Becker una sigaretta dal suo pacchetto spiegazzato di Camel.
– Non credo che sia permesso fumare, – disse Becker.
– Se mi trovassi rinchiuso qui con la prospettiva dell’ergastolo, – disse Harry, – penso che correrei il rischio.
Becker si limitò a fissarlo.
– Su, – lo incoraggiò lui. – Non esiste un posto migliore dove fumare di nascosto.
Il professore fece un sorriso sghembo e prese la sigaretta che Harry aveva fatto uscire a metà.
– Considerate le circostanze, Jonas sta bene, – disse Harry tirando fuori l’accendino. – Ho parlato con i Bendiksen, e sono disposti a tenerlo per qualche giorno. Ho dovuto litigare un po’ con quelli dell’Ufficio minori, ma alla fine hanno accettato. E non abbiamo ancora trasmesso la notizia del tuo arresto alla stampa.
– E perché no? – domandò Becker aspirando con prudenza sopra la fiamma dell’accendino.
– Ci torno sopra dopo. Ma sicuramente capirai che, se non collabori, non potrò continuare a trattenere la notizia.
– Ah, tu sei il poliziotto buono. Mentre quello che mi ha interrogato ieri era il poliziotto cattivo, vero?
– Indovinato, Becker, io sono il poliziotto buono. E vorrei farti alcune domande in via ufficiosa. Ciò che mi dirai non potrà essere né sarà usato contro di te. Ci stai?
Becker si strinse nelle spalle.
– Espen Lepsvik, il collega che ti ha interrogato ieri, è convinto che tu menta, – disse lui soffiando una nuvola azzurra verso il rilevatore di fumo sul soffitto.
– A proposito di cosa?
– A proposito del fatto che ti sei limitato a parlare con Camilla Lossius nel garage e poi sei andato via.
– È la verità. Lui cosa pensa?
– Quello che ti ha detto stanotte. Che l’hai rapita, uccisa e hai occultato il suo cadavere.
– Ma è pazzesco! – sbottò Becker. – Abbiamo solo parlato, è la verità!
– Perché ti rifiuti di dirci di cosa avete parlato?
– Come ho già detto, è una faccenda personale.
– Per giunta ammetti di aver telefonato a Idar Vetlesen il giorno in cui è stato trovato morto, e a quanto ho capito consideri una faccenda personale anche quello che vi siete detti tu e lui?
Becker si guardò intorno, quasi fosse convinto che doveva esserci un portacenere da qualche parte. – Stammi bene a sentire. Non ho infranto la legge, ma non volevo rispondere ad altre domande senza il mio avvocato. E lui arriverà solo piú tardi.
– Ieri sera ti abbiamo proposto un avvocato che poteva venire subito.
– Voglio un avvocato come si deve, non uno di quegli… impiegati comunali. Non sarebbe ora di dirmi perché siete convinti che abbia fatto qualcosa alla moglie di Lossius?
Harry si stupí di quella formulazione. O meglio: della qualifica. La moglie di Lossius.
– Se è scomparsa, suppongo che dovreste arrestare Erik Lossius, – continuò Becker. – Il colpevole non è sempre il marito?
– Sí, – rispose Harry. – Ma ha un alibi, era al lavoro nell’orario della sua scomparsa. Tu ti trovi qui perché sei sospettato di essere l’Uomo di neve.
Becker rimase a bocca semiaperta e batté le palpebre come aveva fatto la sera prima nel soggiorno di Hoffsveien. Harry indicò la sigaretta che penzolava fumante tra i suoi polpastrelli. – Devi aspirare un po’ di quella roba, altrimenti scatta l’allarme antifumo.
– L’Uomo di neve? – proruppe Becker. – Ma era Vetlesen.
– No, – disse Harry. – Sappiamo che non era lui.
Becker batté le palpebre altre due volte prima di scoppiare in una risata cosí aspra e amara da sembrare un attacco di tosse. – Quindi è questo il motivo per cui non avete fatto trapelare nulla alla stampa. Non deve sapere che avete preso un granchio. E intanto cercate come disperati quello vero. O uno potenzialmente vero.
– Esatto, – disse Harry prendendo una boccata dalla sigaretta. – E per il momento sei tu.
– Per il momento? Credevo che il tuo compito fosse quello di convincermi che sei sicuro del fatto tuo, che mi conviene confessare.
– La verità è che non sono sicuro, – disse lui.
Becker socchiuse un occhio. – Cos’è, un trucco?
Harry si strinse nelle spalle. – Solo una sensazione di pancia. Ho bisogno che tu mi convinca della tua innocenza. Quel breve interrogatorio ha rafforzato l’impressione che tu abbia molto da nascondere.
– Io non avevo niente da nascondere. Voglio dire, io non ho niente da nascondere. Solo che non vedo il motivo per cui ti dovrei mettere a parte di faccende private, visto che non ho fatto nulla di male.
– Adesso stammi bene a sentire, Becker. Secondo me non sei l’Uomo di neve e non hai neanche ucciso Camilla Lossius. E ti ritengo una persona razionale, pensante. Consapevole che ti danneggerebbe di meno rivelarmi le faccende private qui e ora, che non aggiudicarti i titoli dei giornali di domani sull’arresto del professor Filip Becker, sospettato di essere il primo serial killer norvegese di tutti i tempi. Perché sai che anche se dovessi uscirne pulito ed essere rilasciato dopodomani, quei titoli resterebbero appiccicati per sempre al tuo nome. E a quello di tuo figlio.
Harry vide il pomo d’Adamo di Becker salire e scendere nella gola non rasata. Lo vide scervellarsi e trarre le conclusioni logiche. Le conclusioni semplici. E poi, con una voce sofferente che in un primo momento lui attribuí alla scarsa familiarità con le sigarette, sbottò:
– Birte, mia moglie, era una puttana.
– Ah sí? – Harry cercò di dissimulare la sorpresa.
Becker posò la sigaretta sul pavimento, si sporse in avanti e dalla tasca posteriore tirò fuori un’agendina. – L’ho trovata il giorno dopo la sua scomparsa. Era nel cassetto della sua scrivania. Non l’aveva neanche nascosta. E in effetti, di primo acchito sembrava del tutto innocente. Banali promemoria e numeri di telefono. Ma quando ho chiamato l’elenco abbonati per verificare quei numeri, ho saputo che non esistevano. Erano codici. Purtroppo per lei mia moglie non era una cima con i testi cifrati. Ci ho messo meno di una giornata a decodificarli tutti.
Erik Lossius era il titolare e il gestore di Rydd & Flytt, una ditta di traslochi che si era guadagnata una posizione in quel ramo poco redditizio grazie a prezzi standardizzati, marketing aggressivo, operai stranieri mal pagati e contratti che esigevano il saldo in contanti non appena i camion erano stati caricati, prima che arrivassero a destinazione. Non aveva mai perso soldi con un cliente, anche perché le clausole scritte in piccolo del contratto prevedevano che i reclami per eventuali danni e furti fossero presentati entro due giorni. In pratica, questo significava che il novanta per cento dei reclami – relativamente numerosi – arrivava troppo tardi, e quindi poteva essere respinto. Quanto al restante dieci percento, Erik Lossius aveva messo a punto degli stratagemmi per rendersi irreperibile o tirare le pratiche talmente per le lunghe da sfiancare i clienti, tanto che anche chi si era visto sfasciare il pianoforte o aveva perduto il televisore al plasma durante il trasloco alla fine si arrendeva.
Erik Lossius aveva iniziato a lavorare in quel ramo da giovanissimo, presso il vecchio proprietario di Rydd & Flytt. L’uomo era un amico del padre, che lo aveva convinto ad assumerlo.
«Il ragazzo è troppo irrequieto per andare a scuola e troppo intelligente per diventare un farabutto, – aveva detto il padre. – Lo puoi prendere con te?»
Come venditore a provvigione Erik si era ben presto distinto per simpatia, efficienza e brutalità. Aveva ereditato gli occhi bruni dalla madre, i capelli folti e ricci dal padre ed era dotato di un fisico atletico, tanto che soprattutto le donne rinunciavano a chiedere preventivi ad altre ditte di traslochi e firmavano su due piedi. Era anche sveglio e in gamba con i numeri e con la tattica le rare volte in cui dovevano presentare un preventivo per lavori piú importanti. Fissava un prezzo basso e una franchigia sui danni e sulle perdite alta. Dopo cinque anni la ditta poteva vantare margini di profitto consistenti e Erik era diventato il braccio destro del proprietario in quasi tutti gli aspetti della gestione. Ma durante un trasloco relativamente semplice proprio sotto Natale – portare una scrivania al piano di sopra nel nuovo ufficio di Erik, accanto a quello del proprietario – il titolare aveva avuto un infarto e si era accasciato per terra morto stecchito. Nei giorni seguenti Erik aveva fatto del suo meglio per consolare la vedova, riuscendoci molto bene. Una settimana dopo il funerale i due si erano accordati su una somma di cessione quasi simbolica, per quella che Erik aveva espressamente definito «una piccola azienda in un ramo poco redditizio, con alti rischi e margini di profitto inesistenti». Ma, aveva dichiarato lui alla donna con tono solenne, la cosa piú importante era che l’opera di una vita, quale era quella di suo marito, fosse portata comunque avanti da qualcuno. Una lacrima aveva brillato nei suoi occhi bruni mentre lo diceva, e la vedova aveva posato una mano tremante sulla sua dicendo che in ogni caso doveva rivolgersi personalmente a lei per tenerla aggiornata. Cosí Erik Lossius era diventato proprietario di Rydd & Flytt, e per prima cosa aveva gettato nella spazzatura tutti i reclami per danni e smarrimenti, riscritto i contratti e spedito una lettera circolare a tutte le famiglie della ricca zona ovest di Oslo, dove traslocavano piú spesso ed erano piú attenti ai prezzi.
Al compimento dei trent’anni, Erik Lossius si poteva permettere due Bmw, una casa per le vacanze a nord di Cannes e una villa di cinquecento metri quadrati in un punto di Tveita dove i casermoni in cui era cresciuto non facevano ombra al sole. In poche parole: adesso si poteva permettere Camilla Sandén.
Camilla veniva dall’aristocrazia dell’abbigliamento fallita nella zona ovest, per la precisione da Blommenholm: un ambiente che per il figlio di una famiglia operaia era tanto sconosciuto quanto il vino francese di cui ora possedeva pile altissime nella cantina di Tveita. Ma quan...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’uomo di neve
  4. Parte prima
  5. Parte seconda
  6. Parte terza
  7. Parte quarta
  8. Parte quinta
  9. Il libro
  10. L’autore
  11. Dello stesso autore
  12. Copyright