Forse domani m'innamoro
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Forse domani m'innamoro

  1. 344 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
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Forse domani m'innamoro

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Informazioni sul libro

Quando il marito la lascia per un'altra, Stella Grey si convince che sarà infelice per sempre, condannata a trascorrere le serate in pantofole a giocare a Sudoku. Poi ascolta il consiglio di un'amica e s'iscrive a una serie di siti per incontri in rete. Seguono quasi due anni di appuntamenti reali e virtuali, tra seduttori incalliti che scompaiono al termine di una serata perfetta, spasimanti troppo esigenti o troppo goffi e intempestive proposte di matrimonio. Nel catalogo è compreso il milionario che la invita a Tangeri per «un incontro informale»; lo svitato in grado di confessare con candore che passa molto tempo «con le sue lucertole»; il cafone che seleziona le donne sulla base del girovita. Un viaggio esilarante e impietoso che ci racconta come sia cambiato l'amore ai tempi di Tinder, o come, dopo tutto, non sia cambiato affatto. Perchè a sorpresa è capace di riservare il piú classico degli happy ending. « Forse domani mi innamoro è l'equivalente letterario della battuta piú disarmante di Harry, ti presento Sally: "Dimmi che non dovrò mai piú passarci"».
Jojo Moyes «Divertentissimo, spietato e tremendamente sincero. L'ho letto d'un fiato dalla prima all'ultima pagina».
Katie Fforde «Questo libro è come una chiacchierata senza filtri con la tua migliore amica, tra storie di uomini imperfetti e appuntamenti tragicomici».
Vogue

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
ISBN
9788858426913

Approdi su isole

Estate, anno II
Incontrai Martin per colpa di un idiota. Non capisco perché gli uomini che non sono interessati a una donna si sentano in dovere di farglielo sapere per iscritto: sarà un gioco di potere o cosa? Fatto sta che ogni tanto ricevevo una lettera di rifiuto. Quella che mi è rimasta piú impressa diceva solo: «Spiacente, non sei il mio tipo». (Io non mi ero messa in contatto con l’estensore della missiva, né avevo visto il suo profilo sul sito: non avevo la minima idea di chi fosse).
Nel caso specifico, il messaggio diceva: «Volevo solo dirti che sembri graziosa, ma sto cercando una persona piú giovane». Lui aveva cinquantacinque anni, e stando al profilo cercava una compagna «sotto i trentacinque anni, meglio se tra i ventiquattro e i ventinove»: gli chiesi perciò come mai fosse capitato nel reparto tardone del sito. «Volevo farti un complimento», rispose. Era divorziato da un anno, e diceva di aver lasciato la moglie perché era «diventata grassa e bisbetica». Per tutta la sua vita lavorativa, diceva, lui non aveva fatto altro che mantenere lei e i figli, e adesso si meritava una donna giovane, con le tette sode e la pancia piatta. E se poi vi accorgete di non avere niente da dirvi?, chiesi. Cosa c’era di male nell’invecchiare insieme a un’altra persona? Rispose che voleva continuare a lavorare per altri vent’anni. Era giovane e vitale. «Quanto alle cose che potremmo avere in comune, se è giovane imparerà».
A questo punto avevo un bisogno impellente di parlare con un essere umano normale. Avendo esaurito il catalogo degli uomini che abitavano nelle vicinanze (ci eravamo esauriti a vicenda, in effetti), gettai le reti piú al largo. Di solito tentavo di non oltrepassare i confini dell’immediato hinterland della mia città, cosicché ci si potesse incontrare senza troppe ansie con circa un’ora di viaggio. La distanza complica le cose: anche una serata al cinema si carica di aspettative, quando richiede una lunga trasferta. Lo sapevo, dunque, ma non avevo scelta. A furia di allargare il cerchio mi ritrovai nei bacini di utenza di altre città, e cosí vidi molte facce nuove. Fui subito attratta da una persona in particolare. Non era né bello né abbronzato, non faceva l’attore, non era un Peter Pan con il ciuffo spiovente: niente di tutto questo. Era quello con la faccia da tubero, l’insegnante con la barbetta caprina e gli occhi lucidi. Martin, si chiamava. Andai a vedere il suo profilo e sperimentai una di quelle agnizioni improvvise, come quando intuisci che la persona appena incontrata è già un amico. Aveva scritto un saggio molto divertente sulla propria vita, scomponendola in categorie come «Tagli di capelli che ho portato», «Fasi musicali che ho attraversato» e cosí via. Aveva anche scritto: «Non ho aspettative particolari riguardo alle persone che conoscerò o alle loro caratteristiche; non voglio stendere nessun elenco». Gli mandai un messaggio di una sola parola: «Ciao». La spia verde che indicava la presenza online di Martin non era accesa, ma la vidi accendersi. Aveva ricevuto una notifica all’arrivo del mio messaggio, e a me fu notificato che aveva visitato il mio profilo.
Di lí a poco trovai un messaggio nella casella: «Ciao! Che bello sentirti. Vedo che abbiamo una quantità spaventosa di cose in comune, e che saranno mai centocinquanta chilometri, se si è amici? Che tempo fa laggiú? Oggi ho cercato invano di riparare la mia macchina: fa un rumore tipo urugugurug, che secondo me non dovrebbe fare. Quando ho scoperto di aver ricevuto un messaggio mi sono emozionato a tal punto che devo aver lasciato impronte d’olio sul telefono».
Chiesi a Martin se davvero gli capitava cosí raramente di ricevere messaggi. Io ne ricevevo a bizzeffe, anche se per la maggior parte erano variazioni sul tema: «Ciao gioia, ti andrebbe una scopatina?»
«Sono qui solo da un mese, – rispose lui, – e nessuna delle donne che mi hanno contattato mi interessava. Spero di non sembrarti arrogante. Non pensi anche tu che si debba avere una sorta di linguaggio comune? Non sono a caccia di scopatine: cerco una compagna di vita. Spero che questo non ti scoraggi. Potrebbe non essere la miglior cosa da scrivere in un secondo messaggio».
Poi si mise al computer, e la conversazione andò avanti per gran parte della serata. Martin era brillante e vivace: era come trovarsi a una festa noiosa, con un bicchiere di vino tiepido in mano, e tutt’a un tratto conoscere una persona interessantissima. Sembrava quasi di chiacchierare con Cliff, l’americano. Prima di uscire dal sito scaricai sul mio computer il profilo di Martin e passai un bel po’ di tempo a studiarlo. Ingrandii l’immagine della sua testa da tubero, gli occhi un po’ porcini, il naso rincagnato, e cominciai a sentirmene vagamente gelosa. Appena prima di uscire dal sito ricevetti un messaggio da un altro uomo che diceva: «Sembri giovane per la tua età: mi mandi qualche foto a figura intera, per vedere se sembri giovane dappertutto?» A volte nella rete opera una mano invisibile. Tornai alla pagina di Martin, la guardai e cominciai subito a sentirmi meglio.
Il mattino successivo, qualche minuto dopo le sei e mezza, mi scrisse un altro messaggio: «È prestissimo, sono di corsa perché durante le vacanze insegno in una scuola estiva e prima di andare al lavoro corro un po’, ma volevo dirti che ieri è stata una vera gioia conoscerti. Non vedo l’ora di chiacchierare ancora. Ci vediamo al solito posto, stasera verso le otto? Se sei libera, cioè. Se non hai appuntamento con qualche energumeno palestrato».
«Appuntamento? Cosa significa questa parola? – gli chiesi. – Da queste parti sono rari come la frutta esotica a Natale. Ci vediamo alle otto al solito angolo virtuale. No, aspetta! Cosí sembra un appuntamento!»
«Lo è, lo è, – scrisse lui. – Stasera esercito il diritto di prelazione. Non accettare altre offerte!»
Tornai per l’ennesima volta alla sua pagina. Era l’abile ritratto di una persona e del suo paesaggio mentale: dava libero corso all’autopromozione, per poi stendere al tappeto quella figura idealizzata con una seconda voce beffarda che sembrava registrare le sue reazioni interiori. Un esperimento che avevo già visto tentare altrove, ma in quel caso il tono generale mi era parso vanaglorioso. Una cosa importante da prendere in considerazione quando si scrive un profilo online – e una delle cose che si sbagliano con piú facilità – è il tono; ma il tono di Martin era semplicemente perfetto. Ero quasi tentata di «strappare» la mia pagina e riscriverla daccapo. E mi piaceva tanto anche il suo aspetto, come appariva nelle foto: quarantaquattro anni, alto, fisico robusto, attaccatura dei capelli in vistoso arretramento, sfoggiava senza alcun timore una camicia a scacchi su pantaloni di velluto a coste, e aveva un sorriso birichino. La mia giornata era cominciata da neanche mezz’ora, e già sentivo il bisogno di rileggere il suo profilo. Quando il mio sguardo si soffermò sulla parte dedicata al questionario, notai un particolare che mi era sfuggito. In risposta alla domanda: «Vuoi avere bambini?», Martin si era dichiarato «incerto». Nelle visite precedenti non me n’ero proprio accorta. Gli scrissi un messaggio. «Ho appena visto che sei incerto sull’avere figli. Io sono fuori tempo massimo. Se la tua incertezza equivale a un “forse”, credo che faremmo meglio a dirci addio».
Rispose cosí: «Sono al lavoro, ma volevo solo dirti che non è un problema. Giuro. È piú un “no” che un “forse”». Alle quattro e mezza del pomeriggio arrivò una seconda puntata. «Mi spiego: se la mia compagna/moglie fosse per il “no” sarebbe un “no” anche per me. E un “sí” se lei fosse a favore del “sí”. Lascerei decidere a lei. Quanto a me, sarei per il “no”».
Quella sera ci parlammo di nuovo al computer. Seguí un messaggio all’una di notte, un altro alle sei del mattino, infine due all’ora di pranzo. La sera successiva, dato che l’intesa migliorava a vista d’occhio, trovammo il coraggio di svelarci le nostre vere identità e gli indirizzi e-mail, poi ci googlammo a vicenda e per prenderci un po’ in giro facemmo qualche numero da cabaret sui nostri difetti: è una tattica che serve a mettere in luce anche i lati negativi, a compensare l’inesauribile catalogo di virtù dei profili online. A quel punto non c’era piú dubbio che fossimo enormemente compatibili. Ma ormai stavo cominciando a capire che non bisogna fidarsi troppo della compatibilità via e-mail. O meglio: avrei dovuto cominciare a capire.
È facile prendere una cotta per qualcuno tramite e-mail. Il difficile è completare l’opera nella vita vera. Piú le nostre conversazioni per posta elettronica ci avvicinavano, piú aumentava il rischio che un incontro reale in qualche caffè, appena scesi da un treno, segnasse l’inizio di una colossale delusione. Magari lui non mi sarebbe piaciuto. O non ci saremmo piaciuti a vicenda. Magari avrebbe provato avversione per il mio fisico da donna matura (era già successo, dopotutto: non era un’ipotesi astratta). Oppure avrebbe potuto assumere un tono professorale e monopolizzare la conversazione. Magari gli dava fastidio che qualcuno lo interrompesse senza alzare la mano. O era abituato ad avere sempre ragione. Poteva essere tronfio e incline ai monologhi, o pensare la stessa cosa di me. Magari si sarebbe scoperto che sotto quella maschera di amabilità si nascondeva un carattere violento e fumantino: era possibile, in fin dei conti. Avremmo potuto scoprire che ci eravamo già detti tutto ciò che avevamo da dirci attraverso le tastiere dei nostri computer. Oppure avremmo capito, in un lampo di chimica ormonale, che il nostro amore era destinato a restare fraterno.
Mi resi conto di quanto sarebbe stato facile rimandare all’infinito il nostro incontro, perciò suggerii di vederci nel week-end. Gli stavo in effetti chiedendo di uscire con me, e mi complimentai con me stessa per averlo fatto. Lui disse che nel fine settimana sarebbe andato ad arrampicare con alcuni amici, ma sí, ci saremmo visti presto. La settimana dopo. Nel frattempo continuammo a scambiarci messaggi. Il filo delle e-mail ci condusse attraverso la nostra infanzia, le esperienze scolastiche, i matrimoni e le vicende tristi. Il matrimonio di Martin aveva cominciato a mostrare la corda dopo appena due anni. Scoprii che erano separati, ma non ancora divorziati.
Il che non è per forza un ostacolo insuperabile. Come molti, io stessa avevo cominciato a frequentare altri uomini prima di essere (tecnicamente) divorziata, perché per completare la procedura di divorzio sono necessari due anni abbondanti di separazione. C’è gente che dice: «Non uscire con i separati in attesa di divorzio», ma in realtà non esiste una regola fissa, e le situazioni variano molto da persona a persona. Nel mio caso, la rottura tra me e il mio ex era assoluta e inappellabile, e per nulla strisciante: in pratica eravamo divorziati fin dal primo giorno, fin da quando mi aveva annunciato di voler porre termine al matrimonio. Avevo cominciato a vedere altre persone senza aspettare i due anni e mezzo, e nessuno vi vieta di pensare che avessi cominciato troppo presto. Quanto a Martin, era abbastanza evasivo sulla tempistica della sua separazione. «Temo di essere stato io a provocare la rottura, – mi scrisse. – Volevamo cose diverse».
«Ah, quindi non siete ancora divorziati? – chiesi. – Sei sicuro di essere pronto, di voler davvero conoscere una persona nuova?»
«Non potrei essere piú pronto», rispose lui.
Durante il suo week-end di arrampicata rimase in silenzio, come del resto mi aveva preannunciato; io ero in ansia, ma riuscii a trattenermi; è importante sapere quando è il caso di stare zitti. Si rifece vivo alle sette del lunedí mattina. Ci fu un altro messaggio all’ora di pranzo, e la sera mi raccontò per filo e per segno il suo fine settimana, dopodiché gli raccontai il mio. «Sento che mi sto innamorando di te, – fu la sua risposta. – Al cottage non riuscivo a smettere di pensarti. Leggevo e rileggevo senza sosta i tuoi messaggi. Mai provato niente del genere: sono preso, presissimo. Non vedo l’ora di conoscerti: vogliamo incontrarci il prossimo week-end? Vengo io da te, oppure tu da me, non importa. Mi riesce persino difficile aspettare il week-end».
Ora le nostre e-mail erano diventate una conversazione ininterrotta, e ogni giorno gli scrivevo tre o quattro messaggi. Talmente lunghi da superare i limiti consueti della posta elettronica: erano diventati vere e proprie lettere. Di solito lui rispondeva un’ora e mezza dopo aver ricevuto la mia e-mail, con un testo di analoga lunghezza. In altre parole, tanto io quanto lui non facevamo né pensavamo ad altro. La vita poteva attendere. Per di piú, avevo scoperto che Martin adorava il gioco delle Domande e Risposte. Rispondeva con brio e faceva a sua volta ottime domande: Zuppa inglese con o senza gelatina? Credevo nei mostri marini? C’erano libri che mi piacevano anche se mi vergognavo di ammetterlo? Parole che mi offendevano? Paesi mai visitati in cui forse mi sarebbe piaciuto vivere? Avevo ancora le stesse ambizioni di quand’ero bambina? Belle domande, dalla prima all’ultima.
Non ci parlavamo, ma le parole scritte diventavano sempre piú intime, benché senza la minima sfumatura erotica. L’amicizia, invece, si approfondiva con frastornante rapidità. Il nostro amore virtuale germogliava e fioriva. Le conversazioni notturne alla tastiera ricordavano le lunghe telefonate dell’era pre Internet, quegli intrecci di voci sonnolente, da cuscino a cuscino. L’avevo già fatto ed era andata malissimo, ma questa volta era diverso; era tutto diverso (dicevo a me stessa). Scoprimmo che ci piacevano e dispiacevano le stesse cose, che avevamo in comune alcuni libri, dischi e film preferiti. Eravamo in sintonia anche in fatto di viaggi, di arte, di whisky. Lui disse di non essersi mai sentito cosí istantaneamente attratto da una persona. Io dissi che per me era lo stesso, e che davvero avremmo dovuto incontrarci presto. Martin era parso d’accordo. «Facciamo in modo che sia questo week-end, – scrisse il mattino successivo. – Però stasera rimarrò in silenzio: devo andare a una festa di compleanno, e credo che sarà una baldoria epica». Seguí un secondo messaggio: «Prima che io vada, ho un’ultima domanda per oggi: qual è la situazione piú imprevedibile in cui ti è capitato di fare sesso?»
Col senno di poi, sarebbe stato meglio non rispondere. È possibile che la mia risposta abbia in qualche modo passato il segno; magari Martin aveva un’idea ben precisa di femminilità, o va’ a sapere cosa: una qualche complicazione, una tabella di marcia. Ma perché mi aveva fatto quella domanda, se non voleva sapere la risposta? Forse avrei dovuto rispondergli: «Non mi è mai capitato, o non ancora, di fare sesso in situazioni imprevedibili: hai forse intenzione di sorprendermi?» E invece gli raccontai di un pomeriggio tra l’erba, con un mio vecchio fidanzato. Poi gli dissi che una volta l’avevo fatto su una scrivania, in un ufficio chiuso. Due risposte al prezzo di una, perché entrambe le situazioni erano state imprevedibili, seppure in modi diversi. Pensai che avessimo cambiato marcia: che fossimo entrati nella fase che precedeva l’incontro, l’inizio della relazione, e che la sfida fosse rivelarci a vicenda i nostri segreti. La domanda di Martin aveva in sé, o almeno cosí pensavo, una prima scintilla di erotismo; stava esplorando la possibilità di dare una componente sessuale alla nostra amicizia; rammentava a entrambi dove tutto ciò avrebbe dovuto portarci. O almeno cosí pensavo, appunto. Col senno di poi, mi interrogai sul senso della parola «imprevedibile»: forse avevo interpretato male la domanda. Me lo chiedo ancora.
Quindi lui andò alla sua festa e, come preannunciato, quella sera non ci scrivemmo. Ma non ci furono messaggi neppure il mattino dopo, né all’ora di pranzo, né la sera successiva. Alla fine gli scrissi: «Martin? Mi manchi. Mi mancano i nostri messaggi e le conversazioni. Spero che vada tutto bene. Va tutto bene?» Nessuna risposta. A tarda sera, non avendo ancora avuto sue notizie, rilessi una decina di volte la mia candida risposta alla domanda sul sesso imprevedibile, pentendomi ogni volta di piú di avergliela mandata. Gli avevo confidato i miei segreti – era stato lui a chiedermelo – e adesso faceva scena muta. La mia insicurezza cresceva. Avrei voluto domandargli: «Hai agganciato qualcuna alla festa?» e invece scrissi: «Sei morto per avvelenamento da alcol?» Rispondere a un sms è piú facile, anche se non hai tempo o voglia. Basta una riga.
«Scusa, – rispose lui. – Ancora alle prese con un gigantesco doposbornia, e in arretrato con il lavoro». Clamorosamente in malafede. Non si stava affatto scusando: mi trattava con freddezza. L’amico di penna aperto e affezionato, nonché possibile amante, si era trasformato dal giorno alla notte in una persona né aperta, né affezionata. Dopo un lungo periodo di contatti a cadenza pressoché oraria (dopo «Mi sto innamorando» e «Sono preso, presissimo»), l’annuncio di essere «in arretrato con il lavoro» suonava come un necrologio. Quando un uomo vi dice di essere sommerso dalle questioni amministrative, e che quello è il motivo per cui non vi parla, la verità è che non gli interessate piú. E quando un uomo vi dice, seppure con altre parole, di non volervi piú vedere, la cosa migliore è prenderlo alla lettera. Il lavoro non viene mai prima dell’amore: no davvero. Anche nelle giornate piú massacranti si riesce a trovare una pausa di cinque minuti per un messaggio di scuse affettuose, una telefonata veloce, un bacio soffiato, un «mi manchi». Io non gli mancavo, altrimenti me l’avrebbe detto. Avrebbe aggiunto che non vedeva l’ora di tornare a casa, di mandarmi un’e-mail, di chiamarmi. Se un uomo non vi antepone ai suoi impegni di lavoro, siete quasi spacciate. Il suo ardore si sta raffreddando in fretta, ma lui non ve lo dice. Però vi dice che è tanto occupato.
Decisa a incontrarlo, a superare l’infelice malinteso, gli scrissi che avevo consultato l’orario dei treni per il sabato, e che sarei potuta arrivare a questa o a quell’ora. «Magari organizziamo un primo appuntamento analcolico, tanto per non affaticare il tuo fegato; sono sicura che ci atterremo alla piú rigida sobrietà». Non ci eravamo mai parlati al telefono, ma adesso sembrava indispensabile farlo. «Voglio sentire la tua voce, – gli scrissi. – Ti chiamo adesso». Fui deviata alla segreteria telefonica.
Ragionando sui tempi, sembrava che tutto fosse iniziato con la festa: cos’era successo a quella festa? O durante il week-end di arrampicata con gli amici? Magari uno di loro gli aveva fatto notare che in realtà ero una perfetta sconosciuta, o che lui non era ancora divorziato e quindi era meglio andarci coi piedi di piombo. Forse avevano guardato il mio profilo tutti insieme. Forse un altro dei suoi amici mi giudicava troppo vecchia. Forse Martin gli aveva fatto leggere la mia e-mail sul sesso imprevedibile e uno di loro, inorridito, aveva insinuato il seme del dubbio. Oppure era lui a provare disgusto per il sesso nei prati (o sulle scrivanie)? Stavo per andare a letto con un uomo che lo faceva solo a luci spente e sotto il piumino? E perché non avevo quell’informazione su di lui? Sapevo tutto sui suoi formaggi preferiti!
Quando mi aveva fatto la domanda sul sesso, io gli avevo scritto: «Ho una scadenza di lavoro, ma fra tre ore ti rispondo. Tre ore, poi è il momento del sesso». Lui aveva ribattuto all’istante: «Le ultime otto parole voglio sentirtele dire ad alta voce, quando ci vedremo». Che fine aveva fatto quell’intimità? Andata. Volatilizzata. «Stamattina, mentre ero ancora a letto, mi è venuta la folle idea di invecchiare con te», mi aveva scritto, appena tre ore prima.
Non poteva essere stata l’e-mail sul sesso, riflettei, è impossibile; dev’essere successo qualcosa alla festa. Ma non potevo chiedere. Do...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Forse domani mi innamoro
  4. Introduzione
  5. Il profilo giusto
  6. Primi assaggi e smontaggi
  7. Sesso e sentimento
  8. Il packaging
  9. In mare aperto
  10. Paradossi di fondo
  11. Approdi su isole
  12. Di nuovo nella mischia
  13. Il giorno in cui decisi di smettere
  14. Poi lui mi baciò
  15. 693 giorni
  16. Un’ultima dedica
  17. Il libro
  18. L’autrice
  19. Copyright