Divorare il cielo
eBook - ePub

Divorare il cielo

  1. 504 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Divorare il cielo

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Quei tre ragazzi che si tuffano in piscina, nudi, di nascosto, entrano come un vento nella vita di Teresa. Sono poco piú che bambini, hanno corpi e desideri incontrollati e puri, proprio come lei. I prossimi vent'anni li passeranno insieme nella masseria lí accanto, a seminare, raccogliere, distruggere, alla pazza ricerca di un fuoco che li tenga accesi. Al centro di tutto c'è sempre Bern, un magnete che attira gli altri e li spinge oltre il limite, con l'intensità di chi conosce solo passioni assolute: Dio, il sesso, la natura, un figlio.

Le estati a Speziale per Teresa non passano mai. Giornate infinite a guardare la nonna che legge gialli e suo padre, lontano dall'ufficio e dalla moglie, che torna a essere misterioso e vitale come la Puglia in cui è nato. Poi un giorno li vede. Sono «quelli della masseria», molte leggende li accompagnano, vivono in una specie di comune, non vanno a scuola ma sanno moltissime cose. Credono in Dio, nella terra, nella reincarnazione. Tre fratelli ma non di sangue, ciascuno con un padre manchevole, inestricabilmente legati l'uno all'altro, carichi di bramosia per quello che non hanno mai avuto. A poco a poco, per Teresa, quell'angolo di campagna diventa l'unico posto al mondo. Il posto in cui c'è Bern. Il loro è un amore estivo, eppure totale. Il desiderio li guida e li stravolge, il corpo è il veicolo fragile e forte della loro violenta aspirazione al cielo. Perché Bern ha un'inquietudine che Teresa non conosce, un modo tutto suo di appropriarsi delle cose: deve inghiottirle intere. La campagna pugliese è il teatro di questa storia che attraversa vent'anni e quattro vite. I giorni passati insieme a coltivare quella terra rossa, curare gli ulivi, sgusciare montagne di mandorle, un anno dopo l'altro, fino a quando Teresa rimarrà la sola a farlo. Perché il giro delle stagioni è un potente ciclo esistenziale, e la masseria il centro esatto dell'universo.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Divorare il cielo di Paolo Giordano in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Literature e Literature General. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2018
ISBN
9788858428474
Parte seconda

Il presidio

3.

Quando la nonna morí avevo ventitre anni. Dopo l’estate della quarta superiore l’avevo rivista una volta sola: era venuta a Torino per un esame alla gola, o forse all’orecchio, e si era fermata due notti in albergo. Ma una sera era stata a cena da noi, lei e la mamma avevano conversato sul nulla con la massima cordialità. Uscendo, mi aveva chiesto se mi fosse piaciuto il libro che mi aveva mandato tramite mio padre. Quasi non me ne ricordavo, ma le avevo risposto di sí per non offenderla.
– Allora te ne farò avere altri, – aveva promesso, anche se poi doveva essersene dimenticata.
Nessuno sapeva quando avesse preso l’abitudine di andare al mare la mattina, anche mio padre ne era all’oscuro.
– A febbraio! Nuotare a febbraio! – si sfogò. – Avete idea di quant’è fredda l’acqua a febbraio?
Mia madre gli accarezzava la manica della giacca mentre lui tremava in modo spaventoso.
Un pescatore aveva avvistato il cadavere che sbatteva contro gli scogli alla Cala dei Ginepri. Conoscevo quell’insenatura, e per l’intero pomeriggio continuai a vedere il corpo della nonna che urtava malamente le rocce. Quando l’avevano pescata, era a mollo da ore, la pelle del viso e delle dita tutta accartocciata, le ginocchia di cui si vergognava tanto pizzicate da quei pesciolini di fondale.
Mio padre decise di partire il giorno stesso. In macchina nessuno parlava, perciò sonnecchiai sul sedile posteriore. Quando arrivammo a Speziale era l’alba e sulla campagna era sospeso uno strato di nebbia.
Vagai intontita per il cortile della villa con un sapore schifoso in bocca. Mi avvicinai alla piscina coperta dal telo, al centro brillava un alone calcareo. Calpestai uno dei cuscini pieni d’acqua che circondavano la vasca. Ogni cosa sapeva di abbandono.
L’andirivieni continuò fino all’ora di cena. Riconobbi alcuni allievi della nonna, ormai adolescenti eppure scortati dalle madri. Parlavano di lei chiamandola «la maestra», si sedevano a turno sul divano che era stato la sua zattera e rivolgevano a mio padre le condoglianze sottovoce.
Le finestre erano spalancate e la camera percorsa da folate di aria fredda. Non mi avvicinai alla bara aperta al centro, mi bastava vedere i piedi che sporgevano appena. Rosa offriva ai visitatori bicchierini di liquore e dolci di pasta reale, Cosimo se ne stava addossato alla parete con le mani giunte e l’aria bastonata, mia madre gli parlava da molto vicino.
All’improvviso lo lasciò dov’era e puntò verso di me. – Vieni, – disse afferrandomi per un braccio.
Mi condusse nella mia stanza, dove nulla, assolutamente nulla era cambiato dall’ultima estate.
– Sapevi che c’era un testamento?
– Che testamento?
– Non mentirmi, Teresa. Non provarci neppure. Lo so che avevate un’intesa speciale, tu e lei.
– Ma se non le telefonavo mai.
– L’ha lasciata a te. La casa. E i mobili e il terreno. Anche la làmia dove vivono Cosimo e quella sua moglie insopportabile.
Non compresi subito la portata di ciò che mi stava dicendo. Il testamento, Cosimo, i mobili. Ero stordita dalla commozione improvvisa che mi aveva suscitato il letto rifatto.
– Ascoltami bene, Teresa. Venderai subito questa casa, non darai retta a quello che dice tuo padre. È solo una villa decrepita, piena d’infiltrazioni, Cosimo è pronto ad acquistarla. Lascia che me ne occupi io.
L’indomani si tenne il funerale. La chiesa di Speziale era troppo piccola per contenere tutti, in molti si ammassarono all’ingresso bloccando la luce. Al termine della funzione il parroco si avvicinò al nostro banco, mi strinse le mani.
– Tu devi essere Teresa. Tua nonna parlava molto di te.
– Davvero?
– Ti stupisce? – domandò lui sorridendomi. Poi mi diede una carezza.
Seguimmo il feretro fino al camposanto. Era stato aperto un loculo accanto a quello del nonno e di certi antenati dei quali non sapevo nulla. Quando il becchino si mise ad armeggiare con la cazzuola e la bara venne sollevata dal montacarichi, mio padre riprese a singhiozzare. Distolsi lo sguardo, e fu allora che lo vidi.
Se ne stava in disparte, nascosto dietro una colonna. I suoi vestiti mi colpirono come il segno piú evidente di quanto eravamo cresciuti. Portava un cappotto scuro e, sotto, il nodo di una cravatta. Bern. Incrociando il mio sguardo si passò un indice sul sopracciglio e non capii se quello fosse un gesto d’imbarazzo oppure un codice segreto che non sapevo piú decifrare. Poi si mosse velocemente verso una delle cappelle di famiglia e ci sparí dentro. Quando tornai a guardare la bara, che adesso veniva spinta nel loculo con raschi e cigolii, ero cosí confusa, cosí distratta che non rivolsi alla nonna neppure un ultimo pensiero.
La gente iniziò a disperdersi, sussurrai a mia madre che l’avrei raggiunta a casa piú tardi, volevo salutare delle persone. Feci un giro intorno al camposanto, molto lentamente. Quando fui di nuovo al cancello si erano tutti allontanati. Rientrai nel cimitero. Il becchino, rimasto solo, stava finendo di sigillare la lastra di marmo. Guardai nella cappella, ma Bern non c’era. Allora mi prese un’agitazione incontenibile.
Tornai al paese quasi di corsa. Invece di svoltare verso la villa della nonna proseguii in direzione della masseria. La sbarra d’ingresso era aperta. Ripercorrere il tratturo fino alla casa fu come sprofondare con tutto il corpo dentro un ricordo d’infanzia, un ricordo che era rimasto lí intero ad aspettarmi. Riconoscevo ogni cosa, ogni albero, ogni crepa di ogni singolo sasso.
Scorsi Bern seduto sotto il pergolato, insieme ad altri. Ebbi un’ultima esitazione perché neanche allora, vedendomi, m’incoraggiò a raggiungerlo. Ma poco dopo ero lí con loro. Bern, Tommaso, Corinne, Danco, Giuliana: le persone con le quali avrei diviso gli anni successivi della mia vita, i migliori in assoluto, e il preludio inconsapevole dei peggiori.
Bern mi presentò con un tono neutrale, disse che ero la nipote dell’insegnante, che vivevo a Torino e un tempo passavo lí le vacanze. Nulla piú di questo. Nulla che lasciasse pensare a quanto eravamo stati intimi, lui e io. Però si alzò a prendere una sedia. Tommaso mormorò le sue condoglianze per la nonna senza guardarmi negli occhi. Un berretto di lana gli copriva i capelli chiarissimi, le sue guance erano congestionate dal freddo e osservando come scuoteva nervosamente la gamba ebbi il presentimento antico che non mi volesse lí.
Sul tavolo comparvero delle birre e Giuliana rovesciò una pioggia di pistacchi da una busta di plastica. Tutti se ne riempirono le mani.
– Sapevo che la masseria era in vendita, – dissi per rompere il silenzio, – ma non che l’aveste comprata voi.
– Comprata? È questo che le hai raccontato, Bern? – disse Danco.
– Non le ho raccontato nulla.
– Mi spiace deluderti, Teresa. Non l’abbiamo comprata. Nessuno di noi avrebbe i soldi.
– Corinne li avrebbe, – obiettò Giuliana. – Le basta una telefonata al papà, vero?
Corinne le alzò il dito medio.
– Quindi siete in affitto?
Stavolta risero di gusto. Soltanto Tommaso restò serio.
– Vedo che hai un’idea piuttosto canonica della proprietà privata, – disse Danco.
Bern mi lanciò un’occhiata di sfuggita. Se ne stava sprofondato nella sedia, con le mani nelle tasche del cappotto.
– Credo che si possa definirci abusivi, – spiegò quasi a fatica, – anche se probabilmente Cesare sa che siamo qui. Ma a lui questo posto non interessa piú. Vive a Monopoli adesso.
– Siamo abusivi e quindi non abbiamo la corrente elettrica, – disse Corinne. – Una vera rottura di palle.
– Abbiamo il generatore, – ribatté Danco.
– Lo teniamo acceso un’ora al giorno!
– Thoreau viveva accanto a un lago ghiacciato senza la corrente, – continuò lui. – Qui la temperatura non scende mai sotto i dieci gradi.
– Peccato che Thoreau non avesse i capelli lunghi fino al culo come la sottoscritta.
Corinne si alzò per avvicinarsi a Tommaso, lui arretrò con la sedia e la fece salire sulle gambe. – Sto gelando anche adesso. Strofinami forte, – gli disse, accoccolandosi al suo petto. – Non come una gattina del cazzo, ho detto forte!
Grattando via qualcosa dal maglione, Giuliana disse: – Comunque basterebbe un cavo lungo per attaccarsi al traliccio dell’Enel.
– Ne abbiamo già discusso, – rispose Danco, – e abbiamo votato, mi pare. Se si accorgono che freghiamo la corrente ci fanno sgomberare. E dopo un po’ se ne accorgono di sicuro.
Corinne lo guardò freddamente. – La smetti di buttare i gusci per terra?
– Sono bio-de-gra-da-bi-li, – con un sorrisetto di sfida Danco si lanciò un altro guscio di pistacchio alle spalle.
Sentivo che Giuliana mi fissava, ma non osavo voltarmi dalla sua parte. Portai lentamente la bottiglia di birra alle labbra, cercando di vincere la soggezione.
– E insomma, cosa fai a Torino? – chiese.
– Studio. All’università.
– E cosa studi?
– Scienze naturali. Vorrei diventare una biologa marina.
Danco si mise a ridacchiare. Corinne gli diede un colpo sul petto con la mano nascosta nella manica della felpa.
– Teresa che un tempo viveva sott’acqua, – commentò Tommaso a mezza voce.
Corinne roteò gli occhi. – Oh no! Basta con quel gioco idiota delle vite precedenti.
– E t’interessano anche i cavalli? – domandò Danco. Era tornato serio.
– M’interessano tutti gli animali.
Notai uno scambio di occhiate fra loro, ma nessuno parlò. Poi Danco disse: – Molto bene, – come se avessi appena superato un test.
Dopo qualche minuto passato a bere in silenzio, con Corinne che tormentava Tommaso facendogli il solletico dietro l’orecchio, domandai: – E Nicola?
Bern finí la birra in un sorso, sbatté la bottiglia sul tavolo. – Si fa la sua bella vita a Bari.
– Ormai dovrebbe essersi laureato.
– Ha lasciato l’università, – disse sempre piú cupo. – Ha preferito mettersi con le guardie. Rispecchiano meglio la sua personalità, a quanto pare.
– Che guardie?
– La polizia, – intervenne Giuliana. – Come le chiamate a Torino, le guardie?
Tommaso disse: – Sono due anni ormai.
– Sinist’! Dest’! Sinist’! – fece Danco muovendo le braccia rigidamente. – Manganelli in alto! Picchiare come selvaggi!
– Non credo che i poliziotti marcino, – disse Corinne.
– I manganelli li hanno di sicuro.
Giuliana si accese una sigaretta e gettò il pacchetto sul tavolo.
– Un’altra? – le chiese Danco indignato.
– È soltanto la seconda.
– Bene. Quindi sono soltanto altri dieci anni di scorie sintetiche, – insistette lui.
Giuliana aspirò una lunga boccata e soffiò il fumo denso verso di lui, con malizia. Danco sostenne impassibile quello sguardo.
Poi si rivolse a me: – Sai quanto impiega una sigaretta a decomporsi? Qualcosa come dieci anni. Il problema è il filtro. Anche se alla fine lo sbricioli, come fa Giuliana, non cambia proprio niente.
Chiesi a lei il permesso di prenderne una.
– Prima...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Divorare il cielo
  4. Parte prima. I grandi egoisti
  5. Parte seconda. Il presidio
  6. Parte terza. Lofthellir
  7. Epilogo. Il giorno buio
  8. Il libro
  9. L’autore
  10. Dello stesso autore
  11. Copyright