L'impero delle cose
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L'impero delle cose

  1. 976 pagine
  2. Italian
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L'impero delle cose

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Questo libro racconta l'appassionante storia del nostro moderno mondo materiale. Se il consumismo è spesso descritto come una recente e peculiare invenzione americana, questa analisi ampia e dettagliata dimostra come si sia invece trattato di un fenomeno internazionale, con una storia molto piú lunga e complessa. Frank Trentmann descrive l'influenza del commercio sui gusti, in che modo beni esotici quali il caffè, il tabacco, il cotone e le porcellane cinesi conquistarono il mondo, ed esplora i fenomeni legati alla crescente domanda di oggetti per la casa, vestiti alla moda e le numerose altre comodità che hanno trasformato la nostra vita pubblica e privata. Nell'Ottocento e nel Novecento sono comparsi i grandi magazzini, le carte di credito e la pubblicità, ma anche il consumo consapevole e nuove identità generazionali. Osservando il presente e il futuro, Trentmann prende infine in considerazione le sfide globali imposte dall'inarrestabile e ubiquo accumulo di cose - compresi sprechi, debiti, stress e ineguaglianze. «Un capolavoro della ricerca storica, ma soprattutto una piacevole lettura, cosa rara e stupenda».
«The Times»

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
ISBN
9788858427477
Argomento
History
Categoria
World History

Note

Le note riportano le fonti bibliografiche direttamente correlate al testo, che rappresentano tuttavia soltanto la punta dell’iceberg di tutte le ricerche svolte per questo libro. I lettori che desiderano approfondire un particolare tema possono consultare le 260 pagine della mia bibliografia di lavoro presso il sito: http://www.bbk.ac.uk/frank-trentmann/empire-of-things/.

INTRODUZIONE.

1. I britannici, per esempio, oggi rinnovano gli abiti e le giacche del loro guardaroba ogni due o tre anni. Si veda WASTE & RESOURCES ACTION PROGRAMME (WRAP), Valuing Our Clothes, Banbury 2012; il dato si riferisce a cittadini britannici con piú di sedici anni. Riguardo ai tedeschi cfr. «Süddeutsche Zeitung», 26 aprile 2011. Sui garage degli americani cfr. J. E. ARNOLD, Life at Home in the Twenty-first Century. Thirty-two Families Open Their Doors, Los Angeles 2012. A titolo di paragone, si veda il ruolo delle cose di proprietà nell’Ungheria rurale: T. HOFER, Gegenstände im dörflichen und städtischen Milieu, in G. WIEGELMANN (a cura di), Gemeinde im Wandel, Münster 1979, pp. 113-35.
2. La société chevaleresque è il titolo della fondamentale raccolta di saggi sul Medioevo di Georges Duby. In alternativa a tale schema sequenziale, vi era la visione della storia in quanto scontro fra identità rivali, come nella famosa rappresentazione di Werner Sombart della prima guerra mondiale, vista come un conflitto tra una classe mercantile inglese, fredda e calcolatrice, e dei primordiali eroi germanici: W. SOMBART, Mercanti ed eroi (1915), Aracne, Ariccia 2012; si veda inoltre D. PRIESTLAND, Merchant, Soldier, Sage. A New History of Power, London 2012.
3. Vi è un’assonanza intraducibile fra il termine inglese boycott, «boicottaggio», e buycott, che indica l’acquisto di determinati prodotti al fine di favorire una causa politica, sociale o ambientale [N.d.T.].
4. Riguardo alle emissioni di CO2, si veda INTERGOVERNMENTAL PANEL ON CLIMATE CHANGE, Fifth Assessment Report, Working Group III Mitigation of Climate Change (2014), in particolare capp. VIII e IX. Le emissioni derivate dai mezzi di trasporto sono piú che raddoppiate dal 1970, superando quelle di ogni altro settore con utilizzo energetico finale. La parte piú consistente di tale aumento (80%) proviene dai trasporti su strada. Si vedano inoltre INTERNATIONAL ENERGY AGENCY, Energy Efficiency Indicators. Essentials for Policy-makers, Paris 2014; ID., Worldwide Trends in Energy Use and Efficiency, Paris 2008; per quanto riguarda il consumo di carne e il ciclo dell’azoto, cfr. ROYAL SOCIETY, People and the Planet, London 2012. Sullo smercio di rifiuti elettronici rimando infra, al cap. XV.
5. Si veda D. SCHRAGE, Die Verfügbarkeit der Dinge. Eine historische Soziologie des Konsums, Frankfurt am Main 2009, pp. 43-50.
6. A. SMITH, La ricchezza delle Nazioni (1776), Utet, Torino 1996, IV.8, p. 702.
7. La citazione è tratta da N. LAWSON, Do We Want to Shop or to Be Free?, in «The Guardian», 3 agosto 2009, p. 24. Si vedano inoltre: G. Monbiot, in «The Guardian», 26 novembre e 4 febbraio 2015 e 5 gennaio 2010; L. HANLEY, Shopping. How It Became Our National Disease, in «New Statesman», 18 settembre 2006. Inoltre: N. KLEIN, No logo. Economia globale e nuova contestazione (1999), Baldini & Castoldi, Milano 2001; O. JAMES, Affluenza. Il virus che minaccia la classe media (2007), Excelsior 1981, Milano 2008; N. LAWSON, All Consuming. How Shopping Got Us into This Mess and how We Can Find our Way Out, London 2009. Su un piano piú accademico, si vedano in particolare J. B. SCHOR, The Overspent American. Why We Want What We Don’t Need, New York 1999; B. SCHWARTZ, The Paradox of Choice. Why More is Less, New York 2005; A. OFFER, The Challenge of Affluence. Self-control and Well-being in the United States and Britain since 1950, Oxford 2006; Z. BAUMAN, Consumo, dunque sono (2007), Laterza, Roma-Bari 2009.
8. M. FRIEDMAN e R. FRIEDMAN, Liberi di scegliere. Una prospettiva personale (1979), Longanesi, Milano 1981, pp. 67 sgg. Si veda inoltre US Center for Consumer Freedom, https://www.consumerfreedom.com.
9. L. COHEN, A Consumers’ Republic. The Politics of Mass Consumption in Postwar America, New York 2003. Cfr....

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. L’impero delle cose
  5. Parte prima
  6. Parte seconda
  7. Epilogo
  8. Note
  9. Elenco delle illustrazioni
  10. Elenco delle tavole fuori testo
  11. Ringraziamenti
  12. Indice analitico
  13. Inserto iconografico
  14. Il libro
  15. L’autore
  16. Copyright