Paradiso e naufragio
eBook - ePub

Paradiso e naufragio

Saggio sull'«Uomo senza qualità» di Musil

  1. 128 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Paradiso e naufragio

Saggio sull'«Uomo senza qualità» di Musil

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Vi sono poche opere universali che in figure e situazioni storicamente concrete sanno esprimere lo spirito di un'epoca, la ragione dei suoi drammi e della sua catastrofe, con la massima obbiettività, il piú lucido disincanto e insieme la partecipazione piú coinvolgente e sofferta. Opere che compiono il «miracolo» della trasformazione del pathos in conoscenza, e della conoscenza piú esatta e anche spietata della realtà che rappresentano in autentica saggezza intorno alle insuperabili contraddizioni e aporie della nostra esistenza, saggezza che trascende ogni limite di tempo e cultura. L'uomo senza qualità è una di queste. L'uomo contemporaneo abita il «cielo dei casi», di cui canta lo Zarathustra di Nietzsche, ma le sue conoscenze statistico-probabilistiche gli consentono di affrontarlo pur sempre armato di relative certezze. Il mondo di ieri, con le sue illusioni di armonia, di compiutezza, con le sue pretese di esattezza da ricercare in ogni campo, è fi nito per sempre - ma guai a lasciarsi infatuare da ideologie, vuoti profetismi, promesse salvifiche. Vie di uscita non ve ne sono, vie soltanto, che dovremo costruire mentre si va, si cerca. La mèta non è determinabile, epperò occorre tenere lo sguardo ben lucido per cogliere tutto ciò che durante il viaggio ci viene incontro e contro. E il romanzo è una straripante piena di indimenticabili incontri. La mèta è forse almeno indicabile? Possiamo farne segno? Il suo segno è quel Viaggio in Paradiso in cui avrebbe dovuto compiersi il grande romanzo? La rinuncia a ogni dialettica conciliativa, a ogni ben fondata sovranità politica, a ogni immutabile Legge, non è rinuncia all' impossibile possibilità di quell'esperienza che, nell'istante di una incommensurabile chiarezza, accorda il mondo dell'esattezza probabilistico- statistica al sentimento che ci rende partecipi di ciò che amiamo come lo abitassimo all'interno. Il matematico Ulrich, l'uomo senza qualità, si volge a quella Chiarezza e la ama, tanto piú intensamente quanto piú, «con rigore», ne riconosce l'inafferrabilità.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Paradiso e naufragio di Massimo Cacciari in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Philosophy e Philosophy History & Theory. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2022
ISBN
9788858438893
I.

Da Törleß a Ulrich

«Ich kann nicht weiter. Non ce la faccio piú»1. Tormentosamente alle prese con l’ultima parte del romanzo, cosí Musil titola la pagina di un suo quasi-testamento. La miserabile situazione economica che lo obbliga ad acconsentire alla pubblicazione di un secondo volume («Non ero ricco e ora non sono povero, ma unter-arm, sotto-povero», Diari, p. 1578) è metafora ai suoi stessi occhi di una difficoltà radicale nel compiere l’opera, di una aporia insormontabile in cui egli si imbatte nel condurla fino al termine che aveva pensato. Continua a lavorarvi sempre con la piú lucida consapevolezza del suo straordinario valore, e tuttavia «come uno che avanzi su un ponte già crollato»2. Il naufragio dell’opera è segnato – ed è come il naufragio di una nave in mare aperto (Diari, p. 1585), lontana dalla mèta. Tuttavia, è proprio nella comprensione delle difficoltà ultime della sua “navigazione” che deve consistere l’interpretazione dell’Uomo senza qualità. Il paradosso di quest’opera viene espresso lapidariamente nella lettera appena citata: un ponte essa appare (e un ponte esiste per congiungere rive opposte), lungo il quale è necessario procedere, pur sapendo, nel procedere stesso, che esso è già crollato (e cioè che la sua originaria intenzione, vòlta a definire appunto la possibilità del congiungimento delle opposte rive, si è già dimostrata inattuabile). Alla luce di quest’idea dovremmo poter cogliere nella prima parte del romanzo tutte le ragioni per cui esso non può compiersi secondo le intenzioni di Musil – di piú, come esso non possa concludersi se non con il proprio naufragio. E tuttavia la ricerca di «quel ponte crollato» costituisce già il senso del volume pubblicato nel 1930: è il non-detto che ne orienta l’intera struttura e che già incalzava nel Törleß, in Incontri, in Tre donne. Possono disincanto e ironia, esperimento e saggismo rappresentare momenti di un itinerario ascetico verso i «mondi del sentimento»? Si dànno istanti «felici», in cui la «porta stretta» si spalanca di fronte a quel generale «sovvertimento» di ogni valore, che sembra connotare la totalità dell’epoca3, fino a far balenare, escatologicamente, l’idea del Regno? La spietata critica che non consiste se non nel decidere, separare, giudicare, può incontrare, lungo la propria stessa via, un contraccolpo, e trasformarsi nella storia di nuove “affinità elettive”? È possibile ri-cor-dare, riportare al cuore della propria esistenza, quella poesia, Iside e Osiride, pubblicata nel ’234 e che Musil indica dieci anni dopo quasi come Urzelle, germe, cellula originaria dell’intero romanzo (Diari, p. 1252), dopo l’Azione parallela, al termine della spietata ironia che di quest’Azione ha narrato il destinato fallimento?5.
Già con i capitoli pubblicati di Verso il Regno Millenario il tono del romanzo appare profondamente mutato: è un tono commosso, «aufgeregt» (II, III, XII, p. 145). Da arma di vivisezione, il dialogo torna ostinatamente a cercare di essere immagine di “sin-patia”. Al solve dell’ironia, dominante il primo volume, fa ora da contro-canto paradossale il coniunge dei «dialoghi sacri» tra Ulrich e Agathe. In nessun caso, tuttavia, si tratta di capovolgimento né di superamento, poiché né l’ironia del primo volume era semplicemente dissolvente, né qui l’arma del giudizio, in quanto Ur-theil, ciò che divide, analizza, ciò che può conoscere soltanto il distinto, si annulla nell’esperienza di amore. La storia che non si può narrare – che è la storia per cui è stato narrato tutto il narrabile – è appunto quella dell’unità delle due dimensioni, dell’Unum sumus, e non dell’Unum est. Non si dà cioè simbolo veramente narrabile. La potenza del simbolo eccede ogni misura della narrazione. La narrazione non si riduce perciò alla mera esposizione della miseria d’esperienza dell’intelletto calcolante-riflettente, da un lato, e del vuoto anelito al suo superamento, dall’altro. È l’intelletto nel suo stesso procedere a dover porre il problema della vis imaginativa. Il Mistico musiliano è tutto filosofico; il suo problema si agita nell’intimo delle stesse pagine piú disperatamente ironico-critiche. Dalla tonalità di quest’ultime è impossibile uscire anche in quegli istanti dove una «übermassige Klarheit» (II, Scritti inediti, p. 1366) sembra tutto sommergere. Alla fine, nessuna «chiarezza immensa» può eliminare quella tremenda del giudizio, cosí come nessuna «forza limitatrice» («die begrenzenden Kräfte» contro cui i Fratelli, Ulrich e Agathe, battono la fronte) può cancellare quella esigenza di vivente unità, che trascende la capacità del giudizio, ma è tuttavia immanente alla sua forma, proprio in quanto forma, composizione di elementi distinti, Gestalt. È questo il tema che, attraverso il multiverso delle sue figure, la molteplicità caleidoscopica delle sue narrazioni e delle sue riflessioni, l’Uomo senza qualità espone: l’inseparabilità degli assolutamente distinti, l’affinità che compone ciò che appare incommensurabile, privo di qualsiasi metro comune. Questa via è perseguita da Musil con paziente sistematicità, senza mai concedersi di “credere” alla soluzione, “aggirando” il problema attraverso innumeri, sottili variazioni, condotte con musicale esattezza. Non una parola del romanzo sembra sorgere im-mediata. Ogni intuizione è sottoposta al vaglio della piú severa intelligenza. La “fatica” della narrazione pareggia qui davvero quella del concetto – piú ancora: interroga i limiti di quest’ultimo, ne mette alla prova il disincanto.
Perciò il protagonista, Ulrich, non potrebbe essere un semplice dilettante. Egli, uomo del possibile, non girovaga tra i possibili. Neppure è uno specialista, certo, pur essendo un matematico, e un matematico di «professione» – ma appunto perché nessun linguaggio disciplinare può compiutamente esprimere l’aporia che lo assilla, aporia cui è pervenuto indagando, e indagando anzitutto da scienziato. Né egli nasconde un certo orgoglio per tale sua problematica condizione (è Walter la figura del romanzo che piú comprende e soffre questo lato del carattere di Ulrich: I, II, CXVIII, p. 843). In altri termini, la sua critica dello specialismo non ha nulla di dilettantesco. Dello specialismo egli denuncia la mancanza di forma: uno specialista non finirà mai di specializzarsi, anzi: non potrà mai neppure concepire un compimento per la propria attività («die Vollendung ihrer Tätigkeit», I, II, LIV, p. 291). Dunque, lo specialista è qualcosa di indefinibile, un esempio di “cattivo infinito”. Lo specialismo rende impossibile il compito di affrontare sistematicamente la vita; oggi, poi, neppure un Leibniz ne sarebbe capace (ibid., p. 294)! Ulrich si colloca in quella difficile dimensione spirituale, stretta tra apologia della Tecnica specialistica e rifiuto di essa in nome di un ideale di Kultur, ondeggiante tra classicismo, Romantik e entusiasmi rivoluzionari, dimensione che forse soltanto Max Weber, in quell’epoca, era riuscito a definire e a praticare con esattezza.
Larvatus prodeo: cosí Ulrich – e Musil gioca a moltiplicarne le maschere riflettendolo sullo specchio degli altri personaggi. Un paradossale confondersi di infantile esotismo morale e coltivata intelligenza, una vaga e infondata nostalgia di avventura, sempre colma, per cosí dire, «di possibilità e nulla» (I, II, XXXIV, p. 173) – in questa luce Ulrich è còlto da chi gli si avvicina, e cosí egli si insinua nei suoi timori, ne scava inquietudini e angosce. Per questo tutti avvertono il pericolo che egli rappresenta. Poiché egli «divaga» lungo la vicenda senza mai appartenervi, questa sua estraneità spaesa e seduce insieme. Ma appunto questo suo essere «seduttore» è gioco e maschera; il gioco appartiene, certo, al suo carattere, ma non lo esaurisce in alcun modo. La sua ricerca (poiché Ulrich è alla ricerca, e alla ricerca di risposte quanto possibile persuasive) non gira affatto a vuoto, ma costantemente attorno al tentativo di definire i punti critici dei “valori” del mondo in cui vive, delle “visioni” che lo rappresentano. Per questo gli è necessaria una prospettiva, un metro di misura. La critica di cui avverte il bisogno (sempre e in tutta serietà) è una critica culturale-psicologica scientificamente fondata: energia dissolvente, ma ben affidabile nei suoi principî. Perciò l’uomo senza qualità è insofferente prima di tutto nei confronti di ogni manifestazione di dilettantismo. Né potrebbe essere diversamente, se consideriamo la lunga storia che ha alle spalle. Ulrich è l’ulteriore maturazione della fase ultima di Törleß, quella che viene adombrata, quasi per inciso, verso la conclusione del romanzo giovanile. Superate le esperienze e i turbamenti dell’adolescenza, Törleß ci appare come un giovane uomo «dallo spirito raffinato e sensibile»6, dalla correttezza esteriore perfetta e un po’ ironica insieme, che ha rinunciato a combinare i due modi di vedere le cose (prefigurazione del tema dei due mondi del sentimento, il cui problema suggella l’Uomo senza qualità): quello del vigile intelletto, che le riduce a fenomeni controllabili, classificabili e utilizzabili, e quello che irrompe, a volte, «quando i pensieri tacciono» (Törleß, p. 214) e fa emergere una vita oscura della cosa, non misurabile razionalmente, non esprimibile a parole – e che tuttavia è vita. Il tormento dell’adolescenza consiste nel non potersi rassegnare all’impossibilità della Vergleichung tra questi mondi. Già il giovane Törleß comprende che è necessario rinunciarvi, pena il trasformare quel sogno in senile infantilismo. Ma il giovane uomo che nasce da tale distacco non è affatto un indifferente disincantato: egli ha invece un unico «ergreifende Interesse» (Törleß, p. 172), un solo interesse davvero lo possiede, ed è per lo «sviluppo dell’anima, dello spirito, o comunque si voglia chiamare ciò che si accresce in noi attraverso qualche pensiero, tra le parole di un libro o dalle labbra chiuse di un ritratto […] la cosa che sempre è scomparsa quando compiliamo atti, costruiamo macchine, andiamo al circo o attendiamo a cento altre analoghe occupazioni» (ibid.). Ciò che il giovane uomo si proibisce non è pensare all’anima e allo spirito (sempre piú distinguendone gli ambiti e analizzandone le relazioni), ma alla loro sintesi con l’intelletto. E da qui inizia Ulrich; egli sviluppa ciò che lo studente Törleß era riuscito appena a intuire, nel suo interrogarsi intorno alle ragioni dell’impossibilità di quella Vergleichung; solo Ulrich giunge a una critica spietata di coloro che ancora si consolano nella sua vuota speranza, ma soprattutto è lui che elabora, sulla base di tale critica, una filosofia – o forse si dovrebbe dire una forma di pensare – capace di comprendere, al di là di moralismi ed estetismi, al di là di ogni vana curiositas o eclettico scetticismo, e con quel disincanto che sa essere appassionato interesse, questo mondo (uno degli infiniti mondi possibili! I, I, V, p. 20), di cui la concatenazione delle cose e la scienza statistica capace di calcolarne i casi, non piú la responsabilità della persona, costituiscono il punto di gravità (I, II, XXXIX, p. 200).
Nessuna sintesi tra i due mondi – l’esigenza, invece, di esprimere con precisione ciò che in Törleß era ancora «insistenza morbosa» (Törleß, p. 211): il “buco” che si è aperto nel nesso causale, la crisi dei fondamentali principî “classici” di spiegazione del mondo. Ecco che proprio la matematica sembra in grado di “immaginare” con esattezza e coerenza proprio la “sconnessione”, i salti nell’ordito delle cose; è essa a esigere la costruzione dell’immaginario, e cioè che l’irrazionale venga rigorosamente pensato. Perciò Ulrich è matematico. A Ulrich non interessa una “narrazione” occasionale di stati d’animo, interessa l’analisi di comportamenti in quanto essi esprimano precisamente “ferite” del nesso causale. Lungi dal render logico il mondo, o razionalizzarne i rapporti, la matematica permette di comprenderne appunto la irriducibilità a logiche formali. È per la matematica che usciamo definitivamente dal “paradiso” della ragione – ma per giungere a esprimere con rigore l’insuperabile, intrinseca dimensione acausale dei fatti. Utopia dell’esattezza7: elaborare un linguaggio che permetta di esprimere ciò che sembra costituire il polo opposto della precisione, l’emozione, con parole assolutamente precise: proprio questo è costantemente avvertito da Ulrich come una sorta di dovere. Di fronte alle retoriche sull’«insicurezza» tornate in onore, al mucchio di chiacchiere su «das Unsichere» da parte di gente «dal mestiere un po’ incerto, poeti, critici, donne e quelli che di professione esercitano “la nuova generazione”» (I, II, LXII, p. 338), non bisogna disarmare abbandonando l’esattezza a ingegneri e scienziati, ma avventurarsi nell’esperimento, proprio in analogia con la matematica, di dar forma a una paradossale combinazione di esattezza e indeterminatezza. Non le emozioni scompariranno, allora, potremmo dire, ma il loro carattere passionale, immediato, semplicemente “privato” e in quanto tale necessariamente incomunicabile e indicibile8. Questo è il passo che spetta ai po...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Paradiso e naufragio
  4. I. Da Törleß a Ulrich
  5. II. L’uomo statistico
  6. III. La “decisione” saggistica
  7. IV. I criminali
  8. V. Frammenti di vita offesa e infelice I
  9. VI. Frammenti di vita offesa e infelice II
  10. VII. Frammenti di vita offesa e infelice III
  11. VIII. Frammenti di vita offesa e infelice IV
  12. IX. Uno-duità del sentimento
  13. X. Paradiso perduto
  14. XI. Metafora e analogia
  15. XII. Mistica e analogia
  16. XIII. L’amore dei Gemelli
  17. Il libro
  18. L’autore
  19. Dello stesso autore
  20. Copyright