La natura essenzialmente interpretativa di questo saggio e l’estensione cronologica e geografica del tema trattato hanno sconsigliato l’uso di tradizionali note a piè di pagina. Le note che seguono valgono solo a indicare le fonti delle affermazioni avanzate nel testo e anche a disegnare i percorsi intellettuali dell’Autore, ma non hanno la benché minima pretesa di esaustività bibliografica.
Introduzione. Il fantasma del nostro tempo.
La frase in apertura, che Conrad mette in bocca a Karl Yundt, è tratta dal cap. III di The Secret Agent. A Simple Tale [1907]. In originale: «I have always dreamed – he mouthed fiercely – of a band of men absolute in their resolve to discard all scruples in the choice of means, strong enough to give themselves frankly the name of destroyers, and free from the taint of that resigned pessimism which rots the world. No pity for anything on earth, including themselves – and death – enlisted for good and all in the service of humanity – that’s what I would have liked to see» (III, 10); cito dall’edizione del 1990 a cura di B. Harkness e S. W. Reid per la Cambridge University Press, a p. 38.
Sulla costruzione del nemico per eccellenza nella tradizione culturale occidentale insiste V. HARLE, The Enemy with a Thousand Faces. The Tradition of the Other in Western Political Thought and History, Praeger, Westport (CT)-London 2000; anche T. TODOROV, La paura dei barbari. Oltre lo scontro delle civiltà, Garzanti, Milano 2008. Per il cosiddetto New Barbarism ho avuto presente R. D. KAPLAN, The Coming Anarchy. Shattering the Dreams of the Post Cold War, Vintage, New York 2001 e la risposta di D. TUASTAD, Neo Orientalism and the New Barbarism thesis. Aspects of symbolic violence in the Middle East conflict, in «Third World Quarterly», XXIV (2003), n. 4, pp. 591-99. Sulla presenza nella stampa di stereotipi negativi del mondo arabo, E. SAID, Covering Islam. Come i media e gli esperti determinano la nostra visione del resto del mondo, Transeuropea, Massa 2012; anche F. CARDINI, L’ipocrisia dell’Occidente. Il Califfo, il terrore e la storia, Laterza, Roma-Bari 2015. L’impostazione critico-discorsiva resta minoritaria: vedi comunque R. JACKSON, L. JARVIS, J. GUNNING e M. BREEN SMITH, Terrorism. A Critical Introduction, Palgrave Macmillan, Houndmills Basingstoke-New York 2011; J. ZULAIKA e W. A. DOUGLASS, Terror and Taboo. The Follies, Fables and Faces of Terrorism, Routledge, London-New York 1996. J. Zulaika ha anche scritto un libro diretto a contestare la «Guerra al terrore»: Terrorism. The Self-fulfilling Prophecy, The University of Chicago Press, Chicago-London 2009.
Traggo le informazioni su Schauman da J. M. HANHIMÄKI e B. BLUMENAU, An International History of Terrorism. Western and non-Western Experiences, Routledge, London-New York 2013, p. 6. Sulla denominazione del terrorismo e sui problemi che comporta anche sul piano militare, è interessante P. DEERY, The terminology of terrorism. Malaya, 1948-52, in «Journal of Southeast Asian Studies», XXXIV (2003), n. 2, pp. 231-47. Per il caso del MEK ho usato G. MARTIN, Essentials of Terrorism. Concepts and Controversies, Sage, London 2018; dalla terza edizione del 2014, Thousand Oaks (CA)-New Delhi, p. 9. Traggo lo spunto sulla terminologia usata dal «Financial Times» da W. LAQUEUR, The Age of Terrorism, Weidenfeld & Nicolson, London 1987, p. 178. Il tentativo di Reuters di non usare l’epiteto «terrorists» suscitò naturalmente le aspre reazioni della destra statunitense: ad esempio J. GOLDBERG, The Tiranny of Clichés. How Liberals Cheat in the War of Ideas, Penguin, New York 2012, p. 5. La dichiarazione di Basaev è tratta da S. WOJCIEKOWSKI, The Hybridity of Terrorism, Logos, Berlin 2013, p. 45. Sul fatto che «terrorismo» non sia un’espressione neutra, oggettiva, concordano molti autori diversi tra loro come T. MEISELS, Defining terrorism. A typology, in «Critical Review of International Social and Political Philosophy», XII (2009), n. 3, pp. 331-51, specialmente p. 334; J. D. KILCULLEN, Countering Global Insurgency, in «Journal of Strategic Studies», XXVIII (2005), n. 4, pp. 597-617, specialmente le pp. 604-6; C. GEARTY, Terror, Faber and Faber, London 1992, p. 15; e in ultimo C. TOWNSHEND, che definisce il concetto di terrorismo «di natura ambigua e scivolosa», in Making the Peace. Public Order and Public Security in Modern Britain, Oxford University Press, Oxford 1993, p. 116. L’assunto naïf per cui terrorismo è ciò che viene percepito per com’è, empiricamente e intuitivamente, incontra la critica di G. P. FLETCHER, The indefinable concept of Terrorism, in «Journal of International Criminal Justice», IV (2006), n. 5, pp. 894-911; vedi anche J. WALDRON, Terrorism and the uses of terror, in «Journal of Ethics», VIII (2004), n. 1, pp. 5-35.
Sulla questione dell’ineliminabilità del giudizio politico-morale nella nozione di terrorismo vedi, oltre a M. WALZER, Arguing About War, Yale University Press, New Haven-London 2006, D. ZOLO, Victors’ Justice. From Nuremberg to Baghdad, Verso, London-New York 2009 e T. KOCHI, The Other’s War. Recognition and the Violence of Ethics, Birkbeck Law Press, Oxford-New York 2009, anche M. CRENSHAW (a cura di), Terrorism in Context, Pennsylvania University Press, Philadelphia 1995, p. 8.
Fra i testi che hanno affrontato il problema del terrorismo in chiave storica, ho utilizzato W. LAQUEUR, History of Terrorism, nuova edizione piú volte aggiornata di un testo originariamente apparso nel 1977, Transactions Publishers, New Brunswick (NJ)-London 2016; G. FERRAGUS, Histoire du terrorisme, Perrin, Paris 2014; HANHIMÄKI e BLUMENAU, An International History of Terrorism cit.; E. GONZÁLEZ CALLEJA, El laboratorio del miedo. Una historia general del terrorismo de los sicarios a Al Qa’ida, Crítica, Barcelona 2013; M. A. MILLER, The Foundations of Modern Terrorism. State, Society and the Dynamics of Political Violence, Cambridge University Press, Cambridge 2013; M. BURLEIGH, Blood and Rage. A Cultural History of Terrorism, Harper, London-New York-Toronto-Sidney-New Delhi 2008; J. AVILÉS e Á. HERRERÍN (a cura di), El nacimiento del terrorismo en occidente. Anarquía, nihilismo y violencia revolucionaria, Siglo XXI, Madrid 2008; G. CHALIAND e A. BLIN (a cura di), The History of Terrorism. From Antiquity to Al Qaeda, University of California Press, Berkeley 2006; CRENSHAW (a cura di), Terrorism in Context cit.; G. CHALIAND, Terrorism. From Popular Struggle to Media Spectacle, Saqi Books, London-New York 1987; R. WALTHER, Terror, Terrorismus, in O. BRUNNER, W. CONZE e R. KOSELLECK (a cura di), Geschichtliche Grundbegriffe. Lexicon zur politisch-soziale Sprache in Deutschland, Ernst Klett Verlag, Stuttgart 1990, vol. VI, pp. 323-444; A. PARRY, Terrorism. From Robespierre to Arafat, Vanguard Press, New York 1976. Fino agli anni Ottanta la storia del terrorismo, poco frequentata, era egemonizzata dalla personalità intellettualmente vulcanica ma piuttosto disordinata di Walter Laqueur. In italiano, oltre la storia del terrorismo citata e piú volte rimaneggiata, Laqueur ha pubblicato L’età del terrorismo, Rizzoli, Milano 1987 e Il nuovo terrorismo. Fanatismo e armi di distruzione di massa, Corbaccio, Milano 2002: un libro apparso nel 1999, ma poi riedito con variazioni nel 2001.
Il tema della tradizione storica della lotta armata viene affrontato in una prospettiva originale ma riduzionista anche da N. ARIELLI, From Byron to Bin Laden. A History ...