– I rapinatori di treni di solito non sono intelligenti, per fortuna delle ferrovie, – disse Call. – Cinque rapinatori di treni intelligenti manderebbero in malora tutte le ferrovie del paese.
– Quel giovane messicano è intelligente, – disse Brookshire, ma non poté essere piú specifico, perché il vento gli portò via il cappello. Fu costretto a rincorrerlo: non era la prima volta che era costretto a rincorrere il cappello dal suo arrivo ad Amarillo. Ormai se lo calcava in testa fino alle sopracciglia, ma i venti texani erano di un genere diverso dai venti che conosceva a Brooklyn, dove viveva. Quelli texani, chissà perché, gli portavano sempre via il cappello. Non faceva in tempo ad alzare la mano per bloccarlo, che volava. Era solo un semplice fedora; d’altra parte era l’unico che aveva e non era sua abitudine girare a capo scoperto, almeno non quando conduceva affari per conto della ferrovia. Il colonnello Terry non avrebbe approvato. Brookshire era solo un dipendente, non poteva permettersi di ignorare le preferenze del colonnello Terry in certi ambiti.
Stavolta il cappello cavalcò il vento come un grosso uccello, atterrò con un vantaggio di venti metri sul suo proprietario e, quando toccò terra, rotolò veloce sulla strada sabbiosa. Fortunatamente per Brookshire c’era un carro parcheggiato a sud della stazione e alla fine il cappello si agganciò a una ruota. Brookshire lo raggiunse e lo raccolse, cercando di fare l’indifferente, anche se in realtà era un bel po’ di malumore.
Per ordine dei suoi superiori, del colonnello Terry in particolare – il colonnello Terry, presidente della ferrovia, era l’unico superiore che contava –, Brookshire era venuto apposta da New York per assoldare un cacciatore di banditi. Brookshire era un ragioniere. Assoldare cacciatori di banditi non era il suo mestiere, ma la persona che di norma eseguiva certi compiti, Big Johnny Roberts, aveva inghiottito per sbaglio un tappo di sughero ed era morto soffocato, proprio quando era in partenza per il Texas. Per il colonnello Terry era stato solo un contrattempo; si era guardato intorno in ufficio e tempo un attimo Brookshire si era ritrovato su un treno per l’Ovest, al posto di Johnny Roberts. Da quando lavorava per la ferrovia aveva svolto parecchi incarichi, ma mai in un posto dove il cappello gli volava appena girava l’angolo. Rincorrerlo era una seccatura, ma lui in realtà era di malumore perché il cacciatore di banditi che gli avevano ordinato di assoldare non gli aveva fatto una grande impressione.
Il meglio che Brookshire poteva dire di quell’uomo piccolo dall’aria stanca fermo davanti alla baracca della stazione, la sella e un fagotto al suo fianco, era che aveva rispettato l’appuntamento. Era arrivato all’alba, legando la sua cavalla saura davanti all’albergo alle sette di mattina precise, l’ora convenuta. Eppure Brookshire faticò a nascondere lo smarrimento quando vide quanto era vecchio. Certo, lo conosceva di fama: nessuno all’Ovest poteva vantare una fama pari a quella di Woodrow Call. Per come la vedeva Brookshire, con la fama non ci catturavi i banditi, perlomeno non quelli che scorrazzavano per il paese con la rapidità del giovane Joey Garza. Dicevano che il messicano avesse solo diciannove anni, mentre il capitano Call, a vederlo, andava per i settanta.
Ciò malgrado gli avevano ordinato di ingaggiare Woodrow Call e nessun altro. Tra l’altro gli avevano dato in consegna una lussuosa Colt con delle incisioni, mandata dal colonnello Terry come dono speciale.
Con sgomento di Brookshire, il capitano Call quasi non la degnò di uno sguardo. Non si scomodò nemmeno a toglierla dalla custodia di palissandro. Non fece ruotare il tamburo né ammirò la raffinata lavorazione.
– Grazie, come se avessi accettato, – disse Call. Sembrava piú riconoscente per il caffè. Logico, faceva freddo, e il vecchio ranger portava solo un cappotto leggero.
– Ossignore, e io che gli racconto al colonnello Terry? – chiese Brookshire. – Questa pistola sarà costata cinquecento dollari. Le incisioni sono fatte a mano. Non è roba da quattro soldi.
– Be’, allora può tenerla lui, – disse Call. – Apprezzo il pensiero, ma un’arma di lusso non so proprio dove metterla. Dovrei depositarla in banca, e io preferisco evitarle, le banche. In genere mi fido del fucile, non della pistola, – aggiunse. – In genere, se sei abbastanza vicino a uno che può farti secco con la pistola, è segno che sei troppo vicino.
– Ossignore, – ripeté Brookshire. Conosceva abbastanza bene il colonnello Terry da sapere che non sarebbe stato contento di apprendere che il suo regalo non era stato gradito. Non per niente era un colonnello. Vedersi rifiutare un dono cosí costoso da uno che sembrava solo un vecchio vaccaro lo avrebbe senz’altro mandato in collera, nel qual caso Brookshire e chiunque altri si fosse trovato in ufficio avrebbe dovuto fare i salti mortali per tenersi il posto.
Call vide che Brookshire era angustiato e immaginò che, in effetti, avrebbe dovuto accettare la pistola. Se non altro per buona creanza. Ma negli ultimi anni governatori, presidenti di ferrovie, senatori e ricconi gli offrivano armi di lusso o selle costose, o viaggi sulle loro carrozze ferroviarie, addirittura cavalli pregiati, e qualcosa in lui si ribellava sempre.
Innanzitutto disprezzava l’equipaggiamento costoso. Lui usava una sella normale e l’unica cosa che chiedeva a un’arma era che fosse precisa e affidabile.
Secondo, poi, non aveva mai conosciuto un governatore, un presidente di ferrovia, un senatore o un riccone che gli fosse simpatico o con il quale si trovasse a proprio agio. Perché mettersi in obbligo con uno stupido arrogante per una pistola che non avrebbe mai usato e probabilmente nemmeno caricato?
Solo pochi giorni prima aveva discusso con Charles Goodnight dei regali ricevuti dai ricchi e dai potenti. Anzi, era stato proprio il giorno in cui Goodnight era arrivato al piccolo capanno che lasciava usare a Call nei periodi di riposo e gli aveva dato il telegramma con cui gli chiedevano di incontrare il signor Ned Brookshire nell’atrio del migliore albergo di Amarillo, alle sette del mattino.
Anche Goodnight era famoso; piú famoso di ogni altro allevatore. Anche a lui negli ultimi anni avevano offerto venticinque o trenta Winchester decorati ma, come Call, era scettico verso i ricchi e i potenti e raramente si trovava a proprio agio in loro compagnia.
Per gran parte delle rispettive esistenze, che si erano incrociate solo in qualche occasione, Woodrow Call e Charles Goodnight non erano andati esattamente d’accordo. Chissà perché, ma in passato, ai tempi delle guerre indiane, si erano presi per il verso sbagliato quasi ogni volta che si erano visti. Neanche adesso si ritenevano esattamente amici. Quando era al ranch, Goodnight aveva l’abitudine di andare al piccolo capanno piú o meno una volta a settimana a vedere come stava il suo ospite, il famoso Texas Ranger.
La casupola si trovava vicino al bordo settentrionale del Palo Duro Canyon. Spesso i due uomini contemplavano il canyon, piú che altro in silenzio, fino a quando il crepuscolo e le tenebre non lo riempivano. Nel crepuscolo e nelle ombre vedevano la loro storia; negli ultimi bagliori vedevano i caduti: i ranger, gli indiani, i cowboy.
– Lascia che qualcuno ti regali un’arma di lusso e quello andrà a raccontare a tutto il mondo che siete amici, quando in realtà magari lo disprezzi, – disse Goodnight sputando. – Io non conto molti amici tra questi ricchi stupidi, e tu?
– Sono anni che non ho amici, – disse Call. Solo dopo averlo detto gli venne in mente che quell’uscita poteva suonare un po’ strana, come se chiedesse comprensione. – Certo ho Pea, e Bol, – aggiunse in fretta. – Bol non ci sta con la testa, ma lo reputo un amico.
– Ah, il tuo cuoco. Mi sa che una volta mi ha dato da mangiare. Se non ci sta con la testa come fai a tenergli dietro?
– L’ho lasciato con una famiglia di San Antonio, – disse Call. – Quando trovo lavoro giú al confine a volte lo metto sul suo mulo e lo porto con me. A Nuevo Laredo c’è un’altra famiglia che lo può tenere a pensione, quando io sono impegnato. – Gli piace fare qualche viaggetto, – aggiunse. – Ha ancora tutti i suoi ricordi, solo che non riesce a metterli insieme.
– Diavolo, fatico io a mettere in ordine i miei, – disse Goodnight. – Ecco cosa capita, quando campi troppo a lungo. La testa si riempie fino all’orlo e trabocca, come un maledetto secchio. Quello che esce fuori va perduto. Non credo di sapere neanche la metà di quello che sapevo a cinquant’anni.
– Fai troppi viaggi in treno, – osservò Call in tono bonario.
– Parlavamo della mia memoria arrugginita, – disse Goodnight guardandolo storto. – Che c’entrano i viaggi in treno?
– A forza di viaggiare in treno la memoria s’indebolisce, – disse Call. – Se viaggi a cavallo ti devi ricordare dove sono le sorgenti, ma se vai in treno te lo dimentichi, perché i treni non bevono.
Goodnight ci ragionò per qualche minuto.
– Non mi sono mai perso, né di notte né di giorno, – disse alla fine. – E tu?
– Una volta ho sbagliato strada, in Messico. Era una notte nuvolosa. Il cavallo è caduto e si è alzato puntando nella direzione opposta. Ero insonnolito e me ne sono accorto solo al mattino.
– E quando te ne sei accorto te la sei presa col cavallo?
– Me la sono presa con me stesso.
– Be’, questa conversazione è inutile, – disse Goodnight voltandosi bruscamente verso il suo cavallo. Senza aggiungere altro, montò in sella e si allontanò. Era sempre stato brusco, rifletté Call. Quando concludeva che la conversazione era giunta a un punto morto, Charles Goodnight prendeva e ti piantava in asso.
Mentre il signor Brookshire riattraversava la strada e cercava di spolverare il cappello battendoselo sulla gamba, apparve il treno che stava aspettando con il capitano Call. Era il treno che, a tempo debito, li avrebbe portati a San Antonio.
Call stava cercando un modo gentile per avvisare il signor Brookshire che il fedora non era adatto a un posto ventoso come il Texas. Un cappello che volava via in continuazione poteva creare un’infinità di guai con un bandito esperto come Joey Garza.
Ma Call sperava soprattutto che Brookshire si convincesse a tornare a New York, lasciandolo da solo alle prese col giovane messicano. Viaggiare nell’Ovest con un galoppino come il signor Brookshire richiedeva assai piú energie che inseguire un bandito. Call aveva poco da dire a certi soggetti, loro invece avevano immancabilmente tanto da dire a lui. Non smaniava di ascoltare i discorsi del signor Brookshire per seicento miglia.
– Questo vento mi ricorda Chicago, – disse Brookshire, quando tornò dove si trovava Call. Non provò a rimettersi il cappello in testa. Lo tenne stretto fra le mani.
– Non conosco Chicago, – disse Call, per gentilezza.
– Il vento non è cosí dalle mie parti, – disse Brookshire. – Passano mesi senza che mi voli il cappello. Invece da quando sono sceso dal treno qui ieri, non faccio altro che rincorrerlo.
Il treno fischiò e si fermò con un cigolio. Quando si arrestò del tutto, il capitano Call raccolse la sella e il fagotto. Brookshire scoprí con stupore che si sentiva alquanto disperato, che non osava muoversi. Il vento era diventato ancora piú forte e Brookshire ebbe la sensazione nauseante di essere lui, anziché il cappello, sul punto di volare via. Non vedeva neanche un albero: solo pianura infinita. Fosse volato via, nulla lo avrebbe fermato per giorni, a meno di non andarsi ad agganciare alla ruota di un carro, come era successo al cappello. Sapeva che era una sensazione assurda: gli uomini adulti, soprattutto quelli grossi come lui, non volavano via cosí. Eppure la sensazione persisteva, e ogni volta che guardava di là dalla strada senza vedere niente – niente di niente a parte erba e cielo – la sensazione peggiorava.
Call notò che Brookshire aveva una strana espressione. Si stringeva il fedora allo stomaco, sembrava che avesse paura di muoversi, eppure si trovava su un terreno perfettamente pianeggiante in un giorno di sole invernale.
– Vi sentite male signor Brookshire? – chiese. In fondo quell’uomo era stato gentile; aveva accettato le sue condizioni e pagato volentieri il caffè, per giunta.
– Vorrei salire sul treno, – disse Brookshire. – Credo che mi riprenderò presto, se salgo sul treno.
– Eccolo qua, proprio dietro di voi, – gli disse Call. – Immagino abbiate già i biglietti. Possiamo salire subito.
– Temo di aver dimenticato la valigetta, è questo il mio problema, – ammise Brookshire.
– Ah. In albergo? – chiese Call.
– Sí, proprio nell’atrio, – disse Brookshire, guardando a terra. Sentiva che non era il caso di guardare di nuovo dall’altra parte della strada. La sensazione di volare via lo riassaliva con piú violenza proprio quando guardava da quella parte.
– Be’, il treno è appena entrato in stazione e ci resterà per un po’, – disse Call. – Avete tutto il tempo di andare a prendere la valigetta.
Call guardò di nuovo e si rese conto che il suo compagno di viaggio stava avendo una specie di attacco. Brookshire era paralizzato, con gli occhi fissi a terra. Sembrava incapace di muoversi, percorrere cento metri fino all’albergo era, per il momento, al di sopra delle sue forze.
– Non ce la faccio, – mormorò Brookshire. – Non ce la faccio. Vorrei solo salire sul treno.
Tacque per un attimo, restando a occhi bassi.
– Vorrei tanto salire sul treno, – ripeté.
Call posò subito la sella e il fagotto, e prese il signor Brookshire per il braccio. Quell’uomo era quasi nel panico e, quando un uomo era quasi nel panico, le parole servivano a poco.
– Venite, vi accompagno alla carrozza, – disse tenendo Brookshire per il braccio. Brookshire mosse un passettino, poi un altro. Call gli trovò subito un posto...