Le 17 equazioni che hanno cambiato il mondo
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Le 17 equazioni che hanno cambiato il mondo

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Le 17 equazioni che hanno cambiato il mondo

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Le equazioni sono la linfa della matematica, delle scienze e della tecnologia. In loro assenza il nostro mondo non esisterebbe cosí come lo conosciamo. Senza le quattro equazioni che descrivono l'elettromagnetismo non avremmo la radio, il radar e la televisione. Senza l'equazione alla base della teoria dell'informazione non ci sarebbero tutti i sistemi digitali, dai telefoni a Internet. E se oggi siamo in grado di decifrare la natura del cosmo e di esplorare i pianeti lo dobbiamo alla scoperta della legge gravitazionale di Newton.
Dal teorema di Pitagora alla E=mc2 di Einstein, fino alle formule della meccanica quantistica, della teoria del caos o delle piú acrobatiche operazioni finanziarie, Ian Stewart passa in rassegna le diciassette equazioni che hanno cambiato la storia dell'umanità. E lo fa spiegando non solo l'enorme impatto che hanno avuto sul progresso e la vita di tutti, ma riuscendo nel miracolo di svelare il loro limpido splendore anche a chi con i numeri non ha mai avuto molta dimestichezza.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2018
ISBN
9788858430064
Capitolo primo

La squaw e l’ippopotamo
Il teorema di Pitagora

Che cosa ci dice?
Qual è la relazione tra le lunghezze dei tre lati di un triangolo rettangolo.
Perché è tanto importante?
Perché ci fornisce un essenziale legame tra la geometria e l’algebra, permettendoci di calcolare ed esprimere le distanze in termini di coppie di coordinate. Ha inoltre fornito i principî della trigonometria e della misurazione delle aree.
A che cosa serve?
Cartografia, calcolo delle rotte di navigazione e, in tempi piú recenti, le teorie della relatività speciale e generale, le piú efficienti teorie che descrivono lo spazio, il tempo e la gravitazione.
Chiedete a un qualsiasi studente di dire il nome di un famoso matematico e, ammettendo che ne ricordi soltanto uno, l’interrogato di solito sceglierà Pitagora. Se non lo farà, gli verrà di certo in mente Archimede. L’illustre Newton non sarà che al terzo posto, dopo queste due famose stelle del mondo antico. Archimede fu un gigante del lavoro intellettuale, e Pitagora probabilmente non lo fu, ma merita un riconoscimento maggiore di quello che solitamente gli si attribuisce, non tanto per ciò che ha realizzato quanto per il meccanismo che ha messo in moto.
Pitagora è nato all’incirca nel 570 a.C. a Samo, isola greca nella parte orientale dell’Egeo, presso la costa dell’attuale Turchia. Era filosofo e geometra, cioè si interessava di scienze naturali e di misurazioni. Il poco che conosciamo della sua vita ci viene da testi scritti piú tardi, la cui attendibilità, sul piano storico, è discutibile; gli avvenimenti essenziali della sua vita sono però riportati in modo corretto. Verso il 530 a.C. si trasferí a Crotone, colonia greca della costa orientale della Calabria, sullo Ionio. Qui fondò una scuola di carattere filosofico-religioso, da lui detta pitagorica. I pitagorici credevano che elemento fondamentale dell’universo fosse il numero. La fama attuale di Pitagora è legata al teorema cui si associa il suo nome. Ciò che esso afferma è stato insegnato ovunque, nel mondo, da piú di duemila anni e fa parte del sapere comune. In un film del 1958, Il principe del circo, che aveva come protagonista Danny Kaye, una delle canzoni incomincia con questa strofetta che diventa poi il ritornello:
The square on the hypotenuse Il quadrato dell’ipotenusa
of a right triangle d’un triangolo rettangolo
is equal to è uguale a
the sum of the squares la somma dei quadrati
on the two adjacent sides [costruiti] sui due cateti.
E continua con vari giochi di parole sulla necessità di rispettare la geometria come si rispettano le regole grammaticali (per evitare ad esempio l’ambiguità dei participi), poi associa il famoso teorema a Einstein, a Newton e ai fratelli Wright; ai primi due viene persino attribuita l’esclamazione «Eureka!», che è invece di Archimede. Potete dedurne che le parole delle canzoni di questi film non brillavano per accuratezza nei dati storici ma, che volete?, questa era (ed è) Hollywood! Comunque (vedi cap. XIII) l’autore di questi versi (Johnny Mercer) ha fatto centro, almeno con Einstein, forse piú di quanto fosse in grado di capire.
Il teorema di Pitagora è anche presente in un noto gioco di parole, in inglese, per l’assonanza delle prime parole dell’enunciato, con «the squaw on the hippopotamus». Questa battuta ricorre ovunque in rete, ma è piú difficile di quanto si pensi individuarne la vera fonte1. Sul teorema esistono vignette umoristiche d’ogni tipo, ma anche magliette, che ne riportano lo schema, e un francobollo emesso dalla Grecia (fig. 1).
Figura 1. Francobollo greco con un’immagine dimostrativa del teorema di Pitagora.
Figura 1.
Francobollo greco con un’immagine dimostrativa del teorema di Pitagora.
Malgrado tutta questa confusione intorno al teorema, non abbiamo alcuna idea sicura sul fatto che si possa sul serio attribuirne a Pitagora la dimostrazione. In effetti non sappiamo neppure se il teorema sia davvero «suo». Potrebbe benissimo essere stato scoperto da un qualche sottoposto di Pitagora, o da uno scriba babilonese o sumero. Pitagora però ne ha avuto il merito, e l’associazione del suo nome si è consolidata. Qualunque sia la sua origine, il teorema e le conseguenze che ne derivano hanno esercitato un influsso di proporzioni gigantesche sulla storia dell’umanità. Esse hanno letteralmente dato l’avvio al nostro mondo.
I greci non hanno espresso il teorema di Pitagora in forma di equazione con i simboli (e il significato di questi) che utilizziamo oggi. Questa espressione è venuta piú tardi, con lo sviluppo dell’algebra. Nell’Antichità il teorema era enunciato con parole e illustrato con lo schema geometrico. Ha raggiunto la sua formulazione piú rigorosa, insieme alla prima dimostrazione che sia stata conservata, negli scritti di Euclide di Alessandria. Intorno al 250 a.C. Euclide è diventato a tutti gli effetti il primo matematico «moderno» con i suoi famosi Elementi, il piú importante dei libri che siano mai stati scritti nel campo della matematica, fondamentale per l’influenza che ha esercitato su tutti gli studi successivi. Euclide ha trasformato la geometria in logica, enunciando esplicitamente i suoi assiomi e partendo da essi per fornire dimostrazioni sistematiche di tutti i suoi teoremi. Ha costruito un edificio concettuale le cui fondamenta sono costituite da punti, linee e circonferenze e il cui vertice corrisponde alla dimostrazione dell’esistenza dei solidi regolari, che sono precisamente cinque.
Una delle gemme della corona di Euclide è l’enunciato di quello che indichiamo come teorema di Pitagora. Si tratta della Proposizione 47 del Primo Libro degli Elementi. Nella traduzione di sir Thomas Heath, del 1908, la proposizione è: «Nei triangoli rettangoli il quadrato del lato che sottende l’angolo retto è uguale ai quadrati dei lati che comprendono l’angolo retto»2.
Nessun gioco di parole su ipotenusa e ippopotamo in questo testo. E non si dice neppure specificamente «la somma dei quadrati». Soltanto la dizione «che sottende», da intendere «opposto a», appare un po’ «difficile». In ogni caso il teorema di Pitagora risulta essere espressione di un’equazione, perché contiene la parola essenziale: «uguale».
Figura 2. (a sinistra): La dimostrazione del teorema di Pitagora proposta da Euclide, nei suoi Elementi, richiede una complessa costruzione geometrica. (al centro e a destra): Un’altra dimostrazione, piú semplice, del teorema. I due quadrati maggiori hanno area uguale; i triangoli in grigio hanno aree uguali la cui somma è uguale a quella del quadrato bianco e alla somma dei due quadrati bianchi minori.
Figura 2.
(a sinistra): La dimostrazione del teorema di Pitagora proposta da Euclide, nei suoi Elementi, richiede una complessa costruzione geometrica. (al centro e a destra): Un’altra dimostrazione, piú semplice, del teorema. I due quadrati maggiori hanno area uguale; i triangoli in grigio hanno aree uguali la cui somma è uguale a quella del quadrato bianco e alla somma dei due quadrati bianchi minori.
Per gli scopi che intendevano perseguire nella matematica superiore, gli studiosi greci operavano con linee e superfici, invece che con i numeri. Quindi, Pitagora e i matematici greci dei secoli successivi decodificavano il teorema come l’indicazione di un’uguaglianza tra aree: «L’area di un quadrato costruito con il lato piú lungo di un triangolo rettangolo è la somma delle aree dei due quadrati costruiti con gli altri due lati». Il lato piú lungo è la famosa ipotenusa: il nome deriva dal greco ὑποτείνουσα («linea tesa sotto»), caratteristica che corrisponde al vero se si disegna il triangolo con l’orientamento appropriato (fig. 2, a sinistra).
Dopo un paio di migliaia di anni, il teorema di Pitagora è stato riproposto come un’equazione algebrica: a2 + b2 = c2, in cui c è la lunghezza dell’ipotenusa, a e b sono le lunghezze degli altri due lati (detti cateti, dal greco κάθετος, «linea perpendicolare») che comprendono l’angolo retto; il numero in esponente (2) indica che i valori devono essere elevati al quadrato, cioè alla potenza due. In algebra, elevare alla seconda, o al quadrato, indica la moltiplicazione del numero per se stesso; tutti sappiamo che l’area di un quadrato è data dalla moltiplicazione della lunghezza di un lato per quella (uguale) dell’altro lato. Dunque l’«equazione di Pitagora», come ho deciso di ri-nominarla qui, esprime la stessa realtà enunciata dalla Proposizione 47 di Euclide, se non si tiene conto di un certo fardello psicologico che richiederebbe una discussione sul modo di formulare, nell’Antichità, i concetti matematici fondamentali di area e numero, nella quale non intendo addentrarmi3.
L’equazione di Pitagora ha molte applicazioni e conseguenze. Essa vi permette di calcolare direttamente la lunghezza dell’ipotenusa, se sono date le lunghezze dei cateti. Ad esempio se a = 3 e b = 4, si potrà dedurre: c2 = a2 + b2 = 32 + 42 = 9 + 16 = 25, e dunque c = 5. Si tratta del ben noto triangolo 3-4-5, presente in tutti i testi scolastici di matematica, che è il piú semplice esempio di «terna pitagorica». Il successivo esempio di terna pitagorica primitiva (cioè non ottenibile semplicemente moltiplicando i tre numeri per uno stesso numero, ad esempio 6-8-10, oppure 9-12-15, e cosí via) è 5-12-13. Esistono infinite terne pitagoriche e i greci sapevano come costruirle tutte. Esse conservano un certo interesse nell’ambito della teoria dei numeri e anche negli ultimi decenni se ne sono scoperte alcune «nuove» caratteristiche.
Invece di partire da a e b per ottenere c, si può procedere in senso inverso, ottenendo ad esempio a, se sono noti b e c. Si possono risolvere anche altri problemi piú complessi, come vedremo presto.
Perché il teorema è vero? La prova fornita da Euclide è decisamente complicata e comporta il tracciamento di altri cinque segmenti oltre a quelli che delimitano i tre quadrati (fig. 2, a sinistra) e presuppone la dimostrazione di vari altri teoremi sulle equivalenze delle figure geometriche. Gli studenti del periodo vittoriano hanno attribuito a qu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione. Perché tante equazioni?
  4. Le 17 equazioni che hanno cambiato il mondo
  5. 1. La squaw e l’ippopotamo. Il teorema di Pitagora
  6. 2. Abbreviare i procedimenti. I logaritmi
  7. 3. Spettri di quantità estinte. Il calcolo infinitesimale
  8. 4. Il sistema del mondo. La legge di gravitazione universale di Newton
  9. 5. I prodigi di un mondo immaginario. La radice quadrata di meno uno
  10. 6. Molto rumore per non cambiare nulla. La formula di Eulero per i poliedri
  11. 7. Caso e fortuna. La distribuzione normale
  12. 8. Vibrazioni utili. L’equazione delle onde
  13. 9. Smontare le onde. La trasformata di Fourier
  14. 10. L’uomo diventa padrone dei cieli. L’equazione di Navier-Stokes
  15. 11. Onde nell’etere. Le equazioni di Maxwell
  16. 12. La legge e il disordine. Il secondo principio della termodinamica
  17. 13. Una sola cosa è assoluta. La relatività
  18. 14. Lo strano mondo dei quanti. L’equazione di Schrödinger
  19. 15. Codici, comunicazioni, computer. La teoria dell’informazione
  20. 16. Lo squilibrio della natura. La teoria del caos
  21. 17. La formula di re Mida. L’equazione di Black-Scholes
  22. E le prossime equazioni?
  23. Indice analitico
  24. Indice delle figure nel testo
  25. Il libro
  26. L’autore
  27. Dello stesso autore
  28. Copyright