Vedere il vero e il falso
eBook - ePub

Vedere il vero e il falso

  1. 136 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Vedere il vero e il falso

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Già i pittori offrivano al vasto pubblico immagini decisive della storia: ma, prima di dipingere una battaglia, si informavano su chi l'aveva vinta. L'invenzione fotografica fu invece salutata come l'avvento dell'informazione obiettiva. I cronisti possono mentire, gli scatti sul campo dovrebbero riprodurre la realtà. Eppure, la ricostruzione storica dimostra che le foto piú famose sono spesso il risultato di artifizi. La nuova tecnica, nata per aiutare il vero, scivola al servizio della propaganda, alleandosi al falso. La parabola della fotografia riassume quindi in icone una degenerazione dei mass-media. Il libro di Zoja discute otto fotografie celebri. Le quattro che rappresentano "guerrieri" provengono da messe in scena. Possiamo invece credere alle altre quattro: riproducono dei bambini, che ignorano finalità nascoste. Questa rassegna anticipa il problema della post-verità, analizza la psicologia retrostante e offre strumenti per capirla.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Vedere il vero e il falso di Luigi Zoja in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Politica e relazioni internazionali e Storia e teoria politica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

I guerrieri

Morte di un miliziano

Si può applicare l’affermazione di Lanzmann alla fotografia conosciuta come Morte di un miliziano di Robert Capa: forse l’immagine piú nota al mondo, scattata dal fotoreporter piú noto al mondo. A partire da essa la lotta tra repubblicani e franchisti non è stata piú una guerra civile spagnola, ma un evento epico mondiale, il cui eroismo veniva sottratto al tempo e allo spazio: un po’ come lo scontro tra Ettore e Achille non riguarda tanto un’epoca poco definibile e una città che non esiste piú, quanto la fondazione dell’Europa.
Il paragone tra un documentario di nove ore e mezza e un’unica, imprecisa foto sembra ardito: ma non è impossibile né nuovo. Hiroshi Sugimoto, grande fotografo attivo tra il XX e il XXI secolo, ha usato domande formulate da lui stesso per ispirarsi. Un giorno si è chiesto: «Cosa accade “concentrando” un intero film in un’unica foto?»1. Per rispondersi, Sugimoto ha lavorato anni negli Stati Uniti, risucchiando in un’unica esposizione di macchina fotografica i film che venivano proiettati in cinema e drive-in delle piú diverse località.
Sotto piú aspetti, anche Morte di un miliziano non è un’immagine fotografica ma un concentrato di fotografie. A loro volta, le sue riproduzioni continue, gli infiniti dibattiti e mostre dedicati al suo autore, ci confermano che essa non è solo l’emblema della guerra civile spagnola: è divenuta l’icona assoluta del fotogiornalismo di guerra. È l’evento originario di tutta questa attività, che a sua volta si è trasformata in fama mondiale e guadagni (giustificati sia dalla qualità delle immagini sia dal pericolo corso nello scattarle) per certi fotoreporter: ma in particolare per l’Agenzia Magnum, fondata nel 1947 dai fotografi piú ammirati, Robert Capa e Henri Cartier-Bresson. Si trattò, di nuovo, di un evento fondante nella storia dei mass media, anche se a quella data la centralità della fotografia nella documentazione era già destinata al declino dall’espandersi di media nuovi, piú completi, come cinema e televisione. Nel 1954 proprio Capa disse a un collega francese: «Ricordati bene: la foto è fottuta, la tv prenderà il sopravvento e rimpiazzerà tutto»2.
Per gli antichi Greci, la tragedia era l’unica forma narrativa che includesse tutta la verità della condizione umana, il suo sorriso transitorio e il suo dolore irrimediabile, la sua vita e la sua morte. Il giovane ebreo ungherese Endre Ernő Friedmann fabbricò con cura il proprio alter-ego spavaldo e tragico, che gli assicurò amori e onori come pochi nella sua generazione. Dava appuntamenti a chiunque – non solo alle donne che gli piacevano, anche ai direttori dei giornali – nella sua stanza d’albergo, possibilmente mentre era steso nella vasca da bagno3. Era – o era convinto di essere – un perpetuo vincitore, non arrogante ma generoso4. Nessuno ha potuto ricostruire definitivamente perché assunse il nome di Robert Capa, anche se può convincere la spiegazione piú semplice: cercava un nome facile da pronunciare che, insieme ai suoi seducenti ritratti dietro alla macchina da presa o in assetto di guerra, lo togliessero dal cliché di ebreo fuggiasco e vittima, trasformandolo in americano aitante e baciato dal successo. Appartiene a un antico destino greco il fatto che Capa, creatore e testimone di miti tragici, edificasse anche il proprio. Amava vivere sulla terra e avrebbe voluto continuare a nutrirsi della sensualità che quella gli donava. Le leggende gli calzavano come un guanto: non solo era l’amante passionale di Ingrid Bergman e di altre donne irraggiungibili, ma la stessa Agenzia Magnum deriverebbe il suo nome dalla amata, e doppia, bottiglia di champagne. Eppure la terra espulse e uccise sia lui sia la sua compagna Gerda Taro, creativa e temeraria almeno quanto lui. A sua volta ebrea tedesca fuggiasca, Gerda fu schiacciata giú, nelle viscere della terra, dai cingoli di un carro armato; Robert fu invece sputato all’insú, quando pose il piede su una mina.
Politicamente impegnato come antifascista, Capa divenne uno dei grandi testimoni della guerra di Spagna quando milioni di americani ne videro le foto pubblicate su «Life»: in quel servizio, le didascalie venivano a loro volta da una stella assoluta della scrittura, Ernest Hemingway. Lo scrittore era un suo parente psicologico: romantico, amante dei piaceri del mondo, e morto suicida. Capa aveva scelto di esporsi ai proiettili insieme ai combattenti: non diversamente dal romanziere, ma ben piú di un normale soldato. I militari partecipano a una guerra, però non sono sempre in prima linea. Chi sceglie di fare il reporter di guerra come Capa sarà invece al fronte fino all’età della pensione: ma difficilmente la potrà raggiungere.
La morte era una grande protagonista di quella generazione, partecipava all’aura mediatica. Gerda fu la prima donna reporter uccisa sul terreno di guerra, a soli ventisei anni. Fotografie di soldati morti in combattimento erano già state diffuse quasi tre quarti di secolo prima, durante la guerra di Secessione, con la documentazione della battaglia di Gettysburg. Tuttavia la «morte del miliziano» – colto nell’attimo in cui il proiettile lo ha colpito ma ancora non è caduto – venne considerata la prima istantanea della «morte dal vero»: un tipo di informazione che dichiara di combattere le malvagità della violenza e della guerra, ma indirettamente alimenta un voyeurismo della uccisione e della morte piú imparentato col male che con il bene. La foto tenta di fermare il tempo: un atto onnipotente non cosí diverso da quello degli Egizi che volevano arrestarlo attraverso l’imbalsamazione. Il cinema ha invece un rapporto diverso con il suo scorrere, ben piú vicino alla nostra esperienza quotidiana5. È meno tentato dalla falsificazione, piuttosto la ammette o la sottintende stabilmente.
Se il tema di cui stiamo trattando ha un risvolto etico, esso non corrisponde dunque all’impossibile compito di sconfiggere la violenza, ma nel discutere la verità dell’informazione. La fama di Capa accese inevitabilmente molte gelosie. Egli era il primo a suggerire che sorgesse da una sua doppia abilità: creava tanto capolavori fotografici, quanto i miti che li accompagnavano. Il padre di Capa era stato un grande affabulatore: seduceva con le sue narrazioni e con le sue invenzioni, cosa che influenzò Robert da bambino. Come conseguenza collettiva di questa vicenda personale, quella del miliziano divenne probabilmente la foto sulla cui autenticità piú si è discusso nell’intera storia dei media.
Le verifiche della sua «verità» sono state ostacolate dalla semplicità dei mezzi fotografici di allora, che dovevano essere trasportati materialmente, mentre oggi qualsiasi cosa giunge istantaneamente in tutto il pianeta grazie a internet. Per il fotografo sul campo di battaglia, conservarsi vivo rimaneva la priorità. Anche se il suo materiale era ragione di vita, la pura vita veniva per prima, cosí macchine e pellicole andavano spesso perdute nei momenti piú importanti. Infine, non dimentichiamo che fino a metà degli anni ’70 la Spagna visse sotto la dittatura di Franco: il quale, ovviamente, non voleva né la circolazione di una foto che glorificava i miliziani antifascisti, né ricerche che la riguardassero e confermassero quanto aveva colpito l’immaginazione internazionale. In seguito, Friedmann/Capa seguí la Seconda guerra mondiale su diversi fronti: mise addirittura i piedi a terra da una imbarcazione americana durante lo sbarco in Normandia. Nel 1947, l’anno in cui cofondò la Magnum e compí un celebre viaggio in Unione Sovietica insieme a John Steinbeck pubblicò il libro Leggermente fuori fuoco6. John Hersey, a sua volta un mito del giornalismo, ne fece una recensione dal significativo titolo The Man who Invented Himself (L’uomo che inventò se stesso)7. L’opera di Capa non è districabile dalla sua vita, la sua capacità di porgere una narrazione non può essere separata da quella di gestire per conto del pubblico il rapporto con la verità. Capa è un inventore: ma la sua invenzione è creazione o falsificazione? «Even the true stories about Capa have a fictional quality» (Persino le storie vere che riguardano Capa hanno un sapore di invenzione)8. Questa descrizione ambigua, pubblicata da quello che era forse il miglior autore di uno dei migliori settimanali, finí col confermarlo come un assoluto: Capa era leggendario anche perché partoriva leggende. Pur nella irriverenza del suo articolo, Hersey riportò quindi la descrizione fatta da Capa sull’istantanea del miliziano morto, senza mettere in dubbio che fosse stata ripresa durante un combattimento.
La morte sul campo di battaglia, avvenuta in Vietnam nel 1954, contribuí ad accrescere ancora il mito di uomo che sapeva scegliere la propria strada e il proprio destino, qualunque fosse il loro prezzo.
Con i decenni però, poco alla volta, cominciarono a farsi sentire anche i critici: anzi, finirono per formarsi due partiti, quello dell’autenticità e quello della messa in scena. Se ne discusse molto anche in Italia, Paese che, sui due fronti, aveva intensamente partecipato alla guerra civile di Spagna. Gli dedicò spazio la Biennale di Venezia del 1976; l’anno successivo, la polemica sull’autenticità fu ampiamente trattata dall’«Europeo», dove si poteva leggere che ormai il «valore ideale, morale, politico e civile» della foto era acquisito e non poteva esser modificato dal fatto di essere un letterale reportage o una messa in scena9.
Nel 1975, l’antico proverbio «In guerra la prima vittima è la verità» serví a formulare il titolo di un libro sulle corrispondenze di guerra (The First Casualty. From the Crimea to Vietnam: the War correspondent as Hero, Propagandist, and Myth Maker)10. Nel testo si analizzava il lavoro giornalistico sulla guerra di Spagna e anche la foto di Capa, affermando che riproduceva un miliziano: il quale scivola e cade durante un addestramento. Cominciava a scivolare e cadere anche la leggenda: la rappresentazione di uno sdrucciolone è ben diversa da quella di una morte eroica. La foto era vera; ma l’indicazione del suo contenuto rivolta al pubblico era falsa, e poneva in dubbio l’attendibilità del fotogiornalismo. Per il partito autenticista si schierò invece il biografo di Capa, Richard Whelan11.
Nel 2009 Susperregui, docente all’Università del Paese Basco, pubblicò il risultato di una lunga ricerca, che si sporgeva in ogni direzione12. Essa comprendeva ampie esplorazioni sul campo per verificare qual era la località in cui la foto era stata scattata; se vi si era combattuto nei giorni dichiarati da Capa, nonché altri dettagli storici e spaziali. Susperregui raggiunse poi e intervistò sia i famigliari del caduto che si presumeva ritratto nella foto, sia un docente di medicina forense, per capire se nel momento dello scatto il miliziano era già morto. E cosí via. Concluse contraddicendo in ben cinque punti la versione «autenticista». Per prima cosa, al di là del dilemma se lo scatto contenga l’istante della morte o una messa in scena, il combattente non è Federico Borrell, come Whelan indicava. In secondo luogo, la ricostruzione storica dei combattimenti sostenuti dai miliziani porta a concludere che la foto non può essere stata scattata il 5 settembre 1936, come si afferma, ma diversi giorni prima. Per terza cosa, studiando i profili dei monti che fanno da fondale alla foto e visitando le località percorse dalla guerra civile, Superregui ha stabilito che il luogo dello scatto non è, come si sosteneva, Cerro Muriano, ma il fronte di Espejo. La quarta correzione è tecnica: la foto non proviene da una Leica, come affermava Capa, ma da un’altra macchina, la Rolleiflex 6 x 6. L’ultima osservazione si collega in parte alla precedente: lo scatto non corrisponde all’istantanea di un’azione, ma a una messa in scena, fotografata diverse volte da una ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Indice delle illustrazioni
  4. Nota al testo
  5. Vedere il vero e il falso
  6. La verità
  7. L’ideale: una immagine-documento
  8. L’immagine ferma
  9. I guerrieri
  10. I bambini
  11. Bibliografia
  12. Sitografia
  13. Ringraziamenti
  14. Il libro
  15. L’autore
  16. Dello stesso autore
  17. Copyright