La scopa del sistema
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La scopa del sistema

  1. 576 pagine
  2. Italian
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La scopa del sistema

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Informazioni sul libro

Un romanzo fluviale, comico e insieme profondo: un atto di fede nella forza delle storie, e nella loro capacità di prendere per il collo e raccontare il mondo.
Le avventure di Lenore, che si mette alla ricerca della bisnonna, antica studiosa di Wittgenstein, fuggita dalla sua casa di riposo insieme a venticinque tra coetanei e infermieri; del fratello LaVache, piccolo genio con una passione smodata per la marijuana; del pappagallo di famiglia, Vlad l'Impalatore, che recita sermoni cristiani su una Tv via cavo; di Norman Bombardini, re dell'ingegneria genetica, che si ingozza di cibo e sogna di ingurgitare il mondo intero; di Rick Vigorous, il capo e l'amante di Lenore, negazione vivente del suo stesso cognome. Una galleria di personaggi uno piú esilarante e paradossale dell'altro, sullo sfondo di un'America impazzita, grottesca, piú vera del vero. « La scopa del sistema è una grandissima sorpresa, che emerge direttamente dalla tradizione dell'eccesso praticata da Thomas Pynchon in V o da John Irving ne Il mondo secondo Garp. La principale qualità di Wallace è la sua esuberanza - personaggi che sembrano cartoni animati, storie a incastro, coincidenze impossibili, un amore sincero per la cultura pop e soprattutto quello spirito giocoso e quell'umorismo che sembravano scomparsi dalla maggior parte della narrativa piú recente».

The New York Times Book Review

«È probabilmente per questo che la notizia del suo suicidio ha percosso i suoi lettori con la forza di uno staffilante dolore personale, diretto: cosa avesse in testa quell'uomo non era piú una questione letteraria, era diventata una questione esistenziale senza vie di scampo, del genere tertium non datur. E in tanti ci si è chiesti quando sarà possibile tornare a leggere le sue opere senza pensarci, senza dare troppo peso ai presagi di cui ora sembrano pullulare».

Dall'Introduzione di Stefano Bartezzaghi

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2010
ISBN
9788858401248

Prima parte

Capitolo primo

1981
Molte ragazze davvero belle hanno dei piedi davvero brutti, e Mindy Metalman non fa eccezione, pensa Lenore, all’improvviso. Sono piatti e lunghi, con le dita strombate e i mignoli afflitti da bottoni di una callosità giallognola che riappare a mo’ di battiscopa lungo i calcagni, e sul dosso dei piedi sbucano peluzzi neri arricciati, e lo smalto rosso è screpolato e si scrosta a boccoli per quant’è vecchio, mostrando qua e là striature bianchicce. Lenore se ne accorge solo perché Mindy si è chinata in avanti sulla sedia accanto al minifrigo per staccare dalle unghie dei piedi appunto un paio di fiocchi di smalto; i lembi dell’accappatoio si dischiudono su un generoso scorcio di scollatura, decisamente piú sostanziosa di quella di Lenore, e lo spesso asciugamano bianco che cinge la chioma zuppa e shampizzata di Mindy si è allentato e una ciocca di capelli scuri è sgusciata tra le pieghe e scende leggiadra incorniciandole la guancia fin sul mento. Nella stanza c’è odore di shampoo Flex, ma anche di canne, poiché Clarice e Sue Shaw si stanno facendo uno spino bello grosso che Lenore ha ricevuto in dono da Ed Creamer alla Shaker School e ha portato qui al college insieme ad altra roba per Clarice.
Il fatto è che Lenore Beadsman, che ha quindici anni, è appena arrivata da casa dei suoi a Shaker Heights, Ohio, a due passi da Cleveland, per far visita alla sorella maggiore, Clarice Beadsman, che è matricola qui al college femminile Mount Holyoke; Lenore, dunque, con annesso sacco a pelo, si trova in una stanza al secondo piano del dormitorio della Rumpus Hall, cioè dove Clarice alloggia con le compagne di corso Mindy Metalman e Sue Shaw. In effetti Lenore sarebbe venuta anche per dare tipo un’occhiata al college. Infatti, benché abbia ancora soltanto quindici anni, è ritenuta molto intelligente e quindi avanti rispetto alle altre, tant’è che è già all’ultimo anno di Shaker School e appunto comincia a pensare al college da scegliere per l’anno prossimo. Perciò è venuta in visita. Siamo in marzo, ed è venerdí sera.
Sue Shaw, nient’affatto carina come Mindy e Clarice, viene a portare la canna a Mindy e Lenore, e Mindy prende la canna e per una frazione di secondo lascia in pace il piede e dà un tiro pazzesco che fa incendiare la brace mentre un seme schioppa sonoramente e fiocchi di carta incenerita si staccano in volo, cosa che Clarice e Sue trovano estremamente comica, e infatti ululano e si dànno delle gran pacche sulla schiena, e Mindy trangugia il fumo e lo trattiene e passa lo spino a Lenore, ma Lenore dice no grazie.
– No grazie, – dice Lenore.
– Dài… l’hai portato tu, perché non… – gracchia Mindy Metalman cercando di non farsi sfuggire il fumo e perciò parlando come parla la gente quando trattiene il respiro.
– Lo so, ma per ora a scuola ci sono le gare e io sono in squadra e in periodo di gare evito di fumare, perché se fumo mi blocco, – dice Lenore.
Sicché Mindy scrolla le spalle e finalmente esala una gran fiatata di pallido fumo usato e tossisce una tosse da nulla e si alza con la canna e attraversa la stanza per portarla a Clarice e a Sue Shaw, che sono sedute accanto a una grossa cassa dello stereo e stanno riascoltando tipo per la decima volta di fila una canzone di Cat Stevens. A questo punto l’accappatoio di Mindy è quasi completamente aperto e rivela uno scenario che Lenore giudica decisamente impressionante, anche se poi Mindy si muove come se non fosse roba sua. Questo non fa che confermare in Lenore l’idea che le ragazze che conosce si possono nettamente dividere in ragazze che dentro di sé si credono carine e ragazze che dentro di sé non si credono carine. Le ragazze che si credono carine non fanno caso se gli si apre l’accappatoio, e sanno truccarsi, e amano sentirsi guardate quando camminano, e se in giro ci sono dei maschi adottano un atteggiamento tutto particolare; invece le ragazze come Lenore, che non si sentono particolarmente carine, tendono a non truccarsi, e fanno atletica, e calzano Converse nere, e l’accappatoio se lo tengono sempre bello annodato. Comunque Mindy è proprio carina, a parte i piedi.
La canzone di Cat Stevens è finita un’altra volta, e il braccio del giradischi si solleva automaticamente, e ovviamente nessuna delle tre ha granché voglia di alzarsi per andare fino al giradischi e rimettere il disco, sicché se ne restano sedute sulle rispettive sedie di legno: Mindy col suo accappatoio rosa sbiadito da cui adesso occhieggia una lustra e liscia gamba tutta nuda; Clarice con le sue Desert Boots e quei jeans blu scuro che Lenore chiama jeans-a-calzascarpe, e quella camicetta bianca western che indossava alla fiera la volta che le rubarono la borsa, e i biondi capelli che le inondano la camicetta, e gli occhi che adesso sono di un blu parecchio intenso; Sue Shaw coi suoi capelli rossi e una felpa verde e una gonna scozzese sul verde e grasse gambe bianche con un grosso brufolo rosso stampato in pieno ginocchio, gambe accavallate, con un piede da cui ciondola una di quelle orrende scarpe da barca con la suola bianca – un tipo di scarpe che a Lenore non piace proprio per niente.
Dopo un attimo di calma Clarice fa un lungo sospiro e dice, a voce bassissima: – Cat… è… Dio, – ridacchiando un po’ sul finire. Le altre due ridacchiano anche loro.
– Dio? E come fa a essere Dio? Cat esiste –. Gli occhi di Mindy sono tutti rossi.
– Hai detto una cosa irriverente e assolutamente blasfena, – dice Sue Shaw, occhi sbarrati e gonfi e indignati.
– Blasfena? – geme Clarice, e guarda Lenore. – Blasfema, – dice. I suoi occhi sono a posto, a parte un’allegria inconsueta, come se contenessero un segreto buffo.
– Blasferma, – dice Mindy.
– Blasfamosa.
– Blastema.
– Bluffema.
– Bluastra.
– Bluastosterone.
– Bucefalo.
– Barney Rubble.
– Baba Yaga.
– Bolscevico.
– Blasfena!
Stanno schiattando, piegate in due, e Lenore ride con quella stramba risata di solidarietà che viene quando intorno a te ridono tutti quanti e ridono talmente tanto da far venire da ridere pure a te. Il baccano della gran festa al piano di sotto filtra dal pavimento e nelle suole delle scarpe di Lenore e su fin nei braccioli della sedia. Adesso Mindy scivola via dalla sedia e arranca fino ad abbattersi sul sacco a pelo di Lenore steso sul pavimento accanto al tappeto finto-persiano di Clarice comprato da Mooradian a Cleveland, e si copre pudicamente l’inguine con un lembo di accappatoio, ma Lenore non può fare a meno di notare come il suo seno gonfi la lisa stoffa rosa dell’accappatoio, bello pieno e sodo nonostante Mindy sia sdraiata a pancia in su, lí, sul pavimento. Inconsciamente Lenore abbassa un attimo gli occhi sul proprio, di seno, sotto la camicia di flanella.
– Fame, – dice Sue Shaw dopo un minuto. – Immensa, massiccia, incontrollabile, prepotente, incontrollabile, fame.
– Vero, – dice Mindy.
– Dobbiamo… – e qui Clarice si guarda l’orologio girato sotto il polso – … aspettare un’ora, dico una, prima di mangiare alcun qualsivoglia cibo.
– Manco per sogno, impossibile.
– E invece lo renderemo possibile. Come da accordi presi in questa medesima sede meno di una settimana fa, quando convenimmo esplicitamente di non soccombere mai piú alla famelicità post-canna, onde evitare di diventare grasse e ripugnanti, tipo la nostra povera Mindy.
– Tromba di culo, – dice svagatamente Mindy, che non è grassa, e lo sa, come lo sa Lenore, come lo sanno tutte.
– Una vera signora, la nostra Metalman, – dice Clarice. Poi, dopo un minuto: – A questo proposito ti suggerirei di ricomporti oppure di andare a vestirti oppure di levarti dall’affare di Lenore, visto che non ho la minima intenzione di continuare quest’esame ginecologico che in pratica stai costringendoci a farti, cara la mia Lesbia di Tebe.
– Rottura di cazzo, – dice Mindy, o piuttosto: – Ordura di marzo –; e si alza ondeggiando e afferrandosi a cose salde, diretta alla porta che dà sulla piccola stanza singola accanto al bagno. Stando a una lettera di Clarice, la suddetta stanza Mindy se la sarebbe annessa in quanto arrivata per prima a settembre, questa jap1 di Scarsdale col corpo da paginone centrale di «Playboy», che adesso si sbuccia di dosso quel che resta dell’accappatoio, e lo molla zuppo com’è in grembo a una Lenore seduta sulla sedia accanto alla porta, la cui soglia Mindy varca a falcate lunghe di gambe ma caute di passo. Sbatte la porta.
Clarice la guarda sparire e scuote un po’ la testa e si volta a guardare Lenore e sorride. Dal piano di sotto arrivano folate di risate, e frastuono di armenti in danza. Lenore adora ballare.
Sue Shaw beve rumorosamente un sorso d’acqua da un bicchierone di plastica dei Jetsons che tiene sul suo scrittoio accanto alla porta d’ingresso. – A proposito, non è che per caso stamattina hai visto la Splittstoesser? – chiede.
– No-oo, – dice Clarice.
– Era con Proctor.
– E con ciò?
– Alle sette del mattino? Tutt’e due praticamente in pigiama, insonnoliti e rintontiti, che uscivano dalla stanza di lei, insieme? Tenendosi per mano?
– Hmmm.
– Be’, se qualcuno mi avesse detto che la Splittstoesser
– Credevo che fosse fidanzata con uno.
– Infatti lo è.
E giú a ridere.
– Awwww.
– Chi è la Splittstoesser? – chiede Lenore.
– Nancy Splittstoesser, non te la ricordi, oggi a pranzo? Quella col maglione rosso e gli orecchini a forma di pugno?
– Ah, sí. E che ha fatto?
Clarice e Sue si guardano, e daccapo scoppiano a ridere. Rientra Mindy Metalman, pantaloncini elastici e felpa rivoltata con maniche tagliate. Lenore la guarda, e sorride al pavimento.
– Che c’è? – Mindy ha capito che dev’esserci in ballo qualcosa.
– La Splittstoesser e Proctor, – farfuglia Sue.
– Già, volevo proprio chiedertelo. – Gli occhi di Mindy si fanno enormi. – In bagno? Nella stessa doccia? Davvero?
– Oddio! – Sue sta scoppiando, e Mindy comincia anche lei a ridere, sempre con quella stramba risata di solidarietà, e guarda dall’una all’altra.
– Cioè, stanno… insieme? Credevo che Nancy fosse fidanzata.
–Lo… è, – dice Clarice facendo ridere anche Lenore.
– Diocristiano.
Dopo un po’ torna la calma. Sue canticchia il tema di «Twilight Zone». – Chi sarà… la prossima vittima…?
– Temo di non capire esattamente di cosa, ehm… – dice Lenore, guardando dall’una all’altra.
Sicché Clarice informa Lenore di come Pat Proctor sia un toro da monta e di cosa si intenda per toro da monta e di quante tra le ospiti ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione di Stefano Bartezzaghi
  4. La scopa del sistema
  5. Ringraziamenti
  6. Parte prima
  7. Parte seconda
  8. Il libro
  9. L’autore
  10. Dello stesso autore
  11. Copyright