Quando lei era buona
eBook - ePub

Quando lei era buona

  1. 312 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Quando lei era buona

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Quando era ancora una bambina, Lucy Nelson ha vissuto il fallimento di un padre alcolizzato e violento che entrava e usciva di prigione. Da allora, pur di essere «buona» - anzi, la piú buona -, ha sempre cercato di correggere gli uomini intorno a lei, anche se questo poteva voler dire sacrificare se stessa. Un grande quadro della vita americana e dei suoi sentimenti, dei suoi desideri e dei suoi rancori. Un romanzo tanto divertente quanto terrorizzante, dove, caso unico per Roth, il protagonista assoluto è una donna.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Quando lei era buona di Philip Roth, Norman Gobetti in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Narrativa storica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2012
ISBN
9788858406564

Parte seconda

Capitolo primo

Quando il giovane Roy Bassart fu congedato dall’esercito nell’estate del 1948, non sapeva cosa fare del proprio futuro, cosí restò per sei mesi con le mani in mano ad ascoltare cosa ne diceva la gente. Adagiava il suo corpo lungo e smilzo su una grossa poltrona imbottita nel soggiorno dello zio e subito si lasciava scivolare mezzo fuori, cosí che le sue scarpe militari e calze militari e pantaloni kaki diventavano ostacoli da scavalcare se volevi passare da lí, come spesso facevano sua cugina Eleanor e la sua amica Lucy quando c’era lui in visita. Restava seduto assolutamente immobile, con i pollici infilzati nei passanti dei pantaloni senza la cinghia e il mento reclinato sul lungo torace tubolare e, quando gli chiedevano se stava ascoltando quel che gli si diceva, annuiva senza neppure sollevare gli occhi dai bottoni della camicia. Oppure a volte, con la sua bella faccia vispa, con quegli occhi azzurri limpidi come il giorno, alzava lo sguardo sulla persona che lo stava consigliando o interrogando, e la fissava attraverso un riquadro che formava con le dita.
Sotto le armi, Roy si era appassionato al disegno, e la sua specialità erano i profili. Era bravissimo con i nasi (piú grandi erano, meglio era), bravo con le orecchie, bravo con i capelli, bravo con certi tipi di mento, e si era comprato un manuale per impadronirsi del segreto di disegnare le bocche, che erano il suo punto debole. Stava anche pensando di fare il tentativo di diventare un disegnatore professionista. Si rendeva conto che era una bella gatta da pelare, ma forse per lui era venuto il momento di buttarsi su qualcosa di difficile, invece di accontentarsi di quel che di piú facile aveva sottomano.
Al suo ritorno a Liberty Center a fine agosto, aveva subito annunciato il suo progetto di diventare disegnatore professionista, e ancora non aveva mollato in soggiorno la sacca da viaggio che già era scoppiata la prima discussione.
Manco fosse un ragazzino di ritorno da un campo scout sul Gitche Gumee1 , invece che un reduce delle isole Aleutine. Se nel periodo lontano da casa aveva dimenticato com’era stata per lui la vita nell’ultimo anno delle superiori, a Lloyd e a Alice Bassart bastò mezz’ora per rinfrescargli la memoria. La discussione, che andò avanti per giorni, consistette per la maggior parte nei suoi genitori che dicevano di aver avuto esperienze che lui non aveva avuto, e di Roy che diceva di avere adesso avuto esperienze che loro non avevano avuto. Dopotutto, poteva anche darsi, diceva, che la sua opinione contasse qualcosa… visto e considerato che l’oggetto del contendere era la sua carriera.
Per dimostrare la fondatezza dei suoi propositi, trascorse l’intero terzo giorno dal suo ritorno a casa a copiare un profilo di ragazza da una bustina di fiammiferi. Lo fece e rifece un’infinità di volte, interrompendosi brevemente solo per pranzare, e soltanto dopo un intero pomeriggio dietro la porta chiusa a chiave della sua camera ritenne di aver ottenuto un buon risultato. Dopo cena scrisse l’indirizzo su tre diverse buste, prima che la sua calligrafia lo soddisfacesse, poi spedí il disegno all’istituto d’arte, che era a Kansas City, Missouri, andando a piedi fino all’ufficio postale in centro per assicurarsi che partisse con la spedizione della sera. Quando una lettera di risposta annunciò che Mr Roy Basket aveva vinto un corso per corrispondenza da cinquecento dollari per soli quarantanove dollari e cinquanta, gli venne da dar ragione allo zio Julian, secondo cui quella scuola serviva solo a spennare i polli, e lasciò perdere.
Intanto però aveva dimostrato quel che intendeva dimostrare, e in quattro e quattr’otto. Quando era stato richiamato per i due anni di servizio militare, il padre aveva detto che sperava che un po’ di disciplina sarebbe servita a far maturare suo figlio. Visto che lui, doveva ammetterlo, aveva fallito nell’impresa. Ebbene, alla fin fine in effetti Roy era maturato, e anche tanto. Però non era stata la disciplina, ma, a dirla fuori dai denti, il fatto di essere stato lontano da loro. Alle superiori poteva anche stargli bene navigare fra il 6 e mezzo e il 7, quando invece con un po’ di applicazione e con la sua intelligenza (Alice Bassart: Che non ti manca affatto, Roy), avrebbe potuto facilmente arrivare alla media dell’8, se non addirittura del 9, se solo avesse voluto. Ma adesso intendeva mettere in chiaro che lui non era piú quello studente da 6 risicato, e non si sarebbe piú lasciato trattare come tale. Se si applicava, riusciva, e riusciva bene. L’unico problema adesso era a cosa applicarsi. Aveva vent’anni, e nessuno doveva venirgli a dire che era ora che pensasse a diventare uomo. Perché lui ci pensava, eccome se ci pensava.
Andò avanti a esercitarsi per conto proprio con il manuale di disegno, passando esasperato al collo e alle spalle, dopo quattro giorni in cui con la bocca andava di male in peggio. Sebbene non avesse affatto abbandonato l’idea iniziale di diventare disegnatore professionista, era disposto a fare un compromesso con i suoi, prestando quantomeno ascolto a qualunque proposta avessero da fargli. Doveva ammettere di essere tentato dalla proposta dello zio Julian: andare a lavorare per lui e cominciare dalla gavetta a conoscere il settore delle lavanderie a gettoni. Quel che piú lo attirava era il fatto che la gente delle cittadine lungo il fiume l’avrebbe visto passare al volante del pick-up di Julian e avrebbe guardato a lui come a un bellimbusto; e le signore che gestivano le lavanderie a gettoni avrebbero guardato a lui come al nipote del capo, immaginando che la sua vita fosse un letto di rose – mentre in realtà il suo vero lavoro sarebbe cominciato solo la sera, quando tutti avrebbero dormito, e lui invece dietro la porta della sua camera sarebbe rimasto sveglio fino all’alba, a perfezionare il proprio talento.
Quel che invece non lo attirava troppo era l’idea di doversi appoggiare alla famiglia, e fin dal principio. Non sopportava il pensiero di sentir dire per il resto della vita: «Certo, all’inizio è stato Julian a dargli una spintarella…» Ma ancor piú rilevante era il danno che, accettando una cosa simile, avrebbe arrecato alla propria individualità. Non solo non avrebbe mai avuto davvero rispetto di se stesso se avesse cominciato un mestiere per poi fare carriera solo grazie a legami privilegiati, ma come avrebbe fatto a realizzare il proprio potenziale se era destinato a venir trattato come uno di quei ragazzini ricchi che per tutta la vita vengono portati in braccio su per i gradini del successo?
E poi c’era Julian da considerare. Aveva detto di essere assolutamente serio riguardo all’offerta, purché Roy fosse disposto a lavorare sodo e a lungo come lui avrebbe preteso. Be’, lavorare sodo e a lungo non lo turbava. Una volta, per pura cattiveria, un sergente di mensa veramente perfido lo aveva tenuto di corvée in cucina per diciassette ore consecutive a lavare pentole e padelle, e dopo quell’esperienza Roy si era reso conto di essere in grado di fare piú o meno qualunque cosa. Perciò, una volta fatta una scelta riguardo alla direzione da dare alla propria vita, era pronto – per ribattere a Julian sul suo stesso tono – a farsi un mazzo cosí.
Ma se fosse andato con Julian, e avesse cominciato a riscuotere lo stipendio, per poi a settembre decidere di andarsene all’istituto d’arte a Chicago; o addirittura all’accademia a New York, cosa per nulla impossibile? Le prendeva sul serio, le obiezioni dei suoi genitori (che loro se ne rendessero conto o meno), ma se alla fine avesse deciso lo stesso in favore di una carriera di disegnatore professionista, non avrebbe sprecato non solo il suo tempo ma anche quello di Julian? Probabilmente suo zio, al cui affetto lui teneva molto, lo avrebbe preso per un ingrato – forse non del tutto a torto. L’ingratitudine era una cosa da cui sentiva di doversi guardare. Sebbene fosse certo che i suoi compagni di classe a scuola e i suoi commilitoni nell’esercito lo consideravano accomodante e generoso – talvolta il suo sergente maggiore lo chiamava Stepin Fetchit1 –, si era sentito dire che tendeva all’egoismo. Non che non ci tendessero tutti, all’egoismo, però certa gente esagerava sempre, e lui non voleva dare il minimo appiglio a un’insinuazione che in ogni caso sarebbe stato ingiusto avanzare da parte di chiunque (e ancor piú da parte di un padre).
Inoltre, ciò di cui aveva davvero voglia, dopo la monotonia e il tedio dei mesi precedenti, era l’avventura, e non ci si poteva certo aspettare che il settore delle lavanderie a gettoni fornisse chissà quali brividi, o anche solo particolari motivi d’interesse, a dirla tutta. Quanto alla sicurezza economica, per lui i soldi non avevano grande importanza. Adesso aveva duemila dollari fra risparmi e congedo, piú il sussidio per i reduci, e comunque non ambiva a diventare milionario. Ecco perché, quando il padre gli disse che gli artisti finivano a vivere nelle soffitte, Roy si sentí di replicare: – E cosa c’è di male? Cosa credi che siano le soffitte? Sono solai. Anche camera mia prima era un solaio, sai, – un dato di fatto che Mr Bassart non ebbe modo di negare.
Ciò di cui aveva voglia era l’avventura, qualcosa con cui mettersi alla prova, un modo di scoprire fino a che punto lui era davvero un individuo. E se non fosse stata una vita da artista, avrebbe potuto magari essere un impiego in un paese straniero, dove per gli abitanti del luogo lui sarebbe stato un estraneo, da giudicare solo per quel che faceva e diceva, non per quel che già si sapeva di lui… Ma spesso dire quelle cose era solo un altro modo di dire che volevi tornare bambino. Era la zia Irene a sostenerlo, e lui fra sé era disposto ad ammettere che poteva anche aver ragione. Era sempre disposto a dare ascolto alle idee della zia Irene, perché (1) di solito diceva quel che aveva da dire in privato e non per far colpo sulla gente (tendenza tipica dello zio Julian); (2) quando dicevi la tua o le davi contro, non ti interrompeva né alzava la voce (garbato modo di fare tipico di suo padre); e (3) non reagiva mai in modo isterico a una qualche idea che lui aveva tirato fuori solo per sentire che effetto faceva (abitudine tipica di sua madre).
Sua madre e la zia Irene erano sorelle ma, quanto a sangue freddo, non avrebbero potuto essere piú diverse. Ad esempio, quando lui disse che forse avrebbe dovuto andarsene da Liberty Center con lo zaino in spalle per vedere cosa aveva da offrirgli il resto del paese, prima di fare una scelta decisiva a cui in seguito sarebbe rimasto vincolato, la zia Irene la trovò un’idea interessante. Sua madre invece reagí facendo scattare l’allarme rosso, come dicevano sotto le armi. Cominciò subito a dire che era appena tornato dopo due anni lontano da casa (fatto di cui ovviamente lui era all’oscuro…), e che avrebbe dovuto decidersi ad andare all’università dello stato (e a usare la sua intelligenza «come Dio vuole, Roy»), e finí per accusarlo di non ascoltare una parola di quel che lei diceva.
Invece lui ascoltava, sí che ascoltava; anche sprofondato in quella grossa poltrona, assimilava tutte le obiezioni, piú o meno. Con quelle che sua madre aveva già sollevato centinaia di volte pensava di avere il diritto di staccare la spina, però il nocciolo del suo discorso lo coglieva, piú o meno. Voleva che lui fosse un bravo ragazzo e facesse come gli dicevano; voleva che lui fosse come tutti gli altri. E di fatto proprio lí – nelle parole e nel tono di sua madre – ci sarebbero state ragioni a bizzeffe per filarsela via prima del calar del sole. Forse era quello che doveva fare, prendere il largo senza guardarsi indietro – una volta deciso quale parte del paese vedere per prima. C’era un letto pronto per lui a Seattle, Washington, dove abitava il suo miglior amico sotto le armi, Willoughby (nonché la sorellina di Willoughby, con cui in teoria era pronto un combino). Un altro suo buon amico, Hendricks, abitava in Texas; suo padre aveva un ranch, dove probabilmente Roy avrebbe potuto guadagnarsi la pagnotta se fosse rimasto al verde. E poi c’era Boston. Dicevano che Boston era bella. Era la città piú storica d’America. «Potrei provare con Boston, – pensò, mentre la madre continuava allegramente a delirare. – Sissignore, potrei prendere e puntare a est».
Ma a essere onesti non gli sarebbe dispiaciuto ancora qualche mese di vita comoda prima di rimettersi sulla strada, se alla fine avesse deciso che per lui era quella la cosa migliore da fare. Aveva pas...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Quando lei era buona
  3. Parte prima
  4. Parte seconda
  5. Parte terza
  6. Copyright