Nella tana dei lupi
  1. 450 pagine
  2. Italian
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Informazioni sul libro

La detective della polizia Hanne Wilhelmsen, assente per un anno sabbatico, torna a Oslo per lavorare sul caso. A svolgere le indagini ufficiali, la squadra della centrale di polizia, e naturalmente i servizi segreti. Le intuizioni di Hanne saranno ancora una volta determinanti, in una vicenda delicatissima che riecheggia foschi casi di cronaca recente. «Con la mano sulla maniglia appoggiò l'orecchio alla porta. Nessun suono. Con cautela picchiò con il medio sul legno. Anche questa volta non sentí nulla. Aprí la porta piú esterna prima di ripetere il gesto. Inutilmente. Nessuno disse "Avanti" né "Non voglio essere disturbata". Nessuno disse niente di niente. Con fare cauto ed esitante, e con la possibilità di richiudere la porta in un baleno qualora Birgitte Volter fosse profondamente concentrata su qualcosa di molto importante, socchiuse la porta... Il primo ministro Birgitte Volter era seduta sulla sua poltroncina girevole con il busto riverso sulla scrivania. In piedi sulla soglia, a una distanza di sei metri e mezzo, Wenche Andersen lo vedeva comunque nitidamente: il sangue che aveva formato una pozza grande, stagnante sopra la bozza di legge da sottoporre al Parlamento sulla collaborazione al trattato di Schengen. Era cosí visibile che Wenche Anderson non si avvicinò neppure al corpo senza vita».

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2012
ISBN
9788858405390

Sabato 5 aprile 1997

Ore 00.50, davanti a Odins gate 3.

In effetti il redattore si era infuriato quando se n’era andata, ma la cosa non la riguardava, come sempre. Non voleva svelare cosa aveva in mente, era una sua pista. Il suo caso. Ammesso che ce ne fosse uno.
Something in the way he moves, tells me na-na-na-na-na-na-na-na, – canticchiava piano, tutta soddisfatta.
L’appartamento era avvolto nelle tenebre. Poteva anche significare che Benjamin Grinde stava dormendo, ma d’altro lato praticamente nessuno in tutto il Regno di Norvegia era a letto in quel momento: era venerdí e l’assassinio del primo ministro Birgitte Volter era esploso con l’effetto di una bomba atomica sulle case norvegesi. Sia la Nrk che Tv2 trasmettevano a ogni ora edizioni speciali, anche se a dire il vero avevano ben poco da raccontare. Si trattava perlopiú di riempitivi e di commenti insignificanti, oltre a necrologi che davano l’impressione di essere alquanto raffazzonati dal momento che erano passati soltanto sei mesi da quando Birgitte Volter aveva assunto la sua carica: per questo il materiale nelle redazioni non era pronto. Nell’arco del mattino seguente sarebbero sicuramenti migliorati.
Le finestre buie potevano anche significare che il giudice della Corte Suprema Grinde non era in casa. Forse era a una festa, o piuttosto a «un party», come si diceva da quelle parti di Oslo. Ma poteva voler dire anche qualcos’altro.
Dopo aver guardato in entrambe le direzioni, attraversò la strada. Le macchine erano parcheggiate vicinissime l’una all’altra lungo il marciapiede e c’era a malapena una fessura per passare tra una Volvo e una Bmw che quasi sembravano baciarsi con i paraurti. Con il fiatone fu costretta alla fine a voltarsi per vedere se c’era uno spazio piú grande in un altro punto.
C’era qualcosa che non quadrava con la serratura del portone in Odins gate 3. Anzi, c’era qualcosa che non andava con il portone: non era del tutto chiuso, pareva che fosse stato scardinato. Perfetto. Avrebbe evitato di suonare al citofono. Con cautela l’aprí, era di legno massiccio, scivolò dentro.
Nell’atrio inaspettatamente grande, si sentiva odore di intonaco e di detersivi, una bicicletta era incatenata alla ringhiera che arrivava alla porta della cantina. Le scale erano ben tenute e curate, con pareti gialle e battiscopa verdi. I vetri ancora originali e multicolori delle finestre che si trovavano a ogni pianerottolo erano perfettamente conservati.
A metà della seconda rampa di scale si fermò.
Voci. Voci che sussurravano. Una risatina.
In modo sorprendentemente veloce si appiattí contro la parete, benedicendo il destino che proprio quella sera l’aveva attrezzata con scarpe silenziose della Ecco. Riprese a salire, ma tenendosi il piú possibile aderente al muro.
Sulla scala sedevano due uomini. Due poliziotti in divisa. Si trovavano proprio davanti all’appartamento di Benjamin Grinde.
Aveva ragione.
Con la stessa cautela con cui era salita, scese furtivamente le scale. Appena uscita dal portone, estrasse un cellulare dal cappotto ampio e abbondante. Tastò il codice di un numero tra quelli piú preziosi che facevano parte della sua collezione: il numero dell’ispettore capo Konrad Storskog, un arrivista sui trentacinque anni, di un’antipatia morbosa. Lei era l’unica a sapere che, ventiduenne, Storskog aveva distrutto completamente la macchina dei genitori per colpa di un tasso alcolemico che non era mai stato misurato, ma che doveva sfiorare il tre. Lei sedeva al volante dell’auto dietro la sua, era notte, era buio e per strada non c’era nessun altro. Era riuscita ad avvertire i genitori, che con abilità degna di nota avevano messo in piedi una storia per cui la fedina del giovane poliziotto fresco di nomina era rimasta immacolata. Liten Lettvik si era impressa tutto quanto nella memoria con l’intento di servirsene a tempo debito: mai si era pentita della decisione presa tredici anni prima di non ottemperare al proprio dovere di cittadina.
– Storskog, – rispose bruscamente una voce, anch’essa da un cellulare.
– Buonasera, Konrad, vecchio mio, – ridacchiò Liten Lettvik. – Molto da fare questa notte?
Si fece silenzio.
– Pronto? Mi senti?
Non c’erano disturbi sulla linea, quindi lei sapeva che Storskog la stava ascoltando.
– Konrad, Konrad, – continuò indulgente. – Adesso non fare il difficile.
– Cosa vuoi?
– Soltanto che tu risponda a una piccolissima domanda.
– Quale? Sono molto impegnato.
– Il giudice della Corte Suprema Benjamin Grinde è lí da voi? Adesso, intendo dire.
Silenzio.
– Non lo so, – rispose di colpo l’interpellato dopo una lunga pausa.
– Stronzate. Certo che lo sai. Mi basta un sí o un no, Konrad. Solo sí o no.
– Perché dovrebbe essere qui?
– Se non è da voi, si tratta di omissione di atti d’ufficio.
Sorridendo tra sé, continuò:
– Dal momento che lui dovrebbe essere l’ultima persona ad averla vista ancora viva. Mi riferisco alla Volter. Era nel suo ufficio questo pomeriggio tardi. Ovvio che dovete aver parlato con quel tipo! Non puoi soltanto rispondere sí o no, Konrad, cosí torni a occuparti di tutte le tue importanti faccende?
Si fece di nuovo silenzio.
– Questa conversazione non ha mai avuto luogo, – disse alla fine il poliziotto con durezza.
Poi troncò la comunicazione.
Liten Lettvik aveva avuto la conferma che le serviva.
Something in the way he moves… – prese a canticchiare soddisfatta mentre si avviava verso la Frognerveien per fermare un taxi.
La situazione cominciava a farsi urgente.

Ore 00.57, centrale di polizia, Oslo.

Anche se Billy T. notava raramente quel genere di cose, dovette ammettere che Benjamin Grinde era bello. La sua figura era atletica, ma non grossa. Aveva le spalle larghe e i fianchi stretti, ma senza esagerazioni. L’abbigliamento denotava gran gusto; persino le calze, che apparivano ogni volta che accavallava le gambe, si abbinavano alla cravatta, il cui nodo si era allentato soltanto un po’. L’aureola di capelli scuri era tagliata cortissima, cosa che dava alla sommità della testa pressoché calva un effetto che pareva voluto: trasmetteva un segnale di potenza e di grandi quantitativi di testosterone. Gli occhi erano di colore castano scuro e la bocca ben disegnata. I denti erano sorprendentemente bianchi e giovanili, per un uomo di cinquant’anni.
– Domani è il suo compleanno? – domandò Billy T. sfogliando le carte.
Un giovane allievo poliziotto aveva già annotato le generalità mentre Billy T. era impegnato a sbrigare una faccenda privata. Molto privata. Aveva trasmesso via fax due pagine scritte a mano ad Hanne Wilhelmsen. Poi si era fatto una doccia. Entrambe le cose gli erano servite.
– Sí, – confermò Benjamin Grinde prima di guardare l’orologio che teneva al polso. – O per meglio dire oggi. A essere precisi.
Atteggiò la bocca a un pallido sorriso.
– Cinquant’anni, – commentò Billy T. – Faremo in modo di sbrigarcela il piú presto possibile in modo da non rovinare i festeggiamenti.
Per la prima volta Benjamin Grinde parve stupito. Fino a quel momento il suo viso era rimasto quasi inespressivo: stanco e perlopiú apatico.
– Sbrigarcela? Le faccio notare che qualche ora fa sono stato incriminato e adesso mi dice che liquideremo il tutto in poco tempo?
Alzando lo sguardo dalla macchina per scrivere, Billy T. osservò il giudice della Corte Suprema che gli sedeva di fronte. Dopo aver appoggiato il palmo delle mani sulla scrivania, inclinò la testa.
– Senta, – disse con un sospiro. – Io non sono stupido. Come non lo è assolutamente lei. Tutti e due sappiamo che chi ha ucciso Birgitte Volter non sorride amabilmente alla sua segretaria prima di tornarsene buono buono a casa e mettersi ai fornelli per preparare…
Sfogliò a casaccio tra le carte.
– … il pâté. Non era quello che stava facendo?
– Sí…
Adesso Benjamin Grinde sembrava genuinamente sorpreso. Nessuno dei due poliziotti era entrato in cucina.
– Lei sarebbe un assassino troppo scontato. Impossibile che il colpevole sia lei.
Billy T. rise mentre si strofinava il lobo dell’orecchio con tale forza che il crocifisso capovolto prese a danzare.
– Io leggo i gialli, sa. Non è mai la persona piú scontata. Mai. E poi non se ne torna a casa. A essere sinceri, Grinde, quel mandato d’arresto con tanto di capo d’imputazione è stato una grande idiozia. Ha fatto bene a requisirlo. Lo butti via. Lo bruci. Un gesto di panico tipico di questi stronzi di politiadjutant. Scusi il francese…
Giratosi verso la macchina per scrivere, si mise a battere tre, quattro frasi prima di infilare un foglio nuovo. Poi si voltò nuovamente verso Benjamin Grinde. Per un attimo parve indugiare prima di appoggiare un paio di gambe molto lunghe con tanto di stivali numero quarantasette sulla scrivania.
– Perché era lí?
– Nell’ufficio, da Birgitte?
– Birgitte? La conosceva? Intendo dire, personalmente?
Le gambe caddero per terra con un tonfo. Billy T. si protese sulla scrivania.
– Birgitte Volter e io ci conosciamo dall’infanzia, – spiegò Benjamin Grinde fissando il poliziotto. – Ha un anno piú di me e quando si è giovani questo crea una certa distanza, ma a Nesodden l’ambiente non era molto grande. Ci conoscevamo, ai tempi.
– Ai tempi? E adesso, siete ancora amici?
Benjamin Grinde cambiò posizione accavallando la gamba sinistra sulla destra.
– No, non direi affatto. Nel corso degli anni ci è capitato di incontrarci sporadicamente. In modo naturale, se posso esprimermi cosí, dal momento che i nostri genitori sono stati vicini di casa ancora per un pezzo dopo che noi ci eravamo trasferiti. No, amici non lo siamo. Eravamo, voglio dire.
– Però lei la chiama per nome?
Grinde sorrise debolmente.
– Quando si è stati amici durante l’infanzia e l’adolescenza, sarebbe alquanto strano usare il cognome. Anche se si sono persi i contatti. Questo non vale anche per lei?
– Suppongo di sí.
– Immagino che voglia sapere perché ero là. Lo può vedere sicuramente dall’agenda di Birgitte. O forse lo può confermare la segreteria. Volevo parlarle della possibilità di stanziare piú risorse per una commissione che presiedo. Una commissione istituita dal governo.
– La commissione Grinde, certo, – disse Billy T. rimettendo le gambe sul tavolo.
Benjamin Grinde osservò la punta degli stivali della figura enorme seduta dall’altra parte della scrivania chiedendosi se quel comportamento volesse essere la dimostrazione di potere di un poliziotto che aveva finalmente sotto i tacchi uno dei giudici piú autorevoli della Norvegia.
Billy T. sorrise. I suoi occhi erano intensi, dello stesso color ghiaccio di un husky. Il giud...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Nella tana dei lupi
  4. Venerdí 4 aprile 1997
  5. Sabato 5 aprile 1997
  6. Domenica 6 aprile 1997
  7. Lunedí 7 aprile 1997
  8. Martedí 8 aprile 1997
  9. Mercoledí 9 aprile 1997
  10. Giovedí 10 aprile 1997
  11. Venerdí 11 aprile 1997
  12. Sabato 12 aprile 1997
  13. Lunedí 14 aprile 1997
  14. Martedí 15 aprile 1997
  15. Mercoledí 16 aprile 1997
  16. Venerdí 18 aprile 1997
  17. Sabato 19 aprile 1997
  18. Lunedí 21 aprile 1997
  19. Martedí 22 aprile 1997
  20. Mercoledí 23 aprile 1997
  21. Giovedí 24 aprile 1997
  22. Venerdí 25 aprile 1997
  23. Domenica 27 aprile 1997
  24. Fuga. Venerdí 4 aprile 1997
  25. Il libro
  26. L’autrice
  27. Della stessa autrice
  28. Copyright