Alla testa della processione dell’Afflitta appartenente alla parrocchia di Santa Maria, Maurizio nella sua tunica con i bordi dorati teneva ben alto il megafono verso la folla camminando al ritmo delle parole di Giulio, che scandiva il rosario con la voce acuta rotta dalle prime strozzature di una pubertà in arrivo. Sul fondo della via entrambi già intravedevano la facciata del palazzo comunale, traguardo dove avevano il compito di arrivare prima del loro Risorto.
Quell’ordine era richiesto dal canovaccio della pantomima processionale, costruita sull’episodio evangelico di Maria Maddalena che si reca al sepolcro e lo trova vuoto, prima di essere avvicinata da Gesú risorto e irriconoscibile. La pietà popolare crabarissa non aveva esitato a sostituire la madre integerrima alla chiacchierata amica, incapace di concepire che il Figlio per antonomasia potesse apparire per primo a qualcuno che non fosse la sua Afflitta genitrice.
Allo sbocco sulla piazza la voce di Giulio si interruppe a metà di un Padre Nostro, prima di riprendere a pregare con una nota di panico che la bassa fedeltà del megafono ebbe il buon senso di non cogliere. Maurizio vide chiaramente che dall’altro lato della piazza municipale una seconda processione si affacciava a ritmo costante, e gli ci vollero pochi secondi per capire che non era un Risorto quello che avanzava sorretto dai chierichetti con la tunica di lino, cosí come non era monsignor Marras quello che ritmava il rosario alla folla retrostante: accanto all’Afflitta del Sacro Cuore campeggiava come una bandiera il rosso dei capelli di Franco Spanu.
Giulio ebbe un attimo di smarrimento sull’ultimo «amen» della quinta decina. Aveva sí pensato che sarebbe potuto succedere quel conflitto di territorio, ma nella sua immaginazione era sempre stato monsignor Marras a dirimere la cosa, non certo lui.
Franco Spanu dall’altro lato della piazza sembrava tentennare a sua volta sul da farsi. La gente intanto avanzava alle loro spalle e si disponeva spontaneamente sul lato della piazza dove erano sboccate le rispettive processioni. Le espressioni sui visi erano tese, a tratti nervose.
Giulio fissò Franco con aria di sfida e attaccò la chiusura del rosario:
– Salve Regina, madre di misericordia, vitadolcezzasperanzanostrasalve!
Franco non si fece prendere in contropiede. Con il microfono in mano riprese il Gloria che aveva lasciato in sospeso, facendo riverberare la sua voce già definita sulla parte di piazza che i parrocchiani del Sacro Cuore avevano occupato in minaccioso silenzio. Le due preghiere si sovrapposero incomprensibili per qualche minuto mentre le Afflitte, con le braccia rigidamente protese in avanti ciascuna in attesa del proprio Cristo, parevano due comari interrotte nell’atto di salutarsi dopo lunga separazione.
Giulio era infastidito dalla cacofonia di voci che gli impediva di farsi sentire dalla folla della sua parrocchia. Finí il Salve Regina e lasciò a Franco il tempo di recitare il suo. Appena il rivale dalla parte opposta della piazza terminò l’«amen» gli si attaccò dietro senza esitare, snocciolando le litanie lauretane della cui perfetta memorizzazione andava particolarmente fiero. Pallido e magro accanto alla sua Madonna imbeccava la gente con calma simulata.
– Santa Maria… – cominciò.
– Prega per noi! – rispose il popolo della sua parrocchia.
Franco Spanu non si lasciò intimidire, reso forte anche dal fatto di aver intravisto Antonellina tra la folla della processione di Santa Maria. Non sapeva a memoria le litanie come Giulio, ma il libretto che il compagno incaricato gli mise subito in mano era la migliore arma contro l’arroganza dell’antico amico di giochi. Sovrappose la propria voce alla sua cercando di sovrastarla:
– Santa Madre di Dio!
– Prega per noi! – tuonarono i parrocchiani del Sacro Cuore rivolti verso quelli di Santa Maria.
Giulio strinse le labbra, ma riprese deciso:
– Santa Vergine delle Vergini!
– Prega per NOI! – rispose il coro alle sue spalle.
– Madre di Cristo, – sibilò Franco fissandolo negli occhi.
– Prega per NOI! – gli fece eco la sua gente.
La voce del giovane pescatore Zicu Pani, splendente nella sua mantellina da confratello nuova fiammante, spiccava stentorea tra le altre.
– Madre della Chiesa! – Giulio non mostrò timore particolare.
– Prega per noi! – strillò una vecchia sdentata vicino all’orecchio di Maurizio.
I due ragazzi si alternavano con esasperante precisione, sputando le invocazioni dalla bocca come fossero insulti reciproci.
– Madre della Divina Grazia!
– Madre Purissima!
– Madre Castissima!
– Madre Sempre Vergine!
A ogni invocazione la gente rispondeva pronta con uno sguaiato «Prega per noi» che risuonava in tutta la piazza, ma non c’erano dubbi che quella fosse una rivendicazione senza condivisioni: se Maria pregava per gli uni, era escluso che potesse contemporaneamente pregare anche per gli altri.
Le litanie scorrevano infinite una dopo l’altra con piglio sempre piú deciso, fino a che verso metà della recita Giulio sembrò dare segno di cedimento.
– Specchio della Santità Divina, – ansimò con voce roca, affaticato dalle grida.
– Sede della Sapienza, – replicò Franco compiaciuto, accortosi della sua stanchezza.
– Causa della nostra Letizia! – scandí Giulio, con la fastidiosa sensazione che l’altro ragazzo l’avesse aspettato, regalandogli qualche secondo. Non sembrava possibile, dato che cavalleria nelle sfide Franco non ne aveva mostrata mai. – … Tempio dello Spirito Santo, – disse a voce alta, fingendo di esitare per metterlo alla prova.
– … Tabernacolo dell’Eterna Gloria, – rispose l’altro dopo una deliberata pausa.
– Dimora tutta Consacrata a Dio! – soggiunse Giulio sorpreso, fissando negli occhi il ragazzo dalla parte opposta della strada.
– Rosa Mistica! – esclamò Franco divertito.
– Torre di Davide! – gridò Giulio al microfono, mentre solo Maurizio al suo fianco percepiva il cambiamento di umore nella sua voce.
– Prega per noi! – continuavano a rispondere feroci le anziane, mentre gli occhi di tutti saettavano sulle altre due imboccature dell’incrocio da dove erano attese le processioni dei Cristi.
– Casa d’oro! – esultò Giulio scorgendo a un tratto nell’angolo di via Garibaldi la testa bianca di monsignor Marras a stento coperta dallo zucchetto che guidava la processione di Santa Maria.
– Arca dell’alleanza… – la voce di Franco tremò appena mentre si rendeva conto che la parrocchia rivale rischiava di battere la sua sul tempo.
– Porta del cielo! – Giulio alzò la voce per far udire al parroco la posizione del presidio che fino a quel momento aveva tenuto responsabilmente in stallo. Con un gesto fece cenno a Maurizio di girare il megafono verso l’imboccatura di via Garibaldi. I cuori di entrambi battevano all’impazzata: stavano per avere la meglio.
– Stella del mattinooo!!!
L’esultanza nella voce di Franco li fece voltare dalla parte opposta della piazza. Don Gigi stava arrivando a sua volta da corso Umberto e alle sue spalle s’intravedeva una folla orante che procedeva a passo di carica. Franco tacque per il sollievo, ritenendo inutile continuare a dominare il confronto ora che giungeva il suo parroco. Giulio invece non interruppe le invocazioni fino a quando monsignor Marras non entrò solennemente nella piazza.
Il vecchio pievano si accorse subito della presenza di un’Afflitta di troppo, ma non sembrò particolarmente sorpreso. Sospirò e con un cenno della mano fece segno ai suoi confratelli e ai musicisti della banda cittadina di disporsi per l’Incontro, mentre centinaia di persone alle sue spalle occupavano i bordi della piazza per assistere al finale. Don Gigi e la parrocchia del Sacro Cuore sbucarono accanto al municipio esattamente in quel momento.
Maurizio spense il megafono e lo rifilò a un altro chierichetto, poi si avvicinò a Giulio. I due stettero fermi e in silenzio per qualche istante osservando l’altra parrocchia occupare lo spazio laterale che rimaneva nella piazza.
Poi Maurizio disse:
– È un casino…
– Sí, – mormorò Giulio.
Franco Spanu dalla parte opposta della strada sembrava disorientato quanto loro. A differenza di Giulio e Maurizio, era come se fino a quel momento avesse creduto di star sfidando gli amici in un gioco comune, come con le biglie; solo ora che vedeva i due Cristi bellicosi avanzare gli si presentò davanti in tutta la sua enormità la portata di quanto stava per accadere. Cercò un’occhiata complice di qualcuno dei ragazzi con le tuniche di lino appartenenti al suo gruppo, ma li trovò altrettanto smarriti. Guardò dall’altro lato della piazza e vide i due preti che predisponevano militarmente i Cristi per l’avanzata. Poi spostò lo sguardo sui suoi vecchi compagni di gioco, che lo fissavano a loro volta. Giulio strinse le labbra, Maurizio al suo fianco misurava l’attesa. Solo allora Franco si accorse di stare tremando.
I bandisti di Santa Maria emisero qualche nota di affiatamento mentre i chierichetti delle Afflitte attendevano nervosi un cenno dal rispettivo capogruppo per sollevare le statue e condurle al Cristo, ma né Giulio né Franco sembravano aver fretta di darglielo.
Anche monsignor Marras si muoveva senza fretta. Sapeva che i simboli che contavano erano dalla sua parte, primo tra tutti la fascia tricolore del sindaco, il quale tra la folla della sua parrocchia spiccava pallido e teso. Il vecchio prete non aveva niente da dimostrare: lui amministrava le anime di quella gente da trent’anni e aveva battezzato e sposato ogni singolo crabarisso, compresi quelli che ora si definivano del Sacro Cuore.
Don Gigi dal canto suo dava mostra di una noncuranza totale della presenza dell’altra processione. Aveva fatto predisporre l’angolo per l’Incontro con la naturalezza di chi è condottiero non già da pochi mesi, ma dal giorno stesso dell’ordinazione. Il piviale incrostato di pietre colorate che gli copriva le spalle era stato cucito senza risparmio con l’intento di dare a intendere ai presenti che, seppure al momento le sue messe si celebravano ancora in una rustica struttura provvisoria, le sue liturgie erano destinate a ben altro livello di splendore. Ponendosi accanto al Cristo risorto incoronato di fiori di pesco rivolse un chiaro cenno a Franco Spanu e proclamò pomposamente:
– Dov’è o morte la tua vittoria, dov’è o morte il tuo pungiglione?
La testa fulva del capo dei chierichetti doveva partire a quel punto per andargli incontro, ma invece Franco non si mosse. Nello stesso momento il direttore della banda cittadina abbassò la bacchetta e diede inizio alla marcia dell’Incontro di Santa Maria. Per Giulio era quello il segnale stabilito: ora sarebbe dovuto andare incontro al Cristo accanto al quale monsignor Marras lo attendeva serissimo, ma anche lui se ne rimase con i piedi ben piantati per terra. Della tensione della piazza sembrava incurante: guardava Franco Spanu e Franco Spanu guardava lui. Maurizio azzittí con un sibilo il bisbiglio perplesso dei chier...