La regola dei pesci
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La regola dei pesci

  1. 200 pagine
  2. Italian
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La regola dei pesci

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Informazioni sul libro

«Non abbiamo fatto altro che gli scemi, come centinaia di ragazzi, ma per noi quattro era diverso. Tutto era mitico, assoluto e calmo al tempo stesso. Eravamo un corpo solo». Quando a settembre riapre la scuola, il liceo Tommaseo viene travolto da una scoperta che lascia tutti senza fiato: quattro ragazzi, gli unici maschi della quinta C, sono spariti. Erano in vacanza in Grecia, ma dal 22 luglio nessuno sa piú niente di loro. E mentre un funzionario della Farnesina viene incaricato di assistere i genitori nel tentativo di capire cosa sia successo, uno dei quattro torna a casa, illeso ma chiuso in un mutismo inattaccabile. Fra di loro c'era un patto, e romperlo significherebbe tradire la fiducia degli altri.
Dopo aver raccontato gli adolescenti in un romanzo che ha fatto il giro delle scuole di mezza Italia - Qualcosa c'inventeremo -, Giorgio Scianna sceglie di esplorare, senza mai giudicare, la complessa realtà di chi ha diciotto anni oggi. Perché è quella l'età in cui si prendono le misure di se stessi e del mondo, in cui la sete d'avventura si muove verso direzioni impensabili. La ribellione può assumere molte forme, tante quante sono le speranze.
La regola dei pesci possiede il dono rarissimo di parlare a tutte le generazioni, rimanendo in perfetto equilibrio fra la cronaca piú recente e il romanzo di formazione. Con una voce sincera e tersa, l'autore immagina che cosa può accadere quando un grido d'aiuto rimane inascoltato.
«I pesci riescono a muoversi tutti insieme senza scontrarsi e senza perdere nessuno. Basta fidarsi del movimento degli altri».«Non abbiamo fatto altro che gli scemi, come centinaia di ragazzi, ma per noi quattro era diverso. Tutto era mitico, assoluto e calmo al tempo stesso. Eravamo un corpo solo».

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
ISBN
9788858425244

Hamelin

Mercoledí 23 novembre ore 7,45 - casa di Anto

La madre di Anto sta preparando la colazione. È già vestita, pronta per uscire. Un labrador è accovacciato sotto la portafinestra del terrazzo, né dentro né fuori.
– Simba, togliti da lí.
Il marito risponde al telefono fisso, a pochi metri da lei: – Certo che posso venire subito.
Lei gli fa segno con gli occhi per capire di cosa si tratta, seguendo la telefonata con apprensione.
Lui scuote la testa, quasi a dire che non c’è nulla d’importante, nulla di davvero nuovo.
– Un messaggio da dove?
La sua voce è di colpo tesa.
– Arrivo.
Appende il telefono e la moglie lo raggiunge in soggiorno.
– Chi era?
– Cassini. All’unità di crisi è arrivato un messaggio di fine luglio da Roberto.
– Cosa dice?
– Non me l’ha voluto dire. Niente di preciso comunque.
– Ma… dopo quattro mesi?
– La ragazza francese che l’ha ricevuto si è fatta viva adesso. Hanno organizzato un incontro video per le dieci con lei.
– Con tutti?
– Con tutti.
– I Vietri ci sono?
– Tutti.
– Vengo anch’io.
– Ma non hai una riunione?
– Mi faccio sostituire.
Lui controlla l’ora, poi le prende le mani. – Non serve, davvero. Non possiamo andare sempre tutti e due, non ce la facciamo.
Lei afferra la borsa per uscire.
È nervosa, come se ancora non avesse rinunciato del tutto a partecipare all’incontro.
– Chiamami appena finite.
Prende un piccolo registratore dal cassetto dell’ingresso e lo porge al marito.
– Non serve. C’è la polizia che registra tutto.
– Tu fallo lo stesso.

Mercoledí 23 novembre ore 10,05 - commissariato

COMMISSARIO Signorina, parla italiano?
CÉCILE (con accento francese) Sí… comunque riesco a capirvi.
COMMISSARIO Quando ha visto l’ultima volta Roberto Vietri?
CÉCILE Il ventinove luglio.
COMMISSARIO Dove?
CÉCILE A Bodrum.
COMMISSARIO In Turchia?
CÉCILE Sí, in Turchia… sulla costa.
COMMISSARIO Lei cosa faceva là?
CÉCILE Ero in vacanza.
COMMISSARIO E Vietri?
CÉCILE (esitando) … era in vacanza anche lui.
COMMISSARIO (brusco) Era in vacanza oppure no?
CÉCILE Sí. Lui e gli altri tre ragazzi. Posso sapere cos’è successo?
CASSINI Sono Giovanni Cassini dell’unità di crisi del ministero. Dal ventidue luglio le famiglie non hanno piú avuto notizie dei ragazzi. Stiamo facendo ricerche ma al momento non abbiamo nessuna conferma.
CÉCILE Sono… scomparsi?
CASSINI Sí. Il messaggio inviato a lei da Roberto Vietri è successivo rispetto a quello che abbiamo in mano noi. Potrebbe essere l’ultimo contatto.
CÉCILE Mio Dio!
COMMISSARIO Stiamo facendo il possibile per ritrovarli.
CÉCILE (piangendo) Cosa diceva l’ultimo messaggio che vi hanno mandato?
CASSINI Veramente è una fotografia caricata su Facebook. Ci sono i quattro ragazzi in una specie di parcheggio…
CÉCILE Gliel’ho fatta io quella foto…
COMMISSARIO Le spiace se andiamo con ordine?
CÉCILE Mi dica.
COMMISSARIO Come l’ha conosciuto?
CÉCILE (riprendendosi dalle lacrime) Ho conosciuto prima lui e Lorenzo, quel ragazzo che fa fatica a camminare… erano in spiaggia a Kos. In Grecia. Poi, la sera, io e Véronique siamo uscite con loro quattro.
COMMISSARIO Chi è Véronique?
CÉCILE Un’amica… eravamo in vacanza insieme.
CASSINI Che giorno era quando li avete incontrati?
CÉCILE L’otto… forse il nove luglio.
COMMISSARIO E poi?
CÉCILE A Kos ci vedevamo… poi loro dovevano partire per la Turchia…
COMMISSARIO Ne è sicura?
CÉCILE Sí, avevano prenotato un traghetto per Bodrum e il giorno prima di partire hanno chiesto a me e Véronique se volevamo andare con loro. Abbiamo cambiato il volo di ritorno e li abbiamo seguiti.
COMMISSARIO Perché?
CÉCILE (timidamente) … era un’altra settimana al mare.
Silenzio.
COMMISSARIO Com’era il suo rapporto con loro?
CÉCILE Per due settimane siamo rimasti insieme. Io e Roberto. Ma vedevo anche gli altri.
MADRE DI ROBERTO (a voce bassissima) Sono la madre. Come… stava?
CÉCILE (asciugandosi gli occhi) Bene… stava bene.
COMMISSARIO Le ha parlato di cosa avrebbe fatto dopo?
CÉCILE No. Dicevano che volevano continuare il viaggio.
MADRE DI ROBERTO Dove?
CÉCILE Non lo so. Non lo sapevano neanche loro.
CASSINI Ma avranno detto qualcosa.
CÉCILE Hanno parlato di Kemer, della Cappadocia, della Giordania… di Petra. Continuavano a cambiare idea.
COMMISSARIO Sono partiti prima di lei?
CÉCILE Abbiamo lasciato la stanza a Bodrum lo stesso giorno.
MADRE DI ROBERTO La stanza?
CÉCILE (confusa) Io e Roberto dormivamo nella stessa stanza.
Siamo sempre stati in cinque nella mia classe. Cinque maschi e ventuno femmine. Da noi a scienze umane i numeri sono questi. In una classe del biennio sono in tre. Non so perché i maschi non s’iscrivano al nostro liceo, credo c’entri il fatto che se esci da qui è difficile che tu faccia l’ingegnere, e forse l’ingegnere è il lavoro piú da maschi che c’è. Penso sia quello il motivo. Comunque siamo sempre stati in cinque: Roberto, Ivan, Anto, io… e Simone.
Simone Benzi a scuola se la cavava, con le ragazze se la cavava, per il resto non era niente di che. Non gli ho mai visto fare un passaggio giusto a pallavolo, non c’è una sola frase che lui abbia detto che mi sia rimasta in testa. L’unica cosa di Simone Benzi che piaceva a tutti era la taverna del suo appartamento. Non in una villetta in periferia, una taverna con il soffitto di mattoni in una palazzina del centro storico. Suo padre è un commercialista, professore in università, a cui le cose devono andare piuttosto bene. Insomma il sabato sera eravamo spesso lí con qualche ragazza, oppure ci andavamo noi cinque il mercoledí con le pizze per vedere la Champions.
Ad aprile Simone è riuscito a dirci quello che a lui doveva essere già chiaro da mesi: non avrebbe frequentato la quinta con noi. Suo padre l’aveva iscritto in un college privato di Londra con un programma intensivo per prendere il diploma e iscriversi lí all’università.
«Perché?»
Eravamo a scuola, nei bagni del primo piano. Roberto e Ivan stavano fumando dentro il cesso, io e Anto eravamo seduti sul calorifero vicino ai lavandini.
«Perché?» Anto lo chiese di nuovo.
Non capivo il suo tono. Non era un perché tipo «che cavolo fai?», neanche un perché distratto tanto per non stare lí in silenzio. Non era triste di fronte a un amico che se ne andava per sempre, non era allegro di fronte a uno a cui capitava una cosa nuova che sembrava buona, divertente. Anto era… credo fosse incredulo… penso sia questa la parola giusta: incredulo. Non riusciva a credere a quella cosa, o almeno non riusciva a capirla: se ne stava appoggiato sul calorifero con le braccia conserte, senza mollare con gli occhi il povero Simone che non sapeva piú dove guardare.
«Perché?»
«Te l’ho detto… per fare l’università là».
«E allora come mai non ci vai l’anno prossimo?»
Simone si stava riprendendo dal disagio di quell’interrogatorio, gli stava tornando la voce: «Non ti prendono in un’università buona se non hai il loro diploma. Cosí sostiene mio padre. Per lui dovevo essere già lí da un anno».
«Ma se non hai neanche idea di che facoltà fare». Anto adesso era quasi aggressivo.
Simone cercò di rispondergli: «Lo so…»
Roberto riemerse dal bagno tirandosi su la cerniera. «A me sembra una figata».
Con la coda dell’occhio seguiva Anto che non allentava le braccia continuando a fissarlo, e si andò a lavare le mani accanto a lui.
Poi Roberto riprese, ma adesso con voce piú incerta: «Insomma… è Londra».
«Arsenal, Chelsea, West Ham e Tottenham, – Ivan finí di contarle con le dita, uscendo anche lui dal bagno. – Tutte nella stessa città. Mi sembra un buon motivo».
Ivan ha le cuciture del pallone sul cranio. Non parla d’altro. Va a San Siro ogni quindici giorni per vedere l’Inter, dentro la curva Nord è una specie di ultras. Non che sia violento – solo una volta l’hanno portato in questura per una rissa, ma ce l’avevano tirato dentro –, è che ci crede proprio nei valori della curva, come li chiama lui.
Comunque l’unico che gli dà soddisfazione sul calcio è Roberto. Noi altri no. Anto studia e Sim...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La regola dei pesci
  4. Hamelin
  5. In classe
  6. Natale
  7. Traghetto
  8. Nota
  9. Ringraziamenti
  10. Il libro
  11. L’autore
  12. Dello stesso autore
  13. Copyright