Un divorzio tardivo
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Un divorzio tardivo

  1. 376 pagine
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Un divorzio tardivo

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Nel corso di nove dense giornate si consuma l'estremo soggiorno in patria di Yehudà Kaminka, fuggito da Israele per rifarsi una vita in America e ritornato per sciogliere ogni legame con Na'omi, sua moglie. Nove giorni culminanti nella Pasqua (in ebraico «passaggio») che diventa lo spartiacque tra ciò che è stato, e non potrà mai piú tornare, e ciò che sarà. Ancora una volta Yehoshua disegna con lucidità e poesia la crisi di una famiglia come metafora dell'identità ebraica, divisa tra diaspora e costruzione di uno stato nazionale. E racconta ciò che nessuna ragione o progetto politico potrà mai spiegare: la vicenda semplice e banale di un uomo e di una donna che si amano, vivono una vita insieme, arrivano ad odiarsi, a impazzire d'amore e di odio, e non riescono a scindere il legame che li unisce se non a prezzo della vita.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
ISBN
9788858425480

Mercoledí

Famiglia, ti odio!
ANDRÉ GIDE
... nel loro rifiuto di ogni stato costituito, di ogni organizzazione pubblica, di ogni forma istituzionale, ne consegue che quei giovani rifiutano, almeno all’inizio, perfino l’organizzazione terroristica in sé. Il loro terrorismo è un fatto individuale e cosí pensano debba continuare a essere. Un fatto individuale e non collettivo. L’autorità proviene solo dall’individuo è generata dal senso di libertà infinita che desidera trasmettersi a tutto il popolo. La decisione di compiere un atto di terrorismo non viene presa da un’organizzazione o da un gruppo, che a tale decisione pervengono per votazione di maggioranza o attraverso altro sistema decisionale. Nonostante il grande senso di fratellanza reciproca – una meravigliosa fratellanza che col calore espresso dal pubblico simpatizzante riempie il vuoto della mancanza di contatti – essi restano sempre estremamente isolati. Prima di tutto, dovete sempre ricordare che essi sono molto giovani. Piú giovani di molti di voi. Pissarev, il teorico del nichilismo russo, sostiene che i piú fanatici sono i bambini e gli adolescenti. Nel periodo in questione la Russia era una nazione giovane, ricostituitasi, in pratica, solo un centinaio di anni prima. Anche i suoi terroristi erano giovani. Proletariato di ginnasiali, cosí li chiamavano. Ma dal loro seno si levò la fiaccola della Libertà, essi solo si schierarono contro un regime di dura tirannia, e poterono vantarsi di liberare un popolo che non collaborava con loro affatto. Quasi tutti quei giovani pagarono un prezzo, col suicidio, l’impiccagione, la prigione, la follia. Un pugno di intellettuali combatteva da solo mentre il popolo taceva. Il ventisette di gennaio del milleottocentosettantotto ha inizio ciò che si usa chiamare «l’ondata del terrorismo russo». Una ragazza di nome Vera Zasulič spara al generale Trepov, il feroce capo della polizia di San Pietroburgo. La ragazza non aveva ricevuto ordini da nessuno, aveva deciso da sola, di testa sua, spinta da un suo personale senso morale. Dal punto di vista ideologico era pronta già da tempo a compiere un simile atto. Aveva letto molti scritti clandestini, tra cui il saggio del tedesco Karl Heinsen intitolato Assassinio, che era stato pubblicato già nel milleottocentoquarantanove ed era molto diffuso nei circoli frequentati dalla ragazza. Aveva letto anche il famoso articolo di Michail Bakunin, Rivoluzione, terrorismo e atti di sabotaggio, pubblicato a Ginevra nel milleottocentocinquantasei. Sono i due brani che vi ho pregato di leggere nell’antologia di Walter Lacker...
Ma tanto per cambiare non hanno letto nulla. Il movimento delle penne si arresta. Gli sguardi cominciano a sfuggirmi, mossa di sganciamento. Cosa gliene importa a loro di quei brani. Ringraziali, devi addirittura ringraziarli del fatto che ti fanno il piacere di starti a sentire. Riassumi tu per noi l’essenziale. Noi ti crediamo. Però io devo assolutamente aprire un dialogo, sennò già nella prossima lezione comincio a ripetermi. Ancora un quarto d’ora. Se almeno ci fosse quel vecchio noioso, in fondo nemmeno lui legge la bibliografia, però almeno trova sempre qualcosa da dire, conosce tanti particolari strani, ricorda vecchi libri, è il solo che confusamente senta a cosa voglio arrivare e tenti di ribellarsi in nome di ridicoli valori. Con lui è possibile bruciare un po’ di tempo, quando ce n’è bisogno, metterlo con le spalle al muro, discuterci. Stamattina non c’è, non c’era nemmeno la settimana passata. Che sia malato? Morto? O ha semplicemente rinunciato a seguire il corso? Nemmeno le vecchiette, le auditrici sono venute oggi, perché siamo sotto Pasqua. Ho un pubblico molto rarefatto, oggi, e questa è una cosa che mi fa sempre innervosire. Mi sono abituato ad aule affollate.
– Dunque, per favore, qual è la tesi fondamentale di Heinsen? Chi è pronto a riassumerla?
Scricchiolare di sedie.
– Insomma chi l’ha letto?
Sfuggono il mio sguardo, sfogliano i quaderni, alzano gli occhi alle finestre, si immergono in riflessioni.
– E va bene, allora, chi non l’ha letto?
Una mano si alza esitante poi altre mani si levano, mi guardano e si scambiano sorrisi.
– Il volume in biblioteca non c’era perché ce l’ha lei... – si sente dire da un angolo.
Una risata di sollievo.
– Ma ce ne sono altre due copie, io stesso le ho messe nel reparto Richieste Speciali, all’inizio dell’anno.
Sono imbarazzati aggrottano la fronte.
– Io il libro l’ho cercato, davvero, ma non sono riuscita a trovarlo...
Se l’è sognato, di cercarlo.
Qualcuno dice: è vero, prima c’erano davvero due copie, lí, ma poi sono scomparse. La bibliotecaria stessa non sa che dire.
– Come dice, scomparse? Come?
E chi lo sa? Fatto sta che sono scomparse.
Adesso il sollievo è ormai generale. L’importante è che i libri siano scomparsi.
– E allora perché non me l’avete detto? Già piú di un mese fa vi ho detto di leggere quei due brani. Cosa ve ne state lí zitti questo è un seminario mica una lezione...
E la porta si apre sommessa e la testa ricciuta di Dina si affaccia. Posso? mi sussurra dolcemente, e senza aspettare la risposta si volta indietro e dice con una voce alta e chiara che echeggia nel corridoio «È qui» e come sfiorando lievemente il pavimento raggiunge la fila posteriore delle sedie e si lascia cadere su una di esse in silenzio, e papà le viene dietro, entra a testa bassa come se dovesse penetrare in una stretta galleria, bene attento a non incrociare il mio sguardo, stringe al petto la valigetta, cammina in punta di piedi, naviga nel mare delle sedie vuote, verso un angolo, verso l’ultima sedia. Tutte le teste si volgono verso di loro. Alcuni degli studenti riconoscono Dina e subito sussurrano qualcosa e mi guardano con un affettuoso sorriso. Il sangue mi monta alla testa. Al diavolo. Perché poi doveva entrare proprio qui. L’aula si riempie di un irritante brusio.
L’articolo di Karl Heinsen, Der Mord, L’Assassinio, è considerato il piú importante documento ideologico sulle origini del terrorismo politico. È apparso la prima volta nel milleottocentoquarantanove su un giornale redatto in Svizzera da un esule tedesco. Karl Heinsen, anche lui esule, fornisce in quel suo scritto una giustificazione morale del terrorismo. Heinsen non era un socialista, bensí un radicale borghese. Marx ed Engels lo attaccarono per questo. Non il suo terrorismo li irritava ma il fatto che non si identificasse col socialismo. Da vecchio Heinsen emigrò in America dove si occupò della redazione di giornali in tedesco e morí nel milleottocentottanta a Boston, città che considerava l’unico centro culturale esistente in America.
Un sorrisetto passa sul volto teso di papà quando dico cosa pensava Heinsen di Boston, però subito si spaventa e china il capo.
Dina non ascolta affatto. È ancora raggiante di stupida gioia. Stamattina non ha avuto il tempo di truccarsi e il suo viso sembra come macchiato. Porta un vecchio e infantile vestito azzurro. Sbircia nel quaderno dello studente che le siede accanto, e quello le passa subito tutti i suoi appunti. Prendono a mormorarsi qualcosa. Fino a quando continuerà a irritarmi?
Nella prima parte del suo articolo Heinsen passa in rassegna fatti storici inerenti al terrorismo antico: tentativi individuali di colpire tiranni, compiuti da singoli di loro propria iniziativa. Descrive l’ammirazione che proviamo per personaggi quali Ermode e Aristogitone che uccisero il tiranno Ipparco...
Sono nomi che ho imparato a memoria, non ho avuto bisogno di gettare neppure uno sguardo ai miei appunti. Papà mi guarda stupito. Una grossa molla mi si tende dentro. Sono invaso da viva collera intellettuale.
Heinsen dimostra che noi, leggendo i fatti storici, non condanniamo il terrorismo in quanto tale, se siamo convinti della malvagità di un tiranno o di un regime. Al contrario, ammiriamo e onoriamo sempre tutti i terroristi di cui ci parla la storia. Se quel giovane tedesco chiamato Statz fosse riuscito a uccidere Napoleone, dice Heinsen, e non fosse stato arrestato proprio all’ultimo momento, certo tutto il mondo ne avrebbe tessuto le lodi.
Nell’aula si è fatto di nuovo un silenzio di tomba. Io prendo ad andare su e giú fissando il pavimento.
Heinsen sviluppa poi la sua teoria sostenendo che dal punto di vista morale l’individuo terrorista è assolutamente preferibile allo Stato terrorista. Lo Stato mette in opera meccanismi distruttivi che assassinano masse indistinte di centinaia e migliaia di persone, mentre il terrorista colpisce solo il suo obiettivo. Dal punto di vista morale, tra un obice e una singola pallottola è assolutamente preferibile la pallottola.
Tutti si chinano sugli appunti. Cosa gliene importa a loro di quel che scrivono.
– Ma un colpo di pistola ben diretto...
Sto di fronte a loro, alzo un braccio, indice e pollice a forma di pistola. Il silenzio si fa ancora piú profondo. Inoltre facevano molta attenzione a non colpire degli innocenti. Compiendo gli ultimi preparativi per l’attentato all’ammiraglio Dubasov, il terrorista Vinarovskij dichiara: se Dubasov sarà accompagnato dalla moglie, non butterò la bomba. Karl Heinsen spiega a fondo la sua posizione. Ma lo leggerete da voi. Domani cominciano le vacanze avrete abbastanza tempo oggi stesso restituisco alla biblioteca la copia che ho io.
– Ma la consegno al reparto Richieste Speciali, prima che anche questa copia scompaia...
Risatina. I dettagli tecnici, ecco cosa gli interessa gretta praticità.
– Bene... bene... ma leggerete anche altri due brani di questa antologia... un brano di Sergej Nečaev e anche uno di Morozov...
E scrivo con rabbia i nomi sulla lavagna.
Chiaro? Questi due brani, e vi farò domande, siete avvertiti, finitela una buona volta, basta con questo giocare a nascondino. Dovete assolutamente leggere quei brani perché solo cosí potrete capire lo sfondo spirituale dell’azione di quella ragazza, Vera Zasulič, una giovane nobildonna che per parte sua era già stata due anni in prigione e aveva deciso di compiere un onorevole atto di rappresaglia contro la ferocia di Trepov. Caricò una pistola la nascose nella tasca del mantello e a una certa ora, verso sera, si introdusse nell’ufficio di Trepov, dicendo che aveva un appuntamento con lui...
Il campanello. Finalmente. Il viso di papà è molto pallido lo appoggia al palmo della mano, con l’altra mano tiene la valigia posata sulle ginocchia.
E lei entrò nella sala d’attesa vicina al suo ufficio e attese là con calma. Lo conosceva bene, davvero, da bambina era stata varie volte in casa sua, a trovarlo insieme ai suoi genitori, ho già detto prima che era di nobile famiglia e nei gruppi terroristici i legami fra i giovani nobili e i ragazzi del popolo erano forti e fecondi. E lui uscí dal suo ufficio, attorniato da un gruppetto di collaboratori e lei si alzò e gli sparò in pieno petto, ma non lo uccise, lo ferí soltanto. Non cercò di fuggire, gettò subito via la pistola e con assoluta serenità si lasciò arrestare.
Dina smette di sussurrare. Tutti gli sguardi sono su di me il silenzio s’approfondisce fino alla dolcezza. Non Storia vogliono ma storie.
Il governo decise di istruire il processo della Zasulič non davanti a un tribunale ordinario, bensí davanti a una Corte giurata, per dare al verdetto un valore morale. Ma la Corte sorprese tutte le aspettative assolvendo la Zasulič e ordinando di metterla in libertà. E quando la polizia tentò di arrestarla – arresto preventivo – per strada, la folla, che ammirava la ragazza, la liberò dalle mani dei poliziotti, e lei riuscí cosí a riparare all’estero, dove divenne una delle piú eminenti figure dei circoli rivoluzionari russi in esilio. Quel colpo di pistola e la drammatica assoluzione della Zassolitch dettero il via a una lunga serie di attentati. Un’ondata di terrorismo attraversò la Russia. Kravčinskij, un individuo strano e intelligente di cui avremo molte altre occasioni di parlare, pose, in quello stesso anno, un’altra base al terrorismo in espansione, con un opuscolo intitolato Morte per morte.
Papà socchiude gli occhi la valigia quasi gli cade dalle ginocchia. La porta si apre gli studenti della lezione successiva cercano di entrare.
E lui chiude con una mossa energica la cartella degli appunti. Estrae una sigaretta già pronta e la accende con il ben noto rituale di Fine Lezione, una nube di fumo gli aleggia attorno, l’arida tensione si scioglie lentamente. Gli studenti si alzano, due di loro già vogliono prendergli il libro. E lui lo porge in silenzio, risponde freddamente da lontano e quasi sgarbatamente alle loro domande, getta le carte e gli altri libri uno sull’altro nella borsa e si fa piccolo nella stanza che si riempie di studenti nuovi, ed ecco che io mi faccio strada, a testa bassa, attento a non toccare nessuno, attraverso la gente, passo, senza degnarla di uno sguardo, davanti a Dina che si tiene sulla soglia e scherza con due studenti non guardo papà che si preme laggiú tutto imbarazzato contro la parete e impacciato dalla valigia. Tocco-e-non-tocco, vieni siamo in ritardo, e senza vederlo mi affretto verso il corridoio, salto svelto gli scalini. Lui si rende conto della mia rabbia, mi cammina svelto dietro, mormora qualcosa.
– Ti abbiamo disturbato?...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Un divorzio tardivo
  3. Domenica
  4. Lunedí
  5. Martedí
  6. Mercoledí
  7. Giovedí notte
  8. Venerdí, fra le quattro e le cinque del pomeriggio
  9. Sabato?
  10. La sera del seder
  11. Il primo giorno di Pasqua
  12. Il libro
  13. L’autore
  14. Dello stesso autore
  15. Copyright