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Pubblicata nel '33, questa raccolta si colloca in un momento centrale, di piena maturità del suo autore. Attraverso i suoi settanta componimenti scorre un intero poema d'amore compatto nel suo tessuto tematico e sentimentale, intervallato di silenzi che sono solo pause di respiro.
Anche un canzoniere, dunque, ove l'amore si esplica in una continuità di ricerca quasi sperimentale, in una ripresa continua di motivi combinati fra loro, in un linguaggio sottilmente rinnovato, aperto alla trasformazione fantastica. Un lavoro capillare, nascosto, ma di grande suggestione per chi sa percepire le segrete sonorità della poesia.
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Informazioni
Argomento
LetteraturaCategoria
PoesiaIntroduzione
1. La vocazione poetica di Pedro Salinas risale agli anni della giovinezza, ma solo relativamente tardi, nel 1923 (l’amico Guillén lo ricorda come poeta «timido ed esigente»), egli consegnò alle stampe la sua prima raccolta, Presagios1, dopo aver affidato a Juan Ramón Jiménez il compito di riordinarla. Si tratta di un libro insieme «nuovo» ed equilibrato, nel senso che al distacco dal «modernismo» dei primi anni del Novecento, ormai in declino, non corrisponde nessuna concessione ai modi dello sperimentalismo allora in voga. Sensibile e talvolta scoperto, invece, il debito verso le grandi figure della generazione poetica immediatamente anteriore, Miguel de Unamuno, Antonio Machado e, soprattutto, Juan Ramón Jiménez: una poesia, dunque, che non rifugge dall’aneddoto e che si nutre anche di emozioni quotidiane, di oggetti famigliari, di spunti popolari. Il linguaggio che trova, in alcuni brani, la giusta misura della semplicità non è privo di discontinuità e di incertezze e sfiora talora, forse intenzionalmente, toni prosaici. Qui e là spunti tematici e particolari intonazioni preludono alla problematica gnoseologico-amorosa che, piú affinata e intensa, investirà La voz a ti debida: la presenza dell’amata nel ricordo, la sua facile volubilità, le riflessioni sull’usura del linguaggio amoroso, e cosí via.
Dello sperimentalismo degli anni venti c’è, invece, un riflesso, sia pure tutto particolare, nei due libri che seguono, Seguro azar, del ’29 e Fàbula y signo, del ’31. Qui la materia poetica si rinnova e si amplia con un deciso accostamento alla realtà esterna; ma pur se giunge ad assimilare cose e oggetti della civiltà meccanica (la macchina da scrivere, ad esempio, il telefono, l’automobile, la lampadina…), non è mai per un’esaltazione progressista della modernità. A quegli oggetti il poeta si accosta come a un enigma da risolvere poeticamente, conferendo loro attributi umani e rendendoli partecipi del suo slancio creativo. Il mondo, oggetto di curiosità attonita e insieme di scavo conoscitivo, viene meditato e riproposto con un’ironia sottile, che sfiora talora il preziosismo verbale e il gioco ingegnoso. Anche la natura, che prima era stata oggetto di un approccio severo e un po’ schivo, vibra ora di una singolarissima nota giocosa. Rispetto alle immagini «semplici» di Presagios, coi loro ritmi non troppo sonori (vicini al silenzio, come dice Guillén), il verso appare piú fluido e dinamico, le forme metriche si susseguono con maggiore varietà, le immagini si fanno piú articolate. Né mancano, anche qui, in alcuni componimenti, avvisaglie di quella dialettica amorosa che sarà il nucleo centrale d’ispirazione delle due opere successive.
Pubblicato nel ’33, quando già il poeta si era fatto conoscere, dunque, con tre libri di versi, La voz a ti debida2 si colloca accanto a Razón de amor, di pochi anni posteriore, in un momento centrale, di piena maturità. Tutt’e due le raccolte sviluppano con sottili articolazioni dialettiche (la prima in modo ancora piú organico e compatto e mediante una piú sicura e flessibile omogeneità di toni) un unico tema, quello dell’amore. Proprio in questa ispirazione monocorde il discorso poetico saliniano attinge i suoi esiti piú alti3. In seguito, la poesia degli anni americani, anni di espatrio volontario, seguirà percorsi meno univoci e avrà esiti piú discontinui. L’impatto con un modo di vita all’insegna della fretta superficiale, del progresso tecnico e del pragmatismo, lo sforzo di difendere interiormente il patrimonio ideologico e linguistico della madrepatria, condurranno Salinas a una svolta significativa anche nella produzione poetica: sarà, la sua, una reazione di apprensione e di rifiuto che si esprimerà di volta in volta in ironia o in evasione contemplativa, quando non cederà a tentazioni didattico-moraleggianti. Il linguaggio poetico si farà talora minutamente analitico, talora meccanicamente ripetitivo, con uno scavo intellettualistico sui moduli espressivi di poesie precedenti che suscita, a volte, un’impressione di usura e di stanchezza. Raramente e solo in modo frammentario, lo sforzo creativo del poeta saprà ancora ritrovare gli accenti personali e incisivi de La voz a ti debida.
2. La raccolta è costituita da settanta componimenti, che, nella compattezza del loro tessuto tematico, si porgono come un unitario poema d’amore. Già in apertura il libro è denso di richiami che suggeriscono un destinatario e insieme un interlocutore femminile, rinviano alla tradizione della poesia d’amore e sottolineano la forte unità dell’ispirazione: un emistichio di Garcilaso, una cadenza di Shelley, il sottotitolo «poema».
Il richiamo alla poesia amorosa di Garcilaso è contenuto nello stesso titolo; canta, infatti, la voce limpida del poeta delle egloghe: «ma con la lingua morta e fredda nella bocca intendo muovere la voce a te dovuta…» (Egloga III, vv. 11-12). Le pagine che Salinas critico letterario ha lasciato sul canzoniere di Garcilaso4 si mostrano attente soprattutto all’implacabile serietà del sentimento amoroso sotteso alla poesia ed al processo di idealizzazione e sublimazione di questo sentimento: anche dietro l’ornato mitologico delle egloghe, Garcilaso è riconosciuto come protagonista primo di un’emozione amorosa. Salinas rintraccia, dietro un’impressione di immaterialità e «divinità» della parola poetica, la forza di un sentimento tutto umano: «Garcilaso accetta coraggiosamente l’amore come forza centrale della sua vita – egli scrive a proposito di un noto sonetto –, come un potere totale che lo avvolge dalla nascita alla morte, e quest’amore è personificato in una donna che egli vede come consustanziale con la sua propria anima». Ma questo sentire amoroso cosí intenso – rileva altrove Salinas – si vela sempre, nei suoi versi, di trasparenze squisite e delicate «sino ad ascendere etereo verso cieli neoplatonici». L’intestazione della raccolta è quindi un richiamo al «poeta dell’amore umano e insieme il piú divino poeta amoroso», un riferimento in sintonia, quasi un avvio verso un traguardo eccelso, una chiave interpretativa del canto. Le implicazioni sottese al richiamo letterario non scoloriscono però un’impressione di lettura piú ovvia e immediata: il titolo della raccolta ha anche una «dedica» a quell’anonimo interlocutore femminile verso la cui definizione e conoscenza è rivolta la sottile dialettica amorosa del canto. Voce «dovuta» all’amata e al suo amore.
Allo stesso «tu» indefinito e con parallela pregnante ambiguità di riferimento (l’oggetto dell’amore e l’amore stesso) si rivolge con insistenza l’exerga mutuato da Shelley: «Tu Meraviglia, e tu Bellezza, e tu Terrore!» L’Epipsychidion di Shelley (un poemetto pubblicato anonimo nel 1821 e dedicato alla «nobile e sfortunata signora Emilia V…, ora imprigionata nel convento di…») canta nell’amore lo stimolo costante a una ricerca interiore: è la ricerca di «un’anima all’interno dell’anima» (come esplicita il v. 455), l’impulso della psiche verso la sua piú compiuta realizzazione. Proprio all’amore Shelley aveva dedicato, pochi anni prima, un breve saggio5 dove il sentimento amoroso è definito come la ricerca del proprio «antitipo» all’interno di se stessi, un impulso incessante verso una meta invisibile e inattingibile, verso il prototipo ideale di quanto di eccelso l’uomo è in grado di concepire. Il rinvio a una composizione cosí scopertamente platonica non è scelta casuale e il verso collocato alle soglie del poema pone l’accento su alcuni aspetti del suo impianto ideologico, e sembra, soprattutto, anticipare al lettore il motivo dell’appassionata ricerca interiore che percorrerà tutto il libro.
Il frontespizio contiene ancora un messaggio: il sottotitolo, «poema», un invito esplicito a una lettura continuata e distesa. Anche se la veste tipografica della prima edizione separa i componimenti con grandi spazi bianchi (sottolineando la separazione con l’uso delle maiuscole per l’intera prima parola di ciascun verso d’apertura), il sottotitolo denuncia un intendimento unitario che scavalca il livello consueto della giustapposizione in una raccolta. Non si tratterà certo di una struttura organica in cui le «azioni» siano dinamicamente organizzate mediante rapporti causali e temporali. Si tratta di un poema lirico composto di una serie di sequenze, il cui sistema di rapporti, vario e complesso, non è quello del senso logico né quello della successione dei «fatti». Poesia della memoria, lunghi monologhi esclamativi, dialoghi con l’amata: l’«io» del poeta si colloca di volta in volta in situazioni diverse. Le pause di silenzio tra un componimento e l’altro hanno il loro significato pregnante, e insieme, allo stesso tempo, un aggancio di connessione spesso è fornito dalla ripresa d’un motivo (per svolgimento o per antitesi), da un’associazione verbale, da una semplice analogia formale. E anche quando a livello semantico si rintraccino all’interno della raccolta dei nuclei centrali intorno a cui si organizzano i componimenti (definizione e conoscenza dell’amata, trepida attesa della gioia imminente, esaltazione dell’incontro, dubbio e dolore, la nuova realtà del ricordo), si vedrà che non si tratta di fasi rigorosamente successive: un motivo o l’altro prevalgono nei diversi momenti della raccolta, ma con anticipi, variazioni e riprese che escludono un ordinamento progressivo della «storia». Concatenazione quindi, e insieme indipendenza. D’altro canto tre nuclei delle poesie che compongono La voz a ti debida erano già stati pubblicati anteriormente in modo autonomo: sono due brevi raccolte date alle stampe per la «Revista de Occidente»6 e un volumetto (Amor en vilo) composto di undici componimenti, che precede di pochi mesi la pubblicazione del «poema». Sia nelle raccolte pubblicate in rivista che nel volume, le poesie vengono presentate con un ordine di successione totalmente diverso da quello della raccolta piú ampia e raggruppate talvolta intorno a nuclei tematici secondari. Il «poema» si configura quindi come un libro unitario e costruito intorno a un progetto, ma senza che questo presupponga lo sviluppo progressivo di un «senso». Si tratta piuttosto dell’organizzazione di un materiale omogeneo ma vario, e in parte già elaborato, intorno al tema centrale dell’amore.
3. Che ogni componimento sia autonomo, ma insieme integrato in un contesto unitario si rileva anche dal fatto che la struttura interna di ciascuna poesia, in sé compiuta e organica, presenta spesso dei moduli ricorrenti: esse sono riconducibili infatti a pochi modelli fondamentali, uno dei quali ricorre con grande frequenza. Al di là della ripartizione strofica, non sempre presente, la struttura del senso si organizza infatti molto spesso intorno a una prima concentrata esposizione del tema, cui fa seguito un secondo momento di esplicitazione dell’avvio e quindi una chiusa, con ripresa circolare e conferma o, talvolta, capovolgimento paradossale del postulato iniziale. Le forme dell’esordio sono sovente quelle della frase nominale (XIII «¡Qué gran víspera el mundo!», XVII «Amor, amor, catástrofe», XVIII «¡Qué día sin pecado!», xx «Extraviadamente | amantes, por el mundo», e cosí via) che, eliminando con il verbo ogni valore circostanziale e accidentale, rafforza il carattere concentrato e assoluto dell’espressione. Al livello di massima concentrazione l’esordio si formalizza in un refrain. La chiusa è introdotta nella maggioranza dei casi dalla congiunzione y seguita da un avverbio di tempo (XXI, 25 «Y cuando ella me hable», XLI, 13 «Y entonces tú», XLIV, 37 «Y entonces la alta noche», XLVIII, 16 «Y mientras tu te callas», LXIII, 22 «Y mientras yo te sienta», ecc.) ed è spesso articolata in due momenti di cui il secondo, piú concentrato, rappresenta una ripresa significativa, per sviluppo o per contrasto, dell’esordio. Quando la ripresa presenta un’incoerenza logica dei contenuti con capovolgimento paradossale e svolta inattesa del discorso, la congiunzione viene ad assumere una connotazione avversativa tutta particolare. Le connessioni all’interno del componimento sono sostenute da un ampio uso di strutture parallelistiche, che vanno fino al limite estremo del refrain, e di strutture correlative con disseminazione e ricapitolazione degli elementi. Tali procedimenti di correlazione di rado si esibiscono a una prima lettura, mentre una scaltrita tendenza a dissimulare l’artificio e un sottile compiacimento nel complicarlo sfumano spesso gli intrecci delle corrispondenze; essi hanno peraltro una fondamentale importanza come schemi generativi, strutture portanti del discorso poetico e contribuiscono a consolidare la compattezza organica di ogni singola poesia.
4. Al di là di questa autonomia dei brani una sorta di continuum tematico costituisce il tessuto connettivo del «poema» e ne fa un vero e proprio canzoniere amoroso. Canzoniere d’amore non nel senso, certo, di una vicenda autobiografica liricamente oggettivata, e nemmeno in quello di un’elaborazione del tema dell’amore di tipo romantico, intorno a personaggi fittizi, ma nel senso tutto moderno di una continuità di ricerca quasi sperimentale. Una poesia «ininterotta» che si nutre progressivamente di se stessa in un lavoro serrato di scandaglio e di verifica, in una dialettica minuziosa. L’intreccio variato dei motivi muove intorno a un asse centrale: l’amore come impulso conoscitivo, ricerca inesauribile dell’essenziale, ansia di realizzarsi al di là del contingente; in uno scavo interiore mai concluso, l’io del poeta tende verso il «piú oltre» dell’essere autentico, senza che il travaglio della ricerca si plachi mai in una risposta ultima e liberatoria. E in questo senso il contenuto del nostro testo si fa metafora della stessa poesia. Poesia che è «avventura verso l’assoluto»7, ricerca aperta a uno scavo infinito, cui il poeta si abbandona in un’ansia costante di scoperta. «L’arte – scrive Salinas – è una costante scoperta; non si concede sosta nella sua ansia esploratrice, nella sua sete di rinnovamento, anche quando navighi per mari molto solcati e manipoli, nei suoi esperimenti, le formule piú conosciute»8. Allo stesso modo della tensione conoscitiva all’intern...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Introduzione di Emma Scoles
- Nota bio-bibliografica
- La voce a te dovuta
- I. Tu vivi sempre nei tuoi atti
- I. Tú vives siempre en tus actos
- II. No, non lasciate chiuse
- II. No, no dejéis cerradas
- III. Sí, al di là della gente
- III. Sí, por detrás de las gentes
- IV. Se mi chiamassi, sí
- IV. Si me llamaras, sí
- V. È stato, accadde, è vero
- V. Ha sido, ocurrió, es verdad
- VI. Paura, Di te. Amarti
- VI. Miedo. De ti. Quererte
- VII. «Domani». La parola
- VII. «Mañana». La palabra
- VIII. E improvvisa, inattesa
- VIII. Y súbita, de pronto
- IX. Perché hai nome tu
- IX. Por qué tienes nombre tú
- X. Ah!, quante cose perdute
- X. ¡Ay!, cuántas cosas perdidas
- XI. Lí, oltre il sorriso
- XI. Ahi, detrás de la risa
- XII. Non ho bisogno di tempo
- XII. Yo no necesito tiempo
- XIII. Che gran vigilia il mondo!
- XIII. ¡Qué gran víspera el mundo!
- XIV. Per vivere non voglio
- XIV. Para vivir no quiero
- XV. In fretta, l’allegria
- XV. De prisa, la alegría
- XVI. Tutto dice di sí
- XVI. Todo dice que sí
- XVII. Amore, amore, catastrofe
- XVII. Amor, amor, catástrofe
- XVIII. Che giorno incontaminato!
- XVIII. ¡Qué día sin pecado!
- XIX. Sí, tutto con eccesso
- XIX. Sí, todo con exceso
- XX. Sperdutamente
- XX. Extraviadamente
- XXI. Che allegria, vivere
- XXI. Qué alegría, vivir
- XXII. Trepidazione
- XXII. Afán
- XXIII. Io di piú non posso darti
- XXIII. Yo no puedo darte más
- XXIV. Svegliati. Il giorno ti chiama
- XXIV. Despierta. El día te llama
- XXV. La luce ha questo di male
- XXV. La luz lo malo que tiene
- XXVI. Regalo, dono, offerta?
- XXVI. ¿Regalo, don, entrega?
- XXVII. Il sonno è un lungo
- XXVII. El sueño es una larga
- XXVIII. Che incrocio nel tuo polso
- XXVIII. Qué cruce en tu muñeca
- XXIX. Quando tu chiudi gli occhi
- XXIX. Cuando cierras los ojos
- XXX. Orizzontale, sí, ti voglio
- XXX. Horizontal, sí, te quiero
- XXXI. Sospingimi, lanciami
- XXXI. Empújame, lánzame
- XXXII. Non ti ritrovo piú
- XXXII. Ya no puedo encontrarte
- XXXIII. No, non ti amano, no
- XXXIII. No, no te quieren, no
- XXXIV. Ciò che tu sei
- XXXIV. Lo que eres
- XXXV. I cieli sono uguali
- XXXV. Los cielos son iguales
- XXXVI. Ieri ti ho baciato sulle labbra
- XXXVI. Ayer te besé en los labios
- XXXVII. Mi doveva bastare
- XXXVII. Me debía bastar
- XXXVIII. Intera cade la pietra!
- XXXVIII. ¡Qué entera cae la piedra!
- XXXIX. Il modo tuo d’amare
- XXXIX. La forma de querer tú
- XL. Come tu sei probabile!
- XL. ¡Qué probable eres tú!
- XLI. Perdonami se ti cerco cosí
- XLI. Perdóname por ir así buscándote
- XLII. Parliamo, da quando?
- XLII. ¿Hablamos, desde cuándo?
- XLIII. Cominciano ad accendersi
- XLIII. A la noche se empiezan
- XLIV. Che passeggiata di notte
- XLIV. Qué paseo de noche
- XLV. La materia non pesa
- XLV. La materia no pesa
- XLVI. Quante volte, a lungo
- XLVI. Cuántas veces he estado
- XLVII. Chiamarla: impossibile
- XLVII. Imposible llamarla
- XLVIII. La notte è il grande dubbio
- XLVIII. La noche es la gran duda
- XLIX. No, tu non puoi amarmi
- XLIX. Tú no puedes quererme
- L. Ti si sta vedendo l’altra
- L. Se te está viendo la otra
- LI. No, non posso credere
- LI. No, no puedo creer
- LII. Allontanala, specchio
- LII. Distánciamela, espejo
- LIII. Fra la tua verità piú fonda
- LIII. Entre tu verdad más honda
- LIV. La fronte è piú sicura
- LIV. La frente es más segura
- LV. Non chiederti nulla mi salva
- LV. No preguntarte me salva
- LVI. Sto modellando la tua ombra
- LVI. Me estoy labrando tu sombra
- LVII. Dimmi, perché quest’ansia
- LVII. Dime, por qué ese afán
- LVIII. Ti ho cercato nel dubbio
- LVIII. Te busqué por la duda
- LIX. A te si giunge solo
- LIX. A ti sólo se llega
- LX. Tu non le puoi vedere
- LX. Tu no las puedes ver
- LXI. Se tu sapessi che questo
- LXI. Si tu supieras que ese
- LXII. Quando tu mi hai scelto
- LXII. Citando tú me elegiste
- LXIII. Non voglio che ti allontani
- LXIII. No quiero que te vayas
- LXIV. Quali immensi pesi
- LXIV. Qué de pesos inmensos
- LXV. Non in palazzi di marmo
- LXV. No en palacios de mármol
- LXVI. Lo troveremo, sí
- LXVI. Lo encontraremos, sí
- LXVII. Chi, chi mi popola il mondo
- LXVII. Quién, quién me puebla el mundo
- LXVIII. Che corpi lievi, sottili
- LXVIII. Qué cuerpos leves, sutiles
- LXIX. E se non fossero le ombre
- LXIX. Y si no fueran las sombras
- LXX. Le senti come chiedono realtà
- LXX. Las oyes cómo piden realidades
- Il libro
- L’autore
- Copyright