La nobiltà europea in età moderna
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La nobiltà europea in età moderna

  1. 320 pagine
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La nobiltà europea in età moderna

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L'identità e le vicende della classe nobiliare costituiscono un eccellente punto di osservazione per comprendere appieno la complessa evoluzione della società europea nell'età moderna. Avendo influenzato e controllato fino a tutto l'Ottocento buona parte dell'economia, della politica e della vita culturale del vecchio continente, la nobiltà europea costituisce inoltre un modello di riferimento ideale per lo studio del reciproco interagire di tradizione e innovazione nella storia degli ultimi cinque secoli.
Intento di questo libro è offrire una storia generale della nobiltà europea tra Rinascimento e Rivoluzione francese. Concepito secondo una prospettiva comparata per introdurre studenti e lettori non specialisti a una materia vasta e intricata, La nobiltà europea ne esplora temi e problematiche adottando un linguaggio accessibile e autorevole insieme. Jonathan Dewald vi esamina continuità e trasformazioni delle strutture nobiliari, l'evolversi dei dati statistici, la percezione che il ceto nobiliare aveva della propria posizione all'interno della società, il consolidarsi dei patrimoni e del potere politico, gli stili di vita. Contestando una prospettiva unanimemente accettata, l'autore mostra come i nobili europei seppero adattarsi nel tempo ai radicali mutamenti che sconvolsero la società e la cultura europea, come tale processo di adattamento avesse conosciuto in tutta Europa forme sostanzialmente simili, e come, pur in situazioni apparentemente non comparabili per dimensioni quantitative e tipologia dei privilegi accordati nelle diverse nazioni, il ceto nobiliare europeo si trovò ad affrontare le stesse problematiche per le quali sarebbero state adottate le medesime soluzioni.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
ISBN
9788858425848
Argomento
History
Categoria
World History

Capitolo secondo

Ricchezza, privilegio, cambiamento

Quanto erano ricchi i nobili? Nel periodo compreso tra XVI e XVIII secolo abbondano in tutta Europa gli esempi di nobili di enorme ricchezza. In Svezia c’è Magnus Gabriel de la Gardie (1622-86) che possiede, fra i molti altri, un castello di 248 stanze e ha un reddito che, nelle annate migliori, equivale a un quinto delle entrate statali svedesi1. Negli ultimi decenni del XVI secolo, un grande di Spagna come il duca Medina Sidonia, comandante della Armada spagnola, può contare sul tributo di 90 000 vassalli; a conferma, tra l’altro, dell’immenso potere economico che poteva esercitare l’alta nobiltà2. In Francia, la situazione non è molto diversa. Nei primi decenni del XVII secolo, il duca di Lesdiguières possiede una dimora parigina con 49 stanze; oltre l’enorme residenza di campagna che si è fatto costruire nel Delfinato. I diritti del visconte di Turenne si estendono a oltre novanta villaggi e sette cittadine, per una superficie totale di 4000 chilometri quadrati. Queste enormi ricchezze indicano che i ricchi aristocratici torreggiano sul resto della società. Nel XVII secolo, il reddito di un duca francese è mediamente cento volte superiore a quello di un borghese parigino benestante, e di cinquecento volte a quello di un artigiano affermato3. E quelli indicati non sono gli esempi di massima ricchezza. I piú ricchi li si trova infatti tra coloro che vivono a piú stretto contatto con chi detiene il potere politico, tra quelli che, per fascino personale o abilità politica, diventano i favoriti del re. Individui di questo genere sono piú numerosi nei primi decenni del XVII secolo, e accumulano immense ricchezze. Il cardinale Richelieu, primo consigliere del re, proviene dalla nobiltà di provincia di modeste condizioni economiche. Alla sua morte, nel 1641, la sua fortuna è valutata intorno ai 20 milioni di livres, di cui 4 milioni in contanti che, da soli, corrispondono al reddito medio annuo di quattrocento nobili4.
Questi esempi indicano fatti basilari della sociologia dei primi secoli dell’epoca moderna; ossia che i nobili hanno una posizione preminente nella maggior parte delle società dell’epoca per le ricchezze di cui dispongono e per la stima sociale di cui godono. Nella maggior parte dell’Europa sono puramente e semplicemente i piú ricchi, ma altre circostanze ne consolidano la preminenza. Dai nobili ci si aspetta che spendano con dovizia, in modo da rendere visibile la loro ricchezza a tutti gli altri, che ne riconosceranno cosí la superiorità economica. Se risiedono in campagna, torreggiano sul circondario. Il barone di Pont-Saint-Pierre è un agiato ma non certo ricchissimo nobile della Francia settentrionale; ciò nondimeno, nel XVII e XVIII secolo il suo reddito è superiore alla somma dei redditi di tutti i proprietari terrieri, compresi tre nobili minori, che risiedono nei suoi tre villaggi principali5. Soltanto in qualche angolo d’Europa – in Olanda, in alcune città tedesche e italiane – la borghesia commerciale dispone di ricchezze paragonabili6. In ogni caso, mercanti e banchieri solitamente si dànno da fare per accedere alla nobiltà, invece di soppiantarla. Tanto che, non appena dispongono dei capitali necessari, acquistano proprietà fondiarie e acquisiscono titoli formali di nobiltà. Nella maggior parte dell’Europa, le uniche che possono contendere il predominio ai nobili sono le alte cariche dell’amministrazione statale; ma anche queste, come abbiamo del resto visto, cercano, un po’ dappertutto e in misura crescente, di accedere ai ranghi della nobiltà. Durante il periodo in questione, il grado di preminenza economica dell’aristocrazia è soggetto a variazioni; in ogni caso, nel XVIII secolo, tale preminenza conserva la stessa visibilità che aveva nel XVI secolo. Da questa prospettiva particolare, non si può dire che nel 1789 la borghesia sia «ascesa».
Altri elementi riguardanti la situazione economica dei nobili sono piú complessi e in proposito gli storici sono meno concordi. Chiaramente, la nobiltà nel suo complesso rimane ricca nel corso della prima età moderna; meno chiara è invece l’evoluzione dei vari gruppi che la compongono. Al riguardo ci si può chiedere se siano i nobili piú ricchi ad approfittare maggiormente delle opportunità economiche offerte dal periodo; oppure se il maggior vantaggio lo traggano i nobili minori, che imparano ad amministrare meglio le loro proprietà. Domande del genere ne generano ovviamente altre relative alla capacità dei nobili di investire il proprio denaro. Con quanta capacità amministrano la loro ricchezza, e come si comportano rispetto ai cambiamenti economici in atto? E in proposito ci si può chiedere se questi cambiamenti economici abbiano avuto o meno una qualche ripercussione sui nobili.
In definitiva, gli studi sull’attività economica dei nobili debbono affrontare la questione piuttosto complessa della capacità del gruppo di adattarsi a un mondo in via di modernizzazione. In passato, gli storici hanno dato per scontata la difficoltà di questo adattamento, poiché la propensione all’attività militare e le tradizioni rurali dei nobili sembravano incompatibili con la destrezza economica richiesta dal capitalismo moderno. Un ventennio di ricerche ha però mostrato la falsità dell’assunto, chiarendo che i nobili si sono mostrati capaci di perseguire i loro interessi economici con tenacia ed efficacia. Ma nonostante questa scoperta di fondo restano senza risposta alcune domande importanti. È pertanto necessario determinare la portata dei cambiamenti economici e delle sfide che i nobili hanno dovuto fronteggiare, oltre gli elementi di forza e di debolezza che hanno caratterizzato questo confronto. Il presente capitolo cerca di evidenziare sia l’ampiezza dei cambiamenti con i quali i nobili hanno dovuto confrontarsi, sia il fatto che, per molti aspetti importanti, si sono trovati a vivere in un mondo economico nuovo a partire dalla metà del XVIII secolo. Ciò nondimeno, come questo capitolo cerca ugualmente di dimostrare, i nobili sono stati in grado di adattarsi con successo a tali cambiamenti.
Gerarchie della ricchezza.
La preminenza economica dei nobili era generalizzata, ma non dappertutto ugualmente delineata. Nell’Europa occidentale, è l’Inghilterra il paese col maggior numero di aristocratici con grandi patrimoni. Già nei primi decenni del XVI secolo, tra i circa 6 milioni di abitanti del paese, si contano circa 60 pari, e grosso modo altrettanti appartenenti alla gentry di nobili natali, dotati quasi tutti di grandi fortune; numero che un secolo dopo è circa raddoppiato7. Con una popolazione circa doppia, la Spagna dei primi decenni del XVI secolo ha soltanto 77 nobili titolati, che non superano i 155 nel 1630, e in piú sono in gran parte oberati dai debiti8. La popolazione della Francia è ancora piú numerosa – circa il triplo o il quadruplo di quella dell’Inghilterra –, ma i grandi nobili francesi sono in numero inferiore rispetto a quelli inglesi. Nei primi decenni del secolo XVII, soltanto 46 individui possono fregiarsi del titolo di duc et pair, e si può pensare che altri 200 godano di uno status elevato corrispondente grosso modo a quello dei pari britannici9. Si può pertanto dire che l’Inghilterra dell’epoca presenta una struttura sociale particolare in fatto di presenza dell’aristocrazia. Il numero di nobili inglesi dotati di grandi ricchezze non trova riscontro negli altri paesi europei, né in termini assoluti, né relativi. Costoro, inoltre, detengono una percentuale di terra molto piú elevata che nel resto d’Europa. I pari inglesi sono proprietari di circa un quarto del paese; percentuale reperibile soltanto nell’Europa centrale. In Francia, è la nobiltà nel suo complesso a possedere un quarto delle terre, e di questo quarto i pari ne possiedono soltanto una piccola parte. Nella Germania occidentale, i nobili controllano una percentuale di terre ancora inferiore, dell’ordine di circa il 10 per cento dell’arativo, cui si può aggiungere il 15 per cento delle foreste. Percentuali analoghe si riscontrano in Lussemburgo10.
La grande e particolarmente visibile ricchezza di un numero ristretto di nobili non significa affatto che tutti, o anche solo la maggioranza di essi, siano ricchi. Di fatto la maggior parte dispone di un patrimonio piuttosto limitato, e non pochi sono poveri. La tabella 3 fornisce alcuni esempi di gerarchia della ricchezza nei paesi europei, e mostra quanto possa essere ampio il divario all’interno di questa gerarchia. I redditi possono variare anche del 100 per cento: intorno alla metà del XVIII secolo, un quarto dei nobili del Lussemburgo ha un reddito inferiore ai 100 fiorini a fronte di un gruppetto sparuto con redditi annui di 10 000 fiorini e oltre. Il nobile in ristrettezze economiche non è affatto un’eccezione; la maggior parte appartiene però alla fascia intermedia, composta da famiglie che godono di una certa agiatezza pur non potendosi permettere grandi lussi.
I contorni di questa piramide della ricchezza cambiano in maniera sensibile nel corso della prima età moderna. Del resto, difficilmente le cose avrebbero potuto andare in maniera diversa, dati gli enormi cambiamenti economici verificatisi nell’intera Europa in questi anni, con la scoperta di nuovi continenti e nuovi processi industriali, e una popolazione oscillante. Sui nobili, questi cambiamenti sortiscono effetti svariati e complessi; ma sul lungo periodo il significato del cambiamento è chiaro. Nella maggior parte dei paesi, i nobili della fascia mediana tendono ad ampliare la loro quota di ricchezza nazionale a spese dei nobili della fascia superiore. In Inghilterra, questo processo è stato definito «ascesa della gentry»; ma un fenomeno analogo (che non ha trovato denominazione altrettanto precisa) si verifica pure altrove. L’esempio inglese rimane il piú chiaro: nei secoli XVI e XVII, secondo le stime di uno studioso autorevole, la gentry raddoppia la quota di terra in suo possesso, passando da un quarto alla metà; mentre la quota dell’aristocrazia registra soltanto un leggero aumento11. Ci sono indicazioni di un andamento analogo in Francia e nella Spagna settentrionale12; e anche nei domini asburgici dell’Europa centrale, sebbene qui le relazioni sociali siano assai piú complesse. Nella Boemia della metà del XVI secolo, i nobili della fascia piú ricca (con oltre 900 servi) detengono il 41 per cento dei contadini assoggettati detenuti dai nobili. Un secolo dopo, questa quota scende al 25 per cento del totale. Negli ultimi decenni del XVI secolo, il 18 per cento dei nobili della bassa Austria controlla almeno 500 servi; nel 1620, il numero di questi nobili di grande ricchezza è sceso al 10 per cento del totale13.
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Questo andamento è in parte dovuto ai vantaggi di cui normalmente godono i proprietari terrieri di media grandezza nei periodi di rapido cambiamento economico. Essi possono infatti dedicare maggiore attenzione all’amministrazione dei loro fondi di quanto non sia consentito ai grandi proprietari terrieri, che hanno molte proprietà di cui occuparsi e la cui attenzione è continuamente sollecitata da altri interessi. I nobili della fascia intermedia si rivelano inoltre piú pronti a cogliere le nuove opportunità; d’altra parte sono meno obbligati alle spese di parata. Come abbiamo già accennato, all’epoca ci si attende dai grandi nobili che spendano e spandano senza preoccuparsi delle eventuali ripercussioni negative sull’economia delle loro proprietà fondiarie. Ma vi sono cause politiche altrettanto importanti di quelle economiche. I governi guardano infatti con sospetto i grandi nobili, perché possono ostacolare la politica regia e arrivare addirittura a contendere il trono al monarca. Le grandi famiglie sono pertanto sottoposte a stretta sorveglianza e le loro proprietà subiscono attacchi periodici. La cosiddetta ascesa della gentry è da porsi in relazione col secondo grande processo di cambiamento che si ripercuote sulla situazione economica dei nobili in questi anni; ossia la crescente ricchezza di coloro che sono direttamente coinvolti nell’amministrazione statale. Alludiamo in particolare ai funzionari della pubblica amministrazione, il cui numero, come abbiamo visto, cresce notevolmente; e alludiamo, inoltre, ai cortigiani, altro gruppo in ascesa in questo periodo. I cortigiani sono uomini e donne che vivono a diretto contatto col principe, dal quale ricevono regalie e al quale garantiscono compagnia e consiglio in materia di politica. Per svariate ragioni, questi gruppi risultano favoriti dai cambiamenti economici verificatisi nei primi secoli dell’età moderna.
Terra e proprietà nobiliare.
Sino al XVIII secolo, la principale risorsa economica della maggior parte dei nobili è costituita dalla proprietà terriera. La terra ha funzioni nello stesso tempo pratiche e simboliche. È ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La nobiltà europea in età moderna
  3. Premessa
  4. La nobiltà europea in età moderna
  5. Introduzione. Le nobiltà europee come problema storico
  6. I. Qualità e quantità
  7. II. Ricchezza, privilegio, cambiamento
  8. III. Nobili e politica
  9. IV. Vite e culture
  10. Conclusione. Verso una società nuova: la Rivoluzione francese e oltre
  11. Bibliografia
  12. Elenco dei nomi
  13. Il libro
  14. L’autore
  15. Copyright