Gesù e le donne
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Gesù e le donne

  1. 112 pagine
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Gesù e le donne

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«Rialzati, alza la fronte, sta' in piedi, non restare una donna curvata» cosí dice idealmente Gesú alla donna malata in sinagoga, e cosí dice idealmente a ogni donna. In ogni tempo e in ogni luogo. Conoscere la storia della donna curva o di quella malata di emorragia uterina, della samaritana o dell'adultera, della donna straniera o dell'apostola degli apostoli, ci dice moltissimo di Gesú e di come il suo magistero incida sulla nostra vita. Il suo esempio, infatti, ci potrebbe di nuovo insegnare «a camminare insieme nella diversità riconciliata e la convivenza sarebbe piú bella e piú buona». Al tempo di Gesú, la vita di una donna in Israele non era facile. Il mattino di ogni giorno l'ebreo osservante recitava, e recita tuttora, questo ringraziamento: «Benedetto il Signore che non mi ha creato né pagano, né donna, né schiavo». La letteratura sapienziale dichiara infatti che mentre la donna vergine è desiderata per le nozze, quella sposata è «vite feconda nell'intimo della propria dimora» e la sua piú alta vocazione è essere la padrona della casa. Previdente, accorta, economa, educatrice di una prole numerosa. Dunque la donna è una presenza nascosta, afona nella società, la sua vita è dedicata alla famiglia, e viene amata finché resta al «suo» posto: il posto stabilito dagli uomini. Anche se poi alcune donne avevano una loro importanza e dignità, è su un tale sfondo religioso e culturale che si staglia la figura di Gesú. Ma il Rabbi porta anche qui la novità rivoluzionaria del Vangelo. Attraverso i vangeli sinottici e il vangelo secondo Giovanni, Enzo Bianchi recupera e ci racconta le vicende emblematiche del rapporto di Gesú con le donne incrociate in vita. Incontriamo cosí fra le altre la donna malata di emorragia uterina che ha il coraggio di toccare il Messia sebbene «impura»; la donna straniera, greca e per di piú di origini siro-fenicie, quindi pagana; le sorelle Marta e Maria; la donna sorpresa in adulterio, e Maria di Magdala, l¿apostola degli apostoli. Se uno dei modi piú fecondi per conoscere un uomo o una donna è indagarne le relazioni con gli altri, il modo con cui guarda le persone scegliendo di averne accanto alcune invece di altre, allora osservare le relazioni di Gesú con le donne che incontra, che sceglie e che lo scelgono, ci può dire moltissimo sul suo insegnamento ma anche sulla nostra vita quotidiana di uomini e di donne. E può dire molto anche alla società e alla chiesa di oggi. «Sarebbe infatti necessario, - afferma Bianchi -, che la Chiesa, le chiese, tornassero senza paura semplicemente a ispirarsi alle parole e al comportamento di Gesú verso le donne, assumendone i pensieri, i sentimenti, gli atteggiamenti umanissimi e, nello stesso tempo, decisivi anche per la forma della comunità cristiana e dei rapporti in essa esistenti tra uomini e donne».

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2016
ISBN
9788858424322

Gesú e le donne nel quarto vangelo

Il vangelo secondo Giovanni fa intervenire alcune figure femminili sconosciute ai sinottici. Il caso per eccellenza è quello della samaritana […] Inoltre, là dove mette in scena figure femminili già note, come la madre di Gesú, Marta e Maria o Maria di Magdala, il ruolo che il quarto vangelo riserva loro assume un rilievo del tutto eccezionale.
MICHEL GOURGUES
Nel quarto vangelo, il vangelo secondo Giovanni, la presenza delle donne è piú rilevante che nei sinottici, non solo quantitativamente ma soprattutto qualitativamente. Le figure femminili, infatti, sono tratteggiate in modo esteso e preciso, hanno una personalità ben definita, sono soggetti di dialogo e di confronto con Gesú. Ma ciò che in particolare le distingue rispetto alle donne presenti nei sinottici è che sono figure simboliche, o meglio, paradigmatiche. Non che la loro figura storica sia attenuata, ma nel quarto vangelo ogni personaggio eccede la propria identità e diventa anche rappresentativo di un soggetto piú vasto: come Maria di Magdala, che rappresenta tutte le donne discepole presenti alla morte di Gesú e divenute le prime destinatarie dell’annuncio pasquale.
La scelta di questo evangelista di porre sempre in dialogo con Gesú una sola persona, volta per volta, facilita il confronto rivelativo con lui e, nel contempo, rende esemplari i vari personaggi. Nel quarto vangelo le donne entrano in scena, incontrano Gesú, diventano credenti, sue discepole e anche sue testimoni, missionarie, poi spariscono nel silenzio, ma restano, fino a oggi, donne capaci di testimoniare la sua vera identità: lo definiscono come il Messia, il Figlio di Dio veniente nel mondo, il Signore. Il lettore faccia dunque attenzione al mutamento di interpretazione che si richiede quando si percorre il quarto vangelo, il vangelo «altro». Le donne qui presenti sono la madre del Signore (Gv 2,1-12; 19,25-27), la samaritana (Gv 4,3-42), la donna sorpresa in adulterio (Gv 8,1-11), le sorelle Marta e Maria (Gv 11,1-12,8) e Maria di Magdala (Gv 19,25; 20,1-2.11-18). Tralasciando, come detto in apertura, la madre del Signore nella sua unicità, passiamo a considerare le altre donne elencate.

La donna samaritana.

[Gesú] lasciò la Giudea e andò di nuovo verso la Galilea. Doveva perciò attraversare la Samaria. Viene dunque in una città della Samaria, chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesú dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesú: «Dammi da bere». I suoi discepoli, infatti, erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» I giudei, infatti, non hanno rapporti con i samaritani. Gesú le rispose e disse: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse piú grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?» Gesú le rispose e disse: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà piú sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, – gli dice la donna, – dammi quest’acqua, perché io non abbia piú sete e non continui a venire qui ad attingere». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». La donna gli rispose e disse: «Non ho marito». Le dice Gesú: «Hai detto bene: “Non ho marito”. Infatti, hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli dice la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesú le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità: cosí infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in Spirito e Verità». Gli dice la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesú: «Io sono, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?» La donna intanto lasciò la sua brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite e vedete un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?» Uscirono dalla città e venivano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano dicendo: «Rabbi, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». I discepoli dicevano dunque tra loro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?» Gesú dice loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura?” Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo, infatti, si dimostra vero il proverbio “uno semina e l’altro miete”. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». Quando dunque i Samaritani vennero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di piú credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è piú per i tuoi discorsi che crediamo, ma perché noi stessi l’abbiamo ascoltato e sappiamo che questi è veramente il Salvatore del mondo» [Gv 4,3-42].
Da Gerusalemme, dove ha celebrato la Pasqua e ha incontrato nella notte Nicodemo (cfr. Gv 3,1-21), Gesú ritorna in Galilea. Avrebbe potuto farlo risalendo la valle del Giordano dal Mar Morto fino al lago di Galilea. La strada era piú piana, piú sicura e permetteva di non attraversare la Samaria, terra i cui abitanti da secoli erano talmente nemici dei giudei – che li consideravano impuri ed eretici – da molestarli quando questi attraversavano i loro territori per andare a Gerusalemme (come accaduto allo stesso Gesú; cfr. Lc 9,52-53). Invece – dice il testo – Gesú «doveva» (édei) passare per la Samaria, un «dovere» che esprime una necessità divina: in obbedienza a Dio, proprio perché la sua missione non riguardava solo i giudei, Gesú con un obiettivo determinato e importante attraversa quella terra per portare a compimento la sua missione (cfr. Gv 4,34; 5,30; 6,38). Per questo riceverà l’accusa e l’insulto di chi non comprende il suo comportamento: «Sei un samaritano e un indemoniato!» (Gv 8,48), peggiore di uno straniero e di un idolatra. Eppure Gesú accetta di incontrare questi che sono considerati nemici, empi peccatori; anzi, va a cercare questo popolo abbandonato e disprezzato e si fa samaritano tra i samaritani, sostando presso un pozzo, come il samaritano della parabola ha sostato presso chi era stato percosso dai briganti (cfr. Lc 10,33-35).
Gesú arriva in Samaria nell’ora piú calda del giorno e si siede presso il pozzo di Sicar, il pozzo di Giacobbe (cfr. Gen 33,18-20): è affaticato e assetato ma non ha alcun mezzo per attingervi l’acqua. Giunge anche una donna che, forse a causa del suo comportamento immorale pubblicamente riconosciuto, è costretta a uscire per strada a quest’ora per non imbattersi in quanti la disprezzano. Facendosi mendicante presso di lei, Gesú le chiede ospitalità, rivolgendole una domanda che svela tutta la sua autorevolezza, la sua capacità di accrescere l’altro (come indica il termine latino auctoritas, da augere): «Dammi da bere», condividi con me l’acqua… La domanda di Gesú sorprende la donna: i giudei, infatti, consideravano i samaritani non solo nemici ma soprattutto persone da disprezzare, perché ritenute infedeli all’alleanza, idolatre, impure e repellenti. Il libro del Siracide dà su di loro un giudizio lapidario: «Sono un popolo stolto, anzi neppure un popolo» (cfr. Sir 50,25-26). Quanto poi alle donne samaritane, la Mishnah le ritiene «impure fin dalla culla» (Niddah 4,1), indegne di ricevere una parola soprattutto da un giudeo.
Ecco perché questa donna, stupita da tale approccio, ribatte: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana», dunque nemica, impura, idolatra? Quale abbassamento e accondiscendenza! È questo ciò che colpisce la donna e accende una dinamica di incontro, di relazione, di confronto, in un faccia a faccia cordiale, senza piú barriere. Tra Gesú e la donna, infatti, è caduto un muro di separazione (cfr. Ef 2,14), anzi due: un muro dovuto all’inimicizia tra samaritani e giudei e un muro culturale e religioso di ingiusta disparità, che impediva a un uomo, in particolare a un rabbi, di conversare con una donna. Ma se una persona non può andare a Dio, è Dio che va verso questa persona, che la cerca, perché nessuno può essere escluso dal suo amore: questo di fatto racconta Gesú con il suo comportamento.
Egli, intuito che il dialogo promette di essere un dialogo vero, di qualità, comincia a intrigare la donna: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». La donna è richiamata al suo non sapere, alla sua non-conoscenza. La donna ha sete, Gesú ha sete ma, in realtà, chi dà da bere all’altro? C’è una sete di acqua da parte di Gesú e della donna perché fa caldo, ma c’è anche un’altra sete che a poco a poco emerge… Gesú sa che c’è una sete piú profonda della sete di semplice acqua e sa che il pozzo simboleggia la Torah, quella parte delle Scritture che proprio i samaritani ritenevano l’unica contenente la parola di Dio e alla quale dovevano attingere per vivere da credenti ed essere salvati. Gesú sa anche che questa donna, figura della Samaria adultera (cfr. Os 2,7), ha cercato di placare la sua sete attraverso vie sbagliate: ha avuto diversi uomini, ha bevuto ogni sorta di acqua, vittima e artefice di amori sbagliati…
Invece di giudicare questa donna, cerchiamo di leggere la sua sete insaziabile di cui è segno il venire al pozzo nell’ora piú calda del giorno. Ha desiderio di acqua e percorre la strada del bisogno, cercando di soddisfare la sua necessità come può. Troppi commentatori sfogano la loro violenza su questa donna, coprendola di aggettivi insultanti. In realtà ella è una povera donna che ha sofferto e soffre, prima di essere una peccatrice. Chi può dire perché è giunta a quest’ultima convivenza? I mariti precedenti sono morti? O forse l’hanno ripudiata? In ogni caso – lo ripeto – è una donna che ha molto sofferto, prima di essere una peccatrice; è una donna che cercava amore, capace di sperare sempre di nuovo in un uomo, al punto da vagabondare da uno all’altro, senza trovare tale amore… Perché cadiamo in una foga di condanna ogni volta che c’è una donna implicata, o sospettata di esserlo, in comportamenti sessuali irregolari? Questa enorme ingiustizia – tale istinto di condanna, infatti, è rivolto solo verso le donne e non verso gli uomini – è un vero tradimento dello spirito, della volontà e dello stile di Gesú. Ora, i peccati di questa donna sono tutt’al piú frutto di infelicità, di solitudine, di debolezza, e Gesú è sempre pieno di misericordia verso tali fallimenti, mentre non è altrettanto indulgente verso i peccati dell’ipocrisia, dell’orgoglio religioso (cfr. Lc 11,39-52); e verso la cupidigia e la corruzione del denaro (cfr. Lc 12,13-21) pone addirittura un aut-aut, l’unico: «Non potete servire Dio e la ricchezza» (Lc 16,13; Mt 6,24). In questa donna ci siamo noi con la nostra sete e le nostre maniere sbagliate di soddisfarla: a quali pozzi beviamo, a quali cisterne screpolate ci rivolgiamo (cfr. Ger 2,13), con quali acque di morte vogliamo dissetarci, invece di rivolgerci al Signore, «sorgente di acqua viva» (Ger 2,13), «sorgente della vita» (Sal 36,10)? Dove cerchiamo amore e vita? Non siamo tutti vagabondi alla ricerca di amore, a volte nella direzione sbagliata, ma sempre di amore?
Ecco perché Gesú in primo luogo le svela la sua ignoranza, la sua non-conoscenza, ma non lo fa con un rimprovero – «Tu credi di sapere, ma sei ignorante!» (come aveva detto all’esperto delle Scritture, l’uomo religioso e giusto Nicodemo; cfr. Gv 3,9) – bensí con un invito: «Ah, se tu conoscessi il dono di Dio!» Vuole destare in lei desiderio, vuole farle intravedere la bellezza possibile delle relazioni, la gratuità dell’amore. Il vero clima di un incontro non lascia posto a rimproveri, ma tenta di mostrare il dono, di far conoscere la bellezza, di suscitare la nostalgia per un’acqua che lei non possiede, che nessuno può darsi da sé, ma che si può solo ricevere in dono. Non si deve pretendere qualcosa, imporre, dichiarare in modo assertivo, ma dare, porgere un dono all’altro, soprattutto se questi è sconosciuto e «lontano»… Il Dio di Gesú è un «Dio» che innanzitutto «è amore» (1Gv 4,8.16) e che si rapporta con il peccatore sempre facendogli offerte, doni. Non separa gli umani in peccatori e giusti, praticanti e lontani, degni e indegni, meritevoli e non meritevoli, perché guarda alla situazione di bisogno, alla sofferenza, alla fatica degli esseri umani.
La donna samaritana, incuriosita, vuole saperne di piú: «Chi sei tu che doni quest’acqua viva? Sei forse piú grande del nostro padre Giacobbe? Hai davvero un’acqua che disseta per sempre? Da dove prendi quest’acqua viva?» Il patriarca Giacobbe non solo aveva scavato quel pozzo profondo, ma secondo la tradizione giudaica aveva la forza di far risalire l’acqua dal pozzo con la sua sola presenza. Gesú è forse piú grande di Giacobbe, potrà forse dare acqua che risale dal pozzo, acqua viva, zampillante? Proprio ora comprendiamo anche la sete di Gesú, sete manifestata alla samaritana, sete gridata dalla croce prima di morire (cfr. Gv 19,28; Sal 42,3). Questa sete è anche fame di un cibo che neppure i suoi discepoli in quel momento riconoscono, è una passione vera e propria, è un desiderio profondo e incontenibile di incontrare noi uomini e donne, ciascuno di noi, per offrirci il suo amore: questo è per lui fare la volontà di Dio! Gesú ha una passione folle d’amore nei confronti di noi umani cosí fragili, deboli, falliti e peccatori, cioè persone che, spinte dal dolore, dall’infelicità, fanno il male. Nonostante tutto, egli ci ama di questo amore che non va mai meritato e il suo desiderio per noi è passione, è una vampa d’amore del Signore (cfr. Ct 8,6). Gesú non ha sete di anime, ma di noi interi, delle nostre vite, corpo e psiche nei quali abita lo Spirito di Dio! È faticoso per Gesú venirci a cercare, ma la sua sete non si placa finché non ci ha trovati…
A questo punto Gesú fa alla donna la grande promessa: «Sí, l’acqua di questo pozzo non disseta per sempre, la Legge di Mosè non disseta definitivamente, ma io dono un’acqua che diventa sorgente d’acqua zampillante, fonte inesauribile in chi la beve, e questa fonte dà acqua per la vita eterna». Gesú le annuncia l’inaudito, l’umanamente impossibile: c’è un’acqua da lui donata la quale, anziché essere attinta dal pozzo, diventa essa stessa fonte zampillante, acqua che sale dal profondo. Non si tratta di un pozzo esterno, ma di una fonte interna all’uomo, capace di togliere la sete. Gesú dà un’acqua che si trasforma in una sorgente dentro il cuore dell’uomo, nel profondo dell’essere di chi crede, di chi aderisce a lui. Bere l’acqua da lui donata significa trovare in sé una fonte che zampilla dentro, una sorgente interiore: quest’acqua è lo Spirito Santo che zampilla per la vita eterna, che nel cuore del credente diventa «maestro interiore». Gesú darà quest’acqua proprio consegnando lo Spirito sulla croce, quando dal suo costato trafitto usciranno sangue e acqua (cfr. Gv 19,30.34; 7,37-39). Dunque acqua zampillante, fonte nel cuore del discepolo è lo Spirito Santo, il dono dei doni (cfr. Lc 11,13), lo Spirito consolatore (cfr. Gv 14,16.26; 15,26; 16,7) che con la sua presenza farà sí che Dio non parli piú dall’esterno, con la Legge – la quale, del resto, è già «nel tuo cuore» (Dt 30,14), nel cuore umano –, ma scriverà la Legge di Dio nel cuore stesso dell’essere umano, come aveva promesso il profeta Geremia (cfr. Ger 31,31-34).
La samaritana comincia a intuire qualcosa, ed ecco che pone ora a lui la stessa domanda rivoltale all’inizio da Gesú: «Signore (Kýrios), dammi quest’acqua!» E qui Gesú dà una brusca e improvvisa svolta al dialogo: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Che senso può avere questa sua ingiunzione? Cosa c’entra il marito? In realtà Gesú conosce bene la situazione della samaritana, perché «conosceva quello che c’è in ogni uomo» (...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Gesú e le donne
  4. Premessa
  5. «Maschio e femmina li creò»
  6. Gesú e le donne nei vangeli sinottici
  7. Gesú e le donne nel quarto vangelo
  8. Per andare oltre…
  9. Il libro
  10. L’autore
  11. Dello stesso autore
  12. Copyright