Le donne nell'Europa moderna
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Le donne nell'Europa moderna

  1. 400 pagine
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In questo saggio, Merry E. Wiesner-Hanks, insigne studiosa di storia femminile dell'età moderna, ci racconta la vita delle donne in Europa dal 1500 all'età dei Lumi. Il volume - che per questa nuova edizione è stato in molte sue parti aggiornato e ampliato - illustra non tanto i fatti, quanto piuttosto il complesso di idee, leggi e pregiudizi che circondavano le donne, il loro ruolo economico, i precetti della medicina (per lunghi secoli il corpo femminile venne considerato e curato come un corpo maschile imperfetto), le scarse possibilità femminili di accedere al sapere e alla cultura, il rapporto con la religione e le arti occulte. Le donne nell'Europa moderna si snoda lungo un accurato percorso, esteso dal punto di vista sia temporale sia geografico, e scandisce i capitoli secondo la divisione tripartita dell'essere umano in corpo, intelletto e spirito. Questo consente un'analisi minuziosa di ogni aspetto della vita fisica, affettiva e spirituale delle donne europee in età moderna e si conclude con una riflessione sul rapporto fra differenza dei sessi e potere e un nuovo capitolo sul genere nel mondo coloniale.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
ISBN
9788858426425
Argomento
History
Categoria
World History
Parte terza

Spirito

Capitolo sesto

Religione

Signore dell’anima mia, tu, quando peregrinavi quaggiú sulla terra, non aborristi le donne, ma anzi le favoristi sempre con molta benevolenza e trovasti in loro tanto amore e persino maggior fede che negli uomini … Nel mondo le onoravi … [Ci sembra quindi impossibile] che non riusciamo a far alcunché di valido per te in pubblico…
TERESA D’ÁVILA, Cammino di perfezione, 1566, Città nuova, Roma 1996, p. 40.
Giacché sarebbe assai pernicioso che il parere degli uomini, per quanto buoni e santi, si sostituisse al comandamento divino, desidero che tale questione [la decisione del concistoro protestante della sua città, organismo disciplinare composto da ecclesiastici, di scomunicare lei e tutta la sua famiglia poiché ella si arricciava i capelli] venga chiarita per il bene e la concordia delle chiese.
CHARLOTTE ARBALESTE, 1584, trad. ingl. e cit. in JAMES ANDERSON, Ladies of the Reformation. In Germany, France, and Spain, Blackie and Sons, London 1857, p. 466.
La seconda epigrafe è tratta dal discorso che Charlotte Arbaleste, aristocratica francese di fede calvinista, tenne al concistoro della sua città. Il modo di acconciare i capelli, continuava Arbaleste, non poteva essere motivo di esclusione dalle funzioni religiose e una nobildonna par suo non avrebbe di certo assecondato il volere di certi pastori di classe media su una faccenda che non aveva nulla a che fare con la sua salvezza, né con quella di nessun altro.
Questo conflitto e le relative osservazioni di Arbaleste sono illuminanti rispetto a molte questioni attinenti alla vita religiosa femminile in età premoderna. Prima di tutto va detto che a quel tempo la pettinatura di una donna aveva un enorme valore sociale e simbolico, anche se a noi può sembrare un problema di poco conto. Subito dopo il matrimonio, la donna copriva il capo, poiché la capigliatura lunga e fluente indicava che era sessualmente accessibile, che si trattasse di una vergine o di una prostituta. Sia il Nuovo Testamento sia i primi pensatori cristiani, ad esempio Tertulliano, imponevano alle donne di coprirsi la testa non solo in segno di rispetto ma anche perché cosí erano meno attraenti. I pastori dunque invocavano le Sacre Scritture per avvalorare la propria posizione: al cuore della controversia c’era il controllo della sessualità femminile e il mantenimento dell’ordine morale in cui le donne erano sottomesse, fattori che furono al centro di quasi tutte le dispute religiose che coinvolsero la donna in età premoderna, anche quando coloro che vi prendevano parte non ne facevano esplicita menzione.
In secondo luogo, il problema fondamentale per le donne era spesso rappresentato dal conflitto fra le due autorità che Arbaleste menziona: il punto di vista maschile e il comandamento divino. Dovevano scegliere fra le prescrizioni degli uomini che detenevano il potere politico e religioso, e talvolta anche dei padri e dei mariti, e quello che esse ritenevano fosse il destino che il Signore aveva preordinato per la loro esistenza. In terzo luogo, Arbaleste e i pastori erano in disaccordo rispetto al confine fra pubblico e privato: a quel tempo molte donne asserivano che la loro devozione era un fatto personale che poteva venir giudicato solo da Dio. Infine, la sicurezza con cui Charlotte sfida i pastori, e in parte il motivo della sua irritazione, è ascrivibile al suo nobile casato: le donne che influenzarono maggiormente l’Europa premoderna nel campo della fede erano quasi sempre aristocratiche o regine le cui scelte ebbero conseguenze tanto per i sudditi quanto per loro stesse e le famiglie cui appartenevano. In ogni caso, la sfera religiosa fu quella che forní le maggiori possibilità di indipendenza alle donne di ogni condizione sociale.
Certo suona strano pensare che la religione cristiana, quella ebraica e quella islamica accordassero potere alle donne, dal momento che tutte contengono elementi di forte misoginia ed erano a quel tempo rigorosamente controllate da gerarchie maschili, con le piú alte (se non tutte) cariche ecclesiastiche riservate agli uomini. Nelle tre confessioni, Dio è una figura maschile, il racconto della creazione attribuisce, anzi impone, una posizione di secondo piano alla donna, prescrivendole l’obbedienza e la sottomissione; in tutte la tradizione costituiva la base su cui si fondava l’autorità maschile in ogni campo dell’esistenza, non soltanto in quello spirituale. Ma nonostante ciò, era alle parole dei testi sacri e agli esempi delle pie donne del passato che le donne si appellavano piú spesso per mettere in discussione o decisamente opporsi alle regole che venivano loro imposte. La religione era per loro anche un buon motivo per studiare i filosofi laici: Mary Astell, la femminista e scrittrice inglese che visse nella prima metà del Settecento, sosteneva che la conoscenza del pensiero di Cartesio poteva non solo aiutare la donna ad amare Dio «con tutto il cuore e la forza di cui è capace» ma anche ad «amarlo con tutta la mente e l’anima»1.
Per esplorare le opinioni e l’agire delle donne nella sfera religiosa è opportuno rispettare l’ordine cronologico degli eventi che in tale ambito scandirono la prima età moderna, poiché essi determinarono le varie dottrine e istituzioni in sintonia o in contrasto con le quali le donne operarono. Per quanto riguarda il cristianesimo, daremo uno sguardo alla Chiesa occidentale e a quella orientale del basso Medioevo, alla Riforma protestante e cattolica, ai cambiamenti nell’area ortodossa, alle nuove dottrine, tra cui il quietismo e il pietismo, che nel Seicento e nel primo Settecento ampliarono le possibilità di scelta in campo spirituale, alle sette radicali che caratterizzarono la guerra civile inglese. Tratteremo poi molto piú in breve della condizione della donna nelle comunità ebraiche e musulmane, il cui destino era fortemente condizionato dalle autorità cristiane sotto il cui controllo vivevano in quasi tutta Europa.

Ruolo delle donne nel cristianesimo bassomedievale.

Pur avendo già esaminato in modo abbastanza dettagliato il pensiero dei teologi e dei chierici medievali rispetto alla questione femminile, prima di accertare i cambiamenti che le due Riforme comportarono per le donne, e la loro posizione in entrambe, è opportuno accennare al ruolo che esse ebbero nella Chiesa del basso Medioevo. A questo proposito dobbiamo distinguere, come peraltro si faceva anche allora, fra due gruppi diversi: da una parte le monache e le altre donne consacrate a Dio, la grande maggioranza delle laiche sposate o che risiedevano presso la famiglia di un parente, e dall’altra tutte quelle che in un certo senso vivevano una condizione intermedia, che cioè cercavano di condividere la pratica religiosa senza pronunciare i voti o conformarsi all’osservanza di una regola.
Nella Chiesa bassomedievale le donne che avevano piú potere e per molti aspetti piú autonomia erano le badesse, che spesso controllavano grandi proprietà e avevano la giurisdizione su molte persone. Ciò avveniva non solo in Germania, dove le superiore dei conventi liberi non erano soggette ad alcun signore laico eccetto l’imperatore, ma anche in altre regioni europee in cui i conventi dipendevano da potenti casati. In ogni casa religiosa cattolica era indispensabile la presenza di un prete per dire messa e amministrare il sacramento della confessione, funzioni che secondo la Chiesa non potevano venir assolte dalle donne, le quali però si occupavano della gestione economica e svolgevano il compito di consigliere spirituale per le novizie e le altre interne. Fin dalla loro fondazione in epoca altomedievale, molti conventi avevano una composizione sociale esclusiva, poiché accettavano soltanto giovani provenienti dall’aristocrazia; le donne di diversa estrazione erano ammesse in qualità di sorelle laiche per svolgere i lavori manuali piú pesanti e le mansioni piú umili, ma non potevano diventare suore professe.
Molti monasteri raggiunsero l’apogeo culturale e politico nei secoli X e XI, quando Rosvita di Gandersheim componeva per le sue consorelle le prime commedie che furono scritte dopo la caduta dell’Impero romano, e le badesse intrattenevano rapporti epistolari e scambi di visite con i piú importanti uomini politici del tempo. Alla fine dell’XI secolo sorse un movimento, che prese il nome di Riforma gregoriana da uno dei suoi piú autorevoli sostenitori, Gregorio VII (papa dal 1073 al 1085). Tale movimento affermava l’indipendenza del papato da ogni autorità terrena e si proponeva di limitare i legami tra i ministri del culto e le donne. Furono emanate disposizioni che imponevano il celibato ecclesiastico e annullavano i matrimoni contratti dai membri del clero. I propugnatori della Riforma avviarono una campagna contro le famiglie dei chierici costringendo mogli e figli ad abbandonare la propria casa. Le proteste che si levarono contro questo cambiamento d’indirizzo non furono ascoltate e da quel momento il celibato divenne la regola per la Chiesa occidentale. Ai preti fu imposto di vivere separati dalle donne della loro famiglia e vennero chiusi i cosiddetti «monasteri doppi», che ospitavano sia donne sia uomini in settori separati. Le religiose dovevano isolarsi dal mondo, chiudersi in clausura, istituto sancito mediante la bolla papale Periculoso, promulgata nel 1298 da Bonifacio VIII, anche se passò molto tempo prima che venisse applicata. Queste iniziative ridussero il potere delle badesse e la loro visibilità nella comunità circostante, proprio mentre le università, chiuse alle donne, si sostituivano ai monasteri nel ruolo di principali centri della cultura europea. Nel basso Medioevo le monache smisero di dispensare consigli politici e di comporre opere destinate alla rappresentazione e dedicarono la scrittura e la dimensione spirituale alla vita interiore e alla meditazione.
Nel Quattrocento alcuni ecclesiastici e le monache piú intransigenti sostenevano che molte case avevano perso l’ardore spirituale di un tempo. Da un certo punto di vista ciò non deve sorprenderci, infatti tante giovani non prendevano i voti per propria scelta ma per volontà dei genitori che, non potendo garantire la dote necessaria per maritarle a un uomo di pari condizione sociale, optavano per il convento che solitamente richiedeva una dote piú bassa. Queste donne spesso conducevano un’esistenza simile a quella che avrebbero condotto fuori del chiostro – indossavano abiti secolari e gioielli, ricevevano visite, mangiavano cibi raffinati, tenevano domestiche al proprio servizio e di quando in quando andavano a trovare parenti e amici. In molte regioni i responsabili degli ordini religiosi cui i conventi erano affiliati e le badesse convinte della necessità di cambiare le cose tentarono di porre un freno a questa condotta e di imporre regole piú rigide e modelli di piú profonda spiritualità. Per le suore le misure adottate ebbero conseguenze in parte negative in parte positive: negative perché spesso ponevano il monastero sotto piú stretta sorveglianza da parte del vescovo, limitando l’autonomia della badessa e le possibilità di contatto con il mondo esterno, cosa che fra l’altro riduceva le opportunità di ricevere donazioni; positive perché in certi casi favorivano nel gruppo una forte coesione e una maggior consapevolezza del valore spirituale della propria esistenza, soprattutto quando lo stimolo al rinnovamento proveniva dalla madre superiora. Il risultato di ciò saranno, come vedremo in seguito, quei conventi riformati che furono i piú tenaci oppositori del protestantesimo nei paesi in cui questo venne introdotto.
Nelle terre in cui predominava la religione ortodossa, come l’Europa orientale e la Russia, c’erano pochissimi conventi di clausura, le suore non mettevano i beni in comune e ciascuna aveva entrate, abbigliamento e cibo personali. Molti di questi istituti erano ricchi centri meta di pellegrinaggi, amministravano grandi proprietà e intrattenevano rapporti stretti con nobili e reali. Le vedove erano molto piú numerose che nell’area cattolica: per tutelare il proprio decoro sociale e i propri interessi economici preferivano prendere i voti e donare i beni mobili o il patrimonio fondiario di cui disponevano al convento piuttosto che condurre battaglie legali contro gli altri eredi. Le superiore delle abbazie piú importanti, che venivano elette dalle suore, spesso erano assai potenti, ospitavano alti funzionari civili ed ecclesiastici ed erano in contatto con lo zar. A differenza di quanto avveniva in Occidente, da queste donne non si pretendeva una profonda vocazione, ma soltanto che conducessero un’esistenza rispettabile; come emerge dalle raccolte di vite di sante russe, l’ideale di donna pia non era la monaca ma la madre devota che viveva serenamente con la famiglia e compiva i suoi miracoli e le sue buone azioni in privato. Poiché il mondo ortodosso non fu coinvolto dalle due Riforme, in Europa orientale i conventi femminili fino a tutto il Settecento continuarono a funzionare esattamente come nei secoli precedenti.
Nel basso Medioevo c’erano anche donne che vivevano in comunità meno organizzate dei monasteri. Quelle che non disponevano di una dote per sposarsi o entrare in convento spesso aderivano a confraternite semireligiose e si mantenevano con lavori di tessitura, cucito o prestando assistenza ai malati. Fra queste c’erano le cosiddette beghine, che la Chiesa ignorò fino al Trecento quando incominciarono ad apparire sospette poiché non erano sottoposte all’autorità di un uomo né avevano pronunciato voti solenni. Erano anche invise alle corporazioni dei mestieri, che stavano consolidando il proprio potere in molti centri urbani, perché le basse retribuzioni che accettavano erano competitive sul mercato del lavoro. Per tutti questi motivi si fece di tutto per impedire alle donne di scegliere forme di vita collettiva che si discostavano da quella rigidamente claustrale. Talvolta tali tentativi ebbero successo, soprattutto quando le beghine venivano anche accusate di eresia, ma continuarono a esistere gruppi di nubili e vedove che sceglievano la coabitazione per il semplice fatto che essa rappresentava per loro l’unica possibilità di sopravvivenza.
Alcune donne, pur nutrendo un forte sentimento religioso, restavano in famiglia e si dedicavano al prossimo, a combattere le eresie o alla preghiera, talvolta si aggregavano come terziarie ai domenicani o ai francescani. Durante l’alto Medioevo la santità era una condizione riservata alle vergini, ma nei secoli successivi comparvero anche sante sposate e madri di famiglia. Alcune riuscivano a convincere i mariti a vivere in castità, altre li abbandonavano, altre ancora continuavano ad avere rapporti sessuali e a mettere al mondo figli. Dal momento che la Chiesa attribuiva immenso valore alla verginità, la maternità turbava le donne particolarmente devote, che talvolta trovavano consolazione pensando a Maria, la madre di Cristo. Margery Kempe, mistica inglese del Quattrocento che aveva già quattordici figli, si disperava perché aspettava il quindicesimo, ma fu confortata da Gesú che le apparve e le disse: «Giacché la tua anima è illibata, io ti prenderò per una mano, mia Madre per l’altra, e tu potrai danzare in Paradiso con le altre fanciulle innocenti e vergini»2.
Nel cristianesimo del basso Medioevo, la stragrande maggioranza delle donne non era costituita da suore, beghine o mistiche, ma da laiche – cioè figlie, mogli e madri che vivevano in famiglia o donne nubili e vedove che abitavano per conto proprio. Il cristianesimo del basso Medioevo offriva ai credenti laici una gamma di possibilità per avvicinarsi al Regno dei Cieli o rivolgersi a Dio per risolvere i problemi qui in terra. Uomini e donne andavano in pellegrinaggio, compravano cimeli religiosi, partecipavano all’ostensione delle reliquie, facevano offerte per celebrare messe in memoria o preghiere speciali, accendevano ceri, fondavano confraternite laiche dedicate a santi particolari o a pratiche devozionali specifiche come il rosario, e compivano un’infinità di altri atti motivati da questioni religiose. Le loro vite erano scandite da cerimonie con significato religioso – battesimi, matrimoni, funerali – e tutto il calendario era strutturato in base all’anno ecclesiastico, con feste e fasti celebrati con la famiglia e cerimonie collettive. Sia uomini che donne spesso concentravano la loro devozione sul personaggio di Cristo, e il culto cristologico diventò un aspetto importante delle vite di coloro che si ponevano come modello un comportamento impeccabile.
Oltre a Cristo, uomini e donne veneravano la Vergine Maria e i santi. Maria era un’immagine assai popolare, ritratta cosí sovente che molti pensavano fosse una figura della Trinità. I santi avevano nel mondo cristiano medievale la stessa funzione che le divinità minori avevano avuto per greci e romani, di protettori di det...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Elenco delle illustrazioni
  4. Introduzione all’edizione italiana di Angela Groppi
  5. Suggerimenti bibliografici
  6. Introduzione
  7. Ringraziamenti
  8. Le donne nell’Europa moderna
  9. I. Il pensiero maschile sulla donna e le leggi che la riguardano
  10. PARTE PRIMA Corpo
  11. PARTE SECONDA Intelletto
  12. PARTE TERZA Spirito
  13. Indice analitico
  14. Il libro
  15. L’autrice
  16. Copyright