Cinque voci per Gesualdo
eBook - ePub

Cinque voci per Gesualdo

Travestimento in musica e teatro di un mito d'amore, morte e magia

  1. 112 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Cinque voci per Gesualdo

Travestimento in musica e teatro di un mito d'amore, morte e magia

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Quel che sappiamo è che nella notte del 16 ottobre 1590 la moglie di Gesualdo fu uccisa e ferocemente mutilata insieme all'amante. Dell'omicidio fu davvero responsabile il marito geloso? Ripercorrendo le carte processuali De Simone mette in scena un'indagine complessa e ambigua, dove all'infedeltà coniugale si sovrappone un intreccio di complotti politico-religiosi, arte e ossessioni demoniache. Il testo è anche un intreccio di voci colte e popolari che parlano la lingua poetica dei madrigali, il dialetto napoletano dei semicolti, il latino delle preghiere, la lingua del potere dei gesuiti, quella burocratica dei magistrati, quella al limite del delirio di Gesualdo. Insomma un ribollente crogiolo dove confliggono le mille anime di Napoli, nuovo affondo di De Simone nella storia della città, nelle sue radici piú profonde, nei miti piú misteriosi.
Il testo è seguito da un racconto di Mariano Bauduin nel quale un commissario molto gaddiano torna sul «caso Gesualdo» attraverso le figure di Jack lo Squartatore, Giordano Bruno e un interlocutore misterioso. Un cortocircuito temporale che riprende i temi del delitto, del potere e dell'arte e li confonde suggestivamente nella dimensione di un sogno. O di un incubo.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Cinque voci per Gesualdo di Roberto De Simone in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Teatro. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2013
ISBN
9788858410868
Argomento
Letteratura
Categoria
Teatro

DIARIO DI UN’INCHIESTA
SU CARLO GESUALDO
PRINCIPE DI VENOSA
ED ELOGIO DI
JACK LO SQUARTATORE

di Mariano Bauduin

Gesualdo.
7 settembre 2013
ore 22.45
Trovare lo spunto letterario per intraprendere un’inchiesta sull’omicidio commesso da Carlo Gesualdo Principe di Venosa, è compito arduo, ma lo si può spudoratamente imitare da Gadda e dal suo romanzo poliziesco Il pasticciaccio: «Tutti oramai lo chiamavano Don Ciccio...», e quindi...
Tutti oramai lo chiamavano il Principe. Era Carlo Gesualdo, Principe di Venosa, di Taurasi e di Calitri, uomo coltissimo, carattere difficile e ombroso, spesso rinchiuso nel suo studio dal quale uscivano piú suoni che lui stesso; forse che egli ricercasse un luogo inaccessibile non solo al collettivo rumore dell’esterno del palazzo, il palazzo del duca di Torremaggiore, Giovan Francesco di Sangro, sito in largo San Domenico Grande, ma anche a quanti tra quelle mura vivevano. Statura media, propria di quei pastori-agricoltori dell’alta Irpinia, laddove sorge tuttora il Castel Gesualdo. Con la testa nelle spalle, e non era colpa della gorgiera spagnola, schiena un po’ ricurva a causa della dedizione alla musica e alla scrittura, volto lungo e magro, occhi lontani e cadenti alle estremità, baffo e pizzetto, capelli confluenti in una centrale punta che ne evidenziava la stempiatura ai lati del cranio, tinta scura.
Forse era la Napoli delle oscurità, la Napoli che Giordano Bruno aveva reso un codificato risultato nel cerchio matematico e filosofico di Giove, aperto a strane combinazioni numeriche, quelle stesse combinazioni che cadenzano sul quinto grado consonante, laddove sul precedente quarto poggia melodicamente una sesta minore, producendo quell’anomala armonia di terza e sesta detta «sesta napoletana».
Quella «sesta napoletana» che caratterizzerà tutta la produzione del Settecento napoletano, influenzando Mozart e Beethoven, ma che al Principe sembrava già retro, lui che preferiva muoversi tra quelle infinità di micro-suoni, quelle incomprensibili atonalità, alla ricerca di una fonia tanto piú vicina quanto lontana. E, allora, perché venire fin qui, a quattrocento anni dalla tua morte? Cosa mi aspetto di trovare, illudendomi che questo letto sia il tuo letto, che questo pavimento sia il tuo pavimento, che queste finestre siano le tue finestre, che le pareti abbiano assorbito i tuoi suoni, anche soltanto quelli pensati o sentiti con l’orecchio assoluto della tua anima di assassino? E quali suoni hai assorbito, invece, a largo San Domenico Grande? O nel bosco degli Astroni? O durante la messa al Gesú Nuovo?
Londra.
2 novembre 1888
ore 0.05
Anche a Londra, quasi tre secoli dopo, con la gaddiana attitudine a pensare, l’ispettore si trovava nelle circostanze in cui è meglio non trovarsi: poche notizie, poca collaborazione delle autorità, pochissimo tempo, l’aiuto della Pubblica Sicurezza che lo scorta nei sopralluoghi del tutto inutile. Tutto, tutto lo spronava a cercare di trovare una soluzione adeguata a non menar alle lunghe l’indagine: Quartiere Shaftesbury, e poi: London Tower Bridge; quindi: lungo la riva del Tamigi; infine: Whitechapel e le peggiori strade di Spitalfields. Descrizione dell’uccisore confermata da piú fonti: cappello a tuba, pellegrina nera, borsa nera nella mano, una certa corpulenza, baffetti, aspetto di distinzione, guanti. Or mentre pensava alla descrizione di un assassino, quella stessa descrizione che di un assassino se ne fa la stolta superstizione popolare, si sentiva parecchio stonato. E questo succede quando l’assassino può essere chiunque.
Cinque omicidi di donne: di sicuro uno che ha un certo istinto a far fuori delle donne. Alla mattina, dopo il latte e il tè, si dice con abbastanza modestia: “Esci, caro mio, esci e realizza te stesso!”
Esattamente come nel 1590, la sera del 16 ottobre, dove tutto sembrava chiaro e indubitabile: delitto d’onore, vendetta da corna, insulto all’araldo principesco, orgoglio spagnolo, anima sconvolta per la vergogna, tutto era plausibile e chiaro, nessun dubbio, nessuna indagine da condurre oltre la semplice deposizione di qualche testimone oculare.
“E chisto fatto mò è diventato ’nu fattaccio”. Pensava da quel compiaciuto napoletano che era. Carattere fatto di battute alle volte ben messe, alle altre ridicole se non imbarazzanti, ma nessuno glielo faceva notare, in fondo era uomo intelligente da capirlo da solo.
Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza, o l’effetto che dir si voglia, d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Sostituire alla causa le cause era in lui una opinione centrale e persistente: una fissazione. Cosí, proprio cosí, avveniva dei suoi delitti e delle sue inchieste, di quelle indagini che la fantasia permette alla mente brillante di sviluppare e perseguire anche scavalcando i vincoli del tempo e dello spazio. Chi può stabilire esattamente noi dove siamo?
“Quanno me chiammeno!... Già. Si me chiammeno a me... può stà ssicure ch’è nu guaio: quacche gliuommero... de sberretà... da sciogliere”.
Napoli,
Palazzo Torremaggiore, largo San Domenico Maggiore.
17 ottobre 1590
18 ore
“Andiamo bene...”, pensava il trasversale e secolare indagatore; sul verbale stava scritto: Don Carlo Gesualdo, figlio del Principe di Venosa, e nipote dell’Illustrissimo Cardinale Alfonso Gesualdo, “... ’sto fortunato pure nipote del Decano del Collegio cardinalizio...”, appositamente salito martedí alle sei ore di notte, “... ca’ fosse mezanotte sunata”, con sicura compagnia alla stanza di Donna Maria d’Avalos, moglie e cugina sua carnale, stimata la piú bella signora di Napoli, ammazzò prima il signor Fabrizio Carafa, Duca d’Andria, che si giaceva con essa, e lei appresso, di questa maniera vendicando l’ingiuria ricevuta di un adulterio già di pubblico dominio.
“Mò”, pensava, “’sti tre famiglie stanno accazettate con quasi tutte le altre maggiori case del Regno, e ognuno pare inzallanuto e stupito. Adesso come adesso, uno si può pure sconvolgere: sangue dappertutto, eppure un forte rigore nel combinare tutta chella macriata: senza fretta né premura di nascondere il prima possibile una qualsivoglia prova o distrazione per aver compiuto il macello qui presente”.
– Signor ispettore, possiamo accuncià questa lordura? – mi chiesero.
– E aspettate ’nu mumento! – dissi, ma senza antipatia, alla serva con lo straccione già gocciolante di rosso pomodoro. – State certa ca a me pure mi fa senso st’apparato ’e chiachiere. Ma uno un po’ di descrizione del luogo del delitto, duplice delitto pardòn, la deve pure fare, e che miseria!
«In primis»: Napoli a dí 16 ottobre millecinquecentonovanta, dicta Gran Corte de la Vicaria, alla presenza di Jovan Tommaso Salamanca «regio consigliere», Fulvio de Costanzo «giudice criminale», Don Juan Sánchez «giudice criminale», Mirtio Surgenta «advocato fiscale», Giovandomenico Micena «maestro d’atti e procuratore fiscale», presenti secondo mandato della Gran Corte de la Vicaria in Napoli appuriamo e confermiamo quanto sopra già scritto.
Al momento della stesura del verbale Don Carlo Gesualdo non si trovava presente «in loco delictis» – sottoscriviamo tutti.
La Camera.
Palazzo di Torremaggiore, sito in largo di San Domenico Grande, oggi dicono San Domenico Maggiore, dove si incrociano vicoli e slarghi, tutti in salita, dove fa da centro una cappelluccia detta «Pietatella». Al palazzo s’ trase pe’ San Domenico, e dalla rampa di destra, superata la guardiola, su: diritto diritto, piano nobile: c’è la camera di Donna Maria d’Avalos. Le pareti sono damascate con seta proveniente da Santa Maria Capua Vetere. Il letto, pienamente manieristico, ostenta un baldacchino a quattro colonne a spirale, il cassone sospeso è di velluto porpora, la testata d’oro e angeli. Distanza dalla porta della sala: tre metri. Altra porta che dà a una caracole che porta alla camera di Don Carlo Gesualdo. Tra il letto e detta porta è una seggia a braccioli larghi, anch’essa di damasco rosso o se preferite porpora. Tutto questo damasco accoglieva benissimo le carnali tinte della colpa. La porta che conduce dalla sala alla camera di Donna Maria si è trovata rotta sul basso per non permettere di essere serrata. La chiavatura, ’a serratura, ammaccata e stretta da non permettere alla chiave di entrarvi.
Descrizione dei corpi uccisi:
Fabrizio Carafa Duca d’Andria. Vestiva, egli, una camisa da donna longa abascio con perzetti. Collaretto lavorato de seta negra. La manica de lo braccio sinistro era arsa. Ferite: archibugiato lo braccio sinistro; archibugiato lo petto; ferite in petto da ponta de fino acuto; ferite in braccia; ferite in testa; ferite in faccia; archibugiata in la chiocchia sopra l’occhio diritto, dov’era una gran lava di sangue.
Donna Maria d’Avalòs. Vestiva una camisa. Ferite: tagliati li cannarini; ferita in testa dalla parte destra; pugnalata in faccia; pugnalate in mano e braccio destro; due ferite da ponta nel fianco. Il corpo di Fabrizio Duca d’Andria s’è trovato subito vicino l’entrata della porta che conduce alla sala, distante dal letto dove stava il corpo di Donna Maria d’Avalos.
La prima mentionata seggia deponeva alcuni indumenti: calzoni di panno immisco verde, repontato di seta verde; un gippone di tela gialla; un paio di calzette di seta verde; un paio di calzoni di tela bianca; un paio di pedale di tela. Nessun taglio, foro di sparo o macchia di sangue. I predetti vestiti, insieme a guanti, un manipolo e una chiave falsa, furono da me conservati. Poco distante dal letto, e verso la porta che comunica con la sala, in terra, una maniglia di ferro, poco distante, verso il balconcino, in terra sempre, mezzo bracciale di ferro imbrunito. Il caracole che conduce alla camera di Don Carlo Gesualdo termina in una porticina che risultava, al sottoscritto, con un piccolo catenaccio rotto e con la fibbia saltata, fibbia non ritrovata nella camera di Don Carlo Gesualdo.
Scesi per il caracole nella camera di detto Don Carlo, si son trovate: tre alabarde, una delle quali aveva il becco storto, tutt’e tre erano sanguinolenti; una rotella di ferro grande con francie di seta nera attorno; un coltello a serra manico indorato; e spada indorata; due torce di cera inopinate1.
1 Il documento mi è costato un duro lavoro di analisi de’ «Informazione della Morte di Don Fabrizio Carafa Duca d’Andria e Donna Maria d’Avalos Principessa di Venosa», copia presso Gran Corte della Vicaria, di Onofrio Santavita, 26 luglio 1682. L’analisi è alla base dell’inchiestaIspettore Generale.
Londra,
13, Miller’s Court, Spitalfields.
8 novembre 1888
ore 7.30 a.m.
Le occasioni di considerare cosa può essere in grado di produrre una società nei particolari momenti di passaggio, cioè il cambio di costume, o l’acquisizione di nuovi punti di vista del vivere collettivo, gli si presentarono in modo del tutto imprevedibile. Quello che una società è capace di produrre? ’N inferno. E l’inferno era Oxford Street, era Ratcliffe Highway, era Londra. Su questo assassino oggi si poggiano le fondamenta della città che non osa dormire; sul tuo nome, finto o vero che sia, ci predisponiamo alla violenza della conoscenza. Sí Jack, in fondo l’assassino, qualunque assassino, porta sulle sue spalle una grande e drammatica responsabilità – egli è il delegato di tutti gli assassini che non uccidono. Jack, chiunque tu sia.
Chiaramente, il colorito modo di parlare, accordatissimo con quello di pensare, gli consentiva una valutazione netta e diretta delle situazioni, e specialmente, in particolar modo, egli, da quel bravo meridionale che era, s’organizzava scrupolosamente ’e situazioni per capire come possa l’anima di un essere umano, chicchessia, arrivare a un grado di umanità talmente esaltante da commettere atti che la morale non dovrebbe tentare di giudicare con moralità. “Ehh, è cumplicato assaie ’o fattaccio”, si rimproverava.
Una cameretta: letto singolo dirimpetto alla porta d’ingresso di detta abitazione, sulla sinistra, a mezzo metro dalla suddetta porta, ’na finestra che dà sul vicolo stesso, un vetro è rotto per colpo di preta, ma il sasso in detta abitazione non c’è, parete destra camino con bollitore sospeso, cippo per fuoco da poco consumato, piccolo cummò adiacente al letto con oggetti femminili di nessun conto: spazzola, piccolo specchio, della cipria raggrumata e polverino sporco, tavolo con quattro sedie, sul detto tavolo una brocca vuota, ma contenente vino di recente, e due bicchieri vuoti, anche contenenti vino da poco.
Entrati appena in quella cameretta... quella cosa orribile. Il cadavere adagiato sul letto risulta essere di tale Mary Jane Kelly, vent’anni, prostituta; era la quinta.
Descrizione del cadavere: la gola è squarciata: il taglio aveva preso metà del collo, dal davanti verso destra, cioè verso sinistra, per lei, destra per loro che guardavano; la carotide, la trachea, la iugulare – mio Dio! – il viso severamente mutilato e irriconoscibile, da lama a punta, ’o sang’ aveva impiastrato tutto il collo, allordando pure la camicetta, una manica; la mano, il petto e l’addome aperti, molti organi interni sono stati rimossi: il fegato giace tra le gambe e l’intestino arrotolato presso le mani; è inoltre stata asportata la carne che ricopre gli arti. Il cuore non c’è, come per le altre vittime anche Mary Kelly risulta privata di un organo interno, cà cca mmiezo nun ce sta. Primm’ ’e ascí fora da chella stanza, dette un’altra occhiata a chella cosa orribile.
Non riusciva a restare completamente distaccato da quest’omicidio, eppure, la pratica investigativa, i molteplici anni passati alla balistica, un certo stacanovismo nello studio approfondito delle nuove tecniche investigative e giudiziarie in materia di omicidi e morti occasionali e accidentali, dovevano renderlo avvezzo e pronto, e tale si era sempre dimostrato nella cura e nella raccolta degli indizi; “tieni ’a capa in capa”, diceva, “mantien’ sang’ e stommaco, nun t’ fa’ piglia’ dalle situazioni”, frasi che uno si dice, e se le diceva sempre. Ma quel profondo, quel terribile taglio rosso che le apriva la gola, ferocemente, quasi a volergliela staccare completamente, nu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Cinque voci per Gesualdo
  3. Introduzione
  4. I. La monacazione di Laura Scala
  5. II. La confessione di Don Carlo e sua discolpa
  6. III. Il testamento dei Gesualdo
  7. IV. La mistica veggente
  8. V. La notte delle dissonanze
  9. VI. Il repito per Maria
  10. VII. Gli incubi di attesa
  11. VIII. Il maleficio del principe
  12. IX. Delirio e morte di Don Carlo
  13. X. La macchina delle Quarantore
  14. Diario di un’inchiesta su Carlo Gesualdo Principe di Venosa ed elogio di Jack lo Squartatore di Mariano Bauduin
  15. Il libro
  16. L’autore
  17. Dello stesso autore
  18. Copyright