Le voci della sera
eBook - ePub

Le voci della sera

  1. 168 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

In questo romanzo, scritto durante il soggiorno di Natalia Ginzburg a Londra e uscito per la prima volta nel 1961, è racchiuso il senso delle storie di famiglia: la presenza degli anziani e il venir su dei giovani, quel loro crescere diversi da quanto ci si sarebbe aspettato, l'allacciarsi e il mutare degli amori, delle amicizie e delle antipatie, tutte cose che l'autrice esprime con un ardore senza uguali e un'assorta caparbietà, quasi per sottrarle alla devastazione e alla perdita. Come in una lunga saga familiare i personaggi e le vicende si svelano con uno stile spoglio. Della taciturna ragazza che scrive in prima persona soffriamo le speranze e le delusioni senza una riga di commento o giudizio o introspezione. È il modo di raccontare della Ginzburg, fedele al rigore delle notazioni oggettive, attento a riportare le battute di un dialogo, la cadenza di una frase. L'edizione è corredata da un apparato comprendente le Notizie sul testo, un'antologia della critica, una bibliografia e una cronologia della vita e delle opere.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Le voci della sera di Natalia Ginzburg, Domenico Scarpa in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Letteratura generale. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2013
ISBN
9788858409855

Le voci della sera

A Gabriele






In questo racconto i luoghi, e i personaggi, sono immaginari. Gli uni non si trovano sulla carta geografica, gli altri non vivono, né sono mai vissuti, in nessuna parte del mondo.
E mi dispiace dirlo, avendoli amati come fossero veri.

Avevo accompagnato mia madre dal dottore; e tornavamo a casa, per il sentiero che costeggia il bosco del generale Sartorio, poi l’alto muro muschioso di villa Bottiglia.
Era ottobre, cominciava a far freddo; nel paese alle nostre spalle s’erano accesi i primi lampioni, e il globo azzurro dell’Albergo Concordia rischiarava d’una luce vitrea la piazza deserta.
Disse mia madre: – Sento come un nòcciolo nella gola. Se inghiotto, mi duole.
Disse: – Generale, buonasera.
Il generale Sartorio era passato accanto a noi col cappello alzato sulla testa argentea e riccioluta, la caramella all’occhio e il cane al guinzaglio.
Mia madre disse: – Che bella capigliatura ancora, a quell’età!
Disse: – Hai visto com’è diventato brutto il cane?
– Ora sento in gola come un sapore d’aceto. E quel nodo, sempre, che mi duole.
– Com’è che mi ha trovato la pressione alta? Bassa, l’avevo sempre.
Disse: – Gigi, buonasera.
Era passato il figlio del generale Sartorio, col montgomery bianco sulle spalle; su un braccio reggeva un’insalatiera coperta da un tovagliolo, e aveva l’altro braccio ingessato e piegato in fuori.
– Ha fatto proprio una brutta caduta. Chissà se potrà mai riavere l’uso completo del braccio, – disse mia madre.
Disse: – Chissà cosa ci aveva in quell’insalatiera?
– Si vede che c’è una festa, – disse poi. – Dai Terenzi, probabile. Chi va deve portare qualcosa. Adesso molti fanno cosí.
Disse: – Ma a te, non t’invitano mai?
– Non t’invitano, – disse, – perché trovano che ti dài delle arie. Non sei andata piú nemmeno al Circolo del Tennis. Se uno non si fa vedere in giro, dicono che si dà arie e non lo cercano piú. Le bimbe Bottiglia, invece, le invitano tutti. L’altra sera hanno ballato dai Terenzi fino alle tre. C’era gente da fuori e perfino un cinese.
Le bimbe Bottiglia si chiamano bimbe in casa nostra, benché la piú giovane abbia ormai ventinove anni.
Disse: – Non avrò mica l’arteriosclerosi?
Disse: – Ci sarà da fidarsi di questo nuovo dottore? Il vecchio era vecchio, si capisce, non si interessava piú. Se gli si diceva un disturbo, diceva subito che l’aveva anche lui. Questo scrive tutto, hai visto come scrive tutto? Hai visto com’è brutta la moglie?
Disse: – Ma possibile che non si possa avere da te, qualche volta, il miracolo d’una parola?
– Che moglie? – dissi.
– La moglie del dottore.
– Quella che è venuta a aprire, – dissi, – non era la moglie. Era l’infermiera. La figlia del sarto di Castello. Non l’hai riconosciuta?
– La figlia del sarto di Castello? Che brutta che è.
– E come mai non aveva il camice? – disse. – Gli farà da serva, non da infermiera, ecco qua.
– Non aveva il camice, – dissi, – perché se l’era levato, perché stava per andarsene. Il dottore non ha né serva, né moglie. È scapolo, e mangia alla Concordia.
– Scapolo, è?
Mia madre subito nel suo pensiero mi sposò col dottore.
– Chissà se si trova meglio qui, o a Cignano dov’era prima? Meglio a Cignano, probabile. Piú gente, piú vita. Dovremo invitarlo a pranzo una volta. Con Gigi Sartorio.
– A Cignano, – dissi, – ha la fidanzata. Si sposano in primavera.
– Chi?
– Il dottore.
– Cosí giovane, già fidanzato?
Camminavamo sul viale del nostro giardino, tappezzato di foglie; e si vedeva la finestra illuminata della cucina, e la nostra serva Antonia che sbatteva le uova.
Mia madre disse: – Ora quel nodo in gola mi si è tutto seccato, e non va né su né giú.
Sospirando, sedette nell’ingresso, e sbatteva le galosce una contro l’altra per scuoterne il fango; e mio padre uscí sulla porta dello studio, con la pipa, con la sua giacca da casa di lana dei Pirenei.
– Ho la pressione alta, – mia madre disse con un poco di orgoglio.
– Alta? – disse la zia Ottavia, in cima alle scale, appuntandosi al capo le due piccole trecce nere, lanose come quelle di una bambola.
– Alta. Non bassa. Alta.
La zia Ottavia aveva una guancia rossa e l’altra pallida, come sempre quando s’addormenta in poltrona vicino alla stufa, con un libro della biblioteca «Selecta».
– Da villa Bottiglia, – disse l’Antonia sulla porta della cucina, – hanno mandato per farina. Ne avevano poca e dovevano fare i bigné. Gliene ho data una buona scodella.
– Ancora? Ma gli manca sempre la farina. Potevano far di meno di fare i bigné. La sera, son pesanti.
– Non son mica tanto pesanti, – disse la zia Ottavia.
– Son pesanti.
Mia madre si tolse il cappello, il soprabito e una fodera di pelo di gatto che porta sempre sotto al soprabito, poi lo scialle che punta sul petto con uno spillo da balia.
– Ma forse, – disse, – hanno fatto i bigné per la festa che ci dev’essere dai Terenzi. Abbiamo visto anche Gigi Sartorio con un’insalatiera. Chi è venuto a chiedere la farina? la Carola? Non t’ha detto qualcosa d’una festa?
– A me non m’ha detto niente, – disse l’Antonia.
Salii nella mia stanza. La mia stanza è all’ultimo piano e guarda sulla campagna. Si distinguono in lontananza, la sera, i lumi di Castello, e i pochi lumi di Castel Piccolo, in alto, su una gobba della collina; e di là dalla collina, c’è la città.
La mia stanza ha un letto ad alcova, con le cortine di mussola; una poltroncina bassa, di velluto color grigio topo; un comò a specchio e una scrivania di ciliegio. C’è anche una stufa di maiolica, color marrone, e qualche ceppo in un cesto; e uno scaffale girevole, con sopra un lupo di gesso, fatto dal figlio del nostro contadino, che è in manicomio; e appesa al muro una riproduzione della Madonna della Seggiola, una veduta di San Marco e una tasca per le calze, grande, di trina, con nodi d’amore celesti, regalo della signora Bottiglia.
Io ho ventisette anni.
Ho una sorella un poco maggiore di me, sposata a Johannesburg; e mia madre legge sempre i giornali per vedere se dicono qualcosa del Sud Africa, sempre inquieta per quello che succede laggiú. Nella notte, si sveglia e dice a mio padre:
– Ma là dov’è la Teresita, non ci verranno mica i Mao Mao?
Ho un fratello un poco piú giovane di me, che lavora nel Venezuela; e in casa ci sono ancora, nell’armadio della guardaroba, le sue maschere da scherma e subacquee, e i suoi guanti da boxe, perché era, da ragazzo, uno sportivo; e quando uno spalanca l’armadio, i guanti da boxe gli cascano sulla testa.
Mia madre sempre si lagna che ha i figli lontani; e sovente se ne va a piangere dalla sua amica, la signora Ninetta Bottiglia.
Pure queste son lacrime che le piace un poco versare; perché son lacrime che la lusingano un poco, lacrime a cui si mescola l’orgoglio d’aver gettato il suo pòlline in luoghi tanto remoti e pericolosi. Ma il cruccio piú pungente, per mia madre, è che io non mi sposi; ed è un cruccio che l’avvilisce, e trova un balsamo soltanto nel fatto che nemmeno le bimbe Bottiglia, a trent’anni, sono ancora sposate.
Per lungo tempo, mia madre ha carezzato il sogno che io sposassi il figlio del generale Sartorio; sogno che s’è dileguato, quando le hanno detto che il figlio del generale Sartorio è morfinomane e non s’interessa alle donne.
Tuttavia, a volte, ci ripensa; si sveglia, nella notte, e dice a mio padre:
– Bisognerà che invitiamo a pranzo il figlio del generale Sartorio.
E dice: – Ma tu ci credi che sia pervertito, quello lí?
Mio padre dice: – Cosa ne so io?
– Lo dicono di tanti e l’avranno detto, magari, anche del nostro Giampiero.
– Probabile, – dice mio padre.
– Probabile? come probabile? Ti risulta che l’ha detto qualcuno?
– Cosa ne so io?
– E chi ha potuto dirla, questa cosa, del mio Giampiero?
Abitiamo nel paese da molti anni. Mio padre è il notaio della fabbrica. L’avvocato Bottiglia è l’amministratore della fabbrica. Tutto il paese vive in funzione della fabbrica.
La fabbrica produce stoffe.
Manda un odore che riempie le strade del paese, e quando c’è scirocco arriva quasi fino alla nostra casa, che pure è in aperta campagna. È un odore a volte come di uova fradice, a volte come di latte quagliato. Non c’è rimedio, è per via di certi acidi che adoprano, dice mio padre.
I padroni della fabbrica sono i De Francisci.
Il vecchio De Francisci lo chiamavano il vecchio Balotta. Era piccolo e grasso, con una gran pancia tonda tonda che gli scoppiava fuori dai calzoni, e aveva grossi baffi spioventi ingialliti dal sigaro, che mordeva e succhiava. Ha cominciato con una baracca grande appena appena da qui a lí, racconta mio padre. Girava in bicicletta, con un vecchio zaino da soldato dove teneva la colazione, e mangiava al sole appoggiato a un muro del cortile, coprendosi la giacca di briciole e tracannando il vino dal fiasco. Quel muro c’è sempre, e lo chiamano il muro del vecchio Balotta, perché lui la sera, finiti i lavori, stava là col berretto all’indietro a fumare il sigaro e a chiacchierare con gli operai.
Mio padre dice: – Quando c’era il vecchio Balotta, non succedevano certe cose.
Il vecchio Balotta era socialista. Rimase socialista sempre, pur avendo perduto l’abitudine, venuto il fascismo, di dire il suo pensiero ad alta voce: ma era diventato, negli ultimi tempi, di umore assai malinconico e torvo; e al mattino quando si alzava, fiutava l’aria e diceva a sua moglie, la signora Cecilia:
– Che puzzo, però.
E diceva:
– Io non lo sopporto.
La signora Cecilia diceva:
– Non sopporti piú l’odore della tua fabbrica?
E lui diceva:
– No, non lo sopporto piú.
E diceva:
– Non sopporto piú di campare.
– Basta che ci sia la salute, – diceva la signora Cecilia.
– Tu, – diceva il vecchio Balotta alla moglie, – dici sempre cose nuove e originali.
Poi gli venne una malattia alla cistifellea; e disse alla moglie:
– Non c’è piú nemmeno la salute, e io non ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Le voci della sera
  3. Natalia Ginzburg o le possibilità del romanzo borghese - di Italo Calvino
  4. Le voci della sera
  5. Appendice a cura di Domenico Scarpa
  6. Notizie sul testo
  7. Antologia della critica
  8. Bibliografia
  9. Cronologia della vita e delle opere
  10. Il libro
  11. L’autore
  12. Dello stesso autore
  13. Copyright