Questa tempesta
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Questa tempesta

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Informazioni sul libro

Selvaggio, tenero, elegiaco, il nuovo attesissimo romanzo di James Ellroy.Gennaio 1942, gli Stati Uniti sono ormai entrati ufficialmente nel conflitto e il Paese è in preda a una paura che alimenta l'odio razziale. In un parco di Los Angeles la tempesta smuove la terra riportando alla luce i resti carbonizzati di un uomo. Il cadavere viene collegato a una rapina avvenuta nel '31, un colpo che ha fatto epoca: nessun arresto, nessuna refurtiva recuperata. Mettere le mani su quel bottino diventa l'ossessione di tutte le persone implicate nell'indagine. Però, quando due detective rimangono uccisi in un ritrovo per drogati, la vicenda si fa, se possibile, ancora piú torbida. La guerra è appena cominciata, ma qualcuno sta già preparando la prossima.«Una straordinaria saga di violenza, corruzione, lussuria, politica e avidità».
The Wall Street Journal «Questa tempesta è un romanzo che si divora, ma i misteri che racconta e risolve in maniera superba sono solo una parte di questo libro maestoso».
The Washington Post «Un crime epico, scritto da un maestro».
Daily Mail

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2020
ISBN
9788858434246
Parte seconda

Idrato di terpina

(24 gennaio 1941 - 25 febbraio 1942)

31.

Los Angeles, 24 gennaio 1942, ore 09.00.
Collusione.
Municipio. Aula 546. Oggi matinée del mostro. Lupo Mannaro Shudo contro il gran giurí della contea di Los Angeles.
I giurati seduti alle scrivanie, di fronte al pubblico. Otto uomini anziani, otto donne anziane. Tutti con un pedigree di bianchi ricchi. Pasadena e Hancock Park, i quartieri di fascia alta.
Adiacente a loro c’era il banco dei testimoni. I tavoli degli avvocati erano di fronte ai giurati. Il procuratore distrettuale Bill McPherson rappresentava la contea. Notare lo sciatto avvocato del Lupo Mannaro, e il foglio delle corse che gli sporge da una tasca.
Il Lupo Mannaro sonnecchiava al suo posto, in camicia di forza e divisa da carcerato. Dietro il procuratore c’erano uomini della polizia. L’agente Lee Blanchard e il chimico Hideo Ashida.
Dudley Smith era seduto accanto al procuratore, in divisa dell’esercito. Notare la pistola al fianco, in una fondina con risvolto.
Un diavolo attraente.
Due file di sedie per il pubblico. Joan era seduta lí. L’aveva fatta entrare Bill Parker. Aveva detto: «Considera quello che sai ora. Un accordo del genere non si ottiene tutti i giorni».
Parker l’aveva anche informata su alcuni partecipanti. Al procuratore distrettuale piacevano le ragazze di colore. L’avvocato di Shudo era un ex poliziotto, laureatosi alle scuole serali. Aveva una clientela di papponi negri e procurava ragazze al procuratore.
Joan scarabocchiava su un blocco. Aveva fatto delle ricerche. Conosceva il prezzo di un’oncia d’oro, nel ’31 e adesso. C’era stato un bell’aumento.
20,67 dollari allora. 35,50 adesso.
I lingotti della zecca pesavano quindici chili e cento grammi. Calcolando i prezzi di allora e adesso, venivano fuori 8268 dollari a lingotto allora, 14 200 ora. La rapina al treno aveva fruttato una trentina di lingotti. Partiamo da questo.
La testimonianza di Lee Blanchard sembrò una formalità. Joan si sforzò di non sbadigliare.
È il 6 dicembre. C’è una chiamata via radio per un party troppo rumoroso. Lui e il sergente D. L. Smith vanno a controllare e trovano i cadaveri. Blanchard chiamò i Watanabe «giap» e subito fece una faccia contrita. I giurati risero.
Blanchard concluse la deposizione e sul banco salí Hideo Ashida. Il procuratore gli lanciò varie palle facili. Il Lupo Mannaro sonnecchiava. Il suo avvocato consultava il foglio delle scommesse.
Ashida parlò con disinvoltura. Descrisse vari documenti e il loro valore come prove. Quei documenti li aveva falsificati proprio lui, pensò Joan. Gliel’aveva detto Bill Parker.
Il persuasivo Ashida. Cane sottomesso. Corri e riporta, cagnolino.
Ashida concluse e si diresse alla porta. Passò accanto a Joan. Lei lo guardò. Lui guardò dritto in avanti.
Dudley Smith salí a testimoniare. Le donne della giuria andarono in estasi. Joan lesse il loro pensiero: questo sí che è un testimone.
L’accento di Dublino. L’eleganza idiomatica. Il fascino selvaggio, il linguaggio.
Ripercorse il caso punto per punto. Parlava con calore e mentiva con sicurezza. Notò Joan, e le lanciò uno sguardo da fulmine a ciel sereno.
I loro occhi restarono fissi gli uni negli altri. Dudley sorrise. Joan fece uno sforzo per non ricambiare il sorriso. Dudley s’intoppò nella sua testimonianza e distolse lo sguardo. Poteva essere un espediente di seduzione o poteva essere reale.
Joan lo osservò. Credette a ogni sua menzogna e si lasciò imbambolare nel giro di pochi secondi. Lui distribuiva cenni del capo e sorrisi. Lei ricambiò e si trovò di nuovo imbambolata.
Arrossí di colpo. Distolse gli occhi / merda, sono mortificata / tornò a guardarlo.
Dudley concluse. Lasciò il banco dei testimoni e si diresse verso la porta. Al passaggio, le strizzò l’occhio.
La giuria del Lupo Mannaro si aggiornò. Entrò la giuria dell’indagine federale. Joan restò seduta al suo posto.
Nuovi giurati ascoltarono la presentazione delle prove. Altri ricchi bianchi. Un procuratore federale rimpiazzò Bill lo Scuro McPherson.
Joan toccò nervosamente i suoi gemelli d’oro. Voleva una sigaretta e due highball. Voleva un sandwich con la bistecca.
Testimoniò Jack Horrall. Era in malafede. – Intercettazioni telefoniche e sale detective con microfoni nascosti? È la prima volta che ne sento parlare.
Testimoniò il sindaco Fletch Bowron. Sfoggiò le sue credenziali di repressore del crimine. Disse che non capiva tutto quel cancan. Era anche lui un avvocato. – Francamente, so di cosa parlo.
Testimoniò Wallace N. Jamie. Esaltò lo zio noto. Eliot Ness era un pezzo grosso certificato, un uomo del Tesoro. Si vantò delle proprie conoscenze tecnologiche. Parlò della sua indagine sui poliziotti corrotti a Saint Paul, in Minnesota. A Los Angeles era stato chiamato da Fletch B. Il sindaco Fletch vuole la verità. Il sindaco Fletch non sa un cazzo di cimici e simili. – La verità si farà strada.
Joan sbadigliò e si stirò. Un’ombra le cadde addosso e seppe in una frazione di secondo a chi apparteneva.
– È quello che chiamiamo un gran giurí automatico. L’approvazione delle condanne richieste è sempre assicurata.
Joan si lisciò la gonna. Tirò i polsini, mettendo in mostra i gemelli d’oro.
– Tu hai incastrato quell’uomo, Shudo. È un segreto di pulcinella, proprio come le intercettazioni.
Dudley si sedette accanto a lei. Le loro braccia si sfioravano. Tenne la voce bassa. – Ammetto questa possibilità. Ma non sarebbe stato possibile senza la brillante collaborazione del tuo dottor Ashida.
Joan si sentí avvampare. Merda, ecco il rossore.
Batté le palpebre. Soppresse un tentativo di lisciarsi ancora. Pensò in fretta e le venne in mente una battuta finale.
Merda. Il tempo di battere le palpebre e lui era già andato via.
Andò a prendere i due highball e il sandwich alla bistecca. Al Lyman’s c’era la folla del sabato. I clienti del pranzo e i primi clienti del bar. Arrivò anche la folla del gran giurí.
Wallace Jamie socializzava con Eliot Ness. Lo zio Eliot attraversò il bar e andò a stringere la mano a Fletch Bowron. Big Earle Conville odiava Ness, perché aveva violentato il servizio forestale della contea di Monroe sulle estradizioni. Big Earle lo definiva «quel vanitoso succhiacazzi».
Entrò Kay Lake. Vide Joan e accennò un gesto di saluto. Joan ricambiò l’accenno.
Non si erano mai parlate. Non erano state presentate. Si conoscevano per sentito dire. I poliziotti le stimolavano con pettegolezzi da un lato e dall’altro.
Joan sorseggiava l’highball numero 3. Kay sloggiò Elmer Jackson da uno sgabello al bancone e si sedette al suo posto. Lee Blanchard avvicinò il suo sgabello. Kay si chinò verso di lui. Parlavano di faccende di casa. La voce di Kay era abbastanza alta.
Kay faceva sempre cosí. Kay voleva che Joan la sentisse. Kay telegrafava le proprie mosse. Kay Lake, grande posée e attrice brocca.
In casa c’era il lavandino intasato. Il party da Otto Klemperer il prossimo mercoledí sera. Kay sparava nomi grossi. Bertolt Brecht e Orson Welles. L’amante spia Kay. Uno spartito sinfonico contrabbandato dalla Russia.
Joan la maledisse. Chiudi la bocca o crepa, impostora. Finí il suo cocktail. Entrò Bill Parker.
Passò lungo il bancone con i paraocchi, del tipo Non mi rompete il cazzo. Vide Kay e gettò i paraocchi. Kay vide lui. Intrecciarono le dita per un secondo.
Parker fendette la folla in direzione della stanza sul retro. Joan si alzò e si fece strada per raggiungerlo. Urtò un cameriere, facendogli volare via il vassoio con i bicchieri.
Alcuni massoni della fratellanza degli Shriners North America erano evidentemente ubriachi. Tutta una tavolata. Un grassone lanciò uno strillo acuto e si pulí la faccia con il fèz. Joan arrivò alla porta in velocità, facendo traballare i cardini.
Parker era in piedi accanto alla telescrivente, con una fotocopia in una mano e una birra fredda nell’altra. La vide e sbatté gli occhi.
Joan gli fece cadere la birra con uno schiaffo sulla mano e strappò la fotocopia. Gli andò vicinissimo. Lui non si mosse.
Erano vicini cosí. Joan disse: – Tu sei l’uomo di chi? Di tua moglie, mio o di Kay Lake?
Erano vicini cosí. Joan disse: – Come osi dirmi che Jim Davis ha ucciso quelle persone e tu ti rifiuti di rivelarlo? Come osi gettare questo peso addosso a me?
Erano vicini cosí. Joan disse: – O te lo sei sognato? Questo rende credibili Dudley Smith e Hideo Ashida? Vale la pena salvare la vita di Fujio Shudo, viste le sue trasgressioni già provate? – Vicini cosí.
– Sei l’uomo di chi?
– Quante donne pensi di circuire prima della fine della guerra?
– Perché non abbiamo fatto l’amore?
– Come puoi vivere con quello che sai senza fare nulla?
– Cosa credi di fare con me?
Parker uscí rapidamente dalla stanza. Joan sbatté la porta, tirò la spranga e si chiuse dentro.
Frugò nella borsetta. Estrasse una fiala di terpina. La bevve e rabbrividí. Le bruciava in gola.
Poi il calore e il whoosh. Lucenti lingotti d’oro appena piú in là.

32.

Los Angeles, 24 gennaio 1942, ore 08.30.
La sua fotocopia uscí dal tubo. Il dipartimento di polizia e quello dei vigili del fuoco continuavano a inviargli scartoffie. L’incendio di Griffith Park. La pressione di due agenzie.
Aveva falsificato il modulo di richiesta. Firmando a nome di Ray Pinker. Pinker era via, da qualche parte. A scroccare soldi per pagarsi un avvocato. Era un’esca per i federali. Nel frattempo, scansava i suoi turni al laboratorio.
Ashida srotolò la fotocopia e la lesse seduto alla scrivania. Vide un codice federale. Saltò subito al testo.
Due agenzie facevano pressioni. Due agenzie avevano nel mirino l’Alleanza dei Giovani Socialisti.
L’Ags era una copertura dei rossi. Le iscrizioni fluttuavano. Studenti universitari andavano e venivano. L’ufficio del procuratore generale dello Stato li considerava innocui. Ma un fatto era ritenuto preoccupante.
L’Ags copriva una cellula comunista. Collegata al partito. Esclusiva e clandestina. La spiata veniva da un informatore senza nome dei federali.
Ashida ricordò un articolo del «Los Angeles Times». Il capo dei giovani socialisti era un certo Meyer Gelb, urlatore di slogan a Pershing Square e verme didattico.
Gelb in realtà era il compagno Gelb. Il Comintern finanziava la cellula e probabilmente emanava le direttive. Offuscamento sfrontato genera copertura sfrontata.
Gelb il rubicondo buffone. Il Führer della cellula. Kommisar Gelb, il capo r...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Questa tempesta
  4. The Thunderbolt Broadcast
  5. Parte prima. Pioggia. (31 dicembre 1941 - 23 gennaio 1942)
  6. Parte seconda. Idrato di terpina. (24 gennaio 1941 - 25 febbraio 1942)
  7. Parte terza. Sinarquismo. (28 febbraio - 25 marzo 1942)
  8. Parte quarta. Manzanar. (25 marzo - 2 aprile 1942)
  9. Parte quinta. Realpolitik. (3-28 aprile, 1942)
  10. Parte sesta. Kameraden. (29 aprile - 8 maggio 1942)
  11. Dramatis personae
  12. Nota su fonti e riferimenti bibliografici.
  13. Il libro
  14. L’autore
  15. Dello stesso autore
  16. Copyright