Le Sardine non esistono
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Le Sardine non esistono

Il racconto dei fondatori

  1. 96 pagine
  2. Italian
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Le Sardine non esistono

Il racconto dei fondatori

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«Cosa farete voi Sardine dopo aver riempito le piazze d'Italia?» «Come farete a non disperdere le energie emerse finora?» «Dove sono i contenuti?» Chi è in cerca di risposte alle domande che circolano da mesi, le troverà in queste pagine. Chi tenta di decifrare le Sardine, troverà raccolto qui tutto ciò che finora è apparso in maniera slegata sulla teoria e le azioni che hanno dato vita a uno dei fenomeni sociali piú interessanti degli ultimi anni. Un fenomeno fatto di persone che chiedono un radicale cambiamento nel linguaggio della politica, la costruzione di una società inclusiva e la riscoperta delle piazze come luoghi d'incontro. Questo libro è il racconto di come è nata la grande rivoluzione pacifica che ha conquistato l'Italia... e non solo.Dal flash-mob che ha riempito di Sardine piazza Maggiore a Bologna, passando per 142 manifestazioni in tutto il mondo, fino alle elezioni in Emilia-Romagna di gennaio 2020. Poco piú di due mesi in cui ha preso la parola una società civile coesa e appassionata. Poche settimane in cui è cambiata per sempre la vita di quattro amici cresciuti insieme, che hanno intercettato il desiderio diffuso di sovvertire le regole della comunicazione politica degli ultimi anni, unito al bisogno condiviso di tornare a sentirsi liberi. Liberi di esprimere pacificamente un pensiero e di farlo con il corpo, in un tempo in cui la democrazia è messa a rischio dal linguaggio dell'odio e da un uso sempre piú spregiudicato e manipolatorio dei social media. «E per quanto possiamo essere qualcuno all'interno delle piazze, dei nostri collettivi e dei nostri circoli, non siamo nessuno all'interno di questo processo. Le Sardine non esistono, non sono mai esistite».

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2020
ISBN
9788858433683

Le Sardine non esistono

5 novembre 2019. Tovaglia a quadri, marrone e gialla, con sottili linee blu. La solita, quella morbida e spessa, quella usata per tante colazioni, tanti pranzi, tante cene. È macchiata in vari punti, intrisa di chiacchiere, dibattiti, sogni e paure. Sopra, quattro piatti fondi. Bianchi con un bordo netto, a linee bianche e blu. Quattro forchette, quattro coltelli, quattro bicchieri. Tovaglioli di carta. Un bicchiere tondeggiante, uno piú squadrato, uno a calice, un altro con una forma tutta sua. Tutti diversi, ma tutti appoggiati sulla stessa tovaglia, come noi.
Il vapore della pasta scolata sparisce nella cappa. Fusilli al pomodoro, preparati con cura, terzo fra i pochi ingredienti presenti in casa. Acqua del rubinetto in una brocca e ci mettiamo a sedere.
La pasta è in tavola, fumante. Mangiamo, pensierosi. Mancano poco meno di tre mesi alle elezioni regionali di gennaio 2020. Bologna, la nostra città, è tappezzata di manifesti della Lega che recitano: «Liberiamo l’Emilia-Romagna». Ci chiediamo se questo messaggio sia accettabile, se ricordiamo le ultime elezioni alle quali abbiamo preso parte come cittadini attivi, come persone con qualcosa da dire e da fare, oltre che come esecutori materiali di un eloquente tratto calligrafico: «X». Una «X» che è certamente segno di partecipazione alla vita democratica del paese, ma questa volta non basterà. Ci attraversa il timore che quella «X», che solo il trentasette per cento degli emiliano-romagnoli ha deciso di apporre sulle schede all’ultima tornata elettorale, ora non sia sufficiente a difendere principî fondamentali e valori propri della terra che ci ha cresciuti. Ci attraversa la sensazione che quella «X» sia da troppo tempo vissuta come espressione di una sorta di analfabetismo sociale, un rituale nel quale in tanti riconoscono l’esaurirsi dei diritti e dei doveri dei cittadini, quando quel segno dovrebbe essere invece un semplice punto di inizio.
La domanda che ci poniamo anticipa una risposta quasi ovvia: no, non ci ricordiamo di elezioni vissute da cittadini «protagonisti». A questa consapevolezza segue un’immediata voglia di reagire. Dobbiamo fare qualcosa. Sí, ma cosa? Fatti sparire i fusilli, mettiamo sul piatto un dato: l’ultima volta che la Lega è venuta a Bologna, il suo leader, Matteo Salvini, ha detto che in piazza Maggiore ad ascoltarlo c’erano centomila persone. Bugia. Centomila persone in piazza Maggiore non ci stanno fisicamente. Le strade sono due: o ci si mobilita subito per abbattere qualche edificio e ampliare la piazza, oppure da oggi in avanti si impedisce al politico di turno di prendere in giro la popolazione, manipolando dati oggettivi a uso della propria squallida propaganda.
È di sicuro la seconda via quella da prendere, dunque continuiamo a ragionare. Il 14 novembre Salvini tornerà a Bologna per la presentazione della candidatura di Lucia Borgonzoni alla presidenza della Regione. E dove farà il suo comizio? Al PalaDozza, il palazzetto dello sport tempio della pallacanestro. Lo conosciamo bene e sentiamo di «giocare in casa». Ha 5570 posti a sedere, non uno di piú. L’intuizione è immediata: fermeremo la guerra dei numeri ancor prima che si combatta. Non lasceremo spazio alla possibilità che un dato oggettivo venga travisato e lo faremo sapere a tutti. 5570 posti? Benissimo. Noi saremo di piú e saremo in piazza Maggiore, in quello stesso luogo umiliato da una fandonia del passato.
Sí, ma… Noi chi? Bella domanda! Mettiamo su il caffè. Si sono fatte le 14:30 e ognuno deve tornare alle proprie faccende. Ci ripromettiamo di riparlarne l’indomani e ci salutiamo con una sola certezza: «Bologna non si Lega».
Il giorno seguente la mattina scivola via veloce, tra pensieri, lavoro e commissioni varie. Ci vediamo di nuovo a pranzo, pollo allo spiedo e patate al forno. Sul finire dell’ultimo cosciotto, l’illuminazione. E se chiamassimo il nostro evento 6000 Sardine? I Greci avrebbero detto: «In principio era il numero». E fin qui ci siamo. Ma perché proprio seimila? Be’, intanto perché è piú di 5570, poi perché è la quantità di persone che stanno sul «crescentone», la porzione centrale rialzata di piazza Maggiore, che misura duemiladuecento metri quadrati. Calcolando circa tre persone a metro quadrato, i conti tornano. E perché «Sardine»? Il crescentone è il rettangolo piú conosciuto da tutti i bolognesi, e ci piace l’idea che proprio lí tantissime persone possano stringersi appunto come sardine.
Già, la sardina. Pesce piccolo e indifeso che però non si muove da solo. Si muove in banchi, tanti pesci stretti insieme che si spostano compatti, uniti, quello che noi aspiriamo a essere: una massa di persone piú forti di un uomo solo al comando che sparge odio e divisione. Come ha ricordato Erri De Luca, «le sardine, quando sentono un tonno sotto, creano un grande pallone e la superficie brulica di scintille».
Capiremo soltanto piú avanti che, con questa intuizione, prima ancora di uno spazio fisico ci siamo proposti di colmare un vuoto di immaginazione. Una piazza cosí grande da riempire con una sorta di gioco. Un gioco? Sí. Il gioco è una faccenda serissima, è quell’esercizio di libertà che tutti abbiamo praticato da piccoli e che alcuni continuano a praticare da adulti. Ed è con un gioco che proveremo a lanciare un messaggio politico, durante una festa pacifica in cui ciascuno è chiamato a partecipare a prescindere da qualunque discrimine: età, fede, sesso… Tutti siamo stati bambini, indipendentemente da queste cose. Tutti siamo stati liberi nella vita, almeno per un po’, ed è in quello spazio di libertà che vogliamo invitare le persone a tornare, senza slogan, senza manifesti, senza facili etichette. Altri se ne staranno chiusi in un palazzetto per un comizio elettorale? E chi se ne importa. Noi saremo in piazza a vivere una grande festa.
Creiamo allora un evento su Facebook e lanciamo il nostro flash-mob.
Quante volte avresti voluto metterci la faccia e poi ci hai ripensato? Quante volte ti è salito il mal di pancia leggendo i commenti sotto i post della Lega? Quante volte ti sei detto «non può essere vero»? Bene, è venuto il momento di cambiare l’inerzia della retorica populista, di dimostrare che i numeri contano piú della prepotenza, che la testa viene prima della pancia e le persone vengono prima degli account social. E soprattutto è venuto il momento di dimostrare che A BOLOGNA SIAMO PIÚ DI LORO.
Ti chiediamo venti minuti oggi per salvare cinque anni del TUO futuro. Avremo macchine fotografiche, videocamere, cervelli. Testimonieremo tutto. Nessuna bandiera, nessun partito, nessun insulto. Crea la tua sardina e partecipa alla prima rivoluzione ittica della storia. Se non hai tempo per crearti la sardina vieni lo stesso, ne forniremo un migliaio per non lasciare nessuno fuori dal «banco».
Due giorni dopo siamo ancora seduti intorno al nostro caro, vecchio tavolo, che fino a qualche giorno fa ospitava niente piú che pranzi e cene goliardiche. In particolare la domenica, quando fra tagliatelle al ragú tirate a mano e giochi di società ci teniamo compagnia fino al tardo pomeriggio. Quello stesso tavolo, l’oggetto che ha reso possibile la nascita di una bellissima amicizia, adesso è pieno di pezzi di cartone, fogli colorati, tempere, forbici, pennelli. I cervelli sono in fermento, la notte è sempre piú fonda e noi siamo combattuti fra il desiderio di andare a dormire e l’eccitazione di rimanere svegli. Proviamo a ritagliare la prima sardina.
– Di che colore la facciamo?
– Ma solo la testa o tutto il corpo?
– Tu la pinna la faresti?
– Ragazzi, ci serve un’immagine potente.
– Vabbe’, facciamo delle sardine tutte strette.
– Sí, ma come sono esattamente le sardine?
– Boh! Cerca su Google Immagini…
– Le disegni tutte strette e poi gli fai dire qualcosa con un fumetto.
– Bella idea! Chiamo Nicola, un fumettista bravissimo.
– Ma è l’una di notte, starà dormendo!
– No, vedrai che non dorme.
Ci abbandoniamo sul divano, davanti a noi le quattro sardine di cartone appena dipinte, messe ad asciugare.
La tempera è fresca, profumata. Loro stanno lí, tutte in fila, ci guardano complici.
La mattina del 14 novembre andiamo al PalaDozza e appendiamo un pesciolino bianco a una delle porte d’ingresso.
Le ore che precedono la nostra piazza sono fatte di attesa densa di aspettativa, di preparativi: l’illuminazione, la musica, il coordinamento degli aiutanti. Gli amici piú vicini ci dànno una mano a ritirare casa per casa i tanti pesciolini dipinti sul cartone, poi a caricarli su un furgone per trasportarli in piazza Maggiore dove allestiremo il «mercato del pesce», a disposizione di quanti non si sono preparati la sardina in autonomia.
Il conto alla rovescia è ormai al termine. Siamo stanchi, ma anche pervasi da una strana consapevolezza: qualcosa di incredibile sta per verificarsi, l’energia è palpabile, troppo potente da ignorare o pretendere di gestire.
Negli stessi istanti, Matteo Salvini si appresta ad aprire la campagna elettorale. Ma tarda a iniziare, perché il PalaDozza non è pieno e ci sono diversi buchi qua e là sugli spalti. Per ingannare il tempo, cantano a squarciagola Romagna mia. Vaglielo a spiegare che siamo in Emilia… Chi c’è testimonia di un suo evidente nervosismo, poi Salvini si decide a salire sul ring per urlare i suoi slogan: Bibbiano, l’Emilia-Romagna da liberare, colpa degli squadristi rossi, dei delinquenti dei centri sociali che manifestano fuori se il palazzetto non si riempie.
E poi ci siamo noi, quattro trentenni come ce ne sono tanti in Italia. Roberto in ufficio, Giulia in ambulatorio, Mattia in palestra, Andrea a risolvere questioni logistiche. «Ma non dovresti essere qui, dovresti essere in piazza a preparare per stasera», ci dicono clienti, pazienti, mamme, colleghi.
Alle 19:30 piazza Maggiore è semivuota. Pioviggina. Il timore del fallimento si fa strada, ma non mina la nostra fiducia nella riuscita.
Ore 19:45. Il mercato del pesce si fa affollato. Distribuiamo sardine, terminiamo in fretta le scorte e ritagliamo ogni piccola porzione di cartone residua, consegnando ai presenti pezzetti di materia prima sempre piú simili a coriandoli, perché possano ricavarne minuscole sardine.
Ore 20. La piazza inizia a riempirsi.
Ore 20:05. Un’ondata ci investe. La gente giunge da ogni direzione, gira attorno alla statua del Nettuno – divinità del mare – e sfocia in piazza.
Ore 20:10. Il mare si è trasformato in un oceano silenzioso.
Ore 20:20. Le persone si stringono, dando espressione all’istinto del banco.
Ore 20:30. Ecco il vero appuntamento. Possiamo finalmente condividere la sorpresa che avevamo preparato e donarla alla moltitudine dei presenti. Maddalena, attrice, si leva in piedi sul tetto di un risciò, tiene in mano un microfono e legge.
– «Frattanto i pesci | dai quali discendiamo tutti | assistettero curiosi | al dramma collettivo | di questo mondo | che a loro indubbiamente | doveva sembrar cattivo | e cominciarono a pensare | nel loro grande mare | com’è profondo il mare. || È chiaro | che il pensiero dà fastidio | anche se chi pensa | è muto come un pesce | anzi è un pesce | e come pesce è difficile da bloccare | perché lo protegge il mare | com’è profondo il mare»1.
Poi un fischio, il fischio piú conosciuto da tutti i bolognesi. L’incipit della canzone di Lucio Dalla riempie la piazza...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Le Sardine non esistono
  4. Le Sardine non esistono
  5. In mare aperto
  6. Dal mare alla riva
  7. Di nuovo in mare aperto
  8. Giro di boa
  9. La mappa valoriale delle Sardine
  10. Ringraziamenti
  11. Il libro
  12. Gli autori
  13. Copyright