Olive, ancora lei
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Olive, ancora lei

  1. 280 pagine
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Informazioni sul libro

Che ne è stato di Olive Kitteridge? Da quando l'abbiamo persa di vista, l'irresistibile eroina di Crosby nel Maine non si è mai mossa dalla sua asfittica cittadina costiera, e da lí ha continuato a guardare il mondo con la stessa burbera empatia. Sono passati gli anni, ma la vita non ha ancora finito con lei, né lei con la vita. C'è posto per un nuovo amore, nella sua vecchiaia, e amicizie profonde, e implacabili verità. Perché in un mondo dove tutto cambia, Olive è ancora lei. Olive Kitteridge. Insegnante di matematica in pensione, vedova di Henry, il buon farmacista della cittadina fittizia di Crosby nel Maine, madre di Christopher, podologo a New York, figlio lontano in ogni senso, solo una «vecchia ciabatta» scorbutica per molti in paese; una donna scontrosa, irascibile, sconveniente, fin troppo franca, eppure infallibilmente sintonizzata sui movimenti dell'animo umano e intensamente sensibile alle sorti dei suoi consimili: è questa la creatura straordinaria che abbiamo conosciuto un decennio fa, quando la pubblicazione del volume di storie collegate che porta il suo nome l'ha consacrata a eroina letteraria fra le piú amate di ogni tempo ed è valsa alla sua artefice il Premio Pulitzer per la narrativa. In Olive, ancora lei, Elizabeth Strout riprende il filo da dove l'aveva lasciato e in questo nuovo «romanzo in racconti» ci narra il successivo decennio, l'estrema maturità di Olive, dunque. Ma in questa sua vecchiaia c'è una vita intera. Un nuovo amore, innanzitutto. Jack Kennison è un docente di Harvard ora in pensione, vedovo come Olive. A parte questo i due non hanno granché in comune, eppure la loro relazione ha la forza di chi si aggrappa alla vita, e le passioni che muovono i due amanti - la complicità e il desiderio raccontati in Travaglio, la rivalsa e la gelosia di Pedicure - ne trascendono i molti anni. Trascendere il tempo è però una battaglia che non si può vincere e racconto dopo racconto, anno dopo anno, Olive si trova ad affrontare nuove forme di perdita. Deve fare i conti con la propria maternità fallace in Bambini senza madre, con la decadenza fisica in Cuore, con la solitudine in Poeta. Ma contemporaneamente, e senza rinunciare al suo piglio irridente, leva, quasi a ogni racconto, una specie di quieta, tutta terrena speranza. La vita riserva qui piccoli momenti di rivelazione, istanti di comunione, brevi felicità. Succede, magicamente, in Luce, succede in Amica, dove l'incontro insperato con l'ultima compagna di strada è insieme un'appagante occasione di rincontro per i lettori di Elizabeth Strout.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2020
ISBN
9788858433379

Cuore

Olive Kitteridge aprí gli occhi.
Era appena stata in un posto – bellissimo – ma adesso dov’era? Le pareva che qualcuno stesse chiamando il suo nome. Poi udí un bip intermittente. – Mrs Kitteridge? Sa dove si trova? – Dovunque fosse stata, c’era un bel sole che qui invece non c’era, soltanto luci accese sopra di lei. – Mrs Kitteridge?
– Oh, – disse lei. Cercò di voltare la testa, ma quella non si muoveva. Comparve una faccia vicino alla sua. – Ciao, – disse. – Chi sei? Sei Christopher?
Una voce maschile rispose: – Sono il dottor Rabolinski. Sono un cardiologo.
– Ma pensa, – disse Olive, tornando a spostare lo sguardo verso le luci.
– Sa dove si trova? – disse la voce maschile.
Olive chiuse gli occhi.
– Sa dove si trova, Mrs Kitteridge? – Cominciava a diventare irritante, quella voce. – Mrs Kitteridge, è all’ospedale.
Olive aprí gli occhi. – Oh, – disse. Ci pensò su. – Be’, mondo boia, – disse. Il bip intermittente continuava. – Accidenti a te.
Adesso a chinarsi su di lei fu una donna. – Salve, Mrs Kitteridge.
Olive disse: – Era cosí bello. Ma proprio bellissimo.
– Che cosa era bello, Mrs Kitteridge?
– Il posto dov’ero, – disse Olive. – Dov’ero?
– Lei era morta –. La voce era quella dell’uomo.
Olive continuava a guardare le luci. – Ha detto che ero morta? – chiese.
– Esatto. Niente battito.
Olive tacque un istante. – Basilico, – disse poi, – è una tale rottura –. Lo disse perché le era passata in mente la parola «mortaio». Pestare il basilico nel mortaio era un lavoro infinito. – Cribbio, – disse, pensando al verde del basilico. – Infinito, – disse.
– Infinito cosa, Mrs Kitteridge? – A parlare era stata la donna che continuava ad apparire e sparire.
– Il basilico, – disse Olive.
A quel punto le voci si affievolirono, chiacchieravano tra di loro, mentre il bip proseguiva. – Non potrebbe farlo smettere? – domandò Olive al soffitto.
Il viso della donna, un brutto viso, tornò dentro il campo visivo. – Far smettere cosa?
– Quel bip-bip-bip-bip –. Olive si sforzò di indovinare chi potesse mai essere quella donna: aveva qualcosa di familiare.
– Quello è il monitor cardiaco, Mrs Kitteridge. Ci tiene informati sul battito del suo cuore.
– Be’, lo spenga pure, – disse Olive. – A chi diavolo frega qualcosa?
– A noi, Mrs Kitteridge.
Olive passò in rassegna tutto ciò che era successo fino a quel momento. – Oh, – disse. E aggiunse: – Oh, merda. Cristo santo, – disse. – ’Fanculo –. La faccia della donna scomparve. – Ehi, ehi, – disse Olive. – Ehi, scusi, mi scusi, non so perché ho detto «merda». Non lo dico mai «merda», «merda» è proprio una parola che odio –. A quanto pareva nessuno sentí, anche se c’erano delle voci non lontane. – D’accordo, – disse Olive, – allora io torno a casa, adesso –. E chiuse gli occhi, ma il bip non smetteva. – Oh, santo cielo, – disse.
Ricomparve la faccia dell’uomo. Olive preferiva lui alla donna. Le disse: – Qual è l’ultima cosa che ricorda?
Olive ci pensò. – Be’, – disse, – non saprei. Che devo dire?
– Sta andando benissimo, – disse lui.
Che brava persona. – Grazie, – disse Olive. E poi disse: – Ora però vorrei proprio tornare, se non le dispiace.
L’uomo disse: – Temo che non tornerà a casa per qualche giorno, Mrs Kitteridge. Ha avuto un infarto. Lei capisce quello che dico?
Quando si svegliò di nuovo, c’era un tizio diverso; sembrava quasi un ragazzo. – Salve, – disse lei. – Lei chi è?
– Jeff, – disse lui. – Sono un infermiere.
– Salve, Jeff, – disse Olive. – Può dirmi perché sono qui?
– Ha avuto un infarto, – rispose quello, con fare premuroso. – Mi dispiace.
Olive spostò gli occhi per guardarsi intorno. C’erano molti macchinari, e tante piccole luci, oltre al solito bip intermittente. Poi si guardò il braccio e si accorse di avere delle cose attaccate. Le dava anche fastidio la gola, come se bruciasse. Tornò a guardare il ragazzo. – Ah-ha, – disse.
– Eh, sí, – disse lui, stringendosi nelle spalle. – Mi dispiace.
Olive pensò un momento. – Be’, non è colpa sua, – disse. Il ragazzo aveva occhi scuri, e ciglia molto lunghe. Un bel giovanotto.
– Oh, lo so, – disse.
– Mi ridice il suo nome?
– Jeff.
– Jeff. Okay, Jeff. Secondo lei quanto tempo dovrò rimanere qui?
– Non lo so proprio. Credo che non lo sappia nemmeno il dottore –. Jeff stava seduto su una sedia, notò Olive a quel punto, che era accostata al letto in cui stava lei.
Olive si guardò attorno, senza sollevare la testa. – Sono sola? – chiese.
– No. Ci sono altre due persone nella stanza. È in terapia intensiva.
– Oh, boia –. Dopo un attimo disse: – Chi sono gli altri? Uomini?
– No. Donne.
– E mi sentono?
Jeff girò la testa, come se volesse guardare qualcuno. Tornò a voltarsi e disse: – Non so.
Olive chiuse gli occhi. – Sono stanchissima, – disse. Sentí la sedia scostarsi dal letto. No, non andartene, avrebbe voluto dire, ma era troppo stanca per parlare.
Quando si svegliò di nuovo c’era suo figlio Christopher accanto al letto. – Christopher? – disse lei.
– Mamma –. Si portò le mani davanti alla faccia. – Oh, mamma, – disse, – mi hai spaventato a morte.
E questo confuse Olive piú di qualsiasi altra cosa accaduta fino a quel momento. – Sei vero? – gli chiese.
Suo figlio staccò le mani dalla faccia. – Oh, mamma, di’ qualcos’altro. Ti prego, dimmi che non sei uscita di testa!
Per qualche minuto Olive tacque; doveva raccogliere i pensieri. Poi disse: – Ciao, Chris. Non sono affatto uscita di testa. A quanto pare ho avuto un infarto, e a quanto pare tu sei venuto a trovarmi –. Dal momento che lui non parlava, Olive chiese: – Allora? È giusto? Ho capito bene?
Il figlio annuí. – Ma mi hai messo paura, mamma. Mi hanno riferito che dicevi le parolacce. E ho pensato, Oh mio Dio, le parolacce? Allora deve essere diventata matta di brutto, e ho pensato, La preferirei morta che matta.
– Dicevo le parolacce? – domandò Olive. – Quali? Che genere di parolacce?
– Non lo so, mamma. So solo che lo trovavano divertente. Quando ho chiesto di piú, si sono messi a ridere, ma non mi hanno risposto, hanno detto solo che eri furibonda.
Olive ci rifletté. La faccia del figlio le pareva molto invecchiata. Disse: – Be’, non fa niente. Stavo in un posto bellissimo, Chris, e poi mi hanno riportata qui, credo sia stato per questo che ero arrabbiata, non mi ricordo, ma tu chiedimi quello che vuoi e vedrai che non sono matta. Gesú, spero proprio di no, boia.
– No, ora ti sento meglio. Sembri quella di sempre. Mamma, mi hanno detto che eri morta.
– Stranissimo, no? – disse Olive. – A me pare proprio stranissimo.
Il dottor Rabolinski le teneva la mano parlandole; Olive non ricordava che l’avesse mai fatto prima. Ma aveva la mano liscia, seppure virile, e le teneva la mano con entrambe le sue, oppure ogni tanto con una sola che ne stringeva una delle sue, mentre le parlava. Portava occhiali abbastanza spessi, ma Olive riusciva comunque a vedergli gli occhi, che erano scuri e intensi e la guardavano, mentre le parlava tenendole la mano. Lei era una donna forte, le disse, stringendo un po’ di piú. Le aveva inserito uno stent nell’arteria, disse. Era stata intubata; Olive non sapeva che cosa volesse dire, e non lo chiese. L’uomo le ripeté che aveva avuto un infarto nel viale di casa della signora che le tagliava i capelli. Era caduta di schianto sul clacson dell’auto, perciò la signora era uscita subito e aveva chiamato il 911 immediatamente, ed era per questo che Olive era ancora viva malgrado non avesse piú battito cardiaco quando erano arrivati a prenderla. L’avevano riportata in vita.
Fissando negli occhi il dottor Rabolinski, che intanto le teneva la mano, Olive disse pensosamente: – Be’, non so se è stata una grande idea.
L’uomo sospirò. Scosse un poco la testa. – Che vuole che le dica, – commentò, malinconico.
– Niente, – disse lei. – Non c’è proprio niente da dire.
Si era innamorata di lui.
Olive rimase in terapia intensiva; l’intubazione le aveva causato una polmonite. Certi giorni sapeva ben poco di cosa le stava succedendo, si sentiva una specie di enorme tocco di formaggio molle che ogni tanto qualcuno veniva ad asciugare, girandolo ora su un fianco ora sull’altro. Entrava e usciva dal sonno, ma a un certo punto parve non essere piú in grado di chiudere occhio. Le piombò addosso un’immensa tristezza, e l’unica cosa che poteva fare era fissare il soffitto, o sforzarsi di dire qualcosa a Christopher – che si faceva vedere piuttosto spesso, secondo lei – seduto accanto al suo letto, a chiacchierare con un’aria cosí spaventata a volte che avrebbe voluto dirgli: «Adesso va’, per favore», ma non lo diceva; era vecchia, era stanca e suo figlio era lí per stare con lei. Le pareva che fosse una delle rarissime volte in vita sua in cui non diceva quel che pensava. Ma quando poi lui non c’era, era ancora piú triste, e dopo un po’ si rese conto che probabilmente non sarebbe morta, ma che la sua vita sarebbe stata molto diversa.
Lo disse pacatamente al dottor Rabolinski quando venne a visitarla e sedette sul letto tenendole la mano. – La sua vita tornerà quella di prima, vedrà, – le disse. – Deve solo riprendersi, ma succederà.
– Ah-ha, – disse, ritirando la mano.
Lui però rimase seduto dov’era. Oh, ma che brava persona. Riportò la mano dove il dottore poteva riprenderla tra le sue, se voleva, ma lui non lo fece e, pur nella sua confusione mentale, Olive capí di essere stata lei a impedirglielo.
– Mi tenga la mano, – disse. – Mi fa piacere –. E lui gliela prese di nuovo, e le disse che le stavano somministrando antibiotici in vena e che la terapia funzionava e che presto sarebbe stata fuori da lí.
E infatti fu fuori da lí, e trasferita in un reparto normale. Ci rimase per alcuni giorni, in seguito seppe che erano stati sette e, pensandoci, le pareva che fossero stati di piú, ma anche di meno. In altre parole, il tempo era diventato una cosa diversa. La misero in una stanza con il letto vicino a una finestra affacciata sugli alberi – era autunno e Olive guardava gli aceri perdere le foglie a una a una, a volte due o tre insieme, le piaceva tanto. Non le piaceva invece la donna in camera con lei e chiese che tirassero una tenda fra i due letti; qualcuno l’assecondò e allora disse: – Ecco, lasciamola cosí.
La notte aveva l’impressione di non dormire mai, ma non sembrava importarle, o forse la verità era che dormiva; Christopher le aveva portato in ospedale la sua radio a transistor e Olive se la teneva incollata alla guancia, come fosse un peluche e lei una bambina. Nelle prime ore del mattino, guardava far giorno fuori dalla finestra ed era stupefacente vedere il cielo passare dal grigio perla al rosa, all’azzurro; la luce prima illuminava da dietro le cime degli alberi, e poi penetrava fra i rami; Olive era davvero incantata da quello spettacolo. Bellissimo! E poi arrivava il dottor Rabolinski, talmente presto che il sole si era alzato da poco, e le diceva: – Salve, Olive, come sta oggi la mia paziente preferita?
– Oh, boia, – rispondeva lei. – Voglio tornare a casa –. Ma in realtà non voleva, perché si era innamorata di lui. In cuor suo si vergognava moltissimo. Ma non poteva farci niente.
Quando le chiese se era andata di corpo, credette di morire. – No, – disse, guardando altrove. Quando le chiese se aveva fatto aria, rispose: – Non so –. E lui disse, Va bene ma che glielo doveva dire, appena succedeva. Il dottore sedette sul letto e le prese la mano. Le disse che stava andando benissimo e che tra pochi giorni sarebbe tornata a casa.
– Sono una vecchia di ottantatre anni, – disse Olive, guardandolo. Gli occhi di lui, dietro gli occhiali spessi, restituirono lo sguardo.
Alzando le spalle, il dottore disse: – Una bambina, dalle mie parti.
Ma quando arrivava il vassoio della colazione e la giornata ospedaliera aveva inizio, Olive diventava lagnosa e voleva andare a casa. Christopher – che era tornato brevemente a New York – adesso era di nuovo lí e passava a trovarla, certi giorni mentre ancora piluccava svogliatamente le uova strapazzate, e altre volte piú tardi, ma aveva sempre l’aria stanca, e lei si preoccupava per lui. – Ho organizzato un’assistenza a domicilio, – le disse. – Ci sa...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Olive, ancora lei
  4. L’arresto
  5. Travaglio
  6. Pulizie
  7. Bambini senza madre
  8. D’aiuto
  9. Luce
  10. La passeggiata
  11. Pedicure
  12. Esuli
  13. Poeta
  14. Gli ultimi giorni della Guerra civile
  15. Cuore
  16. Amica
  17. Ringraziamenti
  18. Il libro
  19. L’autrice
  20. Della stessa autrice
  21. Copyright