L'umanità in pericolo
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L'umanità in pericolo

Facciamo qualcosa subito

  1. 224 pagine
  2. Italian
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L'umanità in pericolo

Facciamo qualcosa subito

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Informazioni sul libro

Per anni, le élite politiche e finanziarie hanno nascosto la verità. Senza una drastica riduzione delle emissioni di CO2, entro il 2100 fino al 75% degli abitanti del pianeta potrebbe essere annientata da ondate di calore. Cambiare non è solo auspicabile, spiega Fred Vargas, ma necessario. Dobbiamo modificare la nostra dieta per incidere sempre meno sul cambiamento climatico; ridurre drasticamente la produzione di rifiuti e passare all'energia pulita. Lavorando insieme, riflettendo e immaginando soluzioni, l'umanità può ancora cambiare rotta e salvare sé stessa e il pianeta.

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Informazioni

L’umanità in pericolo

Ma porca miseria, in che guaio sono andata a cacciarmi! Come farò a venire a capo di questa impresa insensata? Di questa idea di parlare un po’ con voi del futuro del mondo vivente? Come riuscirò a cavarmela? Non ne ho la minima idea, e voi neanche.
So solo una cosa, cioè come tutto è cominciato. E adesso che è cominciato, lo è con una tale violenza che non riesco a fermare l’impeto, il turbine, il chissà cosa che mi spinge a continuare mio malgrado. Mentre ho il fondato sospetto che avreste preferito vedermi sfoderare un bel poliziesco di pura evasione. Piú in là, ve lo prometto. Ma adesso no, non posso. Una specie di implacabile necessità mi incalza a scrivere freneticamente questo libro.
So come tutto è cominciato: da una bazzecola, per di piú. Dieci anni fa avevo scritto un brevissimo testo sull’ecologia. Niente di che. Poco tempo dopo avevo saputo da amici che alcuni passi erano stati stampati su magliette, in Cina, in Brasile, e persino ripresi a teatro. Ero rimasta sorpresa e divertita. Ma non è finita lí. Quando, nel cuore di una notte profonda e silenziosa – no, scusate, mi è uscita la frase sbagliata, ricomincio: quando, un giorno dopo l’altro, mi dicevano da ogni dove che quel testo, stranamente inaffondabile, gironzolava su Facebook andandosene a spasso per il mondo… Be’, io non c’entravo per niente, ve lo assicuro. E poi mi dissero che Charlotte Gainsbourg lo avrebbe letto all’inaugurazione della Cop24, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nel dicembre 2018. Un testo vecchio di dieci anni! Notate: visto come stanno andando le Cop, senza far registrare un solo passo avanti, quelle mie poche righe erano ancora attuali. E fu allora che, nel cuore di una notte profonda (adesso è vero), concepii il progetto (cosa diavolo mi è venuto in mente?) di buttare giú un testo analogo, ma un po’ piú lungo, non piú di una cinquantina di pagine, per non tediare il lettore, sul futuro della Terra, del mondo vivente, dell’Umanità. Niente di che.
E qui faccio una pausa, in questa Genesi di un libro impossibile, per riportare quel breve testo dal destino cosí singolare perché possiate capire che sono partita da una cosetta per arrivare a un’enormità travolgente. Risale al 7 novembre 2008:
Ecco, ci siamo.
La tempesta covava da cinquant’anni negli altiforni dell’incuria umana, e adesso ci siamo. Dritti contro un muro, sull’orlo del baratro, come soltanto l’uomo è bravissimo a fare, lui che non si rende conto della realtà se non quando gli fa del male.
Come la cara vecchia cicala alla quale attribuiamo la nostra noncuranza. Abbiamo cantato, ballato. E quando dico «noi» bisogna intendere un quarto dell’umanità, mentre il resto se la vedeva brutta.
Abbiamo costruito la vita migliore possibile, abbiamo scaricato i nostri pesticidi nell’acqua, i nostri fumi nell’aria, abbiamo guidato tre auto, svuotato le miniere, mangiato fragole venute dall’altro capo del mondo, viaggiato in lungo e in largo, illuminato le notti, indossato scarpe da tennis che lampeggiano mentre cammini, siamo ingrassati, abbiamo bagnato il deserto, acidificato la pioggia, creato cloni, si può dire senz’altro che ci siamo proprio divertiti.
Abbiamo realizzato imprese decisamente strabilianti, difficilissime, come far sciogliere la banchisa, ficcare nel terreno bestioline geneticamente modificate, spostare la corrente del Golfo, distruggere un terzo delle specie viventi, far esplodere l’atomo, sotterrare rifiuti radioattivi, e chi s’è visto s’è visto. Ci siamo proprio divertiti. Ce la siamo proprio goduta. E ci piacerebbe tanto continuare, perché va da sé che è piú divertente saltare su un aereo con scarpe da tennis luminose anziché sarchiare patate. Certo.
Ma adesso ci siamo.
Alla Terza Rivoluzione. Che in una cosa è molto diversa dalle prime due (la Rivoluzione neolitica e la Rivoluzione industriale, tanto per chiarire): non l’abbiamo decisa noi.
«Siamo proprio obbligati a farla, questa Terza Rivoluzione?» chiederà qualche soggetto riluttante e scorbutico.
Sí. C’è poco da scegliere, è già cominciata, nostro malgrado. È stata madre Natura a decidere, dopo averci gentilmente lasciati giocare con lei per decenni. Madre Natura, stremata, contaminata, esangue, ci chiude i rubinetti. Del petrolio, del gas, dell’uranio, dell’aria, dell’acqua.
Il suo ultimatum è chiaro e spietato: Salvatemi, oppure crepate insieme a me (tranne le formiche e i ragni, che ci sopravvivranno, essendo molto resistenti, e peraltro poco dotati per il ballo).
Salvatemi, oppure crepate insieme a me. Detta cosí, ovviamente, si capisce subito di non avere scelta, si ubbidisce all’istante e addirittura, avendo il tempo di farlo, ci si scusa, atterriti e pieni di vergogna. Certuni, un tantino sognatori, tentano di ottenere una proroga, di divertirsi ancora con la crescita.
Fatica sprecata. C’è tanto da fare, piú di quanto abbia mai dovuto sobbarcarsi l’umanità. Ripulire il cielo, lavare l’acqua, spazzare la terra, rinunciare all’auto, bloccare il nucleare, radunare gli orsi bianchi, spegnere la luce prima di uscire, vegliare sulla pace, arginare l’avidità, trovare fragole vicino a casa, non uscire di notte per raccoglierle tutte, avanzarne un po’ per il vicino, rilanciare la navigazione a vela, lasciare il carbone dove sta – attenti, non facciamoci tentare, non tocchiamo il carbone –, raccogliere il letame, pisciare nei campi (per il fosforo, non ce n’è piú, le miniere sono esaurite, ma comunque ci siamo proprio divertiti).
Sforzarsi. Riflettere, persino. E, senza voler offendere con un termine caduto in disuso, essere solidali.
Con il vicino, con l’Europa, con il mondo.
Programma colossale, quello della Terza Rivoluzione. Niente scappatoie, diamoci da fare. Anche se va detto che raccogliere letame, e chiunque l’abbia fatto lo sa, dà enorme soddisfazione. Che non impedisce affatto di ballare, quando capita, non è incompatibile. A condizione che ci sia la pace, a condizione di arginare il ritorno della barbarie, un’altra delle grandi specialità dell’uomo, forse quella che gli è riuscita meglio.
Solo a questo prezzo realizzeremo la Terza Rivoluzione. Solo a questo prezzo balleremo, in un altro modo probabilmente, ma balleremo ancora.
Come vedete, non era poi chissà cosa. E fu cosí che, nel cuore di una notte profonda, l’idea di un agile libretto dello stesso genere mi parve del tutto abbordabile, e persino piacevole, o addirittura esaltante, se poteva rivelarsi di qualche utilità. Abbordabile, perché mi credevo esperta di problemi ambientali, dato che me ne preoccupavo tantissimo da quando avevo vent’anni. Certo, ero consapevole di dover fare qualche ricerca, ma con la mia esperienza di ricercatrice questo non mi spaventava. E sapendomi altresí capace di mettere in fila due parole, non mi davo pensiero per il lavoro di stesura.
Già il giorno dopo inaugurai subito la fase della documentazione, che secondo le mie rosee previsioni avrebbe dovuto prendermi una settimana, con la mente abbastanza fresca e un tantino esaltata. Ma le settimane passarono, mentre rimbalzavo da un argomento all’altro, da un tema all’altro, tutti indispensabili, dalla sardina fino al protossido di azoto passando per il metano e lo scioglimento dei ghiacci, immersa in un lavoro cosí frenetico che trascuravo l’ora, la spesa, le mail, il bucato e tutto quanto, anche se non di mangiare, in fretta e tardi. Settimane frenetiche che mi fecero capire come in realtà non sapessi quasi nulla, tranne, come chiunque, lo strato superficiale delle cose. L’ambiente, il vivente, l’umanità mi si presentavano sotto aspetti nuovi e cupi, con molteplici sfaccettature complicate e tutte interconnesse, nelle quali scavavo il piú possibile – perché questa è la mia indole di archeologa. Posso garantirvi che in quelle caverne ho passato sovente bruttissimi quarti d’ora, «livida e scarmigliata in mezzo alle tempeste» (citazione dal grande Victor Hugo, che non fa mai male)1 ovvero, in termini piú sobri, seduta tutta sola in cucina, inebetita. Ma attenti. Nel frattempo non ho smesso neanche per un secondo di cercare in modo spasmodico – nevrotico addirittura, diciamolo chiaro – tutte le azioni possibili, già avviate, o da avviare, o imminenti – perché è il mio carattere aspirare intensamente a risolvere. In un poliziesco è semplicissimo, dato che imbroglio, conosco già il crimine e quindi non mi costa nulla trovare la soluzione. Ma per quanto riguarda il vivente sulla Terra mi sono ritrovata, stupefatta, di fronte al Crimine piú gigantesco che sia mai stato concepito. Non oso ancora nominarlo, esito, perché – come diceva a ragion veduta mio padre – nulla esiste prima che sia nominato. È il motivo per cui, quando vi avrò descritto e nominato i 300 tentacoli di questo crimine spaventoso, non li dimenticherete: perché esisteranno, in tutta la loro cruda evidenza. Ma in compenso, quando vi avrò descritto e nominato tutte le azioni possibili, non dimenticherete neppure quelle. Esisteranno anche loro, e non ci avventeremo piú su fragole piene di pesticidi arrivate dall’altro capo del mondo, d’inverno, con gran dispendio di carburante.
E che diavolo, mica lasceremo che si compia un simile, mostruoso crimine! Comunque, non nella misura prevista da tutti gli scienziati, tenuto conto dell’inverosimile inerzia dei nostri governanti, tutti quanti informatissimi da quarant’anni, peraltro, del cataclisma che si sta abbattendo sulla Terra. Molto piú informati di noi. Dal protocollo di Kyoto (1997) in poi gli ultimi trent’anni di lotta contro il riscaldamento climatico non hanno nemmeno permesso di invertire la curva delle emissioni di gas serra! E nemmeno di stabilizzarle! Da una Cop all’altra, da un Vertice all’altro, da una Conferenza all’altra, quante promesse sono state formulate e quanti impegni (non vincolanti!) sono stati presi, mentre la temperatura continuava ad aumentare e la situazione del vivente a peggiorare sempre piú in fretta! Parliamone un po’, di questa inverosimile ed enigmatica inerzia.
Troppo a lungo abbiamo creduto alla loro mobilitazione, ai loro sforzi. Troppo a lungo siamo stati fiduciosi. Troppo a lungo abbiamo creduto «che Loro avrebbero fatto qualcosa» e che sarebbe andato tutto a posto. Troppo a lungo abbiamo affidato il nostro destino alle loro mani inerti. Mani?
Appunto. Non dimentichiamo che i governanti camminano mano nella mano con le multinazionali – che li paralizzano? – e con le piú potenti lobby del mondo, lobby dell’agroalimentare, lobby dei trasporti, lobby dell’agrochimica, lobby del tessile e cosí via, le conoscete fin troppo bene. Che puntano i piedi contro chiunque attenti al loro immenso potere, ovvero, ed è la parola chiave della catastrofe, contro chiunque attenti ai Soldi, al fare sempre piú Soldi. I loro, non i nostri. E affinché i soldi continuino ad arrivare a palate, a incrementare ancora e ancora i loro miliardi di miliardi pressoché esentasse o ben nascosti nei paradisi fiscali, ci vuole Crescita, e questo è il secondo termine chiave. Affinché la crescita prosegua e aumenti, bisogna quindi che la gente compri, consumi, tutto e in qualunque modo, ma sempre di piú.
Faccio una nettissima distinzione fra «Loro» – cioè i nostri governanti, a quanto pare impotenti, e gli industriali miliardari a capo delle lobby che li tengono in scacco – una nettissima distinzione fra «Loro» e «Noi», la Gente, i piccoli, i piú grandi, i medi, i borghesi, di sinistra, di destra, non importa, insomma noi, la Gente. Per Loro, sembra che «la Gente» costituisca una specie di massa anonima, e non ciò che siamo in realtà: una somma di miliardi di individui diversi e pensanti. Da quarant’anni, e pur avendo ben chiaro cosa ci sia in gioco, Loro ci nascondono ciò che avremmo dovuto sapere. Cosí noi abbiamo continuato ad avanzare alla cieca, inconsapevoli e sprovveduti.
Ce lo nascondono, tengono segreti i molteplici particolari dello stato del mondo, e onestamente non saprei dire se lo facciano di proposito, per non scatenare una paura (un panico?) che provocherebbe una contrazione del mercato e un crollo delle banche, oppure se ciò sia dovuto a un immobilismo, a una paralisi, a una specie di anestesia frutto di un sistema capitalistico mondiale da cui non sanno come uscire. Probabilmente entrambe le cose. Resta il fatto che questa disinformazione, deliberata o passiva, della Gente, in tutto il mondo, è una colpa gravissima. Riceviamo forse per posta o per mail opuscoli a cura dello Stato destinati ad allertarci su questo o quell’aspetto della situazione del mondo e che ci ingiungono di adottare questo o quel tipo di comportamento? Neanche per sogno, e questo inverosimile silenzio è intollerabile.
Va segnalato, per la Francia, che il primo ministro É...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’umanità in pericolo
  4. Ringraziamenti.
  5. Note.
  6. Il libro
  7. L’autrice
  8. Della stessa autrice
  9. Copyright