Il giardino dei ciliegi
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Il giardino dei ciliegi

  1. 72 pagine
  2. Italian
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Il giardino dei ciliegi

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Informazioni sul libro

"Il giardino dei ciliegi", l'ultima e, secondo un parere largamente concorde della critica, la più lirica delle opere teatrali di Cechov, nacque con dolorosa lentezza tra il 1902 e il 1903 per la maggior parte a Jalta, dove Anton Pavlovic, minato dalla tubercolosi, si era stabilito già dall'autunno del '99. La vicenda di Ljubov' Andreevna Ranevskaja e della sua famiglia rispecchia la crisi di una società, la decadenza di una classe, l'affermazione di un'altra, quindi una trasformazione di mentalità e il delinearsi di un nuovo sistema di valori, mentre ripropone i temi, cari al drammaturgo russo, dell'idealismo, della frustrazione, del sacrificio in funzione di un benessere avvenire, e ancora "la sofferenza del mutamento", qualcosa che fatalmente accomuna tutti, giacché al fondo di ogni trasformazione si affaccia per ognuno di noi, inevitabile, l'interrogativo sul senso ultimo delle cose.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
ISBN
9788858420980
Argomento
Literature
Categoria
Drama

ATTO PRIMO

La camera che fino ad oggi s’è chiamata dei bambini. Una delle porte dà nella camera di Ania. È l’alba: tra poco sorgerà il sole. È già maggio, i ciliegi sono in fiore, ma nel giardino fa freddo, c’è la brina. Entrano Duniascia con una candela e Lopachin con un libro in mano.
LOPACHIN Oh! è arrivato questo treno! se Dio vuole! Che ore sono?
DUNIASCIA Le due, quasi. (Spegne la candela) È già chiaro.
LOPACHIN Ma allora ha fatto due ore di ritardo! (Sbadiglia e si stira) Ma guarda che cretino! Sono venuto apposta per andare alla stazione, e mi addormento... Come un salame! Tu però potevi svegliarmi!
DUNIASCIA Che ne sapevo? non v’ho visto, vi credevo uscito. (Tende l’orecchio) Eccoli...
LOPACHIN (tende l’orecchio) Macché... con tutti i bagagli che avranno, e una cosa e l’altra... Cinque anni che sta all’estero, Liubov Andrieievna, chi sa se è cambiata... Brava donna: buona: un gran cuore... mi ricordo, ero un ragazzotto di quindici anni, e mio padre, che aveva una bottega al paese, mi diede una sventola in faccia, pace all’anima sua!, mi fece uscire il sangue dal naso... eravamo venuti non so a far che in villa, era ubriaco come una zucca... mi ricordo Liubov Andrieievna, come fosse oggi... magrolina piccola piccola, mi prese per mano e mi portò proprio qui, in questa camera, al lavabo... «Non piangere, contadinello, – mi fa, – sei guarito adesso: fino a che non prendi moglie...» Contadinello: eh già: contadino era mio padre, e io... qua... presente! panciotto bianco e scarpe gialle... Dalla stalla alle stelle. Ma di cambiato, che c’è?... ho fatto i soldi, sono ricco! ma gratta gratta, e viene fuori il bifolco... (Sfoglia il libro) Mi sono messo a leggere questo libro... mi sono addormentato, di piombo! Non capivo un accidente.
Pausa.
DUNIASCIA I cani non hanno chiuso occhio tutta la notte: hanno fiutato l’arrivo delle padrone...
LOPACHIN Duniascia, che hai? La tarantola?
DUNIASCIA Mi tremano le mani. Mi sento svenire...
LOPACHIN Sei troppo delicata, figlia mia: sta’ attenta. Vesti come una signorina: guarda lí come ti pettini. Chi ti credi di essere? Ognuno al suo posto. Calma ragazza, calma...
Entra Iepichodov con un mazzo di fiori. È in giacchetta e stivali lucidissimi, che scricchiolano sonoramente: quando entra, il mazzo di fiori gli cade per terra.
IEPICHODOV (raccoglie il mazzo da terra) Lo manda il giardiniere. Dice di metterlo in camera da pranzo. (Dà il mazzo a Duniascia).
LOPACHIN Giacché ci sei portami un bicchierino di kvass.
DUNIASCIA Va bene. (Se ne va).
IEPICHODOV In giardino è gelato! ci sono tre gradi sottozero: e i ciliegi in fiore! Questo clima è impossibile! Il clima russo è veramente impossibile! È una contraddizione in termini! Per esempio: questi stivali... se cosí posso esprimermi, Iermolai Alexieievic. Li ho comprati l’altro ieri, e scricchiolano! scricchiolano maledettamente. Che devo fare? Ungerli?
LOPACHIN Vattene. Non mi seccare.
IEPICHODOV Tutti i giorni me ne capita una! Ma io non mi lamento! Ho fatto il callo! Io sorrido! (Entra Duniascia, dà a Lopachin il kvass). Tolgo il disturbo. (Urta contro una sedia: la sedia cade) Lo vedi? (Con aria di trionfo) Lo sapevo! Ah, ma è una cosa... se cosí posso dire... una faccenda veramente incredibile. (Esce).
DUNIASCIA Non posso nasconderglielo, Iermolai Alexieievic: Iepichodov ha chiesto la mia mano.
LOPACHIN Ah!
DUNIASCIA Io sono incerta... E per essere serio è serio, ma quando comincia a parlare, chi lo capisce è bravo. Parla bene, con grande sentimento, ma non si capisce. Non è che mi dispiaccia. Ma come mi ama! È cosí infelice poveretto. Gliene capita sempre una. Per questo lo chiamano: le trentatre disgrazie.
LOPACHIN (tende l’orecchio) Ecco, adesso sono loro...
DUNIASCIA Vengono? Oh Dio! Cosa mi succede? Sono tutta gelata...
LOPACHIN Vengono, vengono! Sí! Andiamogli incontro. Non mi riconoscerà neanche Liubov Andrieievna... cinque anni che non ci vediamo...
DUNIASCIA (agitatissima) Oh Dio, svengo!...
Si sentono due carrozze avvicinarsi alla casa. Lopachin e Duniascia escono in fretta. Scena vuota. Nelle camere vicine comincia a sentirsi rumore. Attraversa la scena, appoggiandosi a un bastone e a passi rapidi, Firs che era andato a incontrare Liubov Andrieievna alla stazione: è in livrea all’antica e cilindro: borbotta qualcosa fra sé ma non si riesce a capire una parola. Il rumore dietro la scena aumenta sempre. Voci: «Ecco, passiamo di qua...» Liubov Andrieievna, Ania e Charlotta Ivanovna con un cagnolino al guinzaglio, vestite da viaggio. Varia con paltò e foulard, Gaiev, Simeonov Pis’cik, Lopachin, Duniascia con un fagotto e un ombrello, domestici con valige – tutti attraversano la camera.
ANIA Passiamo di qua. Te la ricordi questa camera, mamma?
LIUBOV (con gioia, le lacrime agli occhi) Quella dei bambini!
VARIA Che freddo: non sento piú le dita. (A Liubov Andrieievna) Le vostre camere, la bianca e la viola, sono rimaste tali e quali, mamma.
LIUBOV Questa è la piú bella. Dormivo qui, io, quand’ero bambina. (Piange) Sono tornata bambina! (Bacia il fratello, Varia, poi di nuovo il fratello) Varia è rimasta eguale: sempre un po’ come una monaca. Anche Duniascia, l’ho riconosciuta subito... (Bacia Duniascia).
GAIEV Il treno è arrivato con due ore di ritardo. Che organizzazione! Andiamo di bene in meglio!
CHARLOTTA (a Pis’cik) Anche le noci, mangia il mio cane.
PIS’CIK (stupito) Cose dell’altro mondo.
Escono tutti tranne Ania e Duniascia.
DUNIASCIA Aspetta, aspetta, non arrivavate mai! (Toglie ad Ania il cappotto e il cappello).
ANIA Quattro notti in viaggio senza dormire... m’è rimasto un freddo addosso...
DUNIASCIA Quando sei partita era quaresima, c’era la neve, tutto gelato, mentre adesso! Tesoro mio! Gioia! Stellina mia! Ti devo dire una cosa. Se non te la dico muoio!
ANIA (senza entusiasmo) Un’altra delle tue?
DUNIASCIA Il ragioniere Iepichodov, subito dopo Pasqua, m’ha fatto la dichiarazione.
ANIA Non hai altro per la testa! (Si ravvia i capelli) Non ho piú una forcina... (È stanchissima, tanto che trema tutta).
DUNIASCIA Mi ama, mi ama pazzamente! E io che devo fare?
ANIA (guarda verso la sua porta, teneramente) La mia camera, le mie finestre, come se non fossi mai andata via. Sono a casa! Domani mattina mi alzo, corro in giardino... Oh, spero di dormire... non ho chiuso occhio in viaggio... troppi pensieri...
DUNIASCIA L’altro ieri è arrivato Piotr Serghieic.
ANIA (con gioia) Pietia!
DUNIASCIA Dorme fuori, nella casina del bagno: non voglio disturbare, dice. (Guarda l’orologio da tasca) Io volevo svegliarlo, ma Varia me l’ha proibito. Guai a te, dice, se lo svegli.
VARIA (entra: dalla sua cintola pende il mazzo delle chiavi) Duniascia, svelta, il caffè... mamma vuole il caffè...
DUNIASCIA Pronti. (Esce).
VARIA Oh, Dio...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il giardino dei ciliegi
  3. Personaggi
  4. Atto primo
  5. Atto secondo
  6. Atto terzo
  7. Atto quarto
  8. Il libro
  9. L’autore
  10. Dello stesso autore
  11. Copyright