Chi ha fatto il turno di notte
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Chi ha fatto il turno di notte

  1. 144 pagine
  2. Italian
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Chi ha fatto il turno di notte

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Un maestro della poesia anaforica, incalzante, oratoria. E però, contemporaneamente, intima, capace di far risuonare il silenzio fra le parole per toccare le corde più riposte di un sentimento. Sarajlic è uno dei grandi poeti del secondo Novecento: ha affrontato temi di poesia civile, l'amore, la morte, l'arte, sempre trovando le vie apparentemente divergenti dell'emozione e dell'ironia. Questo grazie a un calore umano intensissimo che passa in ogni suo verso e arriva al lettore con forza contagiosa. Lo hanno amato poeti molto diversi fra loro, come Enzensberger, Brodskij, Simic, proprio perché la sua voce poetica ha un segno unificante, è il simbolo di una poesia universale, colta ma immediata, sempre consapevole ma lontana dalle scuole e dalle tendenze. A dieci anni dalla morte, questo libro propone una scelta di poesie di Sarajlic, alcune inedite in italiano, che ripercorre circa cinquant'anni della sua straordinaria esperienza poetica.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
ISBN
9788858421154
Argomento
Letteratura
Categoria
Poesia

Addio alla grande arte

Vi ricordate «Miracolo a Milano»?
Vi ricordate i primi
(i vostri e i suoi)
film di Gérard Philipe?
Vi ricordate «I migliori anni della nostra vita»?
Vi ricordate Simone Signoret in «Casco d’oro»?
e Tatjana Samojlova nelle «Cicogne» di Kalatozov?
Vi ricordate Modugno
e la sua «Piove»?
Vi ricordate quell’atmosfera di festa
alle prime dei drammi
di Arthur Miller, Tennessee Williams e Aleksandar Popović?
Vi ricordate i concerti di Leonid Kogan e David Ojštrach?
Vi ricordate le serate letterarie
di Slobodan Marković,
Evgenij Jevtušenko,
Tadeusz Różevicz,
Hans Magnus Enzensberger?
Vi ricordate Paul Anka e Vladimir Visotski?
Vi ricordate quello stordimento
dopo aver chiuso l’ultima pagina
del libro di Davičo «Poesia»?
E vi ricordate come, in seguito,
si ingoiavano i nuovi libri
di Marek Hlasko,
Juri Kazakov,
Danilo Kiš,
Josef Škvorecky?
Vi ricordate la tristezza che usciva dai romanzi
di Venjamin Kaverin e di Heinrick Böll?
Preferivate mica i racconti di quest’ultimo?
Vi ricordate quel racconto «Viaggiatore, quando verrai a Spa...»?
Vi ricordate l’impazienza
con cui aspettavate il nuovo numero di «Novi Svijet»
con la continuazione delle memorie di Ehrenburg?
Vi ricordate quando
dopo aver letto «Treni strettamente sorvegliati»
volevate scrivere direttamente all’autore
per ringraziarlo di quello splendido libro?
Vi ricordate le mostre
di Marijo Mikulić,
Ljubo Lah,
Safet Zec,
Hibrahim Ljubović,
Emir Dragulj1?
Vi ricordate «Il mio piccolo villaggio» di Menzel?
Vi ricordate
il Taganjka, il Berliner Ensemble e l’Atelier 212?
Vi ricordate le improvvisazioni di Zoran Radmilović?
Mai piú.
Mai piú quella vita e quell’arte.
Mai piú
quella passione creativa.
Quella gioia di stare insieme.
Quello splendore di stelle
nei versi dei giovani poeti.
L’epoca della grande arte è passata.
Io
almeno
c’ho vissuto dentro.
1 Si tratta di importanti pittori della scuola di Sarajevo.

Nota

Dagli anni ’60 del secolo scorso, e per piú di un trentennio, Izet Sarajlić è stato probabilmente il piú iugoslavo fra i poeti attivi e pubblicati tra Slovenia e Macedonia, per dire insomma da un capo all’altro della Repubblica federata sorta dalla Lotta di Liberazione nazionale ed euforicamente cresciuta dopo lo scisma del 1948, in un clima che certo non consentiva di prevederne lo schianto nell’ultimo decennio del ’900.
Nella Sarajevo multietnica e tollerante – forse la piú gradevole e attraente delle piccole capitali del paese – l’uomo Sarajlić, uscito dalla tragica stagione bellica (che gli aveva fatto conoscere direttamente l’orrore della violenza con la morte del fratello maggiore fucilato dagli occupatori italiani), cominciava a vivere la sua storia di marito innamorato e di padre felice, trovando nella produzione dei suoi versi se non un rispecchiamento, certo un convincente riscontro della sua poetica piú congeniale: la quotidianità dell’esistenza fra coscienza del tempo e intensità dei sentimenti.
La sua costante e richiesta presenza alle principali iniziative culturali e poetiche delle istituzioni delle varie Repubbliche, la trasparente facilità di lettura e l’immediata presa dei suoi componimenti, la rapida diffusione e l’autentica popolarità dei suoi testi – spesso recitati fuori programma dai piú noti attori del tempo – dovevano farne ben presto «il piú letto poeta bosniaco di tutti i tempi» (dopo l’anonimo autore della celebre elegia intitolata Hasanaginica, la composizione scoperta verso la fine del ’700 da Alberto Fortis, in viaggio per la Dalmazia, e destinata a trovare nei grandi poeti dell’epoca, a cominciare da Goethe, dei validi e prestigiosi traduttori e diffusori).
Naturalmente l’ambito di questo successo e di questo consenso va misurato sul metro della vita pubblica e civile dello stato jugoslavo e molti dei riferimenti contenuti nelle poesie di Sarajlić, le sue letture e le valutazioni delle opere della letteratura mondiale, dai classici ai contemporanei, i suoi viaggi (in delegazione) nelle grandi città dell’Europa dell’Est e dell’Ovest, le sue amicizie in patria e nel mondo, sono il risultato dell’originalità e della specificità jugoslava di quegli anni, proprio di quel progetto di attivo non allineamento politico che tanta attenzione aveva creato attorno all’intuizione del presidente della Repubblica di allora.
Lo scorrimento tematico delle opere pubblicate dal poeta di Sarajevo costituisce uno straordinario percorso della vita sociale jugoslava fra l’ascesa e il consolidamento del suo regime e la distruzione della sua unità plurinazionale. Che porterà Sarajlić ad essere uno degli ultimi testimoni del suo tempo, un mesto sopravvissuto alla guerra scoppiata sul territorio della Bosnia, ormai incapace di orientarsi e di giustificare la propria stessa presenza fra i vivi in un contesto contrassegnato dalla lacrimosa pesantezza delle memorie e dal rimpianto di un passato non piú recuperabile, ma nemmeno condiviso, appunto per la scomparsa di tanti «compagni di strada» e in primo luogo della donna della sua vita, la moglie.
Nel rimpianto della civiltà vissuta e della donna amata e idealizzata si consuma infatti l’ultima produzione (e la vita stessa) di Izet Sarajlić.
Certo nella dilagante provvisorietà dei revisionismi (come ha scritto Sinan Gudžević, amico e curatore delle opere del poeta, nell’edizione del 1997), era fatale che l’ideologia «iugoslava» che sorreggeva (mai dogmaticamente però) tutto il vitalismo esistenziale della produzione poetica sarajlićiana fosse sottoposto a critica frontale e che nella sua stessa città i suoi lavori conoscessero la rimozione della «scomunica» per scarsa o inesistente appartenenza nazionale.
C’è solo da pensare per contro a quanto sia invece opportuno tornare a riflettere sulla consistenza delle creazioni che punteggiano il percorso di questo autore, capace, innanzitutto attraverso i suoi solari rapporti umani, di costruirsi una pleiade di grandi traduttori dei suoi testi (da Hans Magnus Enzensberger a Iosif Brodskij, da Juan Octavio Prenz a Charles Simić e Toni Maraini, da Marin Sorescu a Zoltan Czuka) che costituiscono con i loro stessi nomi la piú sostanziosa garanzia della qualità degli «originali» con cui si sono misurati.
La scelta di presentare una corposa successione di prove che parte dal tempo della venuta al mondo di Tamara, la figlia (1959) e sfuma nelle visite del vecchio Sarajlić al cimitero del Leone, dove si trova la tomba della moglie, non ubbidisce a un criterio antologico (in Sarajlić si dovrebbe costruire un’antologia della quotidianità inesauribile) quanto a una obiettiva esigenza di restituire la compresenza dei motivi ispiratori umani e civili che sono stati la vera etica esistenziale della personalità del poeta nel corso del drammatico quarantennio che egli ha illustrato con la copiosa stesura dei suoi versi.
SILVIO FERRARI

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Chi ha fatto il turno di notte
  3. Prefazione di Erri De Luca
  4. Nota al testo
  5. Chi ha fatto il turno di notte
  6. «Već naglas su te brezama recitovala moja predvečerja»
  7. «Già ad alta voce alle betulle ti recitavano i miei crepuscoli»
  8. Iz voza
  9. Dal treno
  10. Posveta
  11. La dedica
  12. Linija Mažino
  13. La Linea Maginot
  14. Opet jedna noć
  15. Ancora una notte
  16. Povodom Ljermontova
  17. Nell’occasione di Ljermontov
  18. Tamara
  19. Tamara
  20. Sarajevo
  21. Sarajevo
  22. Fragment iz kamenog doba
  23. Frammento dell’età della pietra
  24. Izar to ne zna
  25. L’Isar non lo sa
  26. Domaća
  27. Familiare
  28. Ne sasvim jasna pjesma o Lujevima i Sultanima
  29. Poesia non del tutto chiara a proposito di Luigi e di Sultani
  30. Kad sam daleko od tebe
  31. Quando sono lontano da te
  32. Oproštaj s Pragom
  33. Congedo da Praga
  34. Ljubavna pjesma šezdesetih godina vijeka
  35. Poesia d’amore degli anni sessanta del secolo
  36. Druga ljubav
  37. Un secondo amore
  38. Neko je zvonio
  39. Qualcuno ha suonato
  40. Kako će Sarajevo bez mene
  41. Come farà Sarajevo senza di me
  42. Jekovac
  43. Jekovac
  44. Porodicu boli grlo
  45. La famiglia ha mal di gola
  46. Onaj kos
  47. Quel merlo
  48. šta čovjek nosi sa sobom
  49. Ciò che l’uomo porta con sé
  50. Podražavanje Hajneu
  51. Alla maniera di Heine
  52. Tražim ulicu za svoje ime
  53. Cerco la strada per il mio nome
  54. Sude
  55. Giudicano
  56. Ruke
  57. Le mani
  58. «Trgom Svetog Marka možda nikad više»
  59. «Per Piazza San Marco forse mai piú»
  60. Pjesmica s kamilicom
  61. Poesiola con la camomilla
  62. 30. februar
  63. 30 febbraio
  64. Promjena adrese
  65. Cambio d’indirizzo
  66. Nekrolog glagolu voljeti
  67. Necrologio del verbo amare
  68. Vlasnik cipela broj 43 posmatra dječje sandale izložene u muzeju u Aušvicu
  69. Il proprietario delle scarpe numero 43 contempla i sandali da bambino esposti nel museo di Auschwitz
  70. Slavenska žalosna vrba
  71. Il salice piangente slavo
  72. O nagradama
  73. A proposito dei premi
  74. Stihovi u slavu kralja Huana Karlosa
  75. Versi in gloria di re Juan Carlos
  76. Novo iščitavanje klasike
  77. Nuova rilettura dei classici
  78. Sestrama
  79. Alle sorelle
  80. Penzionisani Lopud
  81. L’isola di Lopud pensionata
  82. Drugi put bih znao
  83. Un’altra volta saprei
  84. Posljednji tango u Sarajevu
  85. Ultimo tango a Sarajevo
  86. Jevrejsko groblje
  87. Il cimitero Ebraico
  88. Oproštaj s Tvrtkovom ulicom
  89. Addio alla via re Tvrtko
  90. U slavu Olge Lippautz i Petra Kalaša
  91. In gloria di Olga Lippautz e Petar Kalaš
  92. Sve meni
  93. Tutto a me
  94. Naši ljubavni sastanci kod Lava
  95. I nostri incontri d’amore al «Leone»
  96. Nijedna ti
  97. Nessuna tu
  98. Da je barem 1993. godina
  99. Fosse almeno l’anno 1993
  100. Čitajući staru pjesmu o 30. februaru
  101. Leggendo la vecchia poesia sul 30 febbraio
  102. Oproštaj s velikom umjetnošću
  103. Addio alla grande arte
  104. Nota di Silvio Ferrari
  105. Il libro
  106. L’autore
  107. Copyright