Ho sposato una vegana
eBook - ePub

Ho sposato una vegana

Una storia vera, purtroppo

  1. 136 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Ho sposato una vegana

Una storia vera, purtroppo

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Sposare una vegana ha conseguenze imprevedibili. Puoi ritrovarti a brucare l'erba da un vaso sul terrazzo, e sentirti in colpa per tutte le telline mangiate nella tua «crudele» vita precedente. Seguire questa dieta, scopri inoltre, comporta un grande dispendio di energie e - chissà perché? - di denaro. Roba da diventare nervosi per davvero, ancor piú quando, dopo mesi di torture, con sorpresa e quasi fastidio, sei costretto ad ammettere che i tuoi esami medici sono, per la prima volta, perfetti. A ogni modo, la storia di Fausto e Claudia ha un lieto fine, nel senso che Claudia vince (stravince, sarebbe piú corretto dire) e Fausto si arrende (senza nemmeno l'onore delle armi). Le cose vanno bene. Solo che, proprio sui titoli di coda, spunta una complicazione: l'imminente arrivo di una figlia. Avrà cuore, Fausto, di farne un'erbivora fin dalla nascita?

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Ho sposato una vegana di Fausto Brizzi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Scienze sociali e Cultura e tradizioni. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2016
ISBN
9788858421741

Il primo appuntamento

Shakespeare non ce l’ha mai voluto raccontare, ma anche Giulietta e Romeo, molto tempo prima di incasinarsi con i veleni, si erano dati un appuntamento segreto in un baretto vicino all’arena di Verona; e di certo anche Topolino e Minnie, prima di annoiarsi mortalmente (dài, su, si annoiano, è evidente), andarono in un drive-in a vedere un film poliziesco perché lui è fissato; perfino Roger e Jessica Rabbit, prima che il coniglione venisse incastrato in quella storiaccia di delitti e salamoia, si erano incontrati in un chiosco di Cartoonia per sbocconcellare un hot dog traboccante di senape. È inevitabile. Tutte le coppie del mondo sono salpate per il loro viaggio d’amore con un primo appuntamento. Programmato, fortuito, combinato o al buio che sia, è il momento piú eccitante, uno spettacolo teatrale senza copione e senza spettatori, con solo due personaggi, impegnati a evidenziare i loro pochi pregi e nascondere gli innumerevoli difetti. A volte ci riescono benissimo e Cupido scocca la sua languida freccia, a volte no.
Cupido, di certo, mancò in pieno il bersaglio durante la prima sospirata cena con Claudia, la mia futura moglie. Fu una serata cosí disastrosa che ricordo ogni dettaglio e ogni frase come fosse ieri. Dopo una fugace conoscenza alla festa di alcuni amici comuni, ero riuscito a convincerla a cenare insieme. Accettò credo piú per educazione che per reale interesse nei miei confronti. Al contrario, io ero molto interessato a lei, perciò avevo scelto con cura il palcoscenico: un ristorantino romantico del centro storico, specializzato in carne alla brace, salumi di cinta senese e mozzarelle di bufala, che sono la prova che Dio esiste e abita a Caserta. Non volevo certo fare brutta figura. Andai a prelevare Claudia a casa sua in perfetto orario. Avevo addirittura fatto lavare la Corolla, un evento epocale e traumatico per la mia sgarrupata e fedele automobile. Per l’intero tragitto evitai di anticipare alla mia commensale qualcosa riguardo all’eden gastronomico nel quale l’avrei catapultata. Volevo che fosse una sorpresa. E lo fu.
Appena diede un’occhiata alla carta, impallidí sotto il fard ma, da consumata attrice, fece finta di essere indecisa su cosa mangiare tra le tante prelibatezze. Cosí, quando arrivò il cameriere, contravvenendo a ogni regola del galateo fui io a ordinare per primo. Avevo un certo appetito e chiesi un antipasto a base di pata negra e formaggi misti, delle fettuccine all’uovo al ragú di cinghiale e un trionfo di arrosticini con patate al forno. Tanto per gradire.
Claudia non batté ciglio e si limitò a chiedere un piatto di scarola, uva passa e pinoli, seguiti allegramente da un’insalata verde scondita. Pensai: «Che palle, la solita attrice attenta alla linea che fa la dieta permanente». Solo dopo pochi minuti, mentre m’ingozzavo di squacquerone, Claudia mi rivelò la terribile verità.
– Ah, a proposito, io sono vegana.
Lo disse come se fosse un’informazione scontata. Quasi fosse sottinteso: «Ma come, non lo sapevi?»
E no che non lo sapevo, porca pupazza, se no, per sedurti, ti avrei portato qui, nella Disneyland dell’insaccato?
Restai immobile qualche secondo, con uno sbaffo di formaggio sulla bocca. In quel momento capii che era possibile, per un essere umano, prevedere il futuro: io, novello Nostradamus, sapevo infatti per certo che quella sera Claudia e io non avremmo fatto l’amore. Non ci sarebbe stato nemmeno un avvicinamento tra la sua cavità orale vegana e immacolata e le mie labbra carnivore e voraci. Raggiungere l’agognata meta erotica avrebbe comportato per me le stesse difficoltà di scalare l’Everest zoppo e senza bombole d’ossigeno. Appoggiai la forchetta nel piatto e, con un filo di voce, le chiesi:
– Ma vegana vegana?
La domanda era davvero poco arguta. Essere vegano è uno status, non è un aggettivo. È come essere magri, bassi, calvi o morti. Nessuno ti domanderebbe mai: «Ma tuo cognato è calvo calvo?» Oppure: «Ma tua suocera è morta morta?»
Calvo vuol dire calvo. Morto vuol dire morto. Vegano vuol dire vegano. Punto.
Claudia, giustamente, rispose:
– No, una volta a settimana vado a caccia nei boschi, catturo un capriolo, lo strangolo e me lo faccio allo spiedo.
Meritavo questo schiaffone ironico.
Dunque era vegana. Un’informazione fondamentale che non avevo ricevuto in tempo utile per organizzare un’efficace tattica difensiva culinaria. Mi guardai intorno spaesato. Il ristorante era costellato di uncini con agganciati prosciutti, mortadelle e caciocavalli. Avrà pensato a una presa in giro o a una provocazione quando è entrata. Dovevo discolparmi subito.
– Io non lo sapevo, giuro.
– Immagino. Non preoccuparti per me. Tu continua pure a mangiare cadaveri, se ti piacciono. Sono democratica.
Piccola parentesi. Questa sua ultima frase era una spaventosa bugia, di quelle appunto che si dicono ai primi appuntamenti. Non era affatto a favore di una alimentazione democratica. I «non vegani» per mia moglie appartengono a una razza inferiore, sono una setta, molto diffusa, di sanguinari assassini, degni soltanto di passare il resto della vita in tristezza e povertà, oppure rinchiusi per sempre ad Alcatraz, riaperto apposta. Purtroppo, però, questo l’avrei scoperto fuori tempo massimo.
Per darmi comunque un tono, scrutai disgustato le fette di pata negra abbandonate nel mio piatto e feci cenno al cameriere che poteva portare via tutto. Dovevo recuperare la situazione, ma sapevo che mi stavo avventurando in un terreno piú minato del deserto iracheno.
– Quindi voi vegani non mangiate carne, come i vegetariani, giusto?
Ammetto che, all’epoca, non ero preparatissimo sull’argomento.
– Sí, – rispose, – ma neanche qualsiasi altro prodotto possa aver arrecato sofferenza a un animale, come il latte o il miele.
– Ah, pure il miele?
– Certo, povere api.
«Povere api». Una frase rivelatrice. Avrei dovuto alzarmi dalla sedia con la stessa reattività di Usain Bolt e fuggire a lunghe falcate nella notte romana, senza neanche pagare il conto. Non lo feci e ancora oggi mi domando perché. Invece le chiesi con falsa curiosità:
– E… che mangiate, quindi?
– Tutto il resto. Semi, cereali, legumi, frutta e verdura. Tu sai che noi umani abbiamo un intestino da erbivori e non da carnivori?
All’improvviso WOSHHHHH mi ritrovai catapultato al liceo scientifico Nomentano, interrogato alla cattedra dalla crudele professoressa Adelaide Cotti Borroni, che mi odiava. Naturalmente stavo per prendere la consueta grave insufficienza. Un meritatissimo due sul registro. Provai a ribattere:
– Cioè? Non siamo onnivori?
– No. Non in origine, almeno. Il nostro intestino è lungo circa otto metri, quello di un leone ad esempio soltanto tre. È una caratteristica degli erbivori avere un intestino lungo.
– Ah, ma pensa, non lo sapevo…
– Non riusciamo a digerire bene la carne, – precisò Claudia, – che durante il lungo percorso nel nostro organismo va in putrefazione.
In perfetto sincrono con la parola «putrefazione», il cameriere appoggiò trionfalmente le tagliatelle al ragú di cinghiale davanti a me. Le osservai nauseato.
– E anche il latte vaccino per noi è difficile da digerire, – continuò Claudia. – Non abbiamo gli enzimi per il lattosio quando cresciamo. E questo può provocare effetti collaterali di vario genere, tipo gonfiore di stomaco o mal di testa. Non parliamo poi di quanto infiamma l’organismo la caseina.
Non potevo ancora credere che la serata avesse preso quella piega e che davvero la caseina fosse il nostro argomento di conversazione.
«Di che avete parlato ieri sera con Claudia?»
«Principalmente degli effetti nocivi della caseina!»
Trovai un appiglio per non fare scena muta come davanti alla Cotti Borroni:
– Io, per esempio, ho mal di testa quasi tutte le mattine, poi però prendo una pasticca di ibuprofene e mi passa subito.
– Che mangi a colazione? – mi chiese con l’aria di chi conosceva già la risposta.
– Di solito, una tazza di latte con i biscotti, pane tostato con burro e marmellata e, a volte, ma non sempre, una banana.
Mi guardò con un’espressione tra lo schifato e l’incredulo.
– Stai scherzando, vero?
– No. Ma a volte, se non faccio in tempo, vado al bar e ordino un latte macchiato con un maritozzo.
– Per maritozzo intendi?
– È una specialità romana, un panino dolce, grande quanto una ciriola, spaccato in due e farcito di panna montata.
Silenzio.
Per un’atroce coincidenza sonora, in quel momento nel locale nessuno proferiva verbo. Sentivo solo l’assordante battito del mio cuore gonfio di adrenalina.
Dovevo rimontare. Non mi sarei arreso alla prima difficoltà.
– Il maritozzo, però, una volta a settimana al massimo. Di solito opto per una ciambella.
– Quelle fritte con lo zucchero sopra?
– Conosco solo quelle.
– Perdonami, ma non faccio mai colazione al bar, è un’usanza capitalista che non comprendo proprio. Perché devo andare a fare colazione in piedi, appiccicata a degli estranei sudati, consumando cibo unto e cancerogeno di dubbia provenienza? Mistero.
Ecco, aveva appena rovinato uno dei miei ricordi piú belli: nonno e io da soli che facciamo colazione al bar sotto casa sua. La colazione dei grandi, la chiamavo. In realtà il mio vecchietto preferito stava cercando di uccidermi e io non lo sapevo. Tentai una difesa d’ufficio di tutti i bar e nonni italiani:
– Però devi ammettere che, faranno pure male, ma alcune cose del bar sono buonissime e a casa non le fai… Chi è per esempio che si fa i tramezzini da solo, o i cornetti?
– Buonissime, dici? Perché dovrei considerare buonissime delle cose che contengono una serie infinita di veleni per il nostro organismo?
Non ero piú davanti alla prof, ero stato trascinato in catene davanti alla Santa Inquisizione che mi stava condannando a essere decapitato per crimini contro la corretta alimentazione.
– Comunque, in genere, preferisco fare colazione a casa.
– Con lo zuppone di latte e i biscotti?
– Sí…
– E per forza che hai mal di testa! Stai intossicando il tuo organismo e quello è il campanello d’allarme. Tu ogni mattina lo inquini con latte di mucca, zucchero, perché lo so che ci metti lo zucchero, e pure cacao industriale, biscotti impastati con farina 00, grassi idrogenati, olio di palma e chissà cos’altro, e non contento ci carichi sopra altri carboidrati arricchiti di burro e marmellata, di sicuro non biologica.
– La fa in casa mia madre…
– Con lo zucchero bianco?
– Fino a oggi sí, ma da domani basta. La fac...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Ho sposato una vegana
  4. Il primo appuntamento
  5. Le forze di Vega
  6. Il secondo appuntamento
  7. L’ultima spiaggia
  8. Vegan friendly
  9. La nuova vita
  10. Il terzo incomodo
  11. Fausto non deve morire
  12. Pronto soccorso
  13. Il fioretto
  14. Un tradimento coi fiocchi
  15. Big Jim
  16. Nudo e crudo
  17. Tanti auguri
  18. Le eco-vacanze
  19. Il riso fa buon sangue
  20. La crisi
  21. Le nozze vegane
  22. L’orto biologico
  23. Colpo di scena
  24. L’anno che verrà
  25. Il libro
  26. L’autore
  27. Dello stesso autore
  28. Copyright