I viaggi
  1. 960 pagine
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Nel 325 Ibn Battuta torna definitivamente in Marocco dopo ventotto anni di viaggi e centoventimila chilometri percorsi con tutti i mezzi di trasporto allora in uso, dal cavallo al dromedario, dal carro ai piú svariati tipi di imbarcazione. Secondo un odierno atlante geografico, ha attraversato l'equivalente di quarantaquattro stati moderni dall'Africa a tutto il Medio Oriente, dalla pianura del Volga alle isole Maldive, dall'India alla Cina, incontrando migliaia di persone e prendendo nota dei loro usi e costumi. Tre anni dopo il suo ritorno, un giovane letterato di origine andalusa, Ibn Juzayy, inizia per ordine del sultano ad annotare i ricordi di Ibn Battuta e le sue osservazioni di viaggio, scrivendo cosí uno dei libri piú famosi della letteratura araba medievale.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2017
ISBN
9788858423127
Categoria
Travel

XI.

STORIA DEL SULTANATO DI DELHI E SOGGIORNO A CORTE

Storia della conquista di Delhi e dei re che si succedettero al suo governo
A quanto mi raccontò il dottissimo giurista imām, gran qāḍī dell’India e del Sind, Kamāl al-Dīn Muḥammad ibn al-Burhān al-Ghaznawī [di Ghazna], detto Ṣadr al-Jahān1, Delhi era stata conquistata agli infedeli nel 584 [1188], e lo stesso lessi su un’iscrizione che sovrasta il miḥrāb della moschea principale della città. Costui mi spiegò inoltre che Delhi fu conquistata dall’emiro Quṭb al-Dīn Aybak, noto come Sipāh Sālār, ovvero [in persiano] «capo dell’esercito», un mamlūk dell’illustre sultano Shihāb al-Dīn Muḥammad2. Quest’ultimo era figlio di Sām al-Ghūrī, re di Ghazna e del Khorāsān, il conquistatore del regno di Ibrāhīm, il re figlio del sultano guerriero Maḥmūd ibn Sebüktegin che aveva dato inizio alla conquista dell’India3.
Il sultano Shihāb al-Dīn, dunque, aveva mandato [in spedizione] alla testa di un immenso esercito l’emiro Quṭb al-Dīn e a questi Dio aveva fatto conquistare la città di Lahore [Lāhawr], dove in seguito si stabilí. Il suo potere divenne enorme, ma a un certo punto alcuni calunniatori buoni amici del sultano fecero credere a quest’ultimo che il suo emiro, intenzionato a regnare egli stesso sull’India, avesse già dato inizio alla rivolta. Venutolo a sapere, Quṭb al-Dīn si precipitò a Ghazna e, arrivatovi di notte, andò dritto dal sultano all’insaputa dei suoi denigratori. L’indomani Shihāb al-Dīn si sedette sul trono e ve lo fece nascondere sotto in modo che nessuno lo vedesse; poi, quando arrivarono i suoi buoni amici e cortigiani che avevano proferito le calunnie e tutti ebbero preso posto, li interrogò a tale soggetto. Essi gli confermarono la notizia della ribellione di [Quṭb al-Dīn] Aybak e aggiunsero: «Sappiamo per certo che si è proclamato re». Allora il sultano colpí il trono con il piede, batté le mani e chiamò: «Aybak!» «Eccomi!», rispose l’altro, e spuntò fuori. I calunniatori, impauriti, si affrettarono a baciare la terra e il sultano disse loro: «Vi perdono quest’errore, ma non vi azzardate mai piú a parlar male di Aybak!» Poi ordinò a quest’ultimo di tornare in India. Cosí Quṭb al-Dīn fece ritorno, conquistò Delhi e altre città, e da allora ai nostri giorni l’Islam si diffuse in India – dove egli rimase fino a quando morí.
Storia del sultano Shams al-Dīn Lalmish4
Fu il primo sovrano che regnò a Delhi in modo indipendente. Prima di arrivare al trono era stato un mamlūk dell’emiro Quṭb al-Dīn Aybak e, divenuto generale del suo esercito e suo luogotenente, alla di lui morte si era impadronito del trono ingiungendo alla popolazione [ahl] di riconoscerlo come sovrano. Allora i giuristi, con a capo il gran qāḍī Wajīh al-Dīn al-Kāsānī, andarono a rendergli visita: introdotti al suo cospetto si sedettero di fronte a lui e il qāḍī gli si mise al fianco, come vuole l’usanza. Il sultano capí di cosa volevano parlargli e, sollevato l’angolo del tappeto su cui era seduto, ne trasse fuori un atto che garantiva il proprio affrancamento5. Dopo averlo letto, il qāḍī e tutti i giuristi gli giurarono obbedienza e fu cosí che Shams al-Dīn divenne sovrano assoluto: regnò per vent’anni e fu giusto, pio e virtuoso. Fra le sue opere buone occorre ricordare lo zelo nel raddrizzare i torti e rendere giustizia agli oppressi: addirittura stabilí che chi era vittima di un’ingiustizia portasse abiti colorati – mentre in India la gente si veste tutta di bianco – di modo che, se dando udienza ai sudditi o passeggiando a cavallo, vedeva qualcuno con indosso tali vesti, esaminava il suo caso e gli rendeva giustizia contro chi gli aveva fatto torto. Addirittura arrivò al punto di dire di voler difendere piú rapidamente possibile anche le persone che subivano torti di notte, e fece perciò sistemare alla porta del palazzo, su due torri già esistenti, due leoni in marmo con al collo una catena di ferro che reggeva un grande sonaglio: se qualcuno subiva un torto nottetempo andava a suonare quel sonaglio e appena lui ne udiva il suono esaminava subito il suo caso e gli rendeva giustizia.
Quando morí, il sultano Shams al-Dīn lasciò tre figli – Rukn al-Dīn, che gli succedette al potere, Mu‘izz al-Dīn e Nāṣir al-Dīn – e una figlia, Raḍiyya, che era sorella germana di Mu‘izz al-Dīn. Come abbiamo detto, fu Rukn al-Dīn a regnare dopo di lui.
Storia del sultano Rukn al-Dīn, figlio del sultano Shams al-Dīn
Orbene, quando Rukn al-Dīn, dopo la morte del padre, fu riconosciuto sovrano, inaugurò il suo regno con un attentato contro il proprio fratello Mu‘izz al-Dīn, che perí6. Poi, giacché Raḍiyya, sorella germana di Mu‘izz, riprovò quest’atto, si propose di uccidere anche lei. Ma un venerdí, quando egli uscí per partecipare alla preghiera, Raḍiyya salí sulla terrazza del vecchio palazzo che, vicino alla grande moschea del venerdí, viene detto [in persiano] Dawlat-Khāna [la Casa del Governo], con indosso l’abito di chi ha subito un’ingiustizia, e da lassú si rivolse alla gente [al-nās] dicendo: «Mio fratello ha ucciso suo fratello e ora vuole uccidere anche me!» Poi ricordò i giorni del regno di suo padre, le di lui opere di bene e i riguardi che aveva sempre avuto per i sudditi. Allora la gente si precipitò in tumulto contro il sultano Rukn al-Dīn e, trovatolo in moschea, lo prese e lo portò a Raḍiyya, che disse loro: «Chi uccide dev’essere ucciso!» Cosí Rukn al-Dīn fu giustiziato per vendicare la morte di Mu‘izz al-Dīn. Poi, siccome Nāṣir al-Dīn, il terzo fratello, era troppo giovane, si convenne di affidare il potere a Raḍiyya.
Storia della sultana Raḍiyya
Quando Rukn al-Dīn fu ucciso, dunque, l’esercito si accordò per investire del potere sua sorella Raḍiyya e nominarla a capo del regno. Raḍiyya restò al governo quattro anni: montava a cavallo come un uomo, con arco, turcasso e spada, e non si velava mai il volto. Dopo un po’ di tempo però i suoi sudditi, sospettandola di avere una relazione con uno schiavo abissino, decisero di deporla e di farla sposare: cosí fu data in moglie a un suo parente e le succedette il fratello, Nāṣir al-Dīn7.
Storia del sultano Nāṣir al-Dīn, figlio del sultano Shams al-Dīn
Quando Raḍiyya fu deposta salí al trono suo fratello cadetto, Nāṣir al-Dīn, che esercitò il potere per un certo tempo. Ben presto, però, Raḍiyya e suo marito si ribellarono contro il sovrano8, montarono a cavallo alla testa dei mamlūk e dei farabutti che vollero seguirli, e si accinsero a combatterlo. Questi, accompagnato dal suo mamlūk e luogotenente Ghiyāth al-Dīn Balaban – il quale in seguito gli succedette al trono –, uscí da Delhi contro gli insorti ed ebbe inizio la battaglia. Le truppe di Raḍiyya vennero sconfitte e lei fuggí. Attanagliata dalla fame e all’estremo delle forze, [a un certo punto] vide nei campi un contadino e andò a chiedergli qualcosa da mangiare. Quello le diede un tozzo di pane, lei lo mangiò e poi fu vinta dal sonno. Era vestita da uomo, ma guardandola mentre dormiva l’altro si accorse che sotto i vestiti portava una lunga veste tempestata di gemme preziose e, capendo che era una donna, la uccise. Poi la derubò, liberò il suo cavallo e la sotterrò nel proprio campo. Quindi le tolse di dosso qualche indumento e andò al mercato per cercare di venderlo, ma i mercanti sospettarono di lui e lo portarono dallo shiḥna9, cioè il ḥākim, che lo fece bastonare finché non confessò di avere ucciso Raḍiyya e indicò loro il posto dove l’aveva sepolta. Il cadavere, dissotterrato, lavato e avvolto in un sudario, fu seppellito in quello stesso luogo e sopra la tomba fu eretta una cappella: il sepolcro, sulla riva del grande fiume al-Jūn10, a una parasanga circa da Delhi, è ancora oggi visitato dai pellegrini, che lo considerano una fonte di baraka.
Dopo l’uccisione di sua sorella Nāṣir al-Dīn salí al trono e regnò senza scosse per vent’anni. Era un sovrano pio, che copiava esemplari dell’eccelso Libro e li vendeva per provvedere ai suoi bisogni11: il qāḍī Kamāl al-Dīn me ne mostrò un esemplare compilato di suo pugno in modo curato ed elegante. In seguito, però, Nāṣir al-Dīn venne ucciso dal suo luogotenente Ghiyāth al-Dīn Balaban, che gli succedette al potere12. Costui, fra l’altro, fu protagonista del prodigioso episodio che andiamo a raccontare.
Storia del sultano Ghiyāth al-Dīn Balaban
Quando Balaban ebbe ucciso il suo padrone, il sultano Nāṣir al-Dīn, esercitò il potere sovrano per vent’anni: tanti quanti quelli in cui aveva svolto la funzione di suo luogotenente. Fu un sultano fra i migliori, equo, paziente e virtuoso13, e fra le sue molte buone azioni ricordiamo che fece costruire una casa, detta Dār al-Amn [la Casa della Sicurezza], dove venivano saldati i debiti ai debitori [indigenti] che vi si rifugiavano; dove chi temeva un pericolo si trovava al sicuro; dove, se entrava chi aveva ucciso un uomo, il sultano pagava il prezzo del sangue ai congiunti del defunto e dove, infine, se arrivava qualcuno che aveva commesso un crimine, si risarciva chi ne chiedeva conto. Quando Ghiyāth al-Dīn morí fu sepolto in questa Casa, dove ne visitai la tomba.
Storia straordinaria di [Ghiyāth al-Dīn] Balaban
Si racconta che un giorno, a Bukhārā, un faqīr del luogo incontrò Balaban, il quale era piccolo, gracile e bruttino, e gli disse: «Ehi, turkak [in persiano, turchetto]!» (un’espressione che esprime disprezzo). Balaban rispose: «Eccomi, signore!» Il faqīr si compiacque di quella risposta e indicandogli certe melegrane in vendita al mercato gli disse: «Comperami un po’ di queste!» «Va bene», disse Balaban, e tirata fuori qualche moneta – tutto ciò che possedeva – gliele acquistò. Prendendole, il faqīr gli disse: «Ti diamo in dono il regno dell’India!» Balaban si baciò la mano in segno di saluto e rispose: «Lo accetto e ne sono contento!» – ma le parole di quel faqīr gli rimasero impresse nel cuore.
Ora avvenne che il sultano Shams al-Dīn Lalmish incaricò un mercante di acquistargli dei mamlūk a Samarcanda, Bukhārā e Tirmidh. Questi ne comprò 100, fra i quali anche Balaban e, quando li presentò al sultano, egli li apprezzò tutti tranne Balaban che, come abbiamo detto, era bruttino, e disse al mercante: «Quello non lo voglio!» Allora Balaban gli disse: «Signore del Mondo, per chi hai comperato questi mamlūk?» «Oh bella, per me!», rispose il sultano. «Allora – gli disse Balaban – acquista me per amore di Dio!» «Benissimo», rispose il sultano, e incluse Balaban fra i suoi mamlūk – ma, disprezzato, fu impiegato come portatore d’acqua.
Ora bisogna sapere che gli esperti di astrologia avevano predetto al sultano Shams al-Dīn che uno dei suoi mamlūk avrebbe detronizzato suo figlio e regnato al suo posto. Glielo avevano ripetuto varie volte ma il sultano, uomo devoto e giusto, non se n’era mai preoccupato. Allora gli astrologi decisero di riferire questa predizione alla khātūn magna, la madre dei figli di Shams al-Dīn, che gliene parlò e riuscí a impressionarlo: il sultano fece chiamare gli astrologi e chiese loro se, vedendolo, avrebbero riconosciuto il mamlūk destinato a prendere il trono a suo figlio – e quando gli risposero che sí, avevano un indizio grazie al quale avrebbero potuto riconoscerlo, ordinò di radunare tutti i suoi mamlūk e, sedutosi, li passò in rassegna una categoria alla volta. Gli astrologi li esaminavano e dicevano: «No, non l’abbiamo ancora visto». A mezzogio...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. I viaggi
  3. Andar per Genti
  4. Nota alla presente edizione
  5. Ringraziamenti
  6. Bibliografia
  7. Elenco delle eulogie
  8. I Viaggi di Ibn Baṭṭūṭa
  9. Introduzione di Ibn Juzayy, scrittore di corte
  10. I. L’Africa del nord
  11. II. L’Egitto
  12. III. Al-Shām [La regione di Siria e Palestina]
  13. IV. Il Ḥijāz e il pellegrinaggio alla Mecca
  14. V. L’Iraq e la Persia
  15. VI. L’Arabia meridionale, l’Africa orientale e il Golfo Persico
  16. VII. L’Asia Minore
  17. VIII. L’Asia centrale e Costantinopoli
  18. IX. L’Asia centrale [Turkestan e Khorasān]
  19. X. Il Sind e l’India (Il viaggio a Delhi)
  20. XI. Storia del sultanato di Delhi e soggiorno a corte
  21. XII. L’India del sud
  22. XIII. Le Maldive, Ceylon e il Bengala
  23. XIV. L’Asia di sud-est e la Cina
  24. XV. Ritorno al Paese e Al-Andalus
  25. XVI. Il Paese dei Neri [Al-Sūdān]
  26. Cartine
  27. Glossario
  28. Indice delle citazioni coraniche
  29. Indice dei nomi
  30. Indice dei toponimi
  31. Indice dei termini stranieri
  32. Indice delle etimologie
  33. Il libro
  34. L’autore
  35. Copyright