1. Il cielo di Basilea.
Nell’agosto del 1514 Basilea festeggiò l’arrivo di Erasmo da Rotterdam. Il celebre dotto tornava sul continente dopo un soggiorno di quattro anni in Inghilterra. Il suo viaggio trionfale lungo il Reno culminò in una festosa accoglienza nella città della Svizzera, dove anche l’Università si associò alle celebrazioni1. Quell’incontro di agosto avrebbe segnato una svolta nella vita di Erasmo2; la presenza di Erasmo avrebbe lasciato un’impronta duratura sulla fisionomia di quella città3.
I moventi, le intenzioni, i progetti che portarono il «sole della Germania» ad approdare in quel relativamente piccolo centro sono rimasti nell’ombra di un’oscurità da Erasmo stesso voluta e creata4. Sull’obiettivo primario del soggiorno, peraltro, non vi sono dubbi: incontrare il tipografo Johann Froben e i suoi collaboratori, valutare la potenzialità dell’officina. Corteggiato dai piú prestigiosi stampatori d’Europa, attento a coltivare contemporaneamente l’amicizia e ad alimentare i torchi dei piú qualificati tra di loro, Erasmo faceva scelte tipografiche molto oculate: non esitava, per esempio, ad affidare a uno stampatore il manoscritto solennemente promesso o già consegnato a un altro, se la decisione prometteva di risolversi in una stampa piú corretta, una messa in pagina piú elegante, un’alleanza finanziariamente piú proficua5.
Insieme a Erasmo arrivò a Basilea un’ingente quantità di manoscritti, frutto del lavoro insonne degli anni inglesi. Ammassati in una bisaccia, la cui incolumità stava a cuore a Erasmo quanto a un padre la vita dei figli6, quei manoscritti erano altrettanti potenziali successi editoriali. Il tipografo Froben e i giovani letterati che alimentavano la sua officina si accesero di entusiasmo. La lettera che uno dei piú qualificati tra loro, Beato Renano (1485-1547), scrisse a circa due settimane di distanza dall’arrivo di Erasmo vibra dell’eccitazione che pervase la direzione intellettuale dell’officina per effetto di quell’arrivo, e rivela, al tempo stesso, le difficoltà delle scelte, le oscillazioni nei programmi editoriali, che quell’incontro comportò7.
Il piú ambizioso tra i manoscritti che Erasmo portava con sé era l’epistolario di san Girolamo: il progetto dell’umanista qui si sposava felicemente con le ambizioni della stamperia di Basilea8, dove l’edizione di Girolamo – il santo degli umanisti – era un obiettivo perseguito da anni e dove le sue opere, manoscritte e a stampa, erano oggetto di ricerche sistematiche9. Oltre alle lettere di Girolamo, il nuovo venuto aveva con sé le opere di Seneca, che, messe sul mercato, avrebbero costituito un’ambita primizia per il mondo degli umanisti10. Suscitarono attenzione ammirata anche le annotazioni, «piú di mille», di cui Erasmo aveva corredato il Nuovo Testamento nel corso degli anni inglesi (Annotationes in Novum Testamentum)11. Altri lavori meno ambiziosi, o non completi, affiancavano i manoscritti maggiori in quella bisaccia.
I basileesi non persero tempo. Il 2 settembre, a pochi giorni dall’arrivo di Erasmo, la sua traduzione latina di alcune operette di Plutarco stava per uscire o era appena uscita dai torchi12. La sua imponente collezione di proverbi classici, gli Adagia – in una edizione cosí sostanzialmente arricchita da poter essere considerata un’opera originale –, era sotto i torchi non molto tempo dopo13. Il catalogo di Froben parla chiaro su questo argomento: nel periodo immediatamente successivo a quell’arrivo tanto festeggiato, la tipografia frobeniana diventò il centro d’irraggiamento della produzione dell’umanista di Rotterdam e la cassa di risonanza della sua fama. Basilea vide un singolo autore monopolizzare quella non piccola impresa: dei dodici volumi pubblicati da Froben tra l’estate del 1514 e l’estate del 1516, nove portano il marchio del nuovo arrivato14. I tre torchi dei quali la tipografia disponeva faticavano a tenere dietro alla sua produzione15.
L’incontro con la pulsante officina16, l’entusiasmo dell’accoglienza17, la generosità di Froben18, l’incontro con i tre fratelli Amerbach – giovani, dottissimi, ansiosi di mettersi al suo servizio e al servizio dei suoi progetti19 – influenzarono durevolmente il programma di vita e i piani di lavoro dell’umanista. «Non ti posso dire quanto mi piaccia questo cielo di Basilea», egli scrive a Tommaso Moro nella tarda primavera del 151620. Era arrivato con l’intenzione di proseguire ben presto per l’Italia, portando con sé una parte dei suoi manoscritti21. Nel giro di pochi giorni, il viaggio in Italia fu rinviato22 e i manoscritti che avrebbero dovuto accompagnare il loro autore oltralpe furono affidati alla tipografia di Basilea. In particolare i materiali che si riferivano all’epistolario di Girolamo e alle altre opere di quel padre confluirono nella memorabile edizione basileese del 1516 e degli anni successivi.
La decisione piú grave di conseguenze, però, fu quella che riguardava il Nuovo Testamento. Qui non era questione di scegliere un editore piuttosto che un altro: era questione, per Erasmo, di programmare il suo lavoro dei mesi e degli anni successivi23. Senza essere ancora pienamente consapevole delle conseguenze, l’umanista aveva preso una decisione che avrebbe improntato di sé il resto della sua vita.
2. La pulsante officina.
Nel periodo che precede il sodalizio con Erasmo, la produzione di Froben aveva avuto il suo punto focale nella Bibbia. Delle trentacinque pubblicazioni che compongono il catalogo dell’editore basileese negli anni compresi tra la fondazione dell’impresa, nel 1491, e l’arrivo di Erasmo, nel 1514, la Bibbia e le concordanze bibliche sono i titoli piú spesso ricorrenti. Ben otto edizioni della Bibbia e due edizioni delle concordanze uscirono dai torchi in quell’arco di tempo: poco meno di un titolo su tre fra quelli prodotti dall’imprenditore di Basilea24. L’ultimo esemplare della serie, uno dei piú ambiziosi, giaceva sui banchi, fresco di stampa, quando Erasmo mise piede nella tipografia: e la breve «esortazione a coloro che amano il testo sacro e le vere ricchezze» – un componimento anonimo con il quale quel volume si apriva25 – dovette agire su Erasmo come stimolo alla concezione della Paraclesi, il manifesto evangelico che, come vedremo, occupa la stessa posizione in apertura del Novum Instrumentum del 1516 e in tutte le successive edizioni maggiori26. Paraclesis è termine greco che puntualmente traduce il sostantivo latino Exhortatio (Esortazione): ma il vigore parenetico dell’apostrofe di Erasmo e lo scintillio della sua argomentazione relegano quell’anonimo precedente nell’ombra di una totale piattitudine27.
Da parte sua, il nuovo venuto aveva messo a punto, durante il soggiorno in Inghilterra, un testo greco del Nuovo Testamento, tramite la collazione di quattro codici28, e aveva corredato il testo da lui ricostruito con «piú di mille note» – certamente esemplate sul modello delle Adnotationes di Lorenzo Valla, ma quattro volte piú numerose29. Era arrivato sul continente con il proposito di pubblicare l’uno e le altre30. Quello che il nuovo venuto aveva da offrire, dunque, veniva direttamente incontro alle aspirazioni e ai programmi dell’imprenditore basileese. Lo stesso era avvenuto con gli scritti di Girolamo31.
L’intesa dovette essere fulminea. Il 2 settembre 1514 – Erasmo era arrivato da due settimane, pochi giorni di piú – i collaboratori della tipografia davano come imminente la pubblicazione del Nuovo Testamento greco, corredato con le note del nuovo venuto32, e questi s’impegnava per fare ritornare a Basilea un «exemplar emendatissimum», un codice greco al quale attribuiva grande autorevolezza, che l’ebraista Johannes Reuchlin aveva «preso in prestito» dal convento domenicano di Basilea e che ora Erasmo e i suoi collaboratori volevano collazionare con il testo messo a punto in Inghilterra33. Proprio questa lettera a Reuchlin dimostra che Erasmo fu informato prestissimo dell’esistenza di una prestigiosa collezione di codici greci del Nuovo Testamento e di commenti neotestamentari, che il cardinale domenicano Ivan Stojković (1395-1443) di Ragusa aveva portato con sé nel 1437, in quanto interlocutore autorevole del Concilio di Basilea: il codice chiesto a Reuchlin, infatti, faceva originariamente parte di quella collezione ed Erasmo aveva esercitato la sua autorevolezza per sollecitarne la restituzione34. La presenza di questa collezione di codici a Basilea giocò a favore della decisione di mettere a punto un’edizione dell’intero testo greco35.
In questa fase iniziale del dialogo, il testo greco avrebbe dovuto essere affiancato dalla versione latina del Nuovo Testamento che circolava nella Chiesa da oltre un millennio, la Vulgata36. Di una nuova traduzione non si fa parola. Ma la trattativa in corso a Basilea era fervida, gli interessi in gioco erano cospicui, le ambizioni erano sbrigliate. Il programma del 2 settembre fu rapidamente modificato. In meno di tre settimane – dal 2 al 21 settembre – l’uomo di penna e l’uomo dei torchi avevano raggiunto un accordo che stabilizzava i loro rapporti economici e finanziari37; in sintonia con questa intesa, la partenza dello scrittore per l’Italia, prevista per il 13 settembre, fu posticipata alla primavera successiva38. Il rinvio era imposto dal fatto che il progetto neotestamentario aveva subito un cambiamento sostanziale. La pubblicazione che l’umanista annuncia il 21 settembre è «il Nuovo Testamento da me tradotto»39.
Alla Vulgata, la traduzione latina del Vangelo che aveva dietro di sé l’autorità di san Girolamo (347-419/420)40, si sarebbe ora affiancata un’altra traduzione: quella di Erasmo41.
3. «Froben vuole avere da te il Nuovo Testamento»42.
Che la primizia editoriale fatta intravedere da Erasmo sarebbe approdata nella pulsante officina di Basilea non dovette essere, all’inizio, concordato in modo esplicito o definitivo. Il 17 aprile 1515 – a piú di sei mesi dall’insediamento di Erasmo a Basilea – colui che Erasmo definirà il suo alter ego, Beato Renano, scriveva all’umanista: «Froben vuole avere da te...