La tormenta
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La tormenta

Le indagini di Selma Falck

  1. 600 pagine
  2. Italian
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La tormenta

Le indagini di Selma Falck

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Quando Selma Falck apre gli occhi si risveglia in un incubo. È nuda, intrappolata in una capanna in fiamme su una montagna ricoperta di neve. Non ha idea di dove si trovi né ricorda come ci sia arrivata. Intorno a lei, una tormenta sta per travolgerla e la temperatura cala ogni istante di piú. L'unico pensiero è sopravvivere: contro il freddo, la fame e le sue stesse ferite. E nel frattempo rimettere insieme i pezzi per capire cosa l'ha portata a un passo dalla morte. Cosí, durante il disperato viaggio verso il ritorno alla civiltà, Selma ricostruisce un quadro spaventoso degli ultimi mesi, a partire dal matrimonio della figlia con un influente accademico dalle controverse posizioni politiche. E ricorda, improvvisamente, che quello che sembrava un incidente è invece il primo di una serie di crimini contro il futuro dell'intero paese.«Con questo libro Anne Holt si conferma una scrittrice formidabile».
Verdens Gang «Si resta ammirati di fronte all'abilità di Anne Holt nella costruzione di trame serrate».
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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2021
ISBN
9788858435649

Estate

I cubetti di ghiaccio

Il fine settimana era stato un inferno.
Selma Falck non si vergognava affatto di avere una relazione con un uomo che aveva la metà dei suoi anni. E neppure che ora lo sapesse tutta la Norvegia. La sua vita sentimentale erano affari suoi, una sua scelta, e Jesper era una bella persona senza legami con altri. Il dolore e i sensi di colpa che provava erano tanto piú forti e inaspettati da quando i suoi figli l’avevano informata di non volerne piú sapere di lei.
L’articolo e le foto pubblicate su «Luci della ribalta» li aveva spinti a chiudere definitivamente con la madre.
Johannes era stato laconico. Come sempre. Era fatto cosí. Affrontava gli eventi della vita con un’alzata di spalle. Il suo messaggio era brutale. In soli 187 caratteri le aveva comunicato di non volerla piú vedere. Che supportava la sorella e che era una liberazione rompere definitivamente con Selma Falck. Di cui in fondo non gliene era mai fregato piú di tanto.
L’e-mail di Anine era molto piú ricca.
Mentre Jesper era disperato.
Ma non quanto Selma, che in pratica non chiudeva occhio da venerdí. Adesso era domenica sera e tra non molto il parquet si sarebbe consumato nei punti in cui Selma aveva continuato a camminare avanti e indietro senza sosta. Dalla camera da letto, dove in preda alla rabbia aveva strappato via tutte le foto del matrimonio e dove sul pavimento c’erano puntine da disegno sparse ovunque, al soggiorno, intorno al divano e al tavolo da pranzo e in cucina, dove andava a picchiare la testa sul frigo.
Poi di nuovo in camera da letto, dove ogni volta si pungeva i piedi.
Lo stesso percorso in continuazione.
Aveva chiuso con Jesper sabato mattina. Per messaggio. Le aveva telefonato quarantun volte prima che lei rispondesse alla chiamata. Si era costretta a essere dura, arrabbiata e fredda, senza che servisse a nulla. Alla fine aveva spento il cellulare, anche se normalmente non avrebbe mai privato Einar della possibilità di contattarla. Per ben due volte non era morto perché, sfidando la paura, aveva preso il vecchio Nokia per chiamare la sua unica mecenate.
Comunque non c’era altro da fare per bloccare il mondo esterno.
Mezz’ora dopo Jesper si era presentato a casa sua, servendosi della chiave che aveva.
Selma era forte, ma sapeva di non avere nessuna speranza di buttare fuori un uomo come lui. Era ricorsa invece alle parole. Quando lui se n’era andato in lacrime, le aveva lasciato la chiave sul comò. Da quel momento era caduto il silenzio.
Da parte di Jesper.
Invece il cellulare aveva continuato a squillare senza interruzioni da quando «dg.no» aveva pubblicato il pezzo alle sette di sabato mattina. Nell’articolo, che appariva sotto una foto grande e due piú piccole, la redazione precisava di non essere riuscita a mettersi in contatto con Selma Falck per avere un suo commento, ma che ritenevano di aver avuto la conferma di quella piccante relazione da Jesper Jørgensen.
Non era stato abbastanza intelligente da negare.
Idiota. «dg.no» non avrebbe osato pubblicare nulla senza la conferma di almeno uno dei due.
All’inizio aveva cercato di capire chi tentava di mettersi in contatto con lei, ma dopo il messaggio di Johannes ci aveva rinunciato. L’e-mail di Anine era arrivata invece verso le due di domenica pomeriggio. Selma l’aveva scoperta per caso, non era piú in rete da molte ore quando un improvviso attacco di buonsenso l’aveva spinta a controllare quello che stava succedendo all’esterno.
Anine aveva ragione: Selma poteva piangere.
Il fine settimana stava per concludersi, e lei non riusciva a ricordare un’unica volta in cui si fosse sentita cosí stanca. Il volto che vedeva riflesso nello specchio quando andava in bagno era irriconoscibile. Gli occhi erano gonfi e senza trucco. Le labbra erano secche e la pelle intorno alle ali del naso le bruciava tanto che aveva cominciato a usare il burrocacao.
Sbang. Sbang.
Doveva smetterla di picchiare la testa sul frigo.
Le faceva male la fronte e sullo sportello del frigo c’era un bozzo.
Piú di tutto, avrebbe voluto correre. Veloce e a lungo. Uscire di casa, attraversare la città e spingersi fino a dove cominciava la foresta. Continuare dentro i boschi fino a quando in lei ci fosse stato ancora un soffio di vita. Tuttavia non osava mettere piede fuori dall’appartamento. Poteva esserci qualcuno.
Qualcuno armato di macchina fotografica.
Suonarono alla porta, era la quinta volta da quando Jesper se n’era andato.
Che fosse lui?
Ne dubitava. Non era mai stata tanto crudele con nessuno. A eccezione forse di Anine.
Non doveva aprire. Aveva messo la catenella e si sentiva imprigionata. Era barricata nell’appartamento, eppure non era al sicuro. Non aveva neppure il coraggio di uscire sul balcone, anche se finalmente si era fatto buio.
– Datti una regolata, – si disse piangendo mentre picchiava con piú forza la testa sul metallo.
Aveva il cuore che batteva all’impazzata e riusciva a malapena a respirare.
La sensazione di perdere il controllo era spaventosa. Persino quando un cliente l’aveva colta sul fatto perché gli aveva prelevato illegalmente parecchi milioni di corone dal conto era riuscita a mantenere la calma. Aveva pensato in maniera costruttiva. Si era resa conto che poteva ringraziare sé stessa per essere finita in quella situazione e aveva dato una svolta alla propria vita.
Stava per venirle un infarto.
Avvertiva una pressione alla cassa toracica e delle fitte a destra, non riusciva a respirare e aveva dei capogiri cosí forti che barcollò fino al tavolo per sedersi. Vedeva dei puntini neri ballarle davanti agli occhi e il campo visivo si stringeva sempre di piú. Quando alzò le mani per guardarle, erano piene di formiche che la mangiavano da dentro, non sembravano piú le sue.
Con le labbra formò una grande o, poi cominciò a inspirare profondamente ed espirare piano. Continuò a ripetere il movimento.
Riuscí ad alzarsi e andò in cucina per aprire il rubinetto. Non appena l’acqua fu abbastanza fredda, se la fece scorrere sui polsi. Inzuppò uno strofinaccio, incurante dell’odore acre, poi se lo mise sulla nuca, ancora fradicio. L’acqua le colò lungo la schiena e sotto la maglietta, scese fino alla cintura dei pantaloni per poi penetrare nella stoffa dei jeans. Selma prese un grande pezzo di carta da cucina, lo inumidí e se lo premette sugli occhi.
– Datti una regolata, – ripeté. – Subito.
Le pulsazioni erano calate e anche il respiro era piú regolare.
Si rese conto che quello che le era venuto era un attacco di panico e si sforzò di respirare con maggiore calma. Inumidí di nuovo lo strofinaccio e la carta da cucina, poi si appoggiò al bordo del ripiano costringendo il cuore a riprendere il suo ritmo abituale.
Non si riconosceva piú. Per nulla. Ed era quello che la spaventava di piú. Non aveva mai sentito i figli come qualcosa di vicino. Già alla nascita di Anine aveva capito che per lei metterli al mondo significava seguire la natura, non un desiderio. Quel fagottino le succhiava le energie, letteralmente parlando, e le impediva di fare tutto ciò di cui amava riempire la sua vita. E poi era difficile avere a che fare con la piccola. Quando Anine aveva sofferto di coliche per quattro settimane di fila, dopo solo qualche giorno Selma si era rifugiata dall’amica Vanja e tornava a casa esclusivamente per tirare il latte. Con le notti che già da prima erano gravate dagli incubi, non c’era spazio per una neonata che piangeva.
Invece Jesso era diverso. Aveva cullato, portato in giro, ricoperto di canzoni e amato fin dal primo gemito la piccola tiranna. Quando le aveva promesso che sarebbe stato lui ad accudire anche il numero due, Selma aveva accettato di avere un altro figlio. Poi si era fatta sterilizzare, dal momento che Jesso si era rifiutato di farlo.
Lo aveva fatto di nascosto per evitare l’ennesima litigata.
Selma voleva bene ai figli, lo aveva sempre pensato e quasi sentito, ma non si era mai riconosciuta nei panegirici che facevano gli altri genitori quando descrivevano l’amore per le proprie creature. Aveva pensato a lungo che mentivano. Esageravano. Si era messa anche lei a inventarsi storie su di loro per fare colpo, era una maestra nell’adeguarsi a qualsiasi conversazione finché le andava.
Con il passare del tempo, Anine aveva forse sette anni, aveva capito di essere diversa dagli altri. In effetti le persone amavano i figli piú della loro stessa vita. Aveva capito che doveva esserci qualcosa di profondamente sbagliato nella sua affettività e agito di conseguenza. I bambini avevano bisogno d’amore, prevedibilità e vicinanza. Jesso poteva dar loro tutto questo, e lei si era tirata indietro. E poi i figli avevano l’un l’altra.
Quando prima di Natale il matrimonio con Jesso era andato a rotoli insieme a tutto il resto, Anine e Johannes si erano infuriati con lei a nome del padre. Selma era stata molto toccata dalla loro reazione, ma pensava che alla fine le acque si sarebbero calmate.
Cosa che in effetti stava avvenendo, in parte con l’aiuto di Sjalg Petterson.
Cercò di convincersi che anche questa volta erano arrabbiati, ma sarebbe passata. Tutto passava, come avveniva per la maggior parte delle cose: col tempo, il mondo tendeva a dimenticare.
Non le serví a nulla. Selma era distrutta. Il pensiero di non rivedere mai piú i suoi figli la soffocava, e non aveva senso cercare di calmarsi concentrandosi sulla consapevolezza che era già successo. Questa volta c’era qualcosa di nuovo nell’atteggiamento di Anine. Piú che furiosa, la sua e-mail era estremamente secca e oggettiva. Molto piú gelida che bollente di rabbia. Anine aveva deciso di agire optando per le due azioni piú estreme con cui in Norvegia si ufficializzava il divorzio dai propri genitori: cambiare il cognome e rinunciare all’eredità. Era questo a rendere la rottura molto piú grave di tutte le altre messe insieme.
Selma Falck non avrebbe perso i figli.
Li aveva già persi.
Quella conclusione l’aveva colpita con una forza che non aveva previsto e ricominciò a piangere.
Bisognava fare qualcosa. Doveva fare qualcosa. Colmare il tempo. Calmare i nervi.
Sempre con lo strofinaccio sulla nuca, andò a sedersi al tavolo da pranzo. Aprí il MacBook e l’accese.
Un’ora dopo aveva perso quasi trentamila corone. Sbagliava a valutare le carte, faceva confusione, dimenticava e non riusciva a smettere di pensare ad Anine e Johannes.
E a Jesper. La situazione era insopportabile, doveva continuare a giocare. La prossima mano sarebbe andata meglio. Magari su un altro sito on-line, oppure qualche giro di black-jack avrebbe rimesso in sesto la contabilità.
No! – esclamò decisa prima di disconnettersi.
Però qualcosa doveva pur fare.
Poteva suddividere le e-mail: un compito che aveva iniziato venerdí sera e abbandonato praticamente subito quando Jesper le aveva mandato quel messaggio disperato. Un compito meccanico e poco impegnativo che le avrebbe permesso di far passare il tempo.
Sí, il suo vero compito era quello: far passare il tempo.
Aprí la posta elettronica e passò velocemente in rassegna quello che era arrivato nelle ultime ventiquattro ore. No, se ne sarebbe occupata un’altra volta. Si sforzò di non guardare chi fossero i mittenti delle ultime venti e-mail.
Per sbaglio aprí...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La tormenta
  4. Autunno 2018
  5. Primavera 2018
  6. Autunno
  7. Primavera
  8. Autunno
  9. Estate 2018
  10. Primavera
  11. Autunno
  12. Estate
  13. Autunno
  14. Estate
  15. Autunno
  16. Estate
  17. Autunno
  18. Estate
  19. Autunno
  20. Estate
  21. Autunno
  22. Estate
  23. Autunno
  24. Estate
  25. Autunno
  26. Estate
  27. Autunno
  28. Estate
  29. Autunno
  30. Estate
  31. Domenica 16 settembre 2018
  32. Sabato 29 settembre 2018
  33. Nota dell’autrice.
  34. Il libro
  35. L’autrice
  36. Della stessa autrice
  37. Copyright