Il gioco della notte
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Il gioco della notte

  1. 120 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il gioco della notte

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Informazioni sul libro

Quattro ragazzi, la notte di Capodanno. La festa, l'ebbrezza, un gioco in cui la posta diventa sempre piú alta. Camilla Läckberg scandaglia magistralmente gli abissi dell'adolescenza e il luogo piú oscuro e minaccioso che ci sia: la famiglia. Prima edizione mondiale. Tradotta in sessanta Paesi, oltre venti milioni di copie vendute, Camilla Läckberg è il crime svedese. Mentre fuochi cadono come paracaduti colorati e girandole luminose esplodono in cielo, Max, Liv, Anton e Martina festeggiano tra di loro la fine dell'anno. Ragazzi ricchi, belli, viziati per il mondo indossano una maschera impeccabile, dietro cui però nascondono odio e dolore. Il catering serve aragoste, caviale, champagne e i quattro attingono anche alle bottiglie da collezione che sono in cantina. Amoreggiano, fumano, spiano i genitori nella casa vicina. E iniziano a giocare. Dapprima Monopoli, poi Obbligo o Verità. E ben presto un passatempo un po' malizioso deflagra nell'occasione per mettersi a nudo e liberarsi, finalmente, del peso della verità.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2021
ISBN
9788858435182

Parte prima

1.

La radio trasmette Walk Like an Egyptian, uno dei pezzi preferiti di Liv Andréasson.
Il tassista, un tizio che puzza di sudore e ha minuscole pustole rossastre sulla nuca, dondola la testa a tempo. Di tanto in tanto le lancia un’occhiata nello specchietto retrovisore, e ogni volta lei distoglie lo sguardo.
Non c’è problema, si dice Liv. Ti perdono la puzza di sudore e la leccatina che ti sei dato alle labbra appena mi hai vista uscire dal portone, anche se ho minimo trent’anni meno di te.
Quattro anni fa un’autista di Taxi Stockholm le ha salvato la vita, e da allora Liv è sempre rimasta fedele alla compagnia. A differenza delle sue amiche, che usano esclusivamente Uber.
Lo sguardo del tassista cerca di nuovo il suo nello specchietto.
Lei volta la testa, osserva il panorama.
Fuori dal finestrino scorre una Stoccolma buia e innevata.
L’inverno ha preso possesso delle strade, della città.
La gente in giro è tutta impellicciata, o avvolta in gonfi piumini sopra i vestiti eleganti, con il fiato che forma nuvolette di vapore sotto la luce dei lampioni.
Walk Like an Egyptian sfuma, lasciando il posto a un conduttore che annuncia spumeggiante che mancano solo sei ore alla fine del vecchio anno. Liv ha cominciato a truccarsi fin dal pomeriggio, nel suo monolocale di Oxenstiernsgatan. In realtà vive ancora con i suoi genitori, l’appartamentino di Gärdet ce l’ha in affitto di nascosto. L’ha trovato tre mesi fa con un annuncio su Blocket, e sarà suo per altri tre. La proprietaria è partita per Bali in cerca di sé stessa. Liv ci passa tutto il tempo che può. Ci va direttamente dopo la scuola, raccontando ai suoi che resta a dormire da qualche amica. Dice che ha un sacco di compiti, che deve studiare. In fondo a giugno avrà la maturità.
Non ha mai sentito il bisogno di mostrare a nessuno il suo rifugio. Anzi sí, una persona le piacerebbe portarcela. Ma sa che non succederà mai. Il taxi svolta, si infila nel tunnel e poco dopo sbuca di fronte alle acque del Söderström. Sulla riva opposta brillano le mille luci della città. La macchina imbocca il Danviksbron con un sobbalzo. Liv allunga una mano verso la borsa, tira fuori la bottiglietta di Sprite riempita di vodka e se la porta alle labbra. Poi fruga nella tasca interna, trova la pasticca e se la infila in bocca. La lascia sciogliere sulla lingua, riconosce il familiare sapore aspro.
– Allora, è andato bene l’anno? – chiede il tassista.
– Cosí cosí. Mia mamma è morta due settimane fa.
La bugia ormai le viene naturale. La prima volta che l’ha detta è stata a una festa, circa un anno fa. Le parole le sono uscite di bocca all’improvviso, quasi da sole, e lo shock che si è dipinto sul volto del ragazzo con cui stava parlando le ha dato una sensazione liberatoria, quasi di euforia. Agli occhi di Liv era come se sua mamma non esistesse. E se non esisteva, non poteva nemmeno tradirla.
Gli occhi sbarrati del tassista le mandano in circolo un’ondata di caldo benessere. Lo ha messo in difficoltà. Sta cercando le parole, vorrebbe dirle qualcosa per consolarla, ma alla fine si limita a borbottare le sue condoglianze.
– Non eravamo molto unite.
Il panorama fuori dal finestrino diventa sempre piú familiare. È lí a Skurusundet, a pochi chilometri da Stoccolma, che è cresciuta. La sua famiglia ci si è trasferita da Örebro quando Liv aveva cinque anni. Le ville sono imponenti, affacciate sullo stretto. Le piú belle hanno la spiaggia privata, naturalmente. Se ci si passa davanti in barca, le grandi finestre panoramiche diventano come degli acquari in cui vivono i ricchi. Liv lo sa bene. La sua famiglia vive in uno degli acquari. Sulle viuzze che portano alle ville si incrociano solo taxi, questa sera. I Suv e le auto sportive sono parcheggiati in garage o davanti alle ville, in gran parte buie e silenziose. In genere gli abitanti di Skurusundet festeggiano Capodanno all’estero. A Chamonix, alle Seychelles, a Sankt Anton o alle Maldive. Sui profili Instagram degli amici di Liv si può fare il giro del mondo, in questo periodo dell’anno.
Il taxi si ferma, Liv porge la carta e digita il codice in silenzio. Poi scende e si sistema il miniabito.
Una folata gelida la fa rabbrividire. Le scarpe tacco dodici fanno sembrare le sue gambe ancora piú lunghe e sottili. Piú di quelle di Martina, spera. Anche se è la sua migliore amica, sono in perenne competizione. Sono sempre state rivali, ma allo stesso tempo anche complici. Il loro rapporto è tutt’altro che lineare.
Mentre percorre il vialetto d’ingresso, Liv mette un piede su una pozzanghera ghiacciata, vacilla e impreca tra sé. È proprio da lei. Alza subito gli occhi verso la casa per controllare se qualcuno l’ha vista, poi si aggrappa alla ringhiera per non rischiare di scivolare sugli ultimi tre gradini e suona il campanello.
La porta si apre immediatamente.
– Sei in anticipo, – dice Max, in pantaloni da smoking e camicia, con il farfallino slacciato al collo. È strano vederlo vestito cosí, di solito è sempre in maglietta, jeans strappati e giubbotto di pelle. Una mosca bianca, tra tutti i maglioncini e le gonne pastello dei loro compagni di classe.
– Mi stavo cambiando, – prosegue facendosi da parte per lasciarla passare.
Liv cerca di interpretare il suo tono. È contento che sia arrivata o avrebbe preferito restare solo ancora un po’? È cosí che funziona con Max. A volte gli legge dentro senza problemi, come se riuscisse a vedere ogni singola cellula del suo corpo. Altre volte invece le sembra uno sconosciuto, come se non parlassero neppure la stessa lingua. Malgrado si conoscano da quando erano bambini. Max esamina il suo miniabito nero senza dire una parola. Anche il suo sguardo non esprime commenti, si limita a registrare ciò che vede.
Liv lo segue all’interno. La casa è a tre piani, una delle piú grandi e lussuose di Skuru. Il piano terra è costituito da un unico enorme salone con vista sullo stretto buio: è lí che festeggeranno Capodanno. Un angolo cottura con una gigantesca cucina a isola e un tavolo per almeno dodici persone domina un lato del locale, mentre l’altro è occupato da due enormi divani di Svenskt Tenn in un tipico tessuto di Josef Frank. L’arredamento, un misto di classici del design e pezzi di famiglia da far schiattare d’invidia una casa d’aste, è palesemente pensato per far colpo sui visitatori.
Il padre di Max è un pezzo grosso di una banca, sua madre casalinga. Anche se il termine casalinga è fuorviante. Non è certo lei che si occupa della casa, né dei bambini quando erano piccoli. Hanno personale di servizio per qualsiasi cosa. Max è il minore di quattro figli, tre maschi e una femmina, l’unico che vive ancora con i genitori.
Davanti alla grande finestra panoramica, la tavola apparecchiata è un’esplosione d’oro e cristalli. Dal grande lampadario sospeso pende un festone con la scritta «Buon anno nuovo!» Sul piano in marmo della cucina a isola sono posati quattro secchielli del ghiaccio da cui spuntano colli di bottiglia. Anche se saranno solo in quattro, ci sono almeno quaranta bottiglie di vino e champagne.
– Che bella tavola, – osserva Liv ridendo. – Ma perché tutti quei bicchieri?
– Cosí li usiamo una volta sola.
– Domani ci saranno un sacco di stoviglie da lavare.
– Non è un problema mio, – risponde Max alzando le spalle.
Liv si appoggia al piano della cucina. Si passa le dita su un braccio e sente un brivido in tutto il corpo. Per un attimo pensa sia il freddo, ma poi si rende conto che dev’essere la pasticca che inizia a fare effetto.
– Ci facciamo uno shottino mentre aspettiamo gli altri? – propone Max. Si avvicina a una vetrinetta illuminata, tira fuori due shot che posa sul marmo accanto a Liv, poi prende una bottiglia di Absolut dal secchiello e li riempie. Nel farlo rovescia qualche goccia di vodka. Passa un dito sul liquido e se lo infila in bocca con una smorfia. Poi ripete il gesto e allunga il dito verso Liv, che lo lecca rapidamente. In realtà avrebbe voluto prolungare un po’ il contatto, ma non osa. In silenzio, alzano il bicchiere in un brindisi, gettano indietro la testa e buttano giú la vodka.
Schioccano entrambi le labbra, poi posano i bicchieri.
– I tuoi sono già arrivati. I vecchi stanno festeggiando come se non ci fosse un domani, – dice Max.
Questa volta Liv non può non sentire il disprezzo nella sua voce.
Con un cenno, la chiama alla finestra da cui si vede la casa accanto. Liv riconosce subito la sagoma di sua madre, i lunghi capelli rossi sciolti sulla schiena nuda. Sta parlando con il padre di Max. In tutto conta otto persone. In mezzo agli altri, vede l’uomo che quattro anni fa le ha tolto la verginità con la forza. Non lo vedeva da un po’, e senza volerlo è attraversata da un brivido. Un’immagine le passa davanti agli occhi, gelandola in tutto il corpo. Lancia un’occhiata a Max per vedere se si è accorto di qualcosa, ma lui sta ancora guardando l’altra casa. Avrebbe voglia di puntare il dito contro l’uomo e dire «Mi ha violentata», ma tiene la bocca chiusa. Non l’ha mai raccontato a nessuno. E poi come reagirebbe Max? Forse proverebbe disgusto per lei. Anzi, è probabile.
– Mi prepari un drink? – chiede tirandolo verso il mobile bar.
– Cosa vuoi?
– Sorprendimi.
– Mi hai preso per un cazzo di barman? – ribatte Max con espressione gelida.
Poi però si mette a ridere, riempie due bicchieri di ghiaccio, ci versa un sacco di vodka e aggiunge un goccio di Sprite. Passa uno dei bicchieri a Liv, che lo prende e incrocia il braccio con il suo per brindare. Scoppiano entrambi a ridere, tanto che finiscono per rovesciarsi quasi tutto addosso o per terra.
Ridono ancora di piú, ma poi Max smette di colpo e si stacca da lei. Liv si volta. Martina e Anton li stanno osservando. Lo sguardo di Martina rimbalza tra Max e Liv. Nervoso, preoccupato. Ma non incazzato, piuttosto stupito.
Si è già tolta il cappotto, sotto ha un vestito di paillette e scarpe nere con il tacco alto. Probabilmente ha già postato diverse foto del suo look su Instagram. I capelli biondi le ricadono in una cascata sulle spalle e la schiena. Se è gelosa, non lo dà a vedere.
Anton è fermo accanto a lei. Ha i capelli pettinati all’indietro e indossa lo smoking, con un paio di scarpe di vernice che sembrano troppo grandi. Si avvicinano per salutare. Mentre si lascia avvolgere dalle braccia muscolose e dal profumo Calvin Kle...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il gioco della notte
  4. Parte prima
  5. Parte seconda
  6. Parte terza
  7. Parte quarta
  8. Nota.
  9. Il libro
  10. L’autrice
  11. Della stessa autrice
  12. Copyright