Fiori
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Fiori

per i Bastardi di Pizzofalcone

  1. 272 pagine
  2. Italian
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Fiori

per i Bastardi di Pizzofalcone

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Informazioni sul libro

Savio Niola, proprietario di uno storico chiosco di fiori, è stato ammazzato. Un delitto che sconvolge Pizzofalcone, perché l'anziano era amato da tutti nel quartiere. Lo consideravano una specie di «nonno civico», che non avendo una famiglia propria si prodigava per quelle degli altri. Aiutava i giovani spingendoli a studiare, cercando di tenerli lontani da strade senza ritorno; chiunque si rivolgesse a lui poteva contare su una parola gentile, su un po' di attenzione, se necessario su un sostegno materiale. Eppure è stato letteralmente massacrato. Chi può avere tanto odio, tanta rabbia in corpo da compiere un gesto simile? Poco tempo prima l'uomo si era esposto contro il racket che taglieggia i commercianti della zona, ma la pista della criminalità organizzata non convince i Bastardi, ancora una volta alle prese con un caso difficile da cui, forse, dipendono le sorti del commissariato. Un commissariato che, per loro, è ormai molto piú di un luogo di lavoro. Come per Savio era il suo chiosco. I BASTARDI DI PIZZOFALCONE Luigi Palma, detto Gigi: vicequestore.
Fior di Campanula. Giorgio Pisanelli, detto il Presidente: sostituto commissario.
Fior di Bouvardia. Elsa Martini, detta la Rossa: vicecommissaria.
Fior di Lavanda. Giuseppe Lojacono, detto il Cinese: ispettore.
Fior di Loto. Francesco Romano, detto Hulk: assistente capo.
Fior di Echinacea. Ottavia Calabrese, detta Mammina: vicesovrintendente.
Fior di Potentilla. Alessandra Di Nardo, detta Alex: agente assistente.
Fior di Aconito. Marco Aragona, vorrebbe essere detto Serpico: agente scelto.
Fior di Geranio.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2020
ISBN
9788858435144

XLV.

Fiori.
Fiori di ogni colore, gialli e rossi e azzurri e screziati. Fiori a gambo lungo e corto, a calice e a stella, a imbuto o a ruota. Fiori a pannocchia e a campana, a spiga e a sperone.
Fiori come parole, fiori a migliaia, ognuno col suo peso e la sua forma, ognuno col suo significato.
– Senti un po’, Pisane’, ma a un primo appuntamento con una di questo genere, cioè del tipo brava ragazza, che poi speriamo brava fino a un certo punto, ché già mi pare una di quelle che se provi a darle un bacetto ti dà una testata in bocca, con una cosí come ti presenti? Perché non è che io non ci sappia fare, sono centinaia le ragazze che ti potrebbero dare referenze, e… Che? Fiori, dici? E che fiori? Cioè, mi ci vedi ad andare a prendere una con un mazzo di fiori? Io sono uno ruvido, tosto e… Le piacciono, dici? E la cosa importante è che le piacciano, no? Vabbe’, vada per i fiori, poi se me li sbatte in faccia mi rimborsi tu. A proposito, Pisane’, non è che ti trovi cento euro, per caso? Non ho fatto in tempo a prelevare. Grazie, uno di questi giorni te li ridò.
Fiori.
Fiori per ogni occasione e per ogni circostanza. Fiori per andare, fiori per tornare. Fiori per dirsi quello che non si ha il coraggio di scriversi.
Fiori come parole. Ognuno col suo significato.
Il compleanno. Era il compleanno di Giorgia, e lui se lo era dimenticato.
Anche questo era un segno, alla fine: perché per quasi vent’anni quel pensiero era fisso al centro del cervello, cominciava a prepararsi quattro o cinque mesi prima, immaginando che faccia avrebbe fatto la sua fidanzata, che poi sarebbe diventata sua moglie, nello scartare il pacchetto.
Anche senza soldi, anche senza possibilità, quando lavorava per procurarsi quello che serviva a comprare i libri sui quali studiare, il necessario per il regalo di compleanno di Giorgia non mancava mai.
E stavolta se lo era ricordato a fine serata, quando stava tornando a casa con lo spirito di uno che è agli arresti domiciliari. Quanto è brutto essere innamorati e vivere con un’altra persona, eh, assistente capo Romano Francesco? Dovresti prendere una decisione. Dovresti essere sincero.
Ma c’era la questione della piccola Giorgia, dell’ipotesi dell’adozione. Questo senso di responsabilità, questa forza che lo attirava verso la bambina. Ma in fondo al cuore, insidioso come una sirena, il pensiero di Susy e del suo odore, del suo sapore, della sua pelle.
Vide l’insegna di un fioraio ancora aperto, mise la freccia. Non era giusto presentarsi a mani vuote. Per parlare, per essere sinceri, ci sarebbe stato il tempo.
Prese un mazzo di fiori già confezionato. Gli attirò lo sguardo e gli parve quello giusto. Pagò e uscí.
Nel mazzo c’erano gelsomino indiano, enula e peonie.
Significavano legame, lacrime e rabbia. Ma Romano non lo sapeva.
Fiori.
Fiori inattesi, fiori dovuti.
Fiori perché non si ha il coraggio, fiori perché non si ha paura. Fiori che squarciano in silenzio la notte, fiori per l’alba e per il tramonto.
Fiori come parole. Perché ognuno significa un pensiero.
Laura avrebbe dovuto accendere le candele. Laura avrebbe dovuto tirare il vino fuori dal frigo.
Laura avrebbe dovuto spogliarsi e rivestirsi, provando a sedurre e provando ad affascinare. E avrebbe dovuto mettere in bella vista le rose rosse, ricevute un’ora prima senza un biglietto, come faceva sempre lui, maschio adulto siciliano certo di non poter essere confuso con nessuno.
Era stato bravo, Lojacono. Lui e gli altri, d’accordo, ma lei sapeva che l’intuizione era stata sua, perché era stata la prima ad aver capito quanto fosse in gamba quel poliziotto reietto, che avevano buttato via con una falsa accusa.
Laura avrebbe dovuto attenderlo ancora una volta con quel battito felice che aveva prima, e che adesso non provava piú. Senza nemmeno dire a sé stessa che quelle rose, che significavano amore e passione e desiderio, non funzionavano piú a doppio senso ma erano diventate a senso unico.
Le piaceva, Lojacono. Per carità, le sarebbe piaciuto sempre. Ma appartenevano a due razze diverse. Non funzionavano.
Prese per l’ennesima volta la lettera che le era stata recapitata quella mattina, col provvedimento di trasferimento presso la procura di Brescia. Che aveva sollecitato, e che alla fine era arrivato. Avrebbe dovuto dirglielo. E non sapeva come.
Guardò le rose, appoggiate sul tavolo e nemmeno tolte dall’incarto.
Potessi dirtelo coi fiori, pensò.
E sentí suonare alla porta.
Fiori.
Fiori per tacere. Fiori per lasciare soli i sorrisi, fiori per fare compagnia ai pensieri. Fiori per gettare ponti, fiori per abbattere muri.
Fiori come parole. Perché ognuno rappresenta un sentimento.
– Puoi parlare? O c’è lei?
– C’è ma è di là, sta cucinando. Che succede?
– No, dicevo, ma sei sicura che sia una buona idea? Perché io credo che…
– Ti stai tirando indietro?
– Io? No, che dici! Se l’ho proposto io! Solo che non mi pare giusto, organizzare una cosa come questa alle sue spalle. Avresti dovuto dirglielo, e poi…
– Senti, io la conosco benissimo. È mia madre, se non te lo ricordi. E sono sicura che dirglielo era la via piú diretta per farla scappare chissà dove. Mi ha portata qui per questo, ne sono certa; e poi ha fatto passare un anno senza prendere iniziative. Questo che ti dice?
– Ma cosí mi sembra un’imboscata, fingere un incontro casuale, e poi in un parco! Mi dici che ci fa uno come me, alle undici di una domenica, in un parco?
– Be’, per una volta fai qualcosa di sano, che ti fa bene. Non hai visto la faccia che hai? E poi io sono stanca di vederti di nascosto, in un bar che fa un pessimo gelato, e raccontarti la mia vita minuto per minuto.
– Ma come, un pessimo gelato? Se te ne mangi una montagna ogni volta!
– Sí, vabbe’, è solo per farti piacere. Comunque se non ti va nessun problema, non venire piú a pedinarmi dopo scuola, se no ti denuncio e la chiudiamo qua.
– Oh, no, non chiudere, non ho detto questo, ho detto solo che mi sembra un po’… posticcio, ecco.
– Perché lo è, ecco perché. Adesso devo andare, altrimenti se ne accorge.
– No, aspetta un attimo, dimmi che devo dire. Cioè, io fingo di passare per caso, ti vedo e dico: ciao, tu sei quella bambina che era nel commissariato di Pizzofalcone, vero? E tu mi dici…
– Senti, adesso basta, lo abbiamo ripassato dieci volte, ne parliamo domani e ci organizziamo. È ancora sabato e io devo andare a scuola. Ora chiudo, ciao.
– A me però pare anche strano che una bambina della tua età abbia già il telefonino, ci sono una marea di pericoli che… Vittoria?… Vittoria?… Almeno dimmi se devo portare dei fiori!
Fiori.
Fiori per nascondersi. Fiori per stare insieme al buio, fiori per i posti dove la luce non può arrivare.
Fiori come parole. Fiori per non dirsi niente.
Palma percorse il profilo di Ottavia con un dito.
– Ecco, vedi? Sei bellissima. Te lo devo dire di continuo, altrimenti te ne scordi.
Lei ridacchiò, nel buio.
– Tu sei pazzo. E anche questa cosa, venire a letto con me su una poltrona reclinabile durante il turno di notte. Ma lo sai che se dicessi che mi molesti sessualmente saresti messo sotto processo?
– Ma io confido nella tua discrezione. E poi, nel caso, direi di essere stato adescato. È un reato anche quello, sai?
– La soluzione del caso del fioraio andava comunque festeggiata, e tu e io possiamo farlo solo cosí. I complimenti del questore, i complimenti della Piras in diretta televisiva, i complimenti dei giornali, Pizzofalcone nei servizi d’apertura, sai quanta rabbia per i tuoi colleghi che ci vogliono far chiudere?
– Perché siamo bravi, ecco perché. Mostruosamente bravi, direbbe Aragona. E io gli risponderei: Arago’, e pensa come saremmo se non ci fossi tu!
Lei finse di schiaffeggiarlo.
– Smettila, con quel povero Marco! Anche lui fa la sua parte, anche se su due piedi non saprei dirti quale. Anzi, lo so e te lo dico: è un uomo d’azione, hai visto come ha catturato lo strozzino e i due delinquenti? Una perfetta dimostrazione di azione solitaria, con tanto di arresto in flagranza di reato. Che vuoi di piú?
Palma aggrottò la fronte nella penombra.
– Non me ne parlare, ho dovuto dichiarare che il colpo è partito per un difetto della pistola, se no al posto loro andava dentro lui, quel pazzo.
Lei si rannicchiò su di lui.
– Certo che questa poltrona è il massimo della scomodità.
Lui le disse, all’orecchio:
– Fa un po’ sedile di auto. Ci rende come due ragazzi, no? È divertente.
Ma non potrà essere sempre cosí, pensò lei.
Ma non potrà essere sempre cosí, pensò lui.
Dalla finestra che chiudeva male entrò un forte profumo di ranuncolo, che significa: tenerezza.
Fiori.
Fiori per uscire, fiori per entrare. Fiori per affermare che la dolcezza non è debolezza. Fiori per la femminilità, fiori per la verità.
Fiori come parole. Per dire di sí.
Seduta nel corridoio, sulla panca verde acqua, i piedi sul pavimento verde acqua, in una luce bianca e fredda.
Seduta con le mani in grembo, la borsa riposta a fianco, nessuna voglia di guardare un display, nessuna voglia di pensare a niente.
Il mazzo di fiori dall’altro lato, papaveri, azalee, una rosa rossa al centro, la resistenza, il sollievo, l’amore. La speranza, quella nel cuore. Tutta la speranza del mondo.
La telefonata era arrivata di notte, un numero anonimo e il cuore in gola. Aveva pensato subito a quello che era, chissà perché non ai genitori che pure erano anziani, non al lavoro che a volte chiamava, e invece lei aveva pensato proprio a quello che era, con una chiarezza e una semplicità simili alla lama di u...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Fiori
  4. I.
  5. II.
  6. III.
  7. IV.
  8. V.
  9. VI.
  10. VII.
  11. VIII.
  12. IX.
  13. X.
  14. XI.
  15. XII.
  16. XIII.
  17. XIV.
  18. XV.
  19. XVI.
  20. XVII.
  21. XVIII.
  22. XIX.
  23. XX.
  24. XXI.
  25. XXII.
  26. XXIII.
  27. XXIV.
  28. XXV.
  29. XXVI.
  30. XXVII.
  31. XXVIII.
  32. XXIX.
  33. XXX.
  34. XXXI.
  35. XXXII.
  36. XXXIII.
  37. XXXIV.
  38. XXXV.
  39. XXXVI.
  40. XXXVII.
  41. XXXVIII.
  42. XXXIX.
  43. XL.
  44. XLI.
  45. XLII.
  46. XLIII.
  47. XLIV.
  48. XLV.
  49. Il libro
  50. L’autore
  51. Dello stesso autore
  52. Copyright