… perché non sai mai se stai facendo o meno la scelta giusta.
Una notte agitata, una di quelle in cui fissi le persiane accostate e ti pervade un’ansia irrazionale che ti spinge a pensare al peggio di ogni situazione. Allora ti costringi a chiudere gli occhi, ti costringi a dormire e ti soffermi su un ricordo che ti sta a cuore, qualcosa che ti fa stare bene.
Marco quella notte ripensa al primo incontro con Anna, al rumore della pioggia e ai loro sguardi che si incrociano al riparo dei portici. E alla seconda volta, lí in quella casa, che poi è stata anche l’ultima, perché da quando Anna ha ridisceso le scale lui non l’ha piú vista.
Ora è l’alba, si alza circondato dal silenzio della solitudine. Maglietta sgualcita, pantaloncini corti, si tiene in forma con una sbarra appesa al muro.
Seduto al tavolo della cucina beve succo d’arancia e osserva le mura spoglie, gli scatoloni impilati che ingombrano il soggiorno. La casa è quasi vuota, ancora pochi giorni e riconsegnerà le chiavi. Una casa nuova lo aspetta, senza piú quel silenzio mattutino. Perché ha deciso; anzi, hanno deciso, lui e la sua ragazza, Pilar.
Si conoscono da cinque mesi, un colpo di fulmine in bianco e nero che ha colorato da subito la sua vita. È accaduto in una libreria dell’università, Marco era in fila per le fotocopie fai da te, quelle da cinque centesimi a foglio. Lei era davanti a lui e doveva farne una sola.
Marco ha visto questa ragazza dal colorito bruno, i capelli scuri, lunghi, mossi, quasi ricci, che facevano pensare a una bellezza del Sud che balla scalza la taranta al centro di una piazza in una festa di paese. Aveva gli occhi verdi, fermi e determinati, mentre premeva il tasto della copia. In un altro momento non ci avrebbe messo tanto ad attaccar bottone con una delle sue trovate, solo che, nonostante i lunghi mesi trascorsi, Anna era ancora parte dei suoi pensieri, pur non essendo mai stata la sua ragazza, bensí una fugace apparizione.
Pilar, lí davanti a lui, ha recuperato il suo foglio e gli è passata accanto senza degnarlo di uno sguardo, in una scia di rose e miele che Marco ha associato d’istinto allo shampoo del mattino. L’avrebbe dimenticata nel giro di qualche ora se nell’aprire il vassoio della fotocopiatrice non avesse trovato il foglio originale. Lo ha preso in mano e ha provato a chiamare quella ragazza che si allontanava osservando il risultato della sua copia da cinque centesimi.
– Il cuore, – ha urlato Marco, un po’ piú forte di come avrebbe voluto.
Pilar si è fermata, ha sollevato il viso dal foglio e si è girata verso di lui.
– Hai dimenticato qui il tuo cuore, – ha continuato a urlare Marco agitando in aria il foglio con gli appunti di cardiologia e un paio di disegni del famoso muscolo dell’amore.
Nei giorni a seguire, nelle settimane a seguire, avrebbe giurato a Pilar che non era un modo per abbordarla: stava semplicemente dicendo la verità.
Dal primo caffè insieme a quello che è accaduto dopo, il passo è stato breve, e trascorsi i primi tempi in cui alternavano i letti delle proprie case con le lezioni universitarie, sono riemersi dall’apnea che genera un nuovo amore grazie a un’altra coppia: Vittorio e Sofia.
Cosí sono cominciate le uscite a quattro, come nelle piú classiche delle amicizie.
– Finalmente! – Vittorio ha detto solo questo quando Marco gli ha presentato Pilar. Lui stava con Sofia già da quattro anni e non si contavano le volte in cui erano usciti in tre. Sí, perché Marco quando incontrava una ragazza tendeva a sparire per il primo mese per poi riapparire da solo: il sesso prendeva il sopravvento, ma praticamente nessuna aveva mai superato quello che Marco chiamava «il momento farfalla»; rimanevano tutte crisalidi avvolte nelle lenzuola e, per un motivo o per l’altro, non riuscivano a spiccare il volo. Presentare alla fiamma di turno Vittorio e Sofia era paragonabile quasi a «Ti presento i miei», che Marco non aveva piú da anni, quindi la sua coppia di amici era quanto di piú vicino a una famiglia lui potesse avere.
Pilar però ce l’aveva fatta, si era meritata un paio di ali colorate. E piú Marco ne osservava le piccole cose, piú pensava che era lui a essersi meritato quel miracolo. Il modo in cui lei mordicchiava la matita, i piedi ripiegati quando sedeva sulla sedia dopo aver fatto l’amore, il battito delle ciglia quando non capiva cosa stesse accadendo.
La prima uscita a quattro è stata un aperitivo in Bovisa che ha sancito l’inizio di quelli che, negli anni a venire, Marco e Vittorio avrebbero ricordato come i brindisi zoppi. Pilar è astemia e per non brindare con l’acqua ha sempre messo la mano su quella di Marco e quindi i bicchieri a tintinnare sono sempre stati tre. Ma l’amore è piú forte di un vino non condiviso, o almeno Marco si convince di questo, si convince che il tempo passa e che nella vita ti accade quello che è meglio per te, perché non c’è alcuna controprova a dimostrare il contrario. Si convince che Pilar è la ragazza giusta per lui. Piú in profondità si convince che lui è il ragazzo giusto per lei, perché sentirsi indispensabile per qualcun altro è come passare ogni sera lo spegnicandela sulle fiammelle dei dubbi: fanno luce, ma non vedi mai chiaramente cosa cercano di rischiarare.
Ogni tanto con il pensiero è tornato ad Anna, ma Anna non è stata niente, solo un foglio girato troppo in fretta senza averne capito il motivo. In fin dei conti, cosa ha lasciato?
Marco si guarda intorno mentre cammina in quella che negli ultimi anni è stata la sua dimora e ora è un magazzino di scatoloni pronti a trasferirsi in un’altra abitazione con la scusa del «per sempre». Porterà via tutto. Tutto tranne l’unica cosa lasciata da Anna: il disegno di loro due, un tratteggio veloce che ha realizzato lí nuda, davanti a lui. Lo guarda come fosse uno specchio. Loro due e una scritta: «Cosa è ragionevole?» Studia la domanda e pensa che è là per lui e che lui non ha mai risposto. Allora si sofferma sulla grafia e l’immagine di Anna quasi compare davanti ai suoi occhi per ricalcarla.
Cosa è ragionevole? Cosa lo è stato fino a quel momento della sua vita? Riflette sul termine, ragionevole, che lui stesso ha introdotto nel rapporto con Anna. «Rapporto? – si chiede. – L’ho vista due volte».
E allora perché il suo viso è ancora lí? Non solo sul muro, ma nei suoi pensieri.
Si analizza: è stato troppo ragionevole o lo è stato troppo poco?
A sette anni ha dato un pugno a Fabio Ubaldini: poco ragionevole.
A dieci ha accettato di vendere i suoi giocattoli a un mercatino di paese per comprarsi una bici nuova: ragionevole, ci ha guadagnato.
Tre anni dopo, Luca Mari gli ha rubato l’album delle figurine e lui non lo ha picchiato: ragionevole. Anche perché era il doppio di lui.
Tiziana, a diciotto anni lo ha tradito. Lui lo ha saputo, non glielo ha mai rinfacciato. Non ragionevole, se ne è sempre pentito.
Quando sono morti i suoi genitori non ha pianto: ragionevole, avrebbe solo peggiorato la sua nuova condizione di orfano di fronte a parenti di cui non conosceva neanche il nome.
Ha mandato via Anna senza protestare, l’ha sentita scendere le scale e l’unica cosa che è riuscito a urlare è stata «Buonanotte»: non ragionevole. L’ha lasciata andare, non le è corso dietro per le scale cercando di fermarla. Sarebbe stato inutile. Forse. Ragionevole.
Gli eventi chiave del suo passato lo dipingono ragionevole. Magari è questo il motivo per cui lei non c’è piú. O meglio, c’è, ma chissà dove, e chissà quale vita starà vivendo.
«Non è ragionevole pensarci ora», si dice.
Osserva il disegno, un attimo di quel giorno immortalato sul muro. Quante cose sono cambiate da allora. Troppe. Oppure troppo poche. Ha un nuovo cammino da affrontare. Ma non riesce a non pensare al passato, a un momento che in realtà non è mai davvero esistito. «Basta ignorarlo», si dice per convincersi. Cosí va verso l’armadio ormai vuoto e lo spinge davanti al disegno per coprirlo. È sempre stato razionale, ma tenta di credere a quel vecchio detto: lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Il cuore. Lo stesso che Pilar sta studiando sul suo libro di cardiologia. Ha ventitre anni, deve il suo nome alla passione del padre per Hemingway. In Per chi suona la campana, Pilar è una donna forte, una guerrigliera che combatte contro il nemico e che non esita a mettere a repentaglio la sua vita per la libertà. Forse il papà immaginava un destino piú avventuroso per la figlia che però, con la stessa caparbietà del personaggio letterario, è capace di porsi un obiettivo e raggiungerlo: non è la Guerra di Spagna il suo campo di battaglia, ma la facoltà di Medicina in cui ha bruciato le tappe al pari di una predestinata. Sarà medico, lo sa già, ma come tutte le studentesse è in ansia il giorno dell’esame. Anche per lei una notte agitata, corta all’inverosimile, con l’angoscia che le fa aprire gli occhi quando ancora è buio e le tre ore rimanenti che sembrano un’eternità.
Vive sola, in un monolocale, sopra il letto un autoritratto di Frida, una ventina di scatoloni già chiusi, alcuni vestiti alla rinfusa su una poltrona, libri accatastati sul piccolo tavolo davanti all’angolo cottura. È seduta a gambe incrociate, indossa una lunga camicia bianca di cotone. Il suono del campanello la fa sobbalzare.
Apre a Marco, sorride, lo bacia sulle labbra.
Dopo quell’esame verrà il tempo della loro vita insieme. Se lo sono ripetuto tante volte nelle ultime settimane. Marco vorrebbe raccontarle le sue riflessioni notturne, ma poi lascia perdere, e capisce che è come se le stesse nascondendo qualcosa di importante. E non è un buon inizio per un rapporto che si sta appena costruendo. Si concentra su di lei, sul suo corpo nudo sotto la camicia trasparente.
– Buongiorno, amore.
– Sei pronta per l’esame?
– Terrorizzata. Sono sveglia dalle cinque.
– Ti interrogo, – fa lui e si siede al tavolino.
– Vuoi il caffè?
Marco annuisce, prende il libro di cardiologia e comincia a scegliere le domande da sottoporle mentre lei gli versa il caffè e si siede davanti a lui. Sul tavolo, una scatola di corn flakes, biscotti e marmellata.
– Da cosa è costituita la placca ateromasica?
Pilar mette le mani a coppa sulle orecchie, come stesse rispondendo a un quiz televisivo.
– Uhm. Materiale lipidico, tessuto fibroso, cellule muscolari lisce.
Marco fa sí con la testa e continua.
– Qual è il test piú indicato nella diagnosi di angina pectoris?
– L’Ecg da sforzo.
Ora la incalza.
– Cos’è lo scompenso cardiaco?
– Incapacità del cuore di generare una portata cardiaca efficiente, – risposta repentina.
– Quanti battiti raggiunge il tuo cuore ogni volta che ti bacio?
Pilar sorride, poi sbuffa.
– Non la sai?
– Ho l’ansia.
– Ormai ci sei, è l’ultimo esame.
Storce la bocca.
– Sai che mi mette un po’ di tristezza?
– Cosa?
– Non sarò mai piú una studentessa.
– Sarai un medico.
Pilar si guarda intorno e indica il suo mondo.
– Sí, ma tutto questo non ci sarà piú. Questa vita non ci sarà piú.
– Ce ne sarà un’altra, magari migliore.
Un attimo di silenzio, poi Pilar allontana quel pensiero malinconico, versa i cereali nella ciotola e si alza per prendere il latte dal frigo.
Marco sta per farle un’altra domanda, ma la sua attenzione viene rapita dal retro della scatola dei corn flakes: c’è una striscia di vignette. D...