Giú in mezzo agli uomini
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Vita e morte di Guido Rossa

  1. 256 pagine
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Vita e morte di Guido Rossa

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In un'alba livida e fredda del gennaio '79, sulle alture della Genova popolare, due colpi di pistola sparati a bruciapelo uccidevano l'operaio comunista Guido Rossa. Lo uccidevano al buio, nell'ora in cui gli operai vanno a lavorare. E cosí quell'alba era anche un tramonto. Annunciava la sconfitta politica delle Brigate rosse, segnava la fine della loro illusione di conquistare il favore delle classi lavoratrici. Ma la vita del «compagno Rossa», campione d'arrampicata dalle Alpi all'Himalaya, paracadutista, fotografo, non si esaurisce nella sua morte. Né si limita a riflettere la morte di un'utopia operaista respinta dal movimento operaio. Grazie allo scavo archivistico di Sergio Luzzatto - e grazie al suo talento narrativo - la storia di un «fresatore meraviglioso» diventa qui il ritratto, sorprendente ed esemplare, di un italiano nel dopoguerra. La parabola di un alpinista sceso giú in mezzo agli uomini per cercare insieme a loro la strada della liberazione. Troppo spesso, nel discorso pubblico, le «vittime del terrorismo» sono poco piú che figure retoriche. Sopravvivono nella memoria degli italiani come immaginette, santini laici, piuttosto che come persone in carne e ossa. E cosí era stato, finora, anche per Guido Rossa. Comprensibilmente, tanta è la forza simbolica del suo martirio: un operaio metalmeccanico, un sindacalista, un comunista, ucciso dai brigatisti rossi perché baluardo democratico in fabbrica, oppositore strenuo di una propaganda marxista- leninista da lui denunciata quale travisamento degli interessi piú autentici della classe operaia. Senza voler nulla togliere al merito politico e civile del sacrificio di Rossa, Sergio Luzzatto si è accostato alla sua figura con altre intenzioni. Oltre l'immaginetta, ha voluto scoprire l'uomo. Autorizzato ad accedere (il primo a poterlo fare) all'archivio di famiglia, ha voluto guardare alla vita di Rossa, almeno altrettanto che alla sua morte. Si è trovato cosí a fare i conti con una personalità originale, irrequieta, scomoda: quanto di piú lontano, sia in fabbrica sia fuori, dall'icona dell'operaio comunista come militante disciplinato. D'altra parte, lo storico ha ritrovato nella varietà stessa del percorso esistenziale di Rossa, il bellunese «razza Piave» cresciuto a Torino da figlio di immigrati e trapiantato nella Genova del «miracolo economico», un itinerario tipico della modernizzazione italiana. Dapprima meccanico in un'officina a conduzione familiare, poi fresatore Fiat nei capannoni nuovi fiammanti di Mirafiori Sud, infine attrezzista Italsider nella città capitale delle partecipazioni statali, l'operaio Guido Rossa incarna un po' tutta la storia del trentennio durante il quale le «tute blu» poterono sembrare il soggetto sociale portante di una Repubblica costituzionalmente fondata sul lavoro. Ma cercare l'uomo dietro l'icona ha comportato altro ancora. Nell'oralità del dialetto piemontese da lui parlato con gli amici, nelle lettere da lui scritte ai compagni di cordata, nelle poesie e nelle canzoni da lui scrupolosamente ricopiate, nelle fotografie da lui scattate in montagna come al mare, Luzzatto ha scoperto un Rossa totalmente inedito. Un carattere dissacrante e uno spirito artistico, oltre all'alpinista temerario, e al sindacalista eroico.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2021
ISBN
9788858437766
Argomento
History

Riferimenti archivistici, bibliografici e sitografici

Tavola delle abbreviazioni archivistiche.

AFRG Archivio della famiglia Rossa, Genova
AFRR Archivio della famiglia Rossa, Rivalta
AISRVdA Archivio dell’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea in Valle d’Aosta
ARCHIMOVI Archivio dei Movimenti, Genova
ASBL Archivio di Stato di Belluno
ASDT Archivio storico della Diocesi di Torino
ASTO Archivio di Stato di Torino

Capitolo primo Razza Piave

Per la propaganda fascista sulla «razza Piave» (compreso lo slogan citato), si veda A. Magno Marzo, Piave. Cronache di un fiume sacro, il Saggiatore, Milano 2010. Sulle battaglie del Piave fra 1917 e 1918 (e, piú in generale, sul mito del Piave), resta imprescindibile il volume di F. Minniti, Il Piave, il Mulino, Bologna 2000. Sull’industrializzazione del Piave negli anni del fascismo, è fondamentale lo studio di G. Bonan, Le acque agitate della patria. L’industrializzazione del Piave (1882-1966), Viella, Roma 2020, pp. 71 sgg.
Le citazioni di Buzzati sono tratte dall’articolo La mia valle, pubblicato sul «Corriere della Sera» del 24 aprile 1970. Vari articoli di soggetto bellunese e dolomitico risalenti agli anni Trenta sono raccolti in D. Buzzati, I fuorilegge della montagna. Uomini, cime, imprese, a cura di L. Viganò, Mondadori, Milano 2010.
Sull’occupazione austro-germanica del Bellunese e le imprese militari di Rommel, si veda M. Rech, Da Caporetto al Grappa. Erwin Rommel e il battaglione di montagna del Württemberg sul fronte italiano nella Grande Guerra, Rossato, Valdagno (Vicenza) 1999. Per l’impatto dell’occupazione sulle comunità locali fanno ancora testo gli studi di G. Corni, L’occupazione austro-germanica del Veneto nel 1917-18. Sindaci, sacerdoti, austriacanti e patrioti, in «Rivista di storia contemporanea», 1989, pp. 380-408; e Id., La società bellunese nell’ultimo anno di guerra, 1917-1918, in G. Berti e P. Del Negro (a cura di), Al di qua e al di là del Piave. L’ultimo anno della Grande Guerra, FrancoAngeli, Milano 2001, pp. 435-73.
Per l’impatto dell’occupazione sul territorio di Cesiomaggiore, si veda T. Rech e S. Sartorelli, Il comune di Cesio nella Grande Guerra, in A. Amantia (a cura di), Cesiomaggiore. Identità e storia di una comunità, Isbrec, Belluno 2002, pp. 445 sgg. Per la durissima occupazione della frazione di Pez, ibid., pp. 467-69.
Il mio incontro con Giancarlo Rossa è avvenuto nella sua abitazione di Rivalta, in provincia di Torino, il 25 agosto 2020. Un suo appunto di promemoria mi è stato inoltrato per posta elettronica, a cura del figlio Paolo, il 12 settembre 2020.
Per il foglio matricolare di Giuseppe Rossa, si veda Archivio di Stato di Belluno (ASBL), Fondo Distretto militare di Belluno, Ruoli matricolari, reg. 216, matr. 14205. La fotografia in divisa da alpino risale al 1923, ed è tratta dall’album di famiglia, conservato nell’archivio privato della famiglia Rossa, a Rivalta (AFRR); nel medesimo archivio è conservato il libretto di famiglia dei coniugi Giuseppe Rossa e Maria Sartor.
Per dettagli tecnici sul cantiere ferroviario nella riviera di Levante, si vedano G. Rotelli, Linea Genova - La Spezia. Raddoppio Manarola-Riomaggiore, in «Rivista tecnica delle Ferrovie italiane», 1930; e Id., Linea Genova - La Spezia. Raddoppio Manarola - La Spezia, ivi, 1935. Sulla linea ottocentesca, M. Burrini, Da Sestri Levante a La Spezia. Storia della ferrovia del litorale ligure, Effigi, Arcidosso (Grosseto) 2014. Sul raddoppio, C. Bozzano, C. Pastore e R. Serra, Tra mare e monti da Genova alla Spezia. Storia illustrata del trasporto pubblico nel Levante, Nuova editrice genovese, Genova 2010.
Gli immigrati italiani in alta Lorena hanno trovato il loro storico in Gérard Noiriel. Si vedano di lui, in particolare, G. Noiriel, Immigrés et prolétaires. Longwy, 1880-1980 (1984), Agone, Marseille 2019, pp. 313 sgg.; e Id., Les immigrés italiens en Lorraine pendant l’entre-deux-guerres: du rejet xénophobe aux stratégies d’intégration, in P. Milza (a cura di), Les italiens en France de 1914 à 1940, Mélanges de l’École française de Rome, Rome 1986, pp. 609-32.
La cartolina di Volmerange-Les-Mines, nell’esemplare qui riprodotto, risulta come viaggiata nel 1921. Sul contesto specifico delle miniere di ferro di Volmerange-Les-Mines, si veda Ph. Stachowski, Le temps des mineurs au pays du fer, 1870-1980, Domini, Thionville 2004. Sulla vicenda generale dell’immigrazione italiana in Francia (e dell’ostilità dei francesi verso gli italiani), si veda soprattutto P. Milza, Voyage en Ritalie, Plon, Paris 1993.
Per la figura di Sbardellotto, si vedano G. Galzerano, Angelo Sbardellotto. Vita, processo e morte dell’emigrante anarchico fucilato per l’intenzione di uccidere Mussolini, Galzerano, Casalvelino Scalo (Salerno) 2003; e A. Casellato (a cura di), L’anarchico di Mel e altre storie. Vite di sovversivi processati dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, Istresco/Cierre, Sommacampagna (Verona) 2003. Sulle ramificazioni internazionali del tentativo di Sbardellotto di attentare alla vita del duce, E. Diemoz, A morte il tiranno. Anarchia e violenza da Crispi a Mussolini, Einaudi, Torino 2011, pp. 335 sgg.
Le citazioni dal «Corriere della Sera» sono tratte (rispettivamente) dagli articoli non firmati: Sbardellotto deferito al Tribunale Speciale, 11 giugno 1932; L’unanime esecrazione per il nefando tentativo contro il Duce, 7 giugno 1932; e I precedenti del rinnegato. L’arresto dei genitori, 8 giugno 1932.

Capitolo secondo Una balia da latte

Le prime due foto dell’album di famiglia sono conservate in AFRR. L’archivio contiene anche, per iniziativa di Paolo Rossa (il figlio di Giancarlo), un albero genealogico risalente a piú generazioni. È da questo che ho tratto le informazioni sulla famiglia di Giovanna Sartor Marin.
Per la politica natalista del fascismo, si vedano C. Ipsen, Demografia totalitaria. Il problema della popolazione nell’Italia fascista, il Mulino, Bologna 1997; e A. Treves, Le nascite e la politica nell’Italia del Novecento, Led, Milano 2001. La citazione di Comisso è ripresa da Magno Marzo, Piave cit., p. 100.
Sulla storia del baliatico nel Bellunese fanno testo gli studi pubblicati o curati da Daniela Perco, fra i quali: D. Perco, Dare il proprio sangue… L’emigrazione delle balie da latte dalle Prealpi venete (sec. xix-xx), in «La frontiera nascosta rivisitata». Ecologia, economia, etnicità nell’arco alpino - Atti del seminario permanente di Etnografia alpina, a cura di G. Kezich e P. P. Viazzo, in «Annali di San Michele», VI (1993), pp. 209-24; F. Modesti, Emigrazione femminile e baliatico nella provincia di Belluno tra ’800 e ’900, in D. Perco (a cura di), Balie da latte. Una forma peculiare di emigrazione temporanea, Comunità montana, Feltre (Belluno) 1984, pp. 7-13; D. Perco, Balie da latte: note e testimonianze su alcune esperienze di lavoro, ibid., pp. 15-50; e Id., Madri naturali, madri di latte. Sofferenza, costrizione e gioia nell’esercizio del baliatico, in S. Chemotti (a cura di), Madre de-genere. La maternità tra scelta, desiderio e destino, Il Poligrafo, Padova 2009, pp. 355-68.
Per la vicenda di Angela Budel, e in generale sul baliatico nel Bellunese del Novecento, varia documentazione utile (comprese numerose fotografie d’epoca, riproduzioni della documentazione amministrativa necessaria all’esercizio del baliatico, e interviste recenti ai familiari di balie da latte) è presentata sul sito del Centro studi sulle migrazioni Aletheia: http://www.centrostudialetheia.it (consultato a luglio 2021).
La citazione delle parole di Silvia Carrara Rossa è tratta dagli appunti di un incontro che ho avuto con lei a Cresti, frazione del comune di Montescheno (Verbania), il 27 agosto 2020.
Per l’autorizzazione ministeriale all’ampliamento della Chiumino Siccardi & C. (datata 22 febbraio 1936), si veda «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia», XIV, 24 marzo 1936, p. 808.
Le pagelle scolastiche di Guido Rossa sono conservate, a Genova, nell’archivio privato della figlia Sabina (AFRG). Come risulta dal suo foglio matricolare (ASBL, fondo cit., reg. cit.), l’alpino riservista Giuseppe Rossa era stato richiamato alle armi presso il Centro mobile del Battaglione Feltre, «per istruzione», nel marzo 1939; ma era stato immediatamente ricollocato in congedo «quale operaio specializzato presso lo stabilimento ausiliario della Chiumino Siccardi & C.» .
La fotografia della famiglia Rossa al completo, databile al 1940, è conservata in AFRG.
Sui bombardamenti di Torino, si veda G. De Luna, I bombardamenti, in L. Boccalatte, G. De Luna e B. Maida (a cura di), Torino in guerra 1940-1945, Gribaudo, Torino 1995, pp. 21-26.

Capitolo terzo La boita e la parete

Per i riferimenti al dialetto piemontese, si veda G. Dal Pozzo, Glossario etimologico piemontese, Tip. Vincenzo Bona, Torino 1888, p. 230. Nel logo della Chiumino Siccardi, il disegno di un cuscinetto a sfere giocava con la polisemia delle iniziali «CS» (Chiumino Siccardi & C., Catalogo-listino 1931, Torino 1931).
La fotografia di gruppo alla Chiumino è conservata in AFRR. Anche le due fotografie riprodotte piú avanti – il ritratto di Guido e Giancarlo e l’immagine di Guido in discesa a corda doppia – sono tratte dallo stesso fondo.
Sui cappellani del lavoro, e sulle presenze di don Pignata alla Chiumino, si vedano B. Bertini e S. Casadio, Clero e industria a Torino. Ricerca sui rapporti tra clero e masse operaie nella capitale dell’auto dal 1943 al 1948, FrancoAngeli, Milano 1979, pp. 27 sgg; e M. T. Gavazza, Cattolici e classe operaia a Torino: i cappellani del lavoro (1943-1948), in «Rivista di storia contemporanea», VIII (1979), n. 2, pp. 241-75.
Per le citazioni dei cappellani del lavoro sulla Chiumino, si veda Archivio storico della Diocesi di Torino (ASDT), Fondo Cappellani del lavoro, Fasc. II.72 e Fasc. V, relazioni del 30 giugno 1945 e del 15 gennaio 1946. Secondo la prima delle due relazioni, nell’estate del ’45 la Chiumino contava 270 operai («uomini 120, donne 150»); la predicazione si era svolta tre volte nel mese di maggio, nell’«officina nuova»; il 16 maggio, una messa era stata celebrata in «cortile» da «Sua Eminenza» il cardinale Fossati, con esito «ottimo». Nella seconda delle due relazioni, il cappellano del lavoro aggiungeva, significativamente: «Ho parlato nel salone delle macchine alla fine del lavoro. Un po’ d’impazienza nell’uditorio, parecchi uscivano senza il calendario».
Per il contesto torinese della nascita della Libera Cgil e poi della Cisl, si veda D. Clari, M. Margotti et al., Cattolici e operai a Torino (1948-1965). Storia e memoria, Fondazione Vera Nocentini, Torino 2009. La citazione sulle «violenze comuniste» è tratta dal titolo del volume Il prezzo della libertà. Libro bianco di documentazione delle violenze comuniste contro la libertà di lavoro e di organizzazione sindacale, Cisl, Roma 1950. Fra i casi riportati nel libro bianco, uno riguardava proprio lo stabilimento Chiumino di Torino ed era occorso, il 9 febbraio 1949, intorno a uno sciopero indetto dalla Cgil in difesa delle commissioni interne di fabbrica: l’aggressione fisica di una sindacalista moderata da parte di una sindacalista comunista.
Sulla Madonna pellegrina nelle fabbriche torinesi del 1949, si veda G. Tuninetti, Madonna Pellegrina, 1946-1951. Frammenti di cronaca e di storia, Effatà, Cantalupa (Torino) 2006, pp. 99 sgg. (per lo specifico del quartiere di Santa Rita, e per la citazione sulla «cara Visitatrice», in particolare p. 117). Per un’interpretazione storica del fenomeno, A. Bravo, La Madonna pellegrina, in M. Isnenghi (a cura di), I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 527-36. Per la citazione di Togliatti, l’articolo non firmato Il grande discorso di Palmiro Togliatti al Teatro Alfieri di Torino, in «l’Unità», 26 aprile 1949.
Sulle implicazioni politiche e sociali dell’alpinismo come pratica sportiva, e del Club alpino italiano (Cai) come istituzione di riferimento, continua a far testo lo studio di A. Pastore, Alpinismo e storia d’Italia. Dall’Unità alla Resistenza, il Mulino, Bologna 2003. Altrettanto importante M. Armiero, Le montagne della patria. Natura e nazione nella storia d’Italia. Secoli xix e xx, Einaudi, Torino 2013.
L’aneddoto sulla prima arrampicata di Guido Rossa alle Lunelle di Lanzo è ripreso da un promemoria biografico stilato dal suo amico e compagno d’alpinismo Corradino Rabbi, l’8 novembre 1982, a beneficio di un’altra amica e collega di cordate, la genovese Rita Corsi, impegnata allora a organizzare celebrazioni in memoria di Rossa. Il promemoria è con...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prologo
  4. Giú in mezzo agli uomini
  5. I. Razza Piave
  6. II. Una balia da latte
  7. III. La boita e la parete
  8. IV. Guidonia
  9. V. Mirafiori Sud
  10. VI. Come il marmo delle Apuane
  11. VII. La cima irraggiungibile
  12. VIII. Giorno per giorno
  13. IX. Scendere giú in mezzo agli uomini
  14. X. Cose serie
  15. XI. Il pesce terrorismo
  16. XII. La spia berlingueriana
  17. XIII. L’ottusa reazione
  18. XIV. Scusaci tanto
  19. XV. Vent’anni dopo
  20. Riferimenti archivistici, bibliografici e sitografici
  21. Il libro
  22. L’autore
  23. Dello stesso autore
  24. Copyright