Signore perdonami, oggi ho mentito alla polizia. Ho detto che Blake non aveva mai alzato le mani su di me. Vorrei poter dire che l’ho fatto per proteggere il suo ricordo, ma sarebbe un’altra bugia. La verità è, semplicemente, che non avrei sopportato il giudizio di estranei sul nostro modo di vivere.
Sono al ranch quando arrivano gli agenti. Ho preparato i barattoli, lavati e puliti, e li sto riempiendo di patate salate a pezzi. Quest’anno abbiamo avuto molta pioggia, il raccolto è stato piú abbondante del solito e c’è parecchia roba da mettere in conserva.
È una routine che ha il potere di calmarmi. Mi ricorda quando ero piccola e facevo i barattoli di conserve per l’inverno, con i miei fratelli e sorelle, tutti a piedi scalzi in cucina. Canticchiavo una melodia, mentre avvitavo i coperchi. La dispensa ormai è quasi piena di verdure colorate e di manzo sotto sale. Non sono mai riuscita a rendere la carne bella da vedere, ma il sapore è buonissimo.
Immagino che a quelli di città il ranch Nelson sembri piuttosto anonimo. È una vecchia tenuta di pochi ettari, che negli anni Cinquanta ospitava anche una mandria di vacche. Cinque anni fa, Blake ha rifatto l’impianto idraulico in casa e ha comprato una stufa. Fuori non c’è altro che deserto e avvoltoi dal collo rosso, per piú di centocinquanta chilometri.
Fa ancora caldo per essere autunno, e tutte le porte sono spalancate. Sento già il cambiamento nell’aria, quegli improvvisi sbalzi di temperatura che portano temporali e fanno apparire grosse nuvole bianche nel cielo del deserto. Ho gli occhi chiusi e sento il sole sul viso, attraverso la piccola finestra della cucina. Quando li apro di nuovo, davanti alla porta di casa c’è un gruppetto di poliziotti.
– Signora Nelson?
Alzo lo sguardo, con il coltello in mano. Devo apparire strana a questi agenti di città, nel mio vestito lungo a fiorellini, con le maniche lunghe e le spalline e abbottonato dal collo alle caviglie, e con i capelli biondi intrecciati dietro la schiena. Asciugo l’amido di patata dalla lama e poso il coltello.
– Quale signora Nelson desidera, scusi? – Li guardo uno alla volta.
Alcuni stanno osservando il ranch. L’esterno è un po’ disordinato, con le baracche decrepite, il magazzino per la roba secca e l’orticello lasciato a metà. Dentro è pulito e accogliente, con un bel po’ di centrini lavorati all’uncinetto. C’è un piccolo divano con due cuscini fatti da me, con le scritte colorate «Casa è dov’è il tuo cuore» e «Dio è amore». La cucina è semplice: piano di lavoro e lavello. Ci sono una stufa a gas per cucinare e degli attrezzi per fare le conserve che Blake mi ha regalato per il nostro secondo anniversario di matrimonio.
Nel retro c’è il vecchio fienile, dove abbiamo messo i letti. Due letti singoli per due mogli, e uno matrimoniale per Blake e quella di noi con cui ha deciso di passare la notte.
Un poliziotto prende una foto di famiglia, scattata poco dopo che Blake aveva sposato Tina. C’è nostro marito con noi tre alle sue spalle. Io, la piú anziana, con i capelli biondi cotonati per l’occasione, il rossetto rosa e una camicetta a fiori che mi scende sui fianchi larghi. Emily, snella e con un’aria piú giovane dei suoi diciannove anni, occhi verdi spalancati come un coniglio abbagliato dai fari, i capelli chiari arricciati per la foto. Poi Tina, con il suo sorriso da gatta che ha mangiato il canarino. Capelli neri e lisci, vestito scollato, trucco pesante.
A quel punto si fa avanti una poliziotta in pantaloni attillati, con quell’aspetto sano che hanno molte ragazze di Salt Lake City, se non sono il tipo religioso e passano i fine settimana facendo sport e attività all’aria aperta. Bruna, con una lucida coda di cavallo. Begli occhi castano chiaro. Capisco subito che non è una della nostra Chiesa.
– Sono la detective Brewer, – dice, tendendomi una mano abbronzata.
Gliela stringo. Ha una stretta calda e ferma.
– Ci sta dicendo che ci sono altre signore Nelson, qui? – chiede.
– Ah, no, – per qualche motivo guardo il coltello e Brewer stringe gli occhi, come se mi avesse colta a mentire.
– Voglio dire, – continuo, – che le altre al momento non sono in casa.
– Lei è la signora Rachel Nelson, moglie di Blake Nelson?
– Sono io. Sei anni proprio ieri, – sorrido. – È stato il nostro anniversario.
Questo sembra darle fastidio. Guarda la foto del matrimonio.
– Siete mormoni? – domanda.
– Noi preferiamo l’espressione «santi dell’ultimo giorno» – rispondo, un po’ tesa. – Posso chiederle il motivo della visita?
– Signora Nelson, – dice lei, con un sospiro, – temo di doverle dare una brutta notizia riguardo a suo marito.
Non tanto le parole, ma il tono, mi colpiscono come uno schiaffo.
– È stato arrestato? – mi sento arrossire.
– No.
– Sono in arresto io, allora?
– Perché non si mette seduta?
Devo riconoscerlo. La Malvagia Strega dell’Ovest ha mostrato sicurezza di sé, questa mattina. Rachel è stata l’unica di noi ad avere il coraggio di recarsi all’obitorio per identificarlo. Sono cose che vedi nei film polizieschi, nelle serie tivú. I parenti in lacrime che dicono: «Sí, è lui». Nei film non vedi mai nessuno che dice: «Non ci vado, non ce la faccio».
La polizia mi ha fermato mentre stavo per farmi la prima pera da un anno e mezzo a questa parte. Come un piccione viaggiatore tossico, avevo trovato la strada per Rio Grande, i due isolati che costituiscono il quartiere della droga a Salt Lake City. Il che è abbastanza curioso, per una come me che viene da Las Vegas. Dove sono cresciuta, tutta la città è dedicata a questa roba. Qui invece, si agitano per un paio di strade popolate da vagabondi.
In ogni modo, quando mi ha fermato la polizia ho pensato che volessero arrestarci per bigamia. Cosí andiamo alla stazione di polizia e mi ritrovo in una di quelle stanze dove ti portano prima di dichiararti ufficialmente nei guai. Stanze dove sono tutti gentili e niente viene registrato.
Eccomi nel dipartimento di polizia di Salt Lake City, convinta che non sia cambiato molto, a parte l’imputazione. È proprio buffo, no? A Las Vegas mi hanno arrestata per adescamento, qui mi arrestano perché sono sposata.
Poi entra una bella donna poliziotto, alta, ben messa. Capelli castani a coda, molto lucidi, come se il suo corpo non potesse trattenersi dal comunicare a chiunque il suo ottimo stato di salute. Praticamente zero trucco, abbronzatura da escursionista, occhi color ambra, quasi dorati.
Mi ricorda le foto turistiche che mi mandava Blake. Persone con un’esistenza pulita, in abbigliamento sportivo, che pubblicizzavano lo stile di vita all’aria aperta dello Utah: snowboard in inverno, mountain bike in estate.
Si presenta come detective Brewer. Di regola le donne come lei non mi piacciono. Pensano di sapere cosa vuol dire crescere poveri, ma non lo sanno.
– La signora Tina Nelson?
Scuoto la testa. – Sono Tina Keidis, – la guardo storto, per farle capire che non mi farà ammettere che sono la moglie di Blake, perché è contro la legge. Mi appoggio allo schienale della sedia. – Voi poliziotti comprate tavoli e sedie di plastica all’ingrosso? A Las Vegas sono uguali.
Volevo chiarire il punto. Ero già stata in quella situazione, quindi non aveva senso provare a spaventarmi.
– Signorina Keidis, – dice un poliziotto. – È stato trovato un cadavere nel deserto. Crediamo che si tratti di suo marito.
Questo mi chiude la bocca.
Allora Brewer mi dice cosa è successo. Un tipo di città in cerca della sua anima stava guidando nel mezzo del nulla quando ha visto gli avvoltoi volare in cerchio vicino al fiume dove Blake andava a pescare. Poi mi spiega in che condizioni era il corpo. Sospette. Malgrado le apparenze, Blake aveva delle ferite che loro non pensano si sia potuto procurare da solo.
Quando mi racconta i particolari, mi dispiace per il tizio che lo ha trovato.
– Ho sentito che l’hanno fermata a Rio Grande, – dice Brewer, e aggiunge: – Non si vedono molti mormoni, da quelle parti. Si era persa?
Borbotto qualche stupidaggine, dicendo che non conosco bene la città. Ma loro non sono stupidi. Probabilmente hanno già letto il grosso fascicolo a mio nome che hanno in Nevada.
La verità? Dopo la notte dell’anniversario di matrimonio, ho perso la testa e sono andata in centro a cercare guai. Blake mi aveva avvisata che sarebbe stato difficile, ma non credo che sapesse quanto. Le altre due sono cresciute in questa cultura, nel culto di Dio e dell’uomo come capo della famiglia. Per me è tutto nuovo. Non l’ho mai nemmeno avuta, una famiglia. Sono cresciuta in affido, e vedevo mia madre solo le volte che era in città.
Perciò posso chiedere a Gesú di darmi la forza e a Dio di perdonarmi, ma ogni giorno al ranch mi sento come se mi calpestassero il cuore. Mi sembra proprio cosí, che mi riducano il cuore in poltiglia.
Rachel dice che con il tempo diventa piú facile, ma non credo che lei abbia mai vissuto quel tipo di amore. Lei e Blake erano fidanzatini al college, due sani ragazzi mormoni che facevano le cose per bene. A Rachel piace fare ciò che ci si aspetta da lei. E vincere. Nasconde quel lato di sé, ma la perfetta signora mormone è tremendamente competitiva.
Per questo ha permesso al marito di prendere altre mogli. Per lei essere una buona mormone non era abbastanza. Doveva essere la migliore di tutte.
Quindi Rachel non può capire com’era tra me e Blake. Lui si prendeva cura di me, al centro di disintossicazione. Cercava di salvare la mia anima. Ci scherzavamo sopra. Io lo prendevo in giro, della serie: – Che ci fa un bel giovane come te in mezzo a noi tossici? – Lui diceva che non aveva mai completato la sua missione e voleva rimediare facendo volontariato nei centri di riabilitazione. Io lo prendevo in giro anche su questo, dicendo che noi tossicodipendenti recuperati eravamo convertiti di bassa lega, cosí ansiosi di avere una nuova vita da essere pronti a credere a qualunque cosa. Lui rideva e diceva che non avevo torto. Ridevamo molto, lui e io.
La verità è che Blake mi ha salvata, in tutti i sensi. E la prima volta che abbiamo ballato, al brutto party natalizio del centro di disintossicazione, la mia testa contro il suo petto caldo, mi ha detto che non aveva mai provato per nessuna ciò che provava per me.
Mi afferro a quel ricordo, nei momenti bui, quando dormo sola e Blake è con un’altra moglie.
Il momento peggiore è al tramonto, quando Rachel comincia a preparare una delle sue cene mormoni a base di cose in barattolo. L’atmosfera è… bollente. Giuro che in quel letto matrimoniale deve esserci la corrente elettrica. Vedi Rachel che guarda ovunque meno che verso il fienile dove c’è la stanza da letto. Emily diventa piú silenziosa del solito. Io divento inquieta. Nervosa. Dico cattiverie. Come quando ero fatta tutto il tempo e non riuscivo a trovare la roba.
Al tramonto è quando si scatenano le nostre liti peggiori. Il giardinaggio, le pulizie e le altre faccende sono state fatte. Non c’è molta illuminazione nel ranch e niente tivú, a parte un piccolo televisore portatile che Emily giura di non guardare mai ma che misteriosamente a fine giornata ha sempre le batterie scariche. A Blake piaceva che leggessimo la Bibbia insieme, ma lui non era sempre a casa. Quindi immagino che avrei dovuto prevederlo. L’anniversario.
Blake aveva scelto me per tre notti di fila. L’atmosfera era difficile. Ho quest’immagine, di noi tre mogli sedute sul divano, in attesa di vedere...